ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
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sabato 2 ottobre 2021

«Play with food», da undici anni il cibo va in scena a Torino

Il teatro incontra il mondo del cibo e della convivialità. Succede in Piemonte dove, dal 2010, va in scena il festival «Play with food – La scena del cibo», nato da un’idea di Davide Barbato per i Cuochivolanti e organizzato dall’associazione Cuochilab.
Undici giorni di programmazione, tredici compagnie, di cui due straniere, e ventisei appuntamenti dislocati in tutta la città, con quattro prime assolute, una prima nazionale e quattro prime regionali sono i numeri della nuova edizione, la numero dieci, in programma dal 2 al 10 ottobre a Torino.
Come suggerisce la nuova immagine di Cesco Rossi, la kermesse in programma nei prossimi giorni sarà un banchetto allegro e barocco, sorprendente e pantagruelico, importante non solo per i numeri, ma anche per qualità artistica. Non è un caso che il festival, alla cui ultima open call hanno partecipato centotrentotto compagnie, ha ottenuto un recente riconoscimento dal Ministero della cultura, che lo sosterrà attraverso il Fondo unico per lo spettacolo 2021.
A segnare il debutto della nuova edizione sarà, al Circolo dei lettori, la compagnia Cuocolo/Bosetti– Iraa Theatre con «R.L..» (sabato 2 ottobre, ore 19 e ore 21), uno spettacolo in cuffia, intimo e sconvolgente, tratto da un racconto della celebre scrittrice canadese e premio Nobel Alice Munro. La storia è quella di una donna in un momento di massima vulnerabilità, vissuto sul filo del rasoio durante un banale momento conviviale.
Domenica 3 ottobre si inizierà presto, alle ore 9, con «Incontrarsi in natura - Forest Bathing», appuntamento in compagnia di Fabio Castello e Fabio Berardi, all'Azienda agricola Ram – Radici di Moncalieri, per scoprire lo Shinrin-Yoku, pratica nata in Giappone nel 1982. Con questo incontro molto particolare, il pubblico potrà sperimentare - in un percorso di quattro ore in mezzo alla natura - la camminata sensibile, l’abbraccio dell’albero, la meditazione dello sguardo. Alla fine, è previsto un pranzo in fattoria con i frutti della terra raccolti dai partecipanti.
La prima domenica del festival vedrà in scena anche, alla Casa del teatro ragazzi, la prima regionale dello spettacolo «La grande guerra degli orsetti gommosi» della compagnia sarda Batisfera, in un evento co-programmato insieme a «Incanti». Si tratta di un «piccolo kolossal da tavolo», con protagonisti i celeberrimi orsetti commestibili, selezionato per rappresentare la scena italiana al festival «In scena!» di New York nel 2022. Per accontentare un pubblico il più ampio possibile sono state organizzate quattro repliche, in programma alle ore 16, 17, 18 e 19.
Il giorno successivo, alle ore 20, andrà in scena, sempre alla Casa teatro ragazzi, un’altra prima regionale: «La grande abbuffata», prima versione teatrale italiana dell’iconica pellicola di Marco Ferreri, per la regia di Michele Sinisi. In scena in questo spettacolo, che punta i riflettori sulla storia di quattro amici che decidono di suicidarsi mangiando fino alla morte, ci sarà Ninni Bruschetta, volto noto al grande pubblico per le sue interpretazioni cinematografiche e televisive, tra cui quella dell'indimenticabile direttore della fotografia Duccio Patanè nella serie cult «Boris».
È, poi, in programma, nelle giornate di martedì 5 e mercoledì 6, una intensa due giorni nel neonato Spazio Kairòs di Onda Larsen. Si inizierà con la prima assoluta de «Il talismano della felicità» del Collettivo LunAzione (ore 19 e ore 21), un atto unico che intreccia due inediti monologhi al femminile, dove il cibo è protagonista di vicende spiazzanti e grottesche. Ne «L’arrosto» di Alberto Milazzo, una donna legata alla sedia instaura un irresistibile dialogo dal sapore beckettiano con il suo aguzzino; mentre in «Arcano I» di Iwan Paolini a parlare è la celeberrima assassina Leonarda Cianciulli, che ci conduce negli inquietanti meandri della sua macabra vicenda. Lo spettacolo, coprodotto da «Play with Food» e Torino Fringe Festival, è l’esito finale di «Abbiamo fame di storie», un progetto biennale intrapreso dai due festival in collaborazione con la rivista letteraria indipendente «Crack» a sostegno della scrittura per il teatro e delle giovani compagnie.
A seguire (alle ore 20 e alle ore 21), il giovane collettivo «L’Amalgama» proporrà, in prima assoluta, la performance interattiva «L’indispensabile»: partendo dalla domanda su che cosa sia rimasto di indispensabile oggi nel cibo, i partecipanti a quest'incontro/intervista one to one si troveranno a riflettere e a discutere su che cosa sia indispensabile nella loro vita.
La due giorni in via Mottalciata si chiuderà con «Manifesto of a bread maker» di Vita Malahova (solo mercoledì 6, alle ore 21:15). L'attrice, prima artista straniera ospite del festival, racconterà la vita della nonna in campagna, il suo rapporto con il lavoro, la natura e la guerra.
Giovedì 7 ottobre, alle ore 20, ci si sposterà, quindi, al Qubì per una serata all’insegna della leggerezza e della convivialità con la talentuosa Giulia Cerruti di «Crack24» e la prima regionale di «Monologo di donna con lievito madre», una stand-up tragicomica, figlia del lockdown, in cui si parla di solitudine, convivenza forzata, noia, bisogno di riempire il tempo, complottismo, paura del contagio e ottimismo.
Venerdì 8 ottobre, alle ore 21, sarà, invece, il CineTeatro Baretti, a fare da scenario allo spettacolo «Il pelo nell’uovo – Primo studio» della compagnia «La Ribalta». Cosa c’è nel piatto? Casa è stato prima e da dove viene? Com’è possibile modificare rapidamente le nostre abitudini alimentari?: sono alcune delle domande che tessono la trama di questo appuntamento teatrale, un invito a riflettere sul tema dello sviluppo sostenibile.
Sabato 9 ottobre, al teatro Colosseo, andrà, poi, in scena la seconda realtà straniera presente in questa edizione del festival: il collettivo londinese «state of the [art]», che presenterà la prima assoluta di «Piece of cake», un gioco di ruolo dal vivo che ricrea una festa di matrimonio usando tutti gli spazi del teatro, dal foyer ai camerini. Gli spettatori, veri e unici protagonisti, potranno essere chef, camerieri, fotografi, ospiti e assumere addirittura il ruolo della coppia che dirà il fatidico sì. L'evento (con ingressi scaglionati alle ore 11, 13 e 16) dialogherà con le opere della mostra «Street Art in Blue 3, allestita all'interno del teatro.
Sempre sabato 9 ottobre, alle ore 20, all’Unione culturale Franco Antonicelli», andrà in scena la prima assoluta di «Nato cinghiale», spettacolo del giovane artista umbro Alessandro Sesti, con la musica dal vivo di Debora Contini, che racconta la storia di un padre e di un figlio, del loro rapporto vissuto tra fragilità, paure, contrasti e amore, il tutto preparando per il pubblico delle tagliatelle al ragù di cinghiale.
L’ultima giornata di festival avrà, invece, per protagonista Roberta Calia con il suo spettacolo «La taverna del disgusto» (domenica 10 ottobre, alle ore 10 e alle ore 16, a Casa Fools), storia di un ristorante rinomato tra i mostri, dove ricette ripugnanti hanno sempre fatto la felicità di tutti i clienti, che da qualche tempo si ritrova ad attraversare qualche piccolo disguido. Mentre a chiudere il festival sarà la prima regionale di «RedReading #Piatti forti» della compagnia romana Bartolini/Baronio, al suo debutto a Torino (domenica 10 ottobre, alle ore 20, al Qubì).
Non mancheranno appuntamenti speciali come i momenti conviviali con i food partner (Agribiscotto, Birrificio San Michele, Camellia, Green Italy, La Masera, Macelleria Gadaleta, Enoteca Rabezzana, Pastificio Bolognese), Agrisalumeria Luiset, Cuochivolanti, Ristorante San Giors) o il progetto «How I met my theatre buddy» (sabato 2 ottobre, alle ore 19:30 e lunedì 4 ottobre, alle ore 19), originale format di dating teatrale per trovare il partner ideale con cui condividere la passione per il teatro.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Collettivo LunAzione, «Il talismano della felicità»; [fig. 2]  «La grande abbuffata». Foto di Luca Del Pia; [fig. 3] Alessandro Sesti in «Nato cinghiale»; [fig. 4] «La taverna del disgusto. Foto di Lorenzo Calla; [fig. 5] «La grande guerra degli orsetti gommosi» di Batisfera. Foto di Sabina Murru; [fig. 6] «Il pelo nell'uovo». Foto di Arianna Iacono; [fig. 7] «Rl» di Cuocolo/Bosetti– Iraa Theatre 
 
Informazioni utili
www.playwithfood.it

lunedì 5 ottobre 2020

Ricette a fumetti a Casa Artusi. Alberto Rebori rilegge «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene»

Sul suo libro «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene» si è plasmato un pezzo di identità nazionale. Nel 1891, Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911), intellettuale gourmet romagnolo di nascita e fiorentino d’adozione, pubblicava a sue spese, per i tipi dell’editore Landi, un manuale di cucina destinato a entrare nella storia.
Con buona pace del professor Francesco Trevisan -che, lette le bozze, pronosticò per il libro «poco esito»- il ricettario di Pellegrino Artusi, un vero e proprio Vangelo per gli chef stellati e le semplici massaie con la passione per i fornelli, vanta oggi oltre cento edizioni, più di un milione di copie vendute e traduzioni in svariate lingue, dall’inglese all’olandese, dal tedesco al russo, senza dimenticare il portoghese, lo spagnolo, il francese e persino il giapponese.
Il manuale, che raccoglie settecento e novanta ricette della cucina casalinga italiana (nella prima edizione erano quattrocento e settantacinque), dà conto, con uno stile arguto e graffiante, dell’enorme mosaico di tradizioni gastronomiche regionali del nostro Paese, proponendo un percorso tra fritture, ripieni, umidi, minestre, salse, arrosti, lessi, liquori, antipasti -anzi «principii»-, gelati e conserve.
L’opera, nata da oltre vent’anni di ricerche e viaggi dell’autore, è considerata di grande importanza dalla critica non solo per il suo apporto alla formazione culturale del nostro Paese, ma anche per il modello linguistico utilizzato, che contribuì alla diffusione dell’italiano standard nella penisola, insieme ad altri due libri molto letti come «I promessi sposi» di Alessandro Manzoni e «Pinocchio» di Collodi.
In occasione dei duecento anni dalla nascita di quello che viene unanimemente considerato «il padre della gastronomia moderna», la sua città natale promuove la mostra «Pellegrino Artusi 1820 - 2020. Ricette a fumetti di Alberto Rebori», a cura del libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig. L’esposizione, in programma dal 9 al 2 novembre avrà per scenario Casa Artusi, realtà ubicata all’interno del complesso dell’ex Chiesa di Sant’Antonio abate, detta «dei Servi di Maria», un antico monastero della seconda metà del XV secolo, ristrutturato dall’Amministrazione comunale nel 2007, che si articola in oltre duemila e ottocento metri quadrati, suddivisi in diversi spazi: dalla biblioteca alla scuola di cucina, dal museo al ristorante, dalla cantina alla bottega con i prodotti dell’eccellenza enogastronomica italiana.
A tenere a battesimo l’evento sarà, nelle giornate di venerdì 9 e sabato 10 ottobre, il convegno «La ricetta liberata», disponibile anche in diretta streaming sulla pagina Facebook di Casa Artusi. Attraverso autorevoli e sfaccettati interventi, il simposio parlerà della lezione di Pellegrino Artusi che della cucina ha saputo fare un racconto di vita e racconterà di come il cibo sia oggi protagonista di diversi settori della nostra vita, dal cinema alla scrittura, dalla radio alla fotografia.
La mostra a Casa Artusi ha una storia che parte da lontano. Nel 2001 l’editore Maurizio Corraini, da sempre attento al mondo dell’arte (tanto da avere anche una galleria d’arte contemporanea a Mantova), decide di pubblicare una nuova edizione integrale dell’«Artusi» e invita a realizzare i disegni di accompagnamento Alberto Rebori (Chiavari, 1961 – Milano, 2016), eccellente illustratore e disegnatore di fumetti, dallo stile surreale e unico, premiato nel 2000 con l’Andersen per il volume «Piccolo re» di Mondadori e con all’attivo collaborazioni con importanti giornali, da «Vanity Fair» al «Corriere della Sera», da «Elle» a «Linus».
Il risultato di questa collaborazione editoriale sono più di cento disegni in bianco e nero e ottanta tavole a colori che vengono tutti pubblicati a corredo del ricettario di Artusi in una tiratura speciale stampata su carta pregiata, in sole tre serie numerate e firmate.
Da questo corpus di lavori, tutti realizzati a computer, sono state selezionate per la mostra di Forlimpopoli soltanto trentotto tavole, trentacinque a fumetti e tre libere, che raccontano con parole e immagini venti ricette artusiane. 
 Accanto a questo piccolo gruppo di disegni, Andrea Tomasetig - al lavoro su un progetto pluriennale dedicato alla cultura enogastronomica, che prossimamente farà tappa anche a Parigi- ha voluto esporre, in teca, alcune preziose edizioni de «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene». Si tratta di una copia coeva di Pellegrino Artusi e di altre più recenti, tra le quali si segnalano la preziosa edizione critica a cura di Alberto Capatti, il più importante esperto sul gastronomo di Forlimpopoli, edita nel 2010 da Bur e la versione di Corraini del 2001.
Con uno stile divertente e allo stesso tempo rispettoso, Alberto Rebori ha saputo rapportarsi alle ricette originali, trascrivendo le frasi e le parole di Pellegrino Artusi in testa alle vignette e nelle nuvole presenti in ogni tavola.
Animali, verdure, cibi, stoviglie si animano di vita propria nei vari disegni ambientati nella cucina dove Rosa e Vittorio –gli zii dell’illustratore, eterni protagonisti delle sue storie– eseguono le varie ricette.
L’allestimento della mostra, ideato dall’architetto Leo Guerra, mette così in fila alcune vignette dal segno veloce e dalla battuta arguta: «Sandwichs, ricetta N. 114», dove il pane si lamenta di essere affettato, «Piccione coi piselli, ricetta N. 354», dove i piccioni si chiedono se davvero la loro fine migliore sia in umido con i piselli, o ancora «Salsa di pomodoro, ricetta N. 125», con un prete romagnolo dal lungo naso che, a furia di «mettere lo zampino» in «ogni affare domestico», viene trasformato in un grosso ortaggio. 
Come giustamente scrive Alberto Capatti nel testo introduttivo, l’artista traduce, dunque, «le ricette in animazione, distribuisce ruoli, scrive, per ognuna, il copione, le rivive dall’interno, con il cuore che batte, la bocca che ride e un disegno che stana i segreti gastronomici». Il tutto per raccontare l'attualità di un libro che ha fatto la storia d'Italia. 

Informazioni utili 
Pellegrino Artusi 1820-2020. Ricette a fumetti di Alberto Rebori. Casa Artusi - Chiesa dei Servi, via Costa, 23-27 - Forlimpopoli (Forlì-Cesena). Orari: lunedì 15-18; martedì 9-12.30; mercoledì 15-18; giovedì 9-12.30; venerdì 9-12.30 e 15-18; sabato 9.30-12.30; domenica 9.30-12.30. Ingresso gratuito. Informazioni: info@casartusi.it | tel. 0543.743138 | cell. + 39.349.8401818. Dal 9 al 2 novembre 2020.  

mercoledì 23 settembre 2020

«Play with Food», quando il buon cibo dà spettacolo

Compie dieci anni «Play with Food – La scena del cibo», il primo e unico festival teatrale italiano interamente dedicato al mondo dell’eno-gastronomia e alla convivialità, nato nel 2010 da un’idea di Davide Barbato, attuale direttore artistico, che fino al marzo del 2019 ha co-organizzato la manifestazione con Chiara Cardea per conto dell’associazione Cuochilab.
Per spegnere le dieci candeline, e nel rispetto delle normative anti-Covid, la rassegna, realizzata con il patrocinio della Città di Torino, si apre al nuovo e propone un debutto all’insegna dell’on-line, aprendo così virtualmente le porte al pubblico di tutto il territorio nazionale (e non solo).
Lunedì 28 settembre, alle ore 19, va in scena in prima assoluta, ed esclusivamente sul web, la performance interattiva «Questo non è un tavolo» di Chiara Vallini (posto unico euro 5,00), con le musiche originali di Fabio Viana e Fulvio Montano.
Nata dalle sperimentazioni dell'artista durante la quarantena, l'esperienza, riservata a una ventina di persone per volta e in replica tutte le sere fino al 4 ottobre, inizia come «una normale web chat» in cui gli spettatori, come invitati a un aperitivo virtuale, «si ritroveranno inaspettatamente coinvolti -raccontano gli organizzatori- in un evento misterioso, partecipando alla creazione di un racconto nel quale, gradualmente, presente e passato, finzione e realtà si intrecceranno».
Si apriranno così sette giorni di spettacoli dal vivo, performance on-line, cene teatrali, colazioni cinematografiche, eventi segreti e, come di consueto, appuntamenti conviviali, riuniti sotto il titolo: «Il cuore nello stomaco».
La nuova immagine, opera dell'illustratore Cesco Rossi, racconta perfettamente questa storia, rappresentando una pietanza fantastica, allo stesso tempo primordiale e futuristica, deliziosa e repellente, enigmatica ed emozionante, che ricorda le fattezze di «un cuore pulsante, colorato e complicato».
Il primo appuntamento in presenza si terrà, invece, martedì 29 settembre, alle ore 20, al teatro Astra con la prima regionale di «Racconti di zafferano» di Maria Pilar Peréz Aspa per la produzione della compagnia milanese ATIR / Teatro Ringhiera. Durante lo spettacolo, in un’atmosfera intima e suggestiva, l’attrice spagnola cucinerà una paella di carne, secondo la ricetta dell’epoca cervantina, che sarà poi servita agli spettatori. Tra i fornelli e i profumi della cucina, prenderanno vita pagine memorabili di Cervantes, Proust, Vicent, Montanari, Scarpellini, Montalbán e Fernando de Rojas che parlano di cibo, di fame, di nutrimento, di ritualità.
Sempre al teatro Astra andrà in scena, mercoledì 30 settembre, alle ore 20, un celebre testo di Annibale Ruccello, «Anna Cappelli», qui interpretato da Carlo Massari, in un insolito allestimento che, letteralmente, farà entrare il pubblico nella casa della protagonista, per assistere alla sua comica e grottesca parabola, e scoprire inaspettate e macabre declinazioni del cibo.
Prima dello spettacolo, Chiara Cardea proporrà un «assaggio» dei cinque racconti e dei due monologhi pubblicati sul numero speciale di «Crack Rivista» dedicato a «Play with Food», esito della call «Abbiamo fame di storie!» che conferma la volontà del festival di sostenere e incoraggiare la creatività di giovani scrittori e drammaturghi. In occasione della nona edizione della rassegna torinese, partirà, inoltre, la seconda parte della call, per la selezione della compagnia a cui verrà affidata la messa in scena dei due monologhi selezionati, il cui debutto si terrà durante l'edizione 2020 del Torino Fringe Festival (www.tofringe.it/partecipa).
Giovedì 1°ottobre
, alle ore 20, «Play with Food» si sposterà, quindi, al Qubì, dove il romano Claudio Morici proporrà la prima regionale dello spettacolo «Il grande carrello», tratto dall’omonimo libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti pubblicato nel 2019 per i tipi di Laterza. L’appuntamento teatrale si configura come un’indagine comica e serissima che scompone e mette a nudo la realtà nascosta dietro la distribuzione organizzata, che veicola il settanta per cento dei consumi alimentari degli italiani. Da dove arriva il cibo che vendono i supermercati? Chi ne decide il prezzo e la disposizione sugli scaffali? Perché viene esposto un determinato prodotto a discapito di un altro? sono alcune delle domande che tessono il racconto con l’obiettivo di informare su questioni fondamentali ma anche di suscitare reazioni che, mai come in questo caso, potremmo definire «di pancia».
Venerdì 2 ottobre, alle ore 21, i riflettori saranno, invece, puntati sugli attori-contadini del Teatro delle Ariette che tornano a Torino, all'Unione culturale Franco Antonicelli, con il loro storico spettacolo «Teatro da mangiare?», che ha debuttato a Volterrateatro il 18 luglio 2000, vent’anni fa, e che in questi anni si è comportato come un vero e proprio organismo vivente crescendo, maturando e arricchendosi dell’esperienza di oltre milleduecento repliche in giro per l’Italia e l’Europa.
Con «Teatro da mangiare?» si mangia davvero e si mangia bene. Si mangiano i prodotti della terra che Paola Berselli e Stefano Pasquini coltivano dal 1989 nelle campagne dell'Appennino bolognese.
Seduti attorno a un tavolo, consumando un vero pasto, gli spettatori-commensali, sempre pochi per creare un'atmosfera intima e unica, ascolteranno l'appassionante esperienza di un teatro fatto fuori dai teatri.  
Tagliatelle fatte in casa, tigelle, vino e prodotti rigorosamente biologici non mancano mai in questa curiosa performance, tra mattarelli da cucina e vecchie canzoni, della quale ha scritto anche il quotidiano francese «Le Monde».
Lo spettacolo sarà in replica sabato 3 ottobre, sempre alle ore 21, mentre domenica 4, dalle ore 10 alle ore 14, ancora all'Unione culturale, il Teatro delle Ariette proporrà la masterclass «La memoria del cibo», a cura di Per+formare e Progetto Zoran, aperta a tutti, attori professionisti e non.
Anche in questa strana stagione segnata dal distanziamento sociale, «Play with Food» organizzerà, nella serata di sabato 3 ottobre, a partire dalle ore 19, una delle sue tradizionali «Underground dinner»: un evento performativo e conviviale in un luogo segreto il cui indirizzo sarà svelato ai soli partecipanti. Protagoniste saranno la fiorentina Patrizia Menichelli - artista che, dal 1996, fa parte della storica compagnia Teatro de los Sentidos di Barcellona – e la food stylist toscana Claudia Guarducci
In scena ci sarà la prima nazionale di «The Poetic Dinner: Amalia, ricette senza ingredienti»: un’esperienza sensoriale, un viaggio intimo che coinvolge un piccolo gruppo di persone alla scoperta della vera storia di Amalia Moretti Foggia, giornalista e scrittrice nata nel 1872 e nota con lo pseudonimo di Petronilla
Gli ospiti, invitati in un luogo sconosciuto, saranno accompagnati a incontrare la storia di Amalia attraverso i cinque sensi, scoprendo memorie, ricordi, impressioni, sogni, oggetti, profumi e piccoli sapori.
Domenica 4 ottobre, alle ore 10.30, ci sarà un altro appuntamento classico del festival: la Cinecolazione, organizzata in collaborazione con Les Petites Madeleines e ospitata in una delle storiche bocciofile torinesi, l’Asd La Tesoriera.
Non mancheranno, poi, un momento di approfondimento: sabato 3 ottobre, dalle ore 14.30 alle ore 18, al Circolo dei lettori si terrà il convegno «Play at Home», a cura del critico e organizzatore Alessandro Iachino, dedicato al teatro d’appartamento, ottima occasione per riflettere sulle esperienze nazionali più rilevanti dedicate a questo formato spettacolare, insieme a operatori, artisti e studiosi. Saranno presenti Paola Berselli, Stefano Pasquini, Patrizia Menichelli, Claudia Guarducci, Chiara Vallini, Laura Valli, Rossella Tansini, Barbara Ferrato e Lorenzo Barello. Chiuderà l’incontro un approfondimento di Francesca Serrazanetti, critica e docente al Politecnico di Milano.
A chiudere il festival sarà Gabriele Vacis che domenica 4 ottobre, alle ore 17.30, proporrà al teatro Colosseo una «Meditazione sul cibo», accompagnato dalle scenofonie di Roberto Tarasco
A partire da «Il pranzo di Babette», racconto di Karen Blixen reso celebre dal film da Oscar di Gabriel Axel, il regista torinese delineerà un intenso percorso attraverso miti e ricette, economie e speculazioni, giudizi e pregiudizi su ciò che ci nutre. 
In occasione dell'evento, è previsto un inconsueto Aperitivo Fuorisede, in rispettosa applicazione delle normative vigenti: non potendo proporre al pubblico un momento conviviale nel foyer del teatro, a causa del distanziamento sociale, i food partner offriranno a tutti gli spettatori una degustazione «in differita» presso i loro punti vendita.
Un’edizione, dunque, ricca di eventi, riservati a pochi e dal grande fascino, tutti nati per nutrire il corpo e lo spirito con cibo e parole. 

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Una scena dello spettacolo «Racconti di zafferano» di Maria Pilar Peréz Aspa. Foto: Serena Serrani [fig. 2] Immagine di  Cesco Rossi per la decima edizione di Play with food; [fig. 3] Immagine promozionale dello spettacolo «Anna Cappelli», interpretato da Carlo Massari; [fig. 4] Una scena di uno spettacolo del Teatro delle Ariette. Foto: Roberto Cerè; [fig. 5] Una scena di uno spettacolo del Teatro delle Ariette. Foto: Giovanni Battista Parente; [fig. 6] Immagine promozionale dello spettacolo «Il grande carrello» di Claudio Morici, tratto dall’omonimo libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti

Informazioni utili 
Play with food – La scena del cibo. 10 anni 2010-2020. Torino, 28 settembre - 4 ottobre 2020. Informazioni: tel. +39.351.6555757. Sito internet: www.playwithfood.it

martedì 19 novembre 2019

«Dodici storie sul cibo», quando la buona tavola incontra l’arte

Compie sei anni «Far da mangiare», festival di cucina che sabato 23 e domenica 24 novembre, in concomitanza con la Settimana della cucina italiana nel mondo, animerà lo Spazio MIL, centro multifunzionale di circa tremila metri quadrati ubicato nel Comune milanese di Sesto San Giovanni, all’interno del parco archeologico industriale dell’ex fabbrica Breda.
Tema della manifestazione sarà la convivialità, quale elemento comune a tutte le culture del mondo in ogni epoca e in ogni luogo. Da sempre, infatti, il riunirsi intorno al cibo è momento di ritrovo e di condivisione, che ogni popolazione ha arricchito con le proprie usanze e tradizioni, con le proprie materie prime e tecniche di preparazione. Asia e Sud America sono i due Paesi al centro di questa edizione del festival, che proporrà una serie di attività gratuite come workshop di cucina, degustazioni, cooking show, incontri con i produttori, laboratori per bambini, il tutto con l’obiettivo di far conoscere profumi speziati e sapori esotici di un linguaggio universale, quello della buona tavola, capace di creare un ponte tra le varie culture.
A «Far da mangiare» -il cui cartellone sarà arricchito dal sempre gradito Spazio Meal, area dedicata allo street food italiano e internazionale- la cucina incontra anche il mondo dell’arte. In occasione della fiera sarà, infatti, possibile vedere la mostra «Dodici storie sul cibo. Dal cavallo al carrello», a cura di Andrea Tomasetig. L’esposizione, la cui inaugurazione è programmata per la sera del 21 novembre (ore 18.30), propone una selezione di carte e documenti d’epoca, databili dal 1865 a oggi e provenienti dalla vasta collezione dello studioso milanese Michele Rapisarda.
L’allestimento presenta sia i materiali originali sia la loro riproduzione ingrandita a parete, corredati da brevi testi per approfondirne il contesto storico e sociale.
Di particolare interesse sono le copertine di varie riviste illustrate, dalla storica «Domenica del Corriere», disegnate da Achille Beltrame e Walter Molino, alle attuali pagine d’autore di «Toiletpaper», il magazine bolognese creato da Maurizio Cattelan e dal fotografo Pierpaolo Ferrari, oltre a pagine pubblicitarie con grafiche firmate da Leonetto Cappiello, Antonio Rubino e Benito Jacovitti. Ci sono, inoltre, in mostra cartoline, calendari, ricevute di pasti all’osteria, gadget e pieghevoli.
La rassegna prende le mosse dal periodo in cui la ricca borghesia lombarda andava a mangiare fuori porta in carrozza, provvedendo anche al pasto per il cocchiere e il cavallo, come documentano due ricevute: una dell’Osteria del Giardino di Cassano d’Adda (1865), l’altra della Trattoria del Risorgimento di Fino Mornasco (1900 ca.), che si chiude con le voci «biada, fieno e stallazzo».
Tra le carte in mostra è possibile, poi, imbattersi in una illustrazione di Achille Beltrame dedicata al pranzo di Ferragosto del 1904 sotto le guglie del Duomo di Milano e negli scugnizzi napoletani «mangiamaccheroni», sempre del primo Novecento, immortalati in una cartolina a uso dei turisti italiani e stranieri.
Si toccano, quindi, gli anni Trenta con la pubblicità del modernissimo frigorifero Algidus, firmata da Antonio Rubino, e con quella dell’innovativo Caffè Cirio sottovuoto, il cui manifesto porta la firma di Leonetto Cappiello.
Si assiste, quindi, all’avvento della televisione nel 1954, raccontato da una copertina della rivista «Il Vittorioso» a cura di Benito Jacovitti. Tre anni dopo, nel 1957, con «Carosello», trasmissione che prosegue fino al 1977, la reclame arriva in televisione. L’azienda Invernizzi, produttrice di latticini e salumi, inventa due dei più famosi pupazzi pubblicitari: la Mucca Carolina e Susanna Tutta Panna, della quale è in mostra un giocattolo con stampato datato 1970.
La mostra si chiude, quindi, con un omaggio a Gualtiero Marchesi, del quale è esposto l’opuscolo stampato da Giorgio Lucini nel 2010 per i suoi ottant’anni.
Grande spazio viene, inoltre, dato alla stagione che vede la nascita e l’affermarsi dei supermercati e del carrello della spesa. Nel 1956 la Standa apre a Napoli il primo reparto self-service di generi alimentari. Il 27 novembre 1957 la Supermarkets Italiani -sorta per iniziativa di Nelson Rockefeller, Bernardo Caprotti e Marco Brunelli- inaugura a Milano il primo supermercato di una catena poi nota come Esselunga. Di quest’ultima è esposto il catalogo del novembre-dicembre 1967 con una sorridente Raffaella Carrà che augura buon Natale ai clienti. Un viaggio, dunque, interessante quello proposto alla Spazio MIL, che permette al visitatore di scoprire come il cibo sia cultura, pane non solo per il corpo ma anche per la mente. 

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Cartolina napoletana illustrata, Mangiamaccheroni, inizio 900; [fig, 2] Achille Beltrame, Controcopertina de La Domenica del Corriere, 21.8.1904, Millano; [fig. 3] Benito Jacovitti, Copertina Il vittorioso, 25.9.1955, Roma; [fig. 4] Copertina catalogo "Esse Lunga", Milano, novembre-dicembre 1967 

Informazioni utili 
«Dodici storie sul cibo. Dal cavallo al carrello. Carte dalla collezione Rapisarda». Spazio MIL, via Luigi Granelli, 1 - Sesto San Giovanni (Milano). Inaugurazione: giovedì 21 novembre, ore 18.30. Orari giovedì, ore 14.00-22.00 | venerdì, ore 14.00-19.00 | sabato, ore 11.00-23.00 | domenica, ore 11.00-21.00. Ingresso: gratuito. Informazioni: tel. 02.36682271, info@spaziomil.org. Come arrivare: M1 Sesto Marelli/Sesto Rondò, M5 Bignami, tram 31 Parco Nord/viale Fulvio Testi, autobus 727 viale Sarca/via Milanese. Dal 21 al 24 novembre 2019.

martedì 26 marzo 2019

«San Giorgio Cafè», La Mantia cucina per Venezia e gli art addicted

In primo piano le barche mollemente adagiate sulle acque della Laguna veneta e sullo sfondo la magnificenza del campanile di San Marco. È una location da sogno quella del nuovo ristorante di Filippo La Mantia, «oste e cuoco» palermitano -per sua stessa definizione- famoso per una cucina ricca di sapori genuini, profumi che rimangono impressi nella memoria e amore per materie prime come agrumi, finocchietto e pistacchi, fiore all’occhiello della sua Sicilia. Da sabato 6 aprile l’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia avrà, infatti, un nuovo spazio dedicato all’arte della cucina e alla cultura gastronomica italiana: il San Giorgio Café.
Il progetto, voluto dalla Fondazione Giorgio Cini nell’ambito delle attività di valorizzazione dell’isola lagunare, è stato progettato da D’Uva con Filippo la Mantia e sarà l’unico luogo di ristoro pubblico sull’isola. Una tappa, dunque, quasi obbligata per gli appassionati d’arte, soprattutto in vista dell’ormai vicina cinquantottesima edizione della Biennale.
Bar, café, bistrot e ristorante: sarà tutto questo il nuovo locale, collocato a fianco del complesso monumentale dell’isola benedettina, tra i principali promotori della vita culturale veneziana con il suo ricco calendario di iniziative, che spaziano dalla stagione concertistica dell’affascinante auditorium «Lo Squero» a importanti convegni e giornate di studio (tra cui si segnala per il 2019, dal 29 al 31 maggio, l’appuntamento internazionale «How Europe discovered the music of the World after World War II. Cold war, Unesco and ethomusicological debate»), senza dimenticare il sempre raffinato calendario espositivo.
Quest’anno, tra le mostre annunciate dalla Fondazione Cini per l’apertura della Biennale di Venezia, merita una segnalazione l’importante retrospettiva dedicata ad Alberto Burri (10 maggio - 28 luglio), realizzata con la collaborazione della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello.
La mostra, a cura di Bruno Corà, nasce dalla volontà di riportare a Venezia le opere più significative dell’artista, uno dei più grandi protagonisti dell'arte italiana ed europea del XX secolo, la cui ultima antologica risale al 1987.
L’esposizione, allestita negli spazi dell’Ala napoleonica, ripercorrerà così cronologicamente le più significative tappe del percorso del «maestro della materia» attraverso molti dei suoi più importanti capolavori: circa cinquanta opere, provenienti dalla Fondazione Burri, da musei italiani e stranieri e da collezioni private.
In primavera sull’isola di San Giorgio Maggiore sarà possibile vedere anche la nuova esposizione del progetto «Le stanze del vetro», iniziativa per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento nata dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung: «Maurice Marinot. The Glass, 1911-1934» (25 marzo - 28 luglio), a cura di Jean-Luc Olivié e Cristina Beltrami.
L’esposizione, organizzata insieme al Museo delle arti decorative di Parigi, sarà il primo tributo internazionale a questo grande artigiano, protagonista di una rivoluzione, nella tecnica quanto nel gusto, ancora non pienamente conosciuta dal grande pubblico, che lo ha visto letteralmente inventare un nuovo tipo di vetro, spesso, pesante e come egli stesso lo definì «carnoso».

Dopo una formazione parigina, la carriera di Marinot prende avvio come pittore fauve, ma è col vetro, al quale si avvicina quasi casualmente nel 1911, che l'artista trova la via dell'unicità.
Le prime prove con questo materiale sono decorazioni a smalto di oggetti prodotti dalla vetreria industriale di alcuni amici a Bar-sur-Seine, nella regione dell’Aube.
Il rapporto col vetro diviene, negli anni, sempre più fisico, quasi una lotta a due con la materia. Marinot arriva a padroneggiare la tecnica e, a partire dal 1922-1923, soffia egli stesso creando pezzi unici dalle forme originali e dalle colorazioni raffinatissime. Passa da forme pulite dalle superficie lisce, che giocano con le bolle d’aria sospese nello spessore, a flaconi e vasi che incide con tagli profondi, o corrode con lunghi passaggi nell’acido.
Questa storia, che termina nel 1934, verrà raccontata attraverso duecento pezzi unici e centoquindici disegni, tra schizzi e progetti per oggetti e per allestimenti, provenienti da differenti musei francesi.
In autunno «Le stanze del vetro» proporranno, invece, la mostra «Thomas Stearns alla Venini» (9 settembre 2019 - 6 gennaio 2020), dedicata all’esperienza muranese dell’artista americano che giunse a Murano nel 1960. La mostra, e il relativo catalogo, metteranno insieme per la prima volta tutte le opere che si sono conservate e che in gran parte possono essere considerate pezzi unici.
Mentre l’Ala napoleonica della Fondazione Giorgio Cini vedrà un omaggio a Emilio Isgrò (29 agosto-24 novembre), focalizzato su un tema centrale nella poetica dell’artista, quello della cancellatura.
Sono tanti, dunque, gli appuntamenti d’arte pensati per godere appieno della bellezza dell’isola di San Giorgio Maggiore e ora, al calendario, si aggiunge anche la possibilità di gustare un pasto d’autore. Da qualche giorno è già possibile prenotare on-line il proprio tavolo sul sito www.sangiorgio.cafe, i cui contenuti saranno svelati alla stampa il prossimo 5 aprile. Una prima occasione, quella del sito e delle pagine social su Facebook e Instagram, per «cogliere -raccontano da Venezia- il significato profondo del rapporto integrato tra il San Giorgio Cafè e le tradizionali attività della Fondazione Giorgio Cini a sostegno e valorizzazione dell'Isola».

Informazioni utili 
Per prenotazioni >>> booking@sangiorgio.cafe 
Per informazioni >>> info@sangiorgio.cafe 
Sito ufficiale >>> www.sangiorgio.cafe 
Instagram >>> https://www.instagram.com/sangiorgiocafe
Facebook >>>https://www.facebook.com/sangiorgiocafe/

domenica 8 novembre 2015

«Cartoceto Dop, il Festival»: nelle Marche l’arte a servizio dell’olio

Cosa succede quando una manifestazione solitamente legata all’enogastronomia sceglie di ampliare i propri interessi e creare un contenitore culturale che includa anche arte, musica e convegnistica col fine di promuovere un territorio intero? Nasce Cartoceto Dop, il Festival, manifestazione generata dalla vecchia mostra mercato dell’olio e dell’oliva nato trentanove anni fa nel borgo marchigiano di Cartoceto. Questa domenica e il prossimo week-end, ovvero il 14 e il 15 novembre, l’antica cittadina dell’entroterra pesarese festeggerà, infatti, il suo olio, l’unica dop olearia della Regione Marche, anche attraverso l’arte grazie alla collaborazione del liceo artistico «Mengaroni» di Pesaro e dell’Accademia di belle arti di Urbino.
Se gli studenti del liceo saranno alle prese con pennelli e colori disegnando en plein air il paesaggio circostante o realizzando interventi grafico-pittorici sul tema «Cartoceto–Gerico», gli studenti dell’accademia urbinate parteciperanno al festival con due progetti di riflessione più ampia, collocati all’interno del Teatro del Trionfo.
Il primo lavoro è un’installazione multimediale interattiva ispirata al «Barbiere di Siviglia» del celebre compositore pesarese Gioacchino Rossini. Attraverso un dispositivo interattivo, gli utenti potranno interagire con l’opera scegliendo tra i diversi media presenti. Arie musicali si libreranno nella sala, mentre forme, geometrie e immagini saranno proiettate in platea.
In questi stessi spazi saranno presenti anche le opere di Elvis Spadoni dedicate al tema dell'autoritratto e quelle del giovanissimo Ricardo Aleodor Venturi, artista che, partendo da materiali di riciclo poveri, sfrutta il cartone come materiale di supporto dei suoi lavori. Sarà, poi, possibile vedere anche una scultura surreale iper-realista raffigurante un gatto creata dalla scuola di scenografia dell’Accademia di Belle arti.
Di altro tipo è il lavoro dell’artista Noa Pane, presentato quest’anno anche alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. «I’m Not Inflatable» è, infatti, una performance partecipativa che riflette sul concetto di oggettualità del corpo violato. All’interno di una massa informe costituita da una serie di camere d’aria, viene avvolta e inglobata una giovane donna dai tratti orientali. Da questa massa fuoriescono una serie di pompe usate normalmente per gonfiare ruote. Il pubblico che accede allo spazio performativo è invitato a servirsi di tali pompe e concorrere al gonfiaggio delle varie camere d’aria, rivestendo così un duplice ruolo che si edifica in una simbiosi ombelicale collettiva, ossimoro di condivisione e partecipazione alla violenza. 

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Un’opera di Ricardo Aleodor Venturi; [fig. 2] Installazione interattiva sul «Barbiere di Siviglia»; [fig. 3] Noa Pane, «I’m Not Inflatable», 2015 

Informazioni utili 
Cartoceto Dop, il festival. Sedi varie - Cartoceto (Pesaro – Urbino). Informazioni: Pro loco, tel. 0721. 898437 o cartocetoturismo@gmail.com. Sito internet: www.cartocetoturismo.it. Domenica 8, sabato 14 e domenica 15 novembre 2015.

venerdì 17 luglio 2015

«Still-Life Remix», la natura morta trova casa da Antinori

Da oltre seicento anni il loro nome è legato alla storia della viticultura e alla migliore tradizione mecenatistica. È, infatti, dal 1385 che i marchesi Antinori hanno affidato all’arte il compito di raccontare la loro capacità di saper trasformare i frutti della terra in grandi vini.
Di recente, nel 2012, la nuova cantina nel Chianti classico, monumentale e seducente struttura disegnata dall’architetto Marco Casamonti, non solo è diventata sede della ricca collezione di famiglia, ma ha anche visto la nascita di un nuovo progetto artistico: «Antinori Art Project», una piattaforma di interventi in ambito contemporaneo, molti dei quali site specific, rivolti a giovani, ma già affermati protagonisti della scena artistica nazionale e internazionale.
Fino ad oggi hanno così fatto tappa nell’azienda di Bargino di San Casciano Yona Friedman, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle e Tomàs Saraceno. In questi mesi, in attesa dell’intervento di Giorgio Andreotta Calò, previsto per il prossimo autunno, Ilaria Bonacossa ha ideato una mostra temporanea su uno dei temi portanti della storia dell’arte insieme al paesaggio e al ritratto: la natura morta, un genere nel quale piante, fiori e frutti vengono riprodotti insieme a prede di caccia, in composizioni prive della presenza di esseri umani. Questi assemblaggi, spesso arricchiti da oggetti simbolici come teschi, perle, libri o strumenti per la misurazione del tempo, rappresentano un monito alla fragilità della bellezza e all’inevitabilità della morte.
«Still-Life Remix», questo il titolo della rassegna aperta fino al prossimo 4 ottobre, riunisce, nello specifico, circa quaranta lavori di ventisei artisti contemporanei, internazionali e italiani, che interrogano le possibilità espressive della natura morta. Accanto a giovani emergenti ci sono figure di spicco del mondo contemporaneo, posti in dialogo con lavori appartenenti alla collezione della famiglia Antinori come una grande natura morta fiamminga del 1600 e due tele di Filippo De Pisis, in cui il tono crepuscolare e intimista della rappresentazione degli oggetti inanimati è ottenuto da un fare pittorico lieve contraddistinto da rapidi tocchi.
La storia della natura morta ha origini antiche. A partire dalla seconda metà del XVI secolo gli artisti hanno ritratto, con mirabile maestria, il momento di massimo splendore della natura, fermandone metaforicamente la trasformazione e il deterioramento. Queste opere sono diventate così la rappresentazione fisica della fugacità della vita terrena e i simboli della temporalità, come orologi e teschi, si sono accompagnati a tavole imbandite, cibi, fiori e animali. È solo nel secolo successivo, però, che la natura morta raggiunge il suo successo e incontra il favore di mecenati e collezionisti. Nella modernità, poi, questo genere pittorico trova un importante strumento attraverso cui reinventare la tradizione e l’iconografia classica: così, dai fauve ai cubisti, passando per il surrealismo, la natura morta diventa lo strumento per tentare una rivoluzione dal punto di vista formale, come provano due maestri indiscussi del genere quali Giorgio Morandi e Filippo De Pisis.
La mostra toscana affronta questo tema, presentando un insieme di opere fotografiche, scultoree, pittoriche e video che illustrano come, ancora oggi, il nostro sguardo possa, attraverso il codice espressivo della natura morta, cogliere il passare del tempo attraverso la rappresentazione visiva di un impossibile equilibrio tra naturale e artificiale.
I lavori selezionati dimostrano che, attraverso questo genere, molti artisti contemporanei raccontano la loro percezione del mondo che ci circonda, la fragilità umana, la caducità della felicità terrena.
Le opere esposte lasciano, poi, ben trasparire come i valori della composizione e dell’equilibrio cromatico siano reinventati, completamente trasformati e tradotti nella contemporaneità, per conservare l’efficacia dell’indagine. Così, per esempio, le immagini di Wolfgang Tillmans documentano come il genere si sia trasformato catturando la quotidianità e i residui della presenza umana sullo spazio, mentre i lavori di Ori Gersht mostrano il rapporto stretto che intercorre tra violenza e bellezza attraverso l’improvvisa esplosione di nature morte che sembrano uscite dalla migliore pittura fiamminga secentesca.
Due talenti emergenti come Santo Tolone ed Elisa Strinna, in mostra con il trittico d’ispirazione caravaggesca «Variazione su canestra di frutta» (2011), si riappropriano, invece, con ironia di un’iconografia che fa eco alla tradizione classica dell’alzata poetafrutta e del centrotavola per trasformarla in altro. Divertente è anche l’opera di Aldo Mondino esposta, «Torso torsolo rosicchiato da Rodin», una scultura in marmo colorato che racconta il parallelismo tra la natura e l'immortalità dei busti antichi. Gioca sull’effetto straniamento pura il progetto site specific «Giant Fruits » di Nicolas Party, un grande dipinto murale che si ispira più alla tradizione della natura in posa che a quella del memento mori, nel quale sono raffigurate mele e pere dai colori pop e dalle forme un po’ surreali: un vero e proprio inno alla natura e a ciò che la terra ci offre. Un inno, dunque, alla grande tradizione di Antinori.

Didascalie delle immagini
[Fig.1] Nicholas Party, «Giant Fruits», progetto site-specific, 2015; [fig. 2] Aldo Mondino, «Torso Torsolo rosicchiato da Rodin», 1996; [fig. 3] Wolfgang Tillmans, «L.A. Still Life», 2001   |  C-Print, cm 64 x 73 x 4,5 courtesy Studio SALES di Norberto Ruggeri, Roma; [fig. 4] Vista dell'allestimento della mostra «Still-Life Remix»,courtesy to Antinori Art Project

Informazioni utili
«Still-Life Remix. 26 artisti contemporanei reinterpretano la natura morta». Artisti in mostra: Giorgio Andreotta Calò, Arianna Carossa, Mat Collishaw, Hans Peter Feldemann, Stefania Galegati, Francesco Gennari, Ori Gersht, Piero Gilardi, Thomas Grünfeld, Gusmao & Paiva, Georgie Hopton, Elad Lassry, Esko Männikkö, Davide Monaldi, Aldo Mondino, Nicolas Party, Jack Pierson, Lorenzo Scotto di Luzio, Shimabuku, Shirana Shahbazi, Elisa Strinna, Wolfagang Tillmans, Santo Tolone, Luca Vitone, Henkel & Pitegoff. Antinori nel Chianti Classico, via Cassia per Siena, 133 - Località Bargino di San Casciano Val di Pesa (Firenze). Orari di apertura della cantina con degustazione e accesso all’area museale: dalle ore 11.00 alle ore 18.00; si consiglia la prenotazione al numero 055.2359700  o all’indirizzo e-mail visite@antinorichianticlassico.it.  Sito internet: www.antinorichianticlassico.it. Fino al 4 ottobre 2015.


martedì 14 luglio 2015

«Leonardo non era vegetariano». Con Maschietto editore alla tavola del maestro toscano

«Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto»: è stata questa affermazione a far inserire, per lungo tempo, Leonardo da Vinci tra i vegetariani convinti. In occasione di Expo Milano 2015, il mito, uno dei tanti legati alla figura del genio toscano, viene sfatato grazie a una ricerca di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato pubblicata dalla casa editrice fiorentina Maschietto in una duplice edizione, inglese e italiana, la cui prefazione porta la firma di Oscar Farinetti, fondatore e ideatore di Eataly.
Il volume, intitolato «Leonardo non era vegetariano», non solo smentisce una leggenda tramandata mal interpretando le fonti antiche, a partire dal libro «Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori» di Giorgio Vasari nel quale si parlava dell’amore del maestro per gli animali, ma offre anche una rilettura, in chiave contemporanea, della cucina leonardesca attraverso quindici ricette ideate dallo chef Enrico Panero a partire dalle liste della spesa redatte dall’artista di suo pugno in occasione di cerimonie e banchetti, momenti conviviali nei quali abbondavano carne e pesce.
Ecco così nascere manicaretti come le sfere di gamberi rossi con burrata, albicocche e menta, il risotto alla lattuga con crudo di pesce e il petto di piccione con le more raccontati nel volume, in libreria dallo scorso 8 luglio, grazie alla presentazione di Annamaria Tossani e alle fotografie di Yari Marcelli. Il libro tratteggia, dunque, un ritratto inedito del maestro toscano -illustrato da opere, disegni e documenti, compresi materiali inediti o poco noti- e, allo stesso tempo, si configura come un vero e proprio manuale di cucina contemporanea, con ricette sfiziose alla portata di tutti, illustrate fotograficamente in ogni fase di preparazione.
Le due anime del libro -storico/artistica e culinaria- sono armonizzate grazie agli interventi del gastronauta Davide Paolini, che introduce le tappe di un viaggio tra i luoghi, le opere e i sapori delle terre vinciane, soffermandosi sulle nuove invenzioni culinarie di Enrico Panero. Ad arricchire il volume, che presenta anche un glossario con gli ingredienti usati e una cronologia leonardesca, c’è, inoltre, un saggio sul Cenacolo milanese di Cristina Acidini, tra le massime studiose al mondo dell’opera leonardesca.
«Leonardo non era vegetariano» getta così nuova luce su uno dei miti più grandi di tutti i tempi, mostrando come la passione e il genio dell’artista toscano si siano dedicati anche ai temi del cibo, della cucina, dell’alimentazione, tanto da poter ravvisare in contributi di varia natura riferimenti importanti per la definizione della moderna cultura gastronomica e culinaria. Non mancano, per esempio, studi di strani marchingegni per il girarrosto e degli effetti del calore sulle pietanze.
«Maestro di feste, cerimonie e banchetti a Firenze, Milano e Amboise, Leonardo –si legge nella presentazione di Maschietto editore- studiò le materie prime, inventò macchine e utensili, ragionò sulle caratteristiche dei territori di produzione, codificò disciplinari di prodotti come l’olio, il pane e il vino, esplorò le proprietà degli alimenti in relazione alla salute del corpo, scrisse favole, ‘profezie’, indovinelli e rebus ispirati al tema del cibo, realizzò straordinari disegni di macchine innovative per la produzione. E ovviamente il cibo è rappresentato in alcuni suoi dipinti, a partire dal Cenacolo milanese, che senza dubbio è la mensa più famosa del mondo».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cover del libro «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero»; [fig. 2] Una ricetta di Enrico Panero ispirata a Leonardo da Vinci; [fig. 3] Alessandro Vezzosi del Museo ideale Leonardo da Vinci, tra gli autori del libro  «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero»; [fig. 4] Lo chef Enrico Panero

Informazioni utili 
AA.VV., «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero». Maschietto editore, Firenze 2015. Dati tecnici: formato cm 20x24, pagine 192, copertina brossura con bandelle, doppia edizione italiano e inglese - ISBN italiano: 978-88-6394-100-5; ISBN inglese: 978-88-6394-101-2. Prezzo di copertina: € 19,00. Informazioni utili: Maschietto editore, via del Rosso Fiorentino, 2 D - 50142 Firenze, tel./fax 055.701111. Sito internet: www.maschiettoeditore.com





mercoledì 15 aprile 2015

Brera, un restauro al gusto di miele per l'Atrio dei gesuiti

Sarà un restauro «dolce» quello dell'atrio dei Gesuiti all’interno del Palazzo di Brera. Toccherà, infatti, alla Rigoni, prestigiosa azienda familiare che sull’Altipiano di Asiago produce mieli e marmellate, riportare alla sua antica bellezza l’area di ingresso di uno dei simboli di Milano nel mondo.
L’intervento di recupero, su progetto degli architetti Alessandra Quarto e Angelo Rosi, sarà realizzato entro il prossimo settembre da Fondaco, società veneziana specializzata nella gestione di interventi di restauro di beni pubblici, che ha già curato una cinquantina di cantieri in dieci anni di attività.
L’atrio, che oggi versa in pessime condizioni di conservazione, è un’elegante aula a due navate separate da coppie di colonne binate in granito rosa di Baveno, coperta da volte a calotta con cornici grigie, che in passato aveva una funzione importante all’interno del complesso di Brera.
In passato, questo spazio fungeva, infatti, da area di accesso al complesso formato dal convento e dal collegio affidato ai gesuiti da San Carlo Borromeo, trasformato nel 1773, per volere di Maria Teresa Imperatrice d’Austria, in un vero e proprio polo culturale, in cui ancora oggi trovano sede l’Accademia, la Biblioteca braidense, l’Orto botanico e la celebre pinacoteca con i suoi tesori d’arte.
Qui si trovano, inoltre, importanti testimonianze storico-architettoniche come i monumenti in memoria di Ruggero Giuseppe Boscovich (fondatore dell’Osservatorio astronomico di Brera), di Giovanni Perego (restauratore e scenografo per il teatro alla Scala), di Giuseppe Sommaruga (architetto, autore del Palazzo Castiglioni a Milano,simbolo del liberty italiano), oltre al bassorilievo dell’incoronazione di Napoleone (realizzato da Gaetano Monti per l’Arco della pace di Milano) e al portale del Santo Sepolcro con il busto seicentesco in memoria di San Carlo Borromeo.
Quando a rovinare al suolo sono state porzioni più o meno estese degli intonaci originali, per sostituirli sono stati utilizzati nuovi intonaci in malta cementizia, che hanno impedito o limitato la fisiologica traspirazione dei muri. Gli elementi in pietra, marmo o granito hanno così, molto pesantemente, risentito di umidità e scarsa cura, con situazioni di sfarinamento o di sfaldamento. Non è andata meglio alle strutture lignee, ai ferri, ai bassorilievi, alle lapidi commemorative. Non solo l’architettura quindi, ma anche il prezioso complesso di memorie milanesi custodito nell’atrio appariva in pericolo. Di qui l’appello della Soprintendenza di Milano e dell’associazione Amici di Brera per trovare chi potesse farsi carico di un intervento la cui urgenza era davanti agli occhi di tutti. La risposta di Fondaco e di Rigoni è stata entusiasta. Ma non è tutto.
In occasione del restauro e dell’imminente Esposizione universale, l’azienda vicentina promuove una serie di iniziative intorno al cibo. La prima di queste, intitolata «Dal quadro al piatto», verrà realizzata in collaborazione con la pinacoteca e il Cnr – Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e si sostanzierà in una serie di tavole rotonde, in programma dal 21 maggio al 15 ottobre, nel corso delle quali si potrà disquisire di arte ed enogastronomia, a partire da quadri come «La fruttivendola» di Vincenzo Campi, la «Cena in Emmaus» del Caravaggio o il «San Gerolamo» di Cima da Conegliano.
Per contribuire alla valorizzazione delle varie realtà che operano a Brera si sta, inoltre, avviando una collaborazione con la Biblioteca nazionale per la ricerca nei famosi archivi di documenti storici riguardanti il settore d'interesse della Rigoni: le confetture, il miele e le mele. L'auspicio è che si possa trovare qualche ricetta del passato da elaborare e magari proporre al mercato.

Informazioni utili 
Fondaco S.r.l. - Palazzo Gradenigo, Santa Croce 764 - 30135 Venezia, tel. 041.5242851, fax 041.7792403. Sito internet: www.fondacovenezia.org. 

sabato 18 ottobre 2014

«Artusi Remix», la cucina romana incontra l’arte

Lui si presenta al pubblico come dj, filosofo, economista ed appassionato di gastronomia. Il «New York Times» ha, invece, preferito definirlo «uno dei più inventivi attivisti del cibo» a livello mondiale. Don Pasta, nome d’arte di Daniele De Michele, è diventato famoso per le sue esibizioni musicali che lo vedono portare sul palco vinili e pentole, mixer e minipimer per frullare musica e veloutés.
Dopo «Food sound system», spettacolo multimediale divenuto anche un libro per i tipi delle edizioni Kowalski, il talentuoso performer, che da anni vive in Francia e che ha al suo attivo collaborazioni con Paolo Fresu e David Riondino, torna in scena con un nuovo progetto sulla cucina popolare italiana e sui sapori della nostra tradizione: «Artusi Remix – La cucina italiana nel nuovo millennio».
Domenica 19 ottobre l’iniziativa fa tappa a Roma, negli spazi del Macro alla Pelanda (Testaccio), dove Don Pasta racconterà il cibo capitolino tra trippe, code alla vaccinara e carbonare in un concentrato di rappresentazioni simboliche e memorie riccamente documentate da interviste ai protagonisti popolari della tradizione gastronomica locale. Per realizzare questo progetto e per conoscere la vera cucina romana, l’artista si è fatto invitare a pranzo da persone di San Basilio, San Lorenzo, Testaccio, Appia e Ostia, gente di borgata custode dei saperi più antichi del cibo, e ha rielaborato il materiale raccolto con il vj e regista videoAntonello Carbone e DgVisual.
«Raccontare una ricetta significa andare a capire cosa sia cambiato nella cucina tradizionale, nella sua geografia, nelle sue testimonianze, ma anche raccontare la storia di chi la racconta», afferma Don Pasta. «Significa fare una fotografia non solo della cucina romana ma di Roma stessa, parlando però anche della città del nuovo millennio col suo precariato e la sua disoccupazione, le migrazioni in entrata e uscita, il fallimento delle utopie, i conflitti generazionali. Questo perché, attraverso la cucina, tutto ciò diventa tela di fondo e strumento di ricostruzione di una nuova identità della città. Sapere cosa si sia conservato, cosa sia in mutamento, cosa si sia smarrito per sempre; capirne le tracce affettive ed emozionali in ognuno, lo smarrimento, l’ancorarsi a ciò che c’è sempre stato, lo sperimentarne la sua trasformazione in qualcosa di nuovo. Ho voluto, -spiega ancora il performer- con questo, rendere omaggio alla città eterna attraverso la sua gente e il quinto quarto».
Donpasta continua così la sua ricerca, in parte etnografica ed in parte culinaria: una performance che si fa dunque strumento di riconnessione tra arte e socializzazione ed è costruita, con la consulenza di Casartusi e della Treccani, anche in funzione di un progetto più ampio che prevede la pubblicazione di un libro per la casa editrice Mondadori, un nuovo tour mondiale, la ristampa DeLuxe della prima edizione del libro «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene» di Pellegrino Artusi.

Informazioni utili 
Don Pasta presenta «Artusi Remix a Roma - Se magni bene nun mori mai». Factory La Pelanda, piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma (Testaccio). Ingresso libero.Domenica 19 ottobre 2014, alle ore 18.30. Informazioni: danieledemichele@gmail.com. Sito internet: www.donpasta.com.

martedì 23 settembre 2014

Da Shakespeare agli eventi del Bric à bar: tre mesi di cultura e gusto al teatro Lo Spazio di Roma

Non poteva che essere un omaggio a William Shakespeare, drammaturgo del quale ricorrono quest’anno i quattrocentocinquanta anni dalla nascita, a inaugurare il settimo anno di attività del teatro Lo Spazio di Roma, sala multifunzionale diretta da Alberto Bassetti e Francesco Verdinelli che fa coesistere diverse forme di spettacolo dal vivo, proponendo una programmazione di qualità, ricerca e innovazione incentrata sulla drammaturgia contemporanea, originale o rielaborata da testi classici.
Fino al 5 ottobre, il teatro capitolino apre, infatti, le proprie porte a Roberto Herlitzka con il suo «ExAmleto», un monologo fedele al testo shakespeariano nelle parole, ma non nella struttura, che da più di dieci anni è in tournée nelle principali sale italiane e che riscuote sempre un grande successo di critica e di pubblico.
La programmazione proseguirà, quindi, con il reading «Anima animale», nel quale Daniela Poggi, diretta da Luca De Bei, proporrà un viaggio nel sorprendente mondo dei sentimenti e delle emozioni provate da cani, gatti, galline, mucche, elefanti e non solo attraverso racconti, testimonianze e storie di vita.
Lo spettacolo, in scena dal 7 al 19 ottobre, si avvale delle musiche di Francesco Verdinelli e sarà integrato -in corso d’opera- da incontri, dibattiti e aperitivi sul mondo vegano e animale, che documenteranno la profonda sensibilità, il coraggio, la generosità, la fedeltà, la memoria inossidabile dei nostri amici a quattro zampe e di tante altre specie, tutte animate da «un soffio divino», come diceva Giovanni Paolo II.
A seguire, dal 21 al 26 ottobre, Alberto Bassetti proporrà il suo ultimo e apprezzato lavoro: «Edipo in compagnia», con Paolo Graziosi ed Elisabetta Arosio.
Graziano Piazza sarà, invece, il protagonista, dal 27 al 29 ottobre, di un insolito testo di Robert Schneider, diretto da Cesare Lievi: «Schifo» («Dreck»), un’opera considerata da Giovanni Raboni «un autentico esempio di teatro civile capace di coinvolgere lo spettatore con gli strumenti specifici dell’emozione estetica», nella quale è raccontata la dinamica di una società che, invece, di accusare se stessa non esita ad attribuire agli altri -a quelli che non le appartengono, agli extra-comunitari- la colpa della propria decadenza.
Sarà, quindi, la volta, nel pomeriggio del 2 novembre, dello spettacolo per ragazzi «Lo cunto de li cunti di Basile», con Anna Mingarelli e per la regia di Alessandro Cavoli, una narrazione semplice e immediata, sul modello di quelle dei cantastorie medioevali e della Commedia dell’arte, ispirata a tre favole della tradizione europea: «Davanti alla legge» di Franz Kafka, «Petrosinella» e «La gatta Cenerentola» di Giovambattista Basile.
In serata, Alessandro Cavoli sarà ancora protagonista con lo spettacolo «O Bu!.... Osteria Del Canale», un monologo con musiche dal vivo ispirato al «Viaggio al termine della notte» di Céline.
Evelina Nazzari, Alessandro Pala, Maddalena Recino saranno, poi, i protagonisti, dal 4 al 9 novembre, di un classico pinteriano, «Vecchi tempi», riallestito da Rosario Tronnolone secondo la sua originale formula di partita mentale a scacchi: un misterioso giallo dei sentimenti, la cui soluzione è solo accennata, intuita, come sospesa.
Dall’11 al 16 novembre sarà, quindi, in scena sul palco del teatro Lo Spazio Maria Letizia Gorga che reinterpreterà Mercedes Sosa in «Todo cambia», un testo scritto da Pino Ammendola che lega il racconto della grande passionaria argentina, donna che ha usato la propria arte come strumento di lotta a favore degli ultimi e che è stata testimone internazionale della silenziosa battaglia della madri di Plaza de Mayo, a una partitura musicale ininterrotta, suonata dal vivo da Stefano De Meo al pianoforte e Pino Iodice alla chitarra.
Dal 18 al 23 novembre sarà, invece, in scena «I’m not religious», spettacolo scritto e diretto da Marco Marciani, nel quale Francesca Pettinelli racconta la storia di una cantante araba che pone fine ai suoi giorni poiché non le è permesso di raccontare la sua storia: una riflessione sul mondo della coscienza e della conoscenza femminile in un’epoca ancora costretta ad isolamenti di genere.
Spazio, quindi, a un omaggio alla scrittrice francese Marguerite Duras, nel centenario della nascita, con lo spettacolo «Duras mon amour» di Gennaro Colangelo, che vedrà in scena, dal 25 al 30 novembre, Anna Clemente Silvera.
A seguire, dal 2 al 14 dicembre, Ulderico Pesce, attore stabile del teatro Lo Spazio, sarà protagonista dello spettacolo «Asso di monnezza», nel quale si tratta dei rifiuti urbani e industriali che attanagliano l'Italia e che fanno arricchire pochi a discapito della salute di molti e dell’ambiente.
Un appuntamento di alto valore civile sarà anche quello che, dal 16 al 21 dicembre, vedrà in scena Mascia Musy e Maria Letizia Gorga, dirette da Giuseppe Argirò: «L’altra madre», un excursus che parte da Medea per arrivare alle colpevoli di molti infanticidi di cui parla tristemente la cronaca quotidiana dei nostri giorni. Infine, a chiudere l’anno teatrale, dal 23 al 30 dicembre, saranno i tre primi classificati della rassegna «Corti teatrali»: gli spettacoli «Un signore in vestaglia domani si sveglierà presto» di Massimo Odierna, «Mise en place» di Daniele Amendola e Pietro Pace, «Amaterasu version» della compagnia pugliese «Madimù».
Alle molteplici proposte teatrali di questi primi tre mesi di programmazione della stagione 2014/2015, il teatro Lo Spazio affianca una serie di eventi tra dj set, concerti live, performance teatrali e serate di video-arte, promossi dalla nuova gestione dell’area ristoro:
il Bric à bar. Un’occasione, questa, per scoprire che il teatro ha anche un ottimo gusto. (s.am.)

Didascalie delle immagini 
[Figg.1 e 2] Interno del teatro Lo Spazio di Roma; [fig. 3] Veduta dello spazio ristoro del Lo Spazio di Roma; [fig. 4] Ritratto di Roberto Herlitzka, protagonista del monologo «ExAmleto»; [fig. 5] Una scena dello spettacolo «Schifo» («Dreck») di Robert Schneider, con Graziano Piazza; [fig. 6] Una scena dello spettacolo «Asso di monnezza», con Ulderico Pesce. Foto: Gianni Santilio [Per le immagini si ringrazia Elisabetta Castiglioni] 

Informazioni utili 
Teatro Lo Spazio, via Locri, 42/44 (traversa di Via Sannio, a 100 metri da Metro S. Giovanni) – Roma. Orari spettacoli: da martedì a sabato, ore 20.45; domenica, ore 17.00. Ingresso: da € 7,00 a 12,00 euro. Informazioni: tel.06.77076486 o tel. 06.77204149 , info@teatrolospazio.it. Sito internet: www.teatrolospazio.it. Dal 23 settembre al 30 dicembre 2014.