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venerdì 21 ottobre 2016

Rapporto Federculture, in Italia cresce il consumo culturale

È una buona notizia quella che emerge dalle pagine del dodicesimo Rapporto annuale Federculture presentato nei giorni scorsi a Roma, negli spazi del Maxxi. Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, racconta, infatti, di un momento positivo per la cultura in Italia.
Maggiori risorse economiche per il settore, crescente autonomia operativa ai musei statali, nuovo protagonismo nelle politiche nazionali per gli operatori delle attività ricreative: questi sono, infatti, i dati che si leggono nel libro «Impresa Cultura. Creatività, partecipazione, competitività», introdotto da una prefazione di Dario Franceschini.
Il rapporto descrive un settore investito, dopo anni di stasi, da politiche di respiro strategico che coniugano valorizzazione della cultura, come uno dei maggiori fattori competitivi dell'Italia, e promozione della conoscenza, in particolare tra i giovani, per favorire la partecipazione dei cittadini alla tutela e fruizione del patrimonio nazionale.
Questo impegno sembra dare risultati positivi: gli italiani sono tornati a teatro (+4% sul 2014 e +8% sul 2013), nei musei (+7% e +18%), e nei siti archeologici (+8 e + 16%).
Il consumo culturale è cresciuto soprattutto tra le nuove generazioni: nella fascia di età 15-17 anni la fruizione teatrale aumenta del 16,6% e quella dei musei del 10,6%; in quella 20-24 anni si registra per il teatro una crescita dell’11,4%, per musei e mostre un +14,3%, nei concerti di musica classica +8,2%.
Tuttavia, in un quadro complessivamente positivo, non si possono tralasciare alcuni elementi di criticità che rischiano di frenare la ripresa e il recupero di competitività, anche internazionale, del settore e dell’intero sistema Paese. Tra questi, per esempio, il fatto che la partecipazione alla cultura sia ancora diffusa tra fasce ristrette della popolazione: l’astensione culturale, in calo nel 2015 del 4% rispetto all’anno precedente, riguarda ancora il 18,5% dei cittadini vale a dire circa 11 milioni di italiani che non fruiscono di cinema, teatro, musei, concerti, né praticano la lettura. E in particolare sul fronte della lettura i dati sono sconfortanti: nel 2015 si stima che meno di un italiano su due, cioè il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni), abbia letto almeno un libro, cifra stabile rispetto all’anno precedente, ma complessivamente in calo da diversi anni (nel 2010 la percentuale di lettori era del 47% circa).
Inoltre, esiste un evidente ritardo del Mezzogiorno del Paese, dove tutti gli indicatori seppure positivi sono decisamente inferiori al resto della penisola. Per esempio la spesa media mensile delle famiglie dedicata a cultura, spettacoli e ricreazione che, a livello nazionale è pari a 126,41 euro, nel nord-est è di 159 euro, nel centro il dato scende a 128 euro e crolla nel sud e nelle isole rispettivamente a 84 e 78 euro, la metà di quanto si spende nel triveneto e circa due terzi della spesa media nazionale.
Inoltre, sul fronte del turismo, se da una parte recuperiamo ben diciotto posizioni nella classifica della competitività turistica del World Economic Forum passando dal ventiseiesimo posto del 2013 all’ottavo del 2015, arrivi e presenze sono ancora è fortemente concentrato in alcune regioni e gran parte delle numerose attrattive del territorio, in particolar modo ancora una volta al Sud, non sono adeguatamente valorizzate. Ne è un chiaro indicatore il fatto che il 64,5% della spesa turistica degli stranieri si concentra in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania), con differenze molto significative: ad esempio in Lombardia i turisti stranieri hanno speso 6 miliardi di euro e in Sardegna esattamente un decimo, 600 milioni.
Un analogo problema di concentrazione si registra sul fronte dei visitatori dei musei che per l’86% si riversano in 5 regioni – Lazio, Campania, Toscana, Piemonte, Lombardia – con i siti del Lazio che ne accolgono quasi 20 milioni, quelli della Campania e Toscana circa 7 milioni ciascuna, mentre in molte altre regioni, come Basilicata, Abruzzo, Calabria, se ne registrano poche centinaia di migliaia.
Dunque, seppure ci sia un’inequivocabile tendenza all’investimento e alla promozione della crescita del settore e una chiara disponibilità a considerare la cultura come un valore per il Paese, è necessario approfondire e intensificare le azioni intraprese per renderle più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Federculture ha individuato alcuni nodi cruciali sui quali intervenire come, per esempio, la defiscalizzazione del consumo culturale, l’estensione dell’Art bonus a tutti i soggetti che praticano cultura, la promozione dell’applicazione del bonus giovani, sperimentandone anche una possibile estensione alla popolazione anziana.
«Le nostre sono alcune proposte che potrebbero dare una nuova spinta ad un settore del Paese che è fortemente connesso con lo sviluppo dell'economia -sottolinea il presidente di Federculture Andrea Cacellato-. In modo particolare, il sostegno al consumo culturale può rappresentare la grande svolta capace di mettere in gioco risorse inaspettate, che possono moltiplicare gli effetti nella produzione culturale e nella vita delle Istituzioni, liberando anche una salutare competizione, in connessione con l’aumento della partecipazione dei cittadini alla vita culturale delle città e del Paese. La tensione che tutti dobbiamo avere verso la crescita economica, come fattore indispensabile per aiutare il Paese ad uscire da una lunga e difficile crisi, non può sottacere anche il ruolo che abbiamo nella crescita culturale, premessa necessaria, per rendere il nostro Paese più aperto alla conoscenza, più curioso del futuro, più consapevole dei propri mezzi. Ci sono tutte le condizioni, questa volta, per una vera svolta».

Informazioni utili 
www.federculture.it

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