ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

domenica 22 dicembre 2013

Roma, villa Torlonia ritrova il suo teatro

Ha conosciuto solo una volta, nella sua lunga vita, l’emozione del «Chi è di scena?» e gli applausi scroscianti del pubblico. Era il 6 maggio 1905 e, stando alle cronache e ai documenti del tempo, a conquistare la ribalta del palcoscenico furono il conte Antonio Pietromarchi e il marchese Sommi Picenardi con l’operetta «Il profilo di Agrippina», un vero e proprio evento mondano per l’aristocrazia romana del tempo, costato al principe Giovanni Torlonia Junior ben 17mila lire tra orchestra, ballerini, costumi, scenografie e bengala. Poi, per più di un secolo, l’elegante teatro di villa Torlonia, progettato nel 1841 dall’architetto Quintiliano Raimondi (Nerola, 1794-Roma, 1848) e decorato tra il 1842 e il 1845 da Costantino Brumidi (Roma, 1805- Washington, 1880), il «Michelangelo d’America» alla cui mano si devono anche gli affreschi del Campidoglio di Washington, ha conosciuto l’oblio.
A pochi giorni dal Natale, dopo un complesso lavoro di restauro e di adeguamento funzionale durato più di cinque anni e costato intorno ai 9milioni di euro, Roma Capitale restituisce alla fruizione dei suoi cittadini questo meraviglioso gioiello architettonico, di sua proprietà dal 1978 (come il resto della villa), trasformandolo in un museo da ammirare attraverso visite guidate e in un teatro da vivere attivamente grazie a residenze creative, spettacoli teatrali, laboratori per la formazione di giovani attori e incontri, promossi da Zetema Cultura, sotto la direzione di Emanuela Giordano, nell’ambito della rete romana Casa dei teatri e della drammaturgia contemporanea.
A segnare la storia costruttiva del teatro di casa Torlonia, uno tra i più interessanti esempi di architettura per la scena dell’Ottocento italiano, furono due matrimoni. I lavori iniziarono, infatti, nel 1840 per celebrare le nozze del principe Alessandro con Teresa Colonna e terminarono una trentina d’anni dopo, nel 1874, in occasione dello sposalizio della figlia, Annamaria, con Giulio Borghese.
Secondo il gusto eclettico del tempo, l’architetto Quintiliano Raimondi combinò nell’edificio, formato da tre spazi scenici (palcoscenico, platea e gallerie) e due appartamenti laterali per le pause degli spettacoli, diverse tipologie architettoniche. Il corpo centrale si distingue, infatti, per uno stile neoclassico e solenne che guarda alla grandiosità del Pantheon, mentre l’esedra del prospetto meridionale, composta da una serra in vetro e ghisa, si ispira a modelli prettamente nordici. Altre sale presentano, invece, chiari riferimento allo stile gotico e quello moresco o citano la pittura vascolare greca e quella pompeiana. Interessante si rivela, poi, la scelta di dotare il palcoscenico di un fondale apribile sul parco della villa, una scenografia, questa, da sogno per qualsiasi spettacolo.
Tutti gli ambienti sono completamente decorati con pitture a tempera e a olio, con fregi e statue in stucco e marmo e con mosaici pavimentali. Autore di gran parte delle opere pittoriche fu Costantino Brumidi, il cui lavoro spazia da motivi ornamentali a scene figurative articolate e complesse. Il pittore, ancora poco conosciuto nel nostro Paese, usò sfumature e cromie ricche e originali; delineò forme e figure delicate e sapienti che dimostrano una forte influenza della cultura classica, frutto dell’osservazione diretta delle opere di Raffaello e Michelangelo. Le opere scultoree portano, invece, la firma di vari artisti della scuola di Bertel Thorwaldsen, tra i quali Vincenzo Gaiassi e Pietro Galli.
Grazie ai lavori di restauro e di adeguamento funzionale, progettati dall’architetto Piercarlo Crachi, questa gloriosa tradizione antica convive ora con il moderno.
Il recupero filologico degli ambienti originari e degli apparati decorativi si è, infatti, sposato con un radicale aggiornamento degli apparati impiantistici e tecnologici. Tutti i lavori sono stati realizzati nel totale rispetto degli preesistenze, dal mantenimento di materiali e componenti per non alterare l’acustica alla ricerca del minimo impatto del progetto illuminotecnico, dal controllo di temperatura e umidità degli ambienti al parziale recupero del sistema di riscaldamento originario delle serre, sino alla ricostruzione degli apparati decorativi. Ora il piccolo «teatro delle meraviglie» di villa Torlonia,
poco meno di duecentocinquanta posti a sedere, aspetta il suo pubblico per ritornare a vivere. Le vacanze di Natale sono un'ottima occasione per una visita.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Esterno del teatro; [fig. 2] Decorazione parietale interna al palcoscenico;  [fig. 3] La sala del teatro; [fig. 4] Il fondale del palcoscenico; [fig. 5] Sala del foyer detta «Della guerra di Troia» [Immagini fornite da Zetema] 

Informazioni utili 
Teatro di Villa Torlonia, via Spallanzani, 5 – Roma. Visite guidate: sabato, domenica e giorni festivi, alle ore 11.30 e alle ore 16.30; giorni feriali (ad esclusione del lunedì), dalle ore 11.30; prenotazione obbligatoria al numero 060608; costo € 5,00. Informazioni: tel.060608. Sito web: www.casadeiteatri.roma.it.

sabato 21 dicembre 2013

Da San Pietroburgo a Torino: Raffaello in mostra a Palazzo Madama

C’è un soggetto che Raffaello Sanzio, nella sua breve e folgorante carriera, ha indagato più e più volte. Si tratta della Madonna con il Bambino, raffigurazione della quale esistono diverse variazioni sul tema, destinate a diventare modelli di riferimento per la devozione cristiana. Questa immagine è al centro anche della tela che il Museo statale Ermitage di San Pietroburgo ha prestato alla città di Torino in occasione del Natale: una «Sacra famiglia», dipinta probabilmente intorno al 1506, dopo l’arrivo del pittore a Firenze, e identificata con uno dei «quadri di Nostra Donna» che Giorgio Vasari segnala tra quelli realizzati per Guidobaldo da Montefeltro, il duca di Urbino.
L’opera, in mostra da sabato 21 dicembre a domenica 23 febbraio, giunge a Palazzo Madama, nella Torre Tesori al piano terra, grazie a uno scambio culturale: nello stesso periodo, un’altra grande tela del Rinascimento italiano -il «Ritratto d’uomo» di Antonello da Messina, di proprietà della Città di Torino- sarà, infatti, in Russia, per essere esposto nella Sala di Apollo all’Ermitage.
Rispetto all’ampio sfondo di paesaggio che domina negli esempi più noti e celebrati, Raffaello privilegia in questa tela un’imponente quinta architettonica: «la Vergine, idealizzata e con lo sguardo perso in meditazione, indossa -si legge nella presentazione- abiti classicheggianti. Un velo cangiante e un nastro rosso trattengono la sofisticata acconciatura con trecce. Giuseppe le fa da contraltare e incrocia lo sguardo con il Bambino: la sua espressione malinconica allude forse al futuro che attende Gesù. Questi, in grembo alla madre e nudo a simboleggiare che Cristo è vero uomo, sembra cercare protezione» dal cupo presagio sul suo futuro, aggrappandosi al seno della donna.
L’opera, le cui prime notizie risalgono al XVIII secolo, risente dell’influenza di Leonardo da Vinci nell’uso del colore e di quella Michelangelo nel dinamismo compositivo, ma l’artista seppe rielaborare i vari elementi appresi a Firenze inserendoli in un’opera inedita, la cui novità è riscontabile immediatamente nella scelta di dipingere Giuseppe privo della barba, quasi fosse un contemporaneo.
Dopo essere stata nelle collezioni del duca d'Angoulême e di Pierre Crozat, la «Sacra famiglia» di Raffaello arrivò in Russia nel 1772, per acquisto dell’imperatrice Caterina II e nel 1827 fu oggetto di restauro con il trasferimento della pittura dalla tavola alla tela.
Grazie a questo prestito temporaneo, Torino potrà così vedere uno dei capolavori del maestro urbinate, il cui perfetto equilibrio di forme, proporzioni, prospettiva e colori ha sempre sollecitato artisti e letterati, come ben testimonia un passo dello scrittore francese Honoré de Balzac: «ogni figura è un mondo, un ritratto il cui modello apparve in una visione sublime, intriso di luce, designato da una voce interiore, tracciato da un dito celeste».
Contemporaneamente, a Palazzo Madama sarà possibile ammirare una grande tavola inedita di Defendente Ferrari, uno dei più sottili e intriganti protagonisti della pittura rinascimentale in Piemonte: «L’Incoronazione della Vergine». L’opera, recentemente sottoposta a restauro, è databile al 1530, ossia all’ultima fase di attività dell’artista, e raffigura la Trinità, con Dio Padre, la colomba dello Spirito Santo, e Gesù che pone la corona sul capo della Vergine. Si tratta un’iconografia piuttosto rara, ma ciò che più colpisce è l'intensa gamma cromatica usata dal pittore: i verdi della veste e del manto del Cristo, il blu dedicato alla Madonna, il rosso brillante dell’Eterno dialogano con le ricche decorazioni in oro dello sfondo, dalle tonalità chiare.
Non si hanno purtroppo notizie sulla originaria destinazione di quest'opera di grandi dimensioni, che risulta proprietà di una prestigiosa e antica famiglia piemontese già nei primi decenni dell’Ottocento. È probabile che la tavola fosse l’elemento centrale di una grande macchina d’altare, smembrata con le soppressioni degli ordini religiosi di epoca napoleonica, e solo successivamente isolata come un dipinto adatto a un ambiente privato.
Grazie al restauro, «L’Incoronazione della Vergine» viene ora temporaneamente depositata presso il museo torinese per essere esposta al pubblico in dialogo con i diciassette dipinti di Defendente Ferrari già presenti nel percorso della Sala Acaia, tra cui la prima opera sicuramente datata del pittore: la «Natività notturna» del 1510.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Raffaello Sanzio, «Sacra Famiglia», 1506-1507 circa. Olio e tempera su tela, 72,5 x 56,5 cm. San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage; [figg. 2 e 3] Defendente Ferrari, «L’Incoronazione della Vergine», 1530 circa. Collezione privata.  

Informazioni utili 

«Sacra famiglia» di Raffaello. Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello -  Torino. Orari: martedì-sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gratuito ragazzi minori di 18 anni. Informazioni: tel.011.4433501. Sito web: www.palazzomadamatorino.it. Da sabato 21 dicembre 2013 a domenica 23 febbraio 2014.    




venerdì 20 dicembre 2013

Due concorsi per Venezia: artisti a confronto con la tradizione del vetro e le architetture dell’ex convento di San Salvador

Nasce con l'intento di avvicinare i giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni alla tradizione dell'arte vetraria il concorso internazionale «Ege–European Glass Experience», promosso dal Consorzio Promovetro Murano, in collaborazione con l'Amministrazione comunale di Venezia e con il Museo del vetro di Murano, realtà afferente alla Fondazione musei civici.
La competizione, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino a venerdì 10 gennaio 2014, è finanziata dal programma europeo «Cultura 2007-2013» e vede coinvolti tra i partner il Museo finlandese del vetro e la Fondazione nazionale del vetro di Segovia (in Spagna). È prevista, inoltre, la partecipazione di altre realtà del settore come lo svedese Smålands Museum, il Museo del vetro di Cracovia (in Polonia) e l’International Festival of Glass.
Due le sezioni in cui si suddivide il concorso: i giovani artisti potranno, infatti, partecipare a «Ege–European Glass Experience» sia con un’opera realizzata negli ultimi due anni, con qualsiasi tecnica e lavorazione del vetro, sia con un nuovo progetto, ossia un bozzetto o uno studio per un manufatto di futura realizzazione.
Il materiale, che va inviato al Consorzio Promovetro Murano (calle Marco da Murano, n. 4 - Murano), deve contenere un proprio curriculum, tre foto o un rendering del lavoro presentato e una scheda di presentazione di circa ottocento battute.
Una giuria internazionale, coordinata da Cornelia Lauf, sceglierà quaranta opere e ottanta progetti che verranno, poi, esposti in una mostra itinerante, che farà tappa in Finlandia (da marzo 2014), in Spagna (da agosto 2014) e, infine, in Italia (da marzo 2015).
Tra i progetti selezionati ne saranno, poi, scelti una ventina che saranno realizzati in vetro dai maestri dell’isola di Murano.
Sempre a Venezia viene lanciato in questi giorni il premio speciale «Innovative Interactive Tour on Telecom Italia's Future Centre», rivolto ad artisti, architetti e designer che abbiano un'idea innovativa per la fruizione degli spazi architettonici dell’ex convento San Salvador a Venezia, oggi sede del Future Centre di Telecom Italia.
Le iscrizioni alla competizione, inserita nell'ambito dell'ottavo premio internazionale Arte Laguna, sono aperte fino a sabato 15 febbraio 2014 e richiedono la presentazione di un progetto per la valorizzazione e la fruizione innovativa ed interattiva del grande complesso in zona Rialto, uno dei più antichi centri di vita insulare veneziana. L’idea vincente verrà premiata con un contributo di 5.000 euro; mentre la quota di partecipazione è fissata a 50 euro.
Nelle due cartelle di presentazione del proprio piano di riqualificazione in chiave turistico-culturale dell’ex convento, al quale si potranno aggiungere immagini o bozzetti, vanno approfondite una o più delle tre linee guida scelte dagli organizzatori del premio: valorizzazione della storia del luogo dal passato al futuro, focalizzazione sugli elementi peculiari dell'architettura e impiego di tecologie ICT per la fruizione degli spazi.

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Ann Wåhlström, «Kosta Glassworks» (Kosta Boda), 1996. Photographer: Jörgen Ludwigsson; [fig. 2] Lavorazione del vetro in una fornace di Murano; [fig. 3] Vista esterna dell’ex convento San Salvador a Venezia 

Informazioni utili 
 «Ege–European Glass Experience». Ente banditore: Consorzio Promovetro Murano, con il Comune di Venezia e il Museo del vetro di Murano. Quota di partecipazione: nessuna. Informazioni e indirizzo per il recapito del materiale: Consorzio Promovetro Murano, calle Marco da Murano, n. 4 - Murano (Venezia), info@egeglass.eu. Sito internet: www.egeglass.eu. Data ultima di consegna: 10 gennaio 2014. «Innovative Interactive Tour on Telecom Italia's Future Centre». Ente banditore: Premio internazionale Arte Laguna. Quota di partecipazione: 50,00 euro. Informazioni: Arte Laguna, via Roma, 29/A - Mogliano Veneto (Treviso), tel. 041.5937242 (dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 14.30 alle ore 18) o fc@premioartelaguna.it. Iscrizione on-line sul sito www.premioartelaguna.it/index.php/archivio-premio-arte-laguna/premio-1314/dotazione/telecom-future-centre.html. Data ultima di consegna: 15 febbraio 2014

giovedì 19 dicembre 2013

Milano, aperto al pubblico l’Archivio capitolare della basilica di San’Ambrogio

Ci sono il «Messale dell’Incoronazione» di Gian Galeazzo Visconti, quattro lettere autografe di Santa Chiara ad Agnese di Boemia e la pergamena con la prima ricetta del «Lumbolos cum panicio», la nota cotoletta alla milanese, tra i preziosi tesori conservati presso l’Archivio capitolare della basilica di Sant’Ambrogio, recentemente aperto alla fruizione del pubblico, dopo oltre novecento anni dalla sua fondazione, grazie al lavoro di riqualificazione e di interior design della sala di San Satrio, luogo raccolto tra la chiesa e la residenza dell’abate, che gli architetti Michela Spinola e Giovanni Antonelli Dudan hanno trasformato, da biblioteca privata, in moderna sala di consultazione per studiosi e appassionati di storia locale e non.
Il progetto di restauro ha interessato anche la sala parrocchiale, posta sopra il porticato del Bramante e utilizzata in passato come museo, all’interno della quale trovano ora spazio la reception, alcuni testi recenti e una piccola mostra documentaria con foto e immagini storiche dedicate alla memoria del bombardamento del 1943, di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario.
Minimal e raffinato il nuovo allestimento. Entrando nell’Archivio capitolare della basilica di Sant’Ambrogio, il cui progetto di riqualificazione è stato reso possibile dalle donazioni di alcuni privati, ci si trova, infatti, di fronte a un ambiente inaspettato: «un affresco restaurato, un tabernacolo e alcuni volumi esposti sono gli unici oggetti presenti, oltre alla postazione di consultazione e alla libreria -racconta l’architetto Michela Spinola-. Si è voluto così restituire un ambiente sobrio ed elegante con l’intento di attirare l’attenzione su piccole ‘fessure’ che, come tagli nella mobilia, lascino intravedere codici medievali e preziosi documenti», alcuni dei quali risalenti a prima dell’anno Mille.
Cinquantacinque manoscritti membranacei del periodo tra il IX e il XV secolo, trenta manoscritti cartacei di carattere liturgico, milleduecento pergamene dei secoli dal IX e al XVII, ma anche tremila volumi e disegni antichi compongono il ricco tesoro archivistico di Sant’Ambrogio, del quale sono stati attenti tutori prima i monaci e poi i canonici della basilica, e che è attualmente affidato alla cura di Marco Petoletti, docente di letteratura latina medievale e umanistica all’università Cattolica.
È, dunque, un incontro con la storia quello che potranno vivere i visitatori del fondo archivistico, da oltre novecento anni fonte inesauribile di racconti, ma anche di piccoli aneddoti, su Milano e sui suoi residenti. Eleganti lettere papali, verbali di processi, donazioni e più modeste compravendite si configurano, infatti, come eloquenti testimoni della vita della basilica nel Medioevo e della devozione al patrono della città. Nella ricchissima documentazione sono presenti anche alcune curiosità sugli usi e costumi degli abitanti del capoluogo lombardo, a partire dalla ricetta della cotoletta alla milanese, che fa la sua comparsa su una pergamena datata 1148, nella quale viene descritto un pranzo offerto ai canonici dall’abate di Sant’Ambrogio nel giorno di San Satiro.
L’archivio è, poi, ricco di documenti di assoluto pregio, dal Codice col martirologio-calendario di Beda il Venerabile ai sei antifonari ambrosiani conosciuti come «Corali di Crescenzago», fino alle uniche quattro lettere autografe di Santa Chiara d’Assisi giunte fino a noi, scritte intorno al 1230-1240 per confortare Agnese di Boemia nella sua scelta coraggiosa di seguire la via della povertà assoluta piuttosto che i fasti di un matrimonio imperiale.
 
Informazioni utili 
Archivio capitolare della basilica di Sant’Ambrogio, piazza Sant’Ambrogio, 15 – Milano, archivio.capitolare@basilicasantambrogio.it o tel. 02.86450895.

mercoledì 18 dicembre 2013

Genova, una tempesta in 4D al Galata – Museo del mare

Novità sotto l’albero di Natale al Galata di Genova. Alla vigilia delle feste, il museo più grande e visitato della Liguria apre una nuova sezione che farà la gioia dei lupi di mare e degli amanti delle avventure estreme: la Sala della tempesta in 4D.
Il nuovo allestimento si suddivide in due parti: il visitatore può, prima, scoprire -attraverso dipinti, stampe, incisioni, ex voto e oggetti semplici della vita comune- le origini, le motivazioni e le storie di chi, in passato, sceglieva di solcare le acque più temibili del mondo, a partire da quelle di Capo Horn, per, poi, sperimentare un’esperienza molto particolare: la salita a bordo di una scialuppa, in mezzo al mare in tempesta.
Ad aprire il percorso del nuovo exhibit, allestito al secondo piano del museo genovese, è un’immagine ingrandita dell’opera «Sauvetage», litografia del pittore francese Ferdinand Perrot che rappresenta il salvataggio, alla metà del XIX secolo, dell’equipaggio di una barca disalberata nella tempesta da parte del veliero svedese «Neptune».
Nella sala, scenograficamente dipinta di blu scuro, si trovano, quindi, due vetrine con molteplici reperti risalenti all’epoca in cui velieri genovesi dai nomi esotici come bricche (dall’inglese brick, brigantino), scippe (da ship) e barco bestia (da the best bark, navi goletta) battevano i mari del mondo per portare i loro carichi: dal grano ucraino alle pelli e alla carne argentina, dal guano peruviano (escrementi di volatili marini usato come fertilizzante bio) al carbone inglese di Cardiff e al riso della Birmania. Il visitatore può così rivivere una stagione della vita marinara, purtroppo dimenticata, che ebbe come protagonisti capitani e naviganti del calibro di Giuseppe Garibaldi e di Nino Bixio, patriota italiano che, dopo l’impresa dei Mille, tornò ad imbarcarsi e morì di febbre gialla, a bordo del piroscafo «Maddaloni», nell’isola di Sumatra.
Con questi viaggi la scoperta di nuove rotte marittime che vide le navi italiane uscire dal Mediterraneo e battere i mari del mondo scoprendo la difficoltà di navigare in luoghi come il canale della Manica, il Gulf Stream, il Capo di Buona Speranza e Capo Horn, la nera scogliera all’estremità dell’America meridionale (55°58’47” Sud), dove le masse di acqua e di aria dell’Atlantico e del Pacifico si scontrano generando forti venti e una risalita verso Ovest quasi proibitiva.
Molto spesso i marinai e i loro ospiti -contadini liguri, piemontesi, veneti e lombardi che andavano in America per i raccolti dell’estate australe- erano costretti ad abbandonare le navi e a mettere in mare le scialuppe, cercando di dotarle di acqua e provviste: qualche coperta, una bussola, una carta nautica, un sestante, i remi, un arpione per fiocinare qualche pesce o qualche volatile. Ed è proprio questa esperienza che si ha modo di rivivere a Genova grazie a un allestimento realizzato dalla Moviemex di Catania e dal movie maker genovese Federico Basso: su una piattaforma mobile il visitatore vive pochi minuti di intensa immersività per capire che con il mare non si scherza. Il naufrago virtuale si trova, infatti, in un vano buio, illuminato da una sola forte luce rivolta al soffitto, dove una scialuppa –una baleniera originale del XIX secolo con tutte le sue attrezzature- è rovesciata, nell’immagine dell’ultima disperazione.
La voce concitata del nostromo che appare sullo schermo con il suo «Sud Ovest», tipico abbigliamento dell’epoca composto da cerata e cappello, invita il pubblico a salire a bordo di un’altra scialuppa, a prendere posto sui banchi e a iniziare a remare perché la nave sta per affondare. Intanto si illuminano gli schermi, mostrando Capo Horn, mentre le onde e i piovaschi che si alternano alle forti raffiche di vento coinvolgono il visitatore in un’esperienza multisensoriale. La barca beccheggia, sale e scende sulle onde, mentre intorno ai superstiti passano come fantasmi gli albatros, le orche e le balene. Un’esperienza forte, dunque, quella che regala il Galata di Genova con questo nuovo allestimento all’insegna di storia, divertimento ed edutainment.

Informazioni utili 
 Sala della tempesta in 4D. Galata Museo del Mare, Calata De Mari, 1 - Genova. Da sabato 21 dicembre 2013. Orario stagione invernale (1° novembre – 28 febbraio): martedì-venerdì, ore 10.00–18.00 (ultimo ingresso alle ore 17.00); sabato, domenica e festivi, ore 10.00-19.30 (ultimo ingresso alle ore 18.30); lunedì chiuso. Orario stagione estiva (1° marzo - 31 ottobre): lunedì-domenica, ore 10.00–19.30 (ultimo ingresso alle ore 18.30). Ingresso: AcquarioVillage, adulti € 45,00, ragazzi € 29,00, ridotto € 38,00; GalatAcquario (Acquario di Genova + Galata Museo del Mare), adulti € 35,00, ragazzi € 22,00, ridotto € 30,00; Visita solo Galata Museo del Mare, adulti € 17,00, ragazzi € 12,00, ridotto € 14,00; tutte le tipologie di biglietto sono acquistabili presso le biglietterie dell’Acquario di Genova e del Galata Museo del Mare e sui siti www.acquariovillage.it, www.acquariodigenova.it e www.incomingliguria.it. Informazioni: tel. 0102345655 o info@galatamuseodelmare.it. Sito web: www.galatamuseodelmare.it. Da sabato 21 dicembre 2013.