ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 29 novembre 2013

«Etica, DNA dell’arte»: il neo-umanesimo culturale trova casa alla Florence Biennale

Si intitola «Etica, DNA dell’arte» la nona edizione di Florence Biennale, mostra interamente dedicata al contemporaneo che, dal 1997 ad oggi, è stata in grado di richiamare nella città di Firenze centinaia di artisti provenienti da ogni parte del mondo, tra i quali Josè Luis Cuevas, Agatha Ruiz de la Prada, Marina Abramovic, Gilbert & George, Christo & Jeanne-Claude.
Quest’anno la manifestazione, in programma da sabato 30 novembre a domenica 8 dicembre alla Fortezza di Basso (all’interno del Padiglione Spadolini), vede alla direzione artistica il professor Rolando Bellini, docente all’Accademia di Brera e all’Università internazionale dell’arte di Firenze, curatore del Map-Museo d’arte platica di Castiglione Olona (Varese) e autore, con Maria Luisa Stringa e altri studiosi dello staff della Florence Biennale, della Carta etica dell’artista del nuovo millennio, presentata lo scorso marzo al XXXIII Convegno mondiale dei centri Unesco.
Questo documento programmatico esprime l’intima essenza della nuova edizione della manifestazione fiorentina, alla quale parteciperanno quattrocentocinquanta artisti (trecentosettanta iscritti più ottanta ospiti), dei quali sessantacinque under 30 e quarantacinque veterani.
La nazione più rappresentata alla Biennale -che vanta come tradizione l’Alto patronato del presidente della Repubblica italiana e i patrocini del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze- sarà l’Italia con ottantacinque partecipanti, seguita dalla Cina, dalla Spagna, dagli Usa e dal Messico.
Obiettivo dell’iniziativa, che nel 2001 è stata riconosciuta dall’Onu come partner ufficiale nel programma «Dialogo tra le civiltà», è quello di «scannerizzare» il codice genetico dell’arte, fino a metterne a nudo una delle matrici base: l’etica. La «culla del Rinascimento», Firenze, si trasforma così in patria di un neo-umanesimo artistico, in cui la creatività diviene forza vitale che anima ogni processo relativo alla conoscenza.
Da questo assunto è nata l’idea di cambiare il nome della manifestazione, chiamandola «The New Florence Biennale», e, contestualmente, di modificare il logo. Stessi colori, arancio e nero, ma look decisamente più contemporaneo per il nuovo marchio della rassegna fiorentina, dunque, nel quale il graphic designer Alessandro Mannocchi, sotto la supervisione di Rolando Bellini e François Zille, ha scelto di raffigurare una porta su Palazzo Vecchio, simbolico dialogo tra l’antico e il contemporaneo. Mantra propiziatorio di questa edizione sarà, invece, una frase di Paul Klee: «Nelle mie vene scorre il sangue di un tempo migliore».
Evento clou della manifestazione, fondata da Pasquale e Piero Celona, sarà la consegna del premio «Lorenzo il Magnifico», in programma sabato 7 dicembre nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Per la cultura sarà premiato  Franco Mussida, membro acclamato del celebre gruppo progressive rock Premiata Forneria Marconi e «autore –si legge nella presentazione della Florence Biennale- capace di ‘scolpire la musica’, ovvero di coniugare arti visive e performative in una sinestesia etico-estetica fondata su un linguaggio che, sotto l’egida di una istanza timbrica, trascende i confini di luce, forma, colore e suono per dar vita a una sintesi della dimensione visiva e materiale della scultura con quella invisibile e impalpabile della musica. In questa sorta di insight estetico l’esperienza sensoriale delle opere di Mussida attiva la percezione interiore e il pensiero in un processo creativo che è anche etico perché indissolubilmente legato sia alla coscienza sia alla conoscenza».
Premio alla carriera per la cultura anche a Henryk Jurkowski, che nella sua vita ha contribuito significativamente alla comprensione, all’apprezzamento e allo sviluppo del teatro di figura. Mentre nel campo dell’arte sarà premiato Anish Kapoor, autore che ha contribuito in maniera straordinaria alla definizione di un nuovo paradigma della creatività artistica nell’età contemporanea, con opere come gli «Sky Mirror», il «Cloud Gate» al Millennium Park di Chicago e il «Tall Tree and the Eye» al Museo Guggenheim di Bilbao.
Più che mai ricco il carnet di eventi collaterali che coinvolgeranno in maniera capillare l’intera città di Firenze con mostre temporanee, performance, installazioni, presentazioni di libri, eventi per i più piccoli, in un proficuo dialogo tra passato e presente. L’artista Ornella Piluso porterà, per esempio, in alcuni ristoranti fiorentini, come il «Luci della città» e l’«Outside Bistrot», la sua iniziativa «Arte da mangiare, Mangiare per l’arte», che vedrà gli artisti Diego Pasqualin, Daniela Dente e Gianfranco Maggio ‘dialogare’, tra ricette e colori, con gli chef Renato Pellizzari, Domenico Portolano, Oliver Betancourt e Daniele Raddi. Lo spazio Linea, base stabile della Florence Biennale, ospiterà, invece, la mostra «Bestiario fantastico», a cura di Erica Tamborini e Diego Pasqualin; mentre Palazzo Vecchio sarà la sede, martedì 3 dicembre, di un convegno sul Neo-umanesimo culturale.
Eventi e artisti presenti alla Fortezza di Basso rimarranno documentati in un catalogo pubblicato da Fausto Lupetti Editore e distribuito da Messaggerie, del quale sarà disponibile anche una versione digitale acquistabile su I-Tunes e su altre piattaforme. Uno strumento utile, questo, per conservare il ricordo di un’edizione pioniera della Florence Biennale, manifestazione che, nei prossimi anni, valorizzerà tutti quegli artisti che contribuiscono a «delineare una visione olistica per lo sviluppo di un futuro sostenibile».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Nelle mie vene scorre il sangue di un tempo migliore», frase-mantra di Paul Klee interpretata da Pasquale Celona per «Etica, DNA dell’arte» - IX Biennale di Firenze; [figg. 2 e 3] Veduta di insieme della Florence Biennale; [fig. 4] Opera esposta allo spazio Linea di Firenze nella mostra «Bestiario fantastico», a cura di Erica Tamborini e Diego Pasqualin: [fig. 5] Opera di Maurizio Gabbana per la mostra «Illustrating Florence» alla Biblioteca delle Oblate di Firenze.

Informazioni utili
«Etica, DNA dell’arte» - IX Biennale di Firenze. Firenze, Fortezza di Basso e sedi varie. Orari: ore 10.00-20.00. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00/ € 5,00, ingresso gratuito per disabili e i loro accompagnatori, scuola primaria, guide di gruppi di almeno 12 persone. Informazioni: Arte Studio, via delle Porte Nuove, 10 - Firenze, tel. 055.3249173, fax.055.333540, info@florencebiennale.org. Sito internet: www.florencebiennale.org. Da sabato 30 novembre a domenica 8 dicembre 2013. 


mercoledì 27 novembre 2013

Bergamo, alla scoperta dei pittori veneziani delle «Sette Maniere»

È un pregevole progetto espositivo che accende i riflettori su un raro pittore veneziano quale Pase Pace, documentato in attività tra il 1594 e il 1617, quello promosso dalla Parrocchia e dal Comune di Nembro, in collaborazione con l’Accademia Carrara di Bergamo e per iniziativa di Amalia Pacia della Soprintendenza per i beni storici e artistici di Milano, attorno alla pala d’altare «Madonna con il Bambino in gloria tra san Giovanni Battista e santa Caterina con due devoti», custodita presso la chiesa della Santissima Trinità di Trevasco.
Due i luoghi della provincia bergamasca coinvolti nell’esposizione: da sabato 30 novembre a lunedì 6 gennaio la mostra sarà allestita al Palazzo della Ragione di Bergamo Alta; da sabato 11 gennaio a venerdì 14 febbraio farà tappa a Nembro, negli spazi della Biblioteca centro cultura.
La rassegna, intitolata «Un dipinto come un rebus: la scoperta di Pase Pace (doc. 1594-1617) e i pittori veneziani delle ‘Sette Maniere’», prende spunto dal lavoro di Amalia Pacia e di Giorgio Fossaluzza dell’università di Verona, che sono riusciti a ricondurre la pala bergamasca, la cui attribuzione da tempo costituiva una sfida per gli studi, alla firma di Pase Pace. L’opera, di realizzazione giovanile, diventa così un punto di riferimento importante nel ristretto catalogo di un artista ancora poco indagato, composto da esempi pittorici distribuiti tra Venezia, il territorio bresciano e di Bergamo, a conferma del costante flusso di opere, idee e uomini che nei secoli passati intercorrevano tra Venezia e i domini della Serenissima, specie nel versante occidentale.
I pochi documenti finora editi ci consegnano un Pase Pace quale pittore intimo della famiglia di Paolo Veronese. Probabilmente l’artista compì il suo apprendistato all’interno della bottega dei Veronese, attiva anche dopo la morte del grande maestro.
Alle opere già note, si aggiungono ora nuove attribuzioni, come il dipinto con la «Morte di san Benedetto» (Venezia, Gallerie dell’Accademia) e la pala della «Madonna in gloria e i santi Michele arcangelo, Lorenzo e Stefano» (Mestre, chiesa di San Lorenzo).
Restituita alla sua freschezza inventiva, forse di opera prima, dal complesso restauro eseguito da Antonio Zaccaria, che ha ‘liberato’ la policromia originale dalle numerose e diffuse ridipinture effettuate in passato, la pala di Trevasco conferma nella brillante materia pittorica, nel naturalismo delle forme e nell’intonazione cromatica giocata su toni freddi e note squillanti, la piena adesione di Pace al linguaggio di Paolo Veronese e del suo lascito. Si tratta di una costante quasi invariata anche nella successiva produzione, segnata da una raffinata e quasi meticolosa trascrizione di moduli desunti dalla grande pittura del Veronese, come formulata anche dal fratello Benedetto e dai figli Carletto e Gabriele.
La scoperta della pala giovanile di Pase Pace diventa occasione per compiere un affascinante excursus nel ricco patrimonio pittorico di Bergamo e del suo territorio tra la fine Cinquecento e l’inizio Seicento, con un’indagine a tutto campo sulle presenze di artisti veneti o di inclinazioni ‘veneteggianti’ che ha portato a sorprendenti ritrovamenti e a nuove attribuzioni, di cui dà conto Giorgio Fossaluzza nel suo importante contributo pubblicato nel catalogo di Silvana Editoriale.
La selezione dei dipinti in mostra, provenienti aelle collezioni dell’Accademia Carrara, restituisce la varietà di tendenze e di apporti stilistici di artisti veneti contemporanei di Pace, come Maffeo Verona («Nozze mistiche di santa Caterina») e Giovanni Contarini («Nascita di Eva»), affiancati da esempi di alcuni esponenti delle così dette «Sette Maniere», termine coniato dallo storico Marco Boschini, nel 1674, per definire la fase di transizione della pittura veneziana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, caratterizzata da una comune ispirazione ai grandi protagonisti del secolo, Tiziano, Tintoretto e Veronese.
Così, del capofila dei sette pittori, Jacopo Palma il Giovane, si presentano in mostra due straordinari dipinti, la «Sacra Famiglia con santa Caterina da Siena e la Maddalena penitente». Si aggiunge Andrea Vicentino, al quale vengono oggi restituite due tele ancora dell’Accademia Carrara, raffiguranti «Il Compianto di Cristo», già assegnato alla bottega di Jacopo Bassano, e «Il Ritorno del figliol prodigo», esposta in mostra e fino ad oggi ritenuta di scuola veneto-fiamminga.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Pase Pace, «Madonna in gloria con san Giovanni Battista, santa Caterina e due devoti» . Trevasco di Nembro, Chiesa della Santissima Trinità. © Foto Antonio Zaccaria Restauro Beni Culturali, Bergamo; Pase Pace, «Madonna in gloria con san Giovanni Battista, santa Caterina e due devoti»  - Particolare del volto di San Giovanni Battista. Trevasco di Nembro, Chiesa della Santissima Trinità. © Foto Antonio Zaccaria Restauro Beni Culturali, Bergamo; [fig. 3] Palma il Giovane, «Sacra Famiglia con santa Caterina da Siena» . © Bergamo, Accademia Carrara

Informazioni utili
Un dipinto come un rebus: la scoperta di Pase Pace (doc. 1594-1617) e i pittori veneziani delle ‘Sette Maniere’». 
- Accademia Carrara – sede temporanea di Palazzo della Ragione, piazza Vecchia - Bergamo Alta. Orari: martedì-venerdì, ore 9.30-17.30; sabato e domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio. Informazioni: tel. 035.399677, negli orari di apertura della mostra. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Sito internet: www.accademiacarrara.bergamo.it. Dal 30 novembre 2013 al 6 gennaio 2014. 
- Biblioteca Centro Cultura,  piazza Italia - Nembro (Bergamo). Orari: martedì –sabato, ore 15.00-19.00; aperto la mattina su prenotazione per privati e scuole.Informazioni:  tel. 035.471370. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Sito internet: www.nembro.net.  Dall’11 gennaio al 14 febbraio 2014.

lunedì 25 novembre 2013

Dalla «Cenerentola» alla «Bella addormentata»: favole sulle punte per il tour italiano del «New Classical Ballet of Moscow»

«Uno spettacolo di pura grazia, eleganza e sontuosità»: è stato definito così dalla critica «Il lago dei cigni», balletto con il quale si apre il tour italiano del «New Classical Ballet of Moscow», giovane compagnia che si avvale della prestigiosa direzione artistica di Arkady Ustianzev, ex solista del teatro dell’Opera e Balletto di Novosibirsk, e alla quale collaborano étoile provenienti dai migliori teatri stabili della Russia e professionisti che hanno studiato nelle più prestigiose accademie di danza di Mosca e del resto del Paese.
Il debutto per questo spettacolo, la cui ineffabile magia è data dall’unione della raffinata musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij con le eleganti coreografie di Marius Petipa, è fissato per giovedì 28 novembre a Trieste, negli spazi del teatro Orazio Bobbio. La tournée toccherà, poi, diverse piazze italiane, tra le quali Siracusa (5 dicembre 2013), Palermo (7 dicembre 2013), Catania (8 dicembre 2013), Cuneo (17 dicembre 2013), Asti (18 dicembre 2013) e Modena (3 gennaio 2014).
Romantica contrapposizione tra realtà e sogno, «Il lago dei cigni», senz’altro uno dei balletti classici più popolari e acclamati al mondo, mutua la propria trama da un’antica fiaba tedesca: «Der geraubte Schleier» («Il velo rubato») di Johann Karl August Musäus, pubblicata nella raccolta «Volksmärchen der Deutschen». È il topos romantico di un amore corrisposto, ma impossibile ad animare i suggestivi pas de deux, gli eleganti pas de trois e le danze di gruppo, ora nostalgiche, ora brillanti, di questo balletto, che racconta, forse più di ogni altro spettacolo del suo stesso genere, tutta la gamma delle emozioni umane: disperazione, terrore, speranza, tenerezza, malinconia ed estasi, per sconfinare poi nell’eterna e universale lotta tra il bene e il male. Una lotta, questa, rappresentata in scena dalla doppia immagine di un cigno, bianco e nero: l’angelicata Odette e la diabolica Odile.
Composto musicalmente da Pëtr Il'ič Čajkovskij tra il 1875 e il 1876, «Il lago dei cigni» fu rappresentato per la prima volta al Bolshoi di Mosca, nel 1877, con le coreografie di Julius Wenzel Reisinger, ma raggiunse il successo tanto agognato solo nel gennaio 1895, quando andò in scena, al Mariinskij di San Pietroburgo, nella versione realizzata dal coreografo francese Marius Petipa, con la collaborazione di Lev Ivanov. Da allora il balletto ciaikovskijano è diventato uno dei più rappresentati al mondo, epitome del repertorio tardo-romantico russo. Fascino e tradizione, dunque, in scena con questa storia, metafora della raffinatezza e della femminilità, che accende le luci dei riflettori anche sui sentimenti di un uomo, il principe Siegfried, posto, suo malgrado, di fronte a un non facile dilemma: scegliere tra l'amore eterno e la sensualità ingannatrice. Il giovane rimane, infatti, colpito dal fascino di Odette, che un perfido sortilegio costringe a trascorrere le ore del giorno sotto le sembianze di un cigno bianco. Sa che la maledizione potrà essere sconfitta solo da un giuramento di amore e fedeltà, ma rimane, inconsapevolmente, vittima di un tranello, facendosi sedurre da Odile, il cigno nero, sosia perfetta della sua amata, ma suo opposto nell’anima. Alla fine, però, l’amore vincerà sul male: Odette, destinata alla morte, scompare nelle acque del lago. Sigfrid, disperato, decide di seguirla: è proprio questo suo gesto a rompere l'incantesimo consentendo ai due giovani innamorati di vivere per sempre felici.
Romanticismo ed eleganza sulle punte saranno i protagonisti anche dell’altro capolavoro ottocentesco, nato dalla collaborazione tra il coreografo Marius Petipa e il compositore Pëtr Il'ic Čajkovskij, che il «New Classical Ballet of Moscow» porterà in scena nel nostro Paese: «La bella addormentata», tra i vertici di quello stile imperiale russo che, per molti, rappresenta l’idea stessa di balletto.
Il tour italiano della romantica favola della principessa Aurora si aprirà martedì 3 dicembre a Perugia, negli spazi del teatro Morlacchi, e toccherà, poi, città come Agrigento (6 dicembre 2013), Roma (16 dicembre 2013), Torino (19 dicembre 2013), Busto Arsizio (21 dicembre 2013), Genova (22 dicembre 2013), Venezia (26 dicembre) e Verona (27 dicembre 2013).
Le musiche per questo balletto, la cui trama è giocata sull’eterna lotta tra il bene e il male, vennero commissionate a Pëtr Il'ic Čajkovskij, già autore dell'ouverture-fantasia «Romeo e Giulietta» (1869-70) e del «Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra op. 23» (1874-75), nel 1888 dal principe Ivan Vsevolozhsky, sovrintendente dei Teatri imperiali di San Pietroburgo e uomo di profonda erudizione, al quale si deve anche il libretto del balletto, tratto dalla fiaba «La belle au bois dormant», inserita in una collezione di favole seicentesche di Charles Perrault.
Il compositore russo fu stimolato nel suo lavoro dalle richieste di Marius Petipa, che non si limitò a organizzare la trama e la suddivisione dei ruoli, ma che diede anche meticolose indicazioni per la realizzazione musicale, prescrivendo tempi e numero di battute di ciascun episodio e fornendo anche suggerimenti sull’orchestrazione. Malgrado o, forse, proprio grazie a questi vincoli, il compositore romantico scrisse quella che in molti considerano la miglior partitura per un balletto, pervasa come è da una grande profondità emotiva e da una ricchezza drammatica, che dà maggior risalto alle raffinatezza delle scelte coreografiche rispetto alla vicenda narrata e che offre agli interpreti il più ampio spettro espressivo, dalla danza virtuosistica allo studio di carattere.
Il debutto dello spettacolo si ebbe il 15 gennaio 1890 al teatro Mariinskij di San Pietroburgo, sotto la direzione orchestrale di Riccardo Drigo e con la partecipazione nel corpo di ballo, in qualità di protagonista, dell'italiana Carlotta Brianza. Da allora, anche se l’esito non fu immediatamente trionfale, «La bella addormentata» continua ad appassionare il pubblico, compreso quello dei più piccoli, affascinati dalla favola della bella principessa Aurora, che viene colpita dalla maledizione di una strega malefica, la maga Carabosse, e che, dopo un sonno di oltre cent’anni, viene salvata dalla sua madrina, la Fata dei lillà, e dal bacio di un principe azzurro, il giovane e attraente Désiré.
Suggestivo e romantico il gran finale, che vede i due innamorati festeggiati da alcuni personaggi nati dalla fantasia di Charles Perrault, come il Gatto con gli stivali, Cappuccetto rosso e Cenerentola. E proprio la favola della dolce fanciulla che ha fatto sognare grandi e bambini con la sua scarpetta di cristallo e la sua carrozza a forma di zucca è stata scelta dal «New Classical Ballet of Moscow» come terza proposta del suo tour invernale nel nostro Paese. Lo spettacolo, con le musiche di Sergej Sergeevič Prokof'ev e le coreografie di Arkadi Ustantsev, farà tappa a Conegliano (29 novembre 2013), Pescara (12 dicembre 2013) e Cesena (29 dicembre 2013).
Mentre la notte di San Silvestro il teatro Verdi di Padova accompagnerà il suo pubblico nel nuovo anno a ritmo di valzer e polche con l’esclusivo «Gala Strauss», che vedrà la compagnia moscovita danzare su musiche indimenticabili come «Sul bel Danubio blu», «Racconti del bosco viennese», «Valzer dell’Imperatore» o la «Marcia di Radetzky», ricreando le fiabesche atmosfere, tutte luci e colori scintillanti, della Vienna imperiale.

Didascalie delle immagini
[fig. 1, 2, 3 e 4] Una scena del balletto «La bella addormentata nel bosco», per le musiche di  Pëtr Il'ič Čajkovskij e con le coreografie di Marius Petipa, che vedrà in scena il «New Classical Ballet» di Mosca. Foto: Massimo Rinaldi - Archivio Fondazione Teatro lirico siciliano; [fig. 5 e 6] Una scena del balletto «Cenerentola», per le musiche di Sergej Sergeevič Prokof'ev e con le coreografie di Arkadi Ustantsev, che vedrà in scena il «New Classical Ballet» di Mosca. Foto: Massimo Rinaldi - Archivio Fondazione Teatro lirico siciliano. 

Informazioni utili

Sul sito www.moscowballet.eu  è possibile trovare tutte le informazioni utili sui teatri che ospiteranno il tour del il «New Classical Ballet» di Mosca.

venerdì 22 novembre 2013

Paolo Caccia Dominioni, un artista sul fronte di guerra

La sua opera più conosciuta è il Sacrario militare di El Alamein, all’interno del quale sono sepolte le spoglie di oltre cinquemila soldati italiani, per lo più della brigata «Folgore», caduti nell’estate del 1942 durante la campagna d’Africa, nello scontro finale con l’VIII armata britannica. Ma l’architetto, ingegnere, soldato, scrittore, illustratore e pittore Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo (Nerviano- Milano, 1896 – Roma, 1992), discendente di una famiglia della nobiltà novarese e figlio di un diplomatico che gli trasmise l’amore per i viaggi e per le culture straniere, ha raccontato la storia dei due conflitti bellici novecenteschi, ai quali ha partecipato attivamente, anche attraverso molti altri suoi lavori, tra i quali un’eccezionale serie di disegni realizzati sul fronte del Carso e libri illustrati come «Alpino alla macchia. Cronache di latitanza (1943-1945)» (Cavallotti edizioni, Milano 1977) o «El Alamein (1933-1962)» (Longanesi, Milano 1962), testo che gli è valso il Premio Bancarella nel 1962.
Documenta chiaramente questo interesse creativo del progettista lombardo -al quale si deve, tra l'altro, la costruzione dell’ambasciata italiana ad Ankara (Turchia)- il progetto espositivo «Paolo Caccia Dominioni. Un artista sul fronte di guerra», ideato e curato dall’architetto Marianna Accerboni, con l’approfondimento storico dell’Ammiraglio di squadra Ferdinando Sanfelice di Monteforte, per anni rappresentante militare italiano alla Nato e all’Unione europea e oggi docente a contratto presso la Cattolica di Milano, l'università di Firenze e il distaccamento goriziano dell'ateneo di Trieste.
Sette le sedi espositive del Friuli Venezia Giulia coinvolte in questo importante evento, atteso per il prossimo anno a Bruxelles, che ripercorre la poliedrica attività dell’artista «milanese di Milano» (come egli stesso amava definirsi) attraverso più di seicento opere, molte delle quali inedite, tra progetti, disegni, dipinti, scritti, bozzetti, lettere, fotografie e documenti di vario genere, provenienti dal Museo della Grande guerra di Gorizia, dal Museo del Genio di Roma e da numerose collezioni private.
Alla Galleria «Dora Bassi» è allestita, per esempio, la mostra «L’uomo, l’architetto, il pittore, il soldato», con numerose testimonianze biografiche e autobiografiche di Paolo Caccia Dominioni, tra le quali si segnalano due inediti: le tavole genealogiche disegnate per ricostruire le origini e gli intrecci della famiglia d’origine, imparentata con le più importanti casate nobiliari italiane, e il «Registro dei lavori», un album con progetti ed elaborati tecnici, nella stesura originale redatta dallo stesso artista e confezionata a mano, nel quale sono riassunte, in ordine cronologico, seicentoquattordici opere, realizzate tra il 1924 e il 1971.
Una sezione della rassegna racconta, poi, i restauri di prestigiose magioni friulane come il Castello di San Floriano del Collio e Palazzo Lantieri a Gorizia (dove è allestita una parte del progetto espositivo), ma anche la costruzione di nuove architetture come il villaggio turistico di Riva dei Tessali (Taranto), inserito dall'architetto lombardo in un paesaggio boschivo senza abbattere alcun albero, ma adattando anzi armonicamente e con eleganza le nuove edificazioni alla natura, nel più assoluto rispetto per l’ambiente.
Alla Galleria «Dora Bassi» sono, infine, presenti dipinti di grandi dimensioni, eseguiti al tratto e a tecnica mista, che raccontano le storie e i luoghi del primo conflitto bellico, tra i quali va segnalata la grande tela «Fronte del Carso» (1917-1964), di solito ospitata all’albergo «De Tommaso» di Gabria.
Un’ideale continuazione di questa sezione espositiva è presente al Museo della Grande Guerra di Gorizia; mentre nella vicina sede della Prefettura sono esposti materiali e testimonianze relative ad El Alamein, dove Paolo Caccia Dominioni combatté a capo del «Battaglione Guastatori d’Africa» e dove ritornò, nel 1948, per costruire il cimitero di guerra italiano (l’ormai nota «Quota 33») compiendo inoltre, nell’arco di quattordici anni, una ricerca capillare su tutti i caduti di quella battaglia, che gli è valsa riconoscimenti anche da parte britannica e tedesca. Tra le opere esposte, si trovano le illustrazioni originali per il libro «Takfir» (Alfieri, Milano 1948) e disegni di tema africano; mentre alla Biblioteca statale Isontina di Gorizia, la mostra «La parola e il segno» focalizza l’attenzione su alcuni volumi illustrati dall’autore e documenta l’essenzialità del tratto di Paolo Caccia Dominioni attraverso una selezione di disegni scherzosi, cartoline augurali, ex libris ed etichette per i vini.
La rassegna alla Stazione di Redipuglia (Gorizia) propone, invece, progetti e documenti dedicati a monumenti ai caduti come quello al Duca d’Aosta, all’aeroporto di Gorizia, o quello dedicato al 3° Reggimento artiglieria da montagna di Gemona, oggi alla caserma Cantore di Tolmezzo. In questa sede, è presente anche un’appendice relativa ad alcuni disegni navali, poco noti ed emozionanti, che l'artista ha realizzato, con grande perizia, fin dall’età di quattordici anni, come l'opera «Al marinaio d’ogni ventura» (1985) per Punta Ristola (Leuca). Mentre alla Caserma Guastatori «Berghinz» di Udine è possibile ammirare, tra l’altro, la riproduzione dello splendido Diario ad immagini del 31° Genio Guastatori, realizzato in Africa durante la Seconda guerra mondiale.
Il tutto concorre a restituire la visione di quello che Eric J. Hobsbawm ha definito «il secolo breve» attraverso gli occhi di Paolo Caccia Dominioni: militare di grande coraggio ed etica, architetto dal tratto colto ed essenziale, pittore dalla cifra squisitamente originale, disegnatore e illustratore dal segno rapido ed estremamente comunicativo, scrittore efficace e coinvolgente nella sua essenzialità espressiva. Uomo ed artista d’eccezione ancora tutto da scoprire.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Paolo Caccia Dominioni in Africa Settentrionale durante il secondo conflitto mondiale; [fig. 2] Sacrario militare italiano di El Alamein (Egitto), eretto tra il 1954 e il ’58 per conto del Governo italiano su progetto di Paolo Caccia Dominioni nell’area occupata dal cimitero italiano ivi esistente dal ’43, a ricordo dei caduti della 1° e 2° battaglia di El Alamein del ’42. Custodisce i resti di 5.200 caduti italiani riesumati dall'architetto lombardo e dai suoi collaboratori; [fig. 3] Paolo Caccia Dominioni, «Castagnevizza, fronte del Carso», 1917 - 1964. Tecnica mista su tavola. Gabria (Gorizia), Albergo «Da Tommaso»; [fig. 4] Paolo Caccia Dominioni, «La pattuglia astrale», 1935. Tecnica mista su carta; [fig. 5] Paolo Caccia Dominioni, Disegno umoristico d’ispirazione militare, 1982. Tecnica mista; [fig. 6] L'inedito registro dei lavori di Paolo Caccia Dominioni, confezionato e redatto a mano, che riassume in ordine cronologico 614 opere dal 1924 al 1971; [fig. 7] Paolo Caccia Dominioni, «Villa Fausta sull’Isonzo sotto Lucinico» (Gorizia), 1916 - 1964. L’artista dipinse dal vero a china e tempera su carta i resti della grande villa padronal friuliana e lo rifece 48 anni dopo. Dell’edificio oggi esistono solo le fondamenta, neppure visibili in quanto coperte da vegetazione.  

Informazioni utili
«Paolo Caccia Dominioni. Un artista sul fronte di guerra». Friuli Venezia Giulia, sedi varie. Informazioni e visite guidate: Marianna Accerboni, cell. 335.6750946; Iat di Redipuglia, tel. 0481.489139. 
Sedi espositive:
- Galleria Dora Bassi, via Rima 5 - Gorizia. Orari: martedì-sabato, ore  10.30-13.00 e ore 17.00-20.00; domenica, ore 11.00-13.00 e ore 17.00-20.00; lunedì chiuso; visite guidate la domenica, alle ore 18. Fino al 6 gennaio 2014. 
- Prefettura di Gorizia, piazza della Vittoria, 64 - Gorizia. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Fino al 15 dicembre 2013. 
- Museo della Grande guerra, Borgo Castello 13 - Gorizia. Orari: martedì-domenica, ore 9.00-19.00; lunedì chiuso. Fino al 6 gennaio 2014. 
- Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, via Mameli, 12 - Gorizia. Orari: lunedì-venerdì, ore 10.30-18.30; sabato, ore 10.30-13.30; festivi chiuso. Fino al 30 novembre 2013. 
- Palazzo Lantieri a Gorizia, piazza S. Antonio, 5 - Gorizia. Orari: martedì-sabato, ore 10.30-13.00 e ore 17.00-20.00; domenica, ore 11.00-13.00 e ore 17.00-20.00; lunedì chiuso; visite guidate la domenica, alle ore 16.30. Fino al 29 novembre 2013.
- Stazione di Redipuglia - Gorizia. Orari: tutti i giorni, ore 10.00- 13.00 e ore 17.00 -20.00. Fino al 30 novembre 2013.
- Caserma Guastatori «Berghinz», via San Rocco, 180 - Udine. Orari: mostra aperta su appuntamento al numero 0432.231584. Fino al 6 gennaio 2014. 
 

mercoledì 20 novembre 2013

«Scatti di Industria», centosessanta anni di Ansaldo

È un vecchio scatto in bianco e nero raffigurante la mitica Sampierdarena (1854), la prima locomotiva a vapore prodotta in Italia, ad aprire il percorso espositivo della mostra «Scatti di Industria. 160 anni di immagini della Fototeca Ansaldo», allestita a Genova, presso la sala del Munizioniere di Palazzo Ducale, con l’intento di raccontare, attraverso più di un migliaio di fotografie, la lunga stagione del «saper fare» italiano che ha avuto nella città della Lanterna, grazie allo stabilimento industriale fatto costruire nel 1853 dal conte Camillo Benso Conte di Cavour, uno dei suoi simboli più prestigiosi.
Foto d’epoca, gigantografie in bianco e nero, immagini presentate su supporti multimediali scorrono lungo le pareti dell’elegante spazio espositivo affacciato su piazza Matteotti, ripercorrendo le vicende dell’Ansaldo, azienda che ha attraversato da protagonista più di un secolo e mezzo di storia italiana, dal Risorgimento alle due guerre mondiali e, poi, al miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta, fabbricando (ed esportando nel mondo) locomotive a vapore, maestosi transatlantici, corazzate, cannoni, aerei, carri armati, ma anche la grande meccanica delle caldaie, delle turbine e degli apparati motore.
La prima locomotiva a corrente delle Ferrovie dello Stato (1934), le fasi di costruzione dell’«Andrea Doria» (1950), l’idrovolante Sva che lo scrittore Gabriele D’Annunzio usò per sorvolare il cielo di Vienna nel 1918, il varo dell’incrociatore «Garibaldi» (1899) e quello del «Rex», la grande nave da crociera che nel 1933 vide arrivare al porto di Genova Benito Mussolini e i Savoia, sono solo alcuni dei soggetti ritratti nelle mille fotografie esposte a Palazzo Ducale, selezionate tra i più di quattrocentomila scatti conservati presso la fototeca della Fondazione Ansaldo, istituzione presieduta da Luigi Giraldi che si configura, oggi, come la più vasta e ricca concentrazione di archivi economici e d’impresa in Italia.
La mostra, pensata per raggiungere un pubblico vasto e culturalmente diversificato, non obbliga il visitatore a un percorso prestabilito. Ci si può limitare a una veloce vista d’insieme percorrendo, in pochi minuti, la galleria delle gigantografie, stampate con accuratezza nel bianco e nero delle lastre originali e disposte in ordine cronologico: un gruppo di scatti, questo, che consente di intravvedere le forme del paesaggio industriale, le filiere produttive, gli uomini al lavoro e i loro manufatti dalla metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri, epoca nella quale domina l’esplosione di colore delle fotografie di Edoardo Montaina (La Spezia, 1954).
Ma per chi fosse curioso di saperne di più sull’opera dell’Ansaldo nelle officine, nei cantieri e nei porti sono state ideate anche delle postazioni interattive che permettono di addentrarsi nel vasto patrimonio fotografico della fondazione, visualizzando vecchie immagini o sfogliando, virtualmente, album d’antan. In mostra c’è anche un gioco interattivo che mette a confronto la Genova di ieri con quella di oggi: il pubblico, con delle torce luminose che pendono dal soffitto, può cancellare le immagini che vede, scoprendo quelle sottostanti. Non manca, poi, una curiosità: «Il laboratorio do sciù Campostano», ovvero la ricostruzione del luogo di lavoro di Antonio Campostano (1877-1965) ricco signore genovese che, tra il 1901 e il 1960, realizzò più di cinquecento fotografie originali in negativo e a stampa.
Al centro dello spazio espositivo sono, infine, presenti quattro postazioni video che si attivano al passaggio dei visitatori e che, grazie a brevi filmati, raccontano storie di uomini e di officine, di tecnologie e di produzioni. Sono storie poco note e apparentemente lontane, ma importanti perché ci restituiscono il volto di un’epoca, quella che vide l’Italia scrivere una pagina importante nella storia industriale mondiale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] La nave passeggeri Rex pronta al varo nel Cantiere navale di Genova-Sestri Ponente (1931); [fig. 2] Lavoratrici nello stabilimento metallurgico Delta di Genova Cornigliano (1937); [fig. 3] Gabriele D'Annunzio dopo il raid aereo su Vienna del 1918 con l'idrovolante Sva dell'Ansaldo;

Informazioni utili
«Scatti di industria. 160 anni di immagini della Fototeca Ansaldo». Palazzo Ducale, piazza Giacomo Matteotti - Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì, ore 14.00-19.00. Inhresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Sito internet: www.palazzoduacle.genova.it. Fino a sabato 30 novembre 2013.