ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 2 marzo 2015

«The Art of Attentiveness», un selfie dei propri occhi per l’artista Gerry Hofstetter

Tutto è partito da un’indagine campione dell’istituto tedesco Forsa per la Swiss International Air Lines. Oltre tremila le persone intervistate, tra Germania, Austria, Gran Bretagna, Francia, Italia e Spagna nell’ottobre 2014. Di queste l’83% ha dichiarato che, in una società frenetica e digitalizzata come la nostra, l’attenzione ai rapporti umani è sempre più trascurata e si sente l’esigenza di un maggior rispetto interpersonale. Guardarsi negli occhi è, dunque, per tutti molto importante.
La compagnia di bandiera svizzera, da sempre attenta a far sentire unici i suoi clienti, ha deciso così di sposare questa esigenza degli europei attraverso un progetto artistico. È nato «The Art of Attentiveness», una serie di spettacolari installazioni luminose di Gerry Hofstetter che hanno animato e animeranno le principali città europee e i più significativi monumenti.
Partito lo scorso novembre da Londra, quando la facciata dell’Osservatorio di Greenwich si è illuminata di una moltitudine di occhi, quella degli assistenti di volo della Swiss, il progetto di Gerry Hofstetter ha già toccato Amburgo e la celebre facciata del Fairmont Hotel Vier Jahreszeiten, Vienna e il suo teatro dell’Opera, Barcellona e la chiesa del Sacro Cuore, e sta per andare in scena a Milano. Teatro della performance site-specific, l’ultima prima del gran finale ancora tutto top secret che avrà luogo in Svizzera e che raccoglierà sguardi provenienti da tutta Europa, sarà il Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci», dove martedì 17 marzo, a partire dalle ore 18.30, la facciata si animerà di luci, immagini e colori in una strepitosa coreografia che lascerà senza fiato e che permetterà di guardare –è proprio il caso di dirlo- con occhi nuovi un museo che fa parte della storia del capoluogo lombardo.
L’obiettivo del lavoro di Gerry Hofstetter è, d’altronde, quello di farci rallentare il passo e di farci riscoprire il senso della meraviglia nell’osservare monumenti che fanno parte della nostra storia.
Siete incuriositi dal progetto e vi piacerebbe essere protagonisti dell’installazione finale? Nessun problema: è possibile. Come? Semplice: scattando un selfie ai propri occhi (di massimo 10 MB) e caricandolo sul sito swiss.com. In palio, tra tutti i partecipanti al concorso residenti in Italia, ci sono un soggiorno per due persone a Zermatt, splendida località ai piedi del Cervino, con volo in business e pernottamento al Grand Hotel, lussuosa struttura storica dal fascino sofisticato. Il form per partecipare e tutti i dettagli del regolamento sono disponibili sulla pagina www.swiss.com/it/IT/un-segno-di-maggiore-attenzione.
Questa primavera potrete ritrovare così le vostre pupille protagoniste, tra mille altre pupille, di un’imponente opera artistica che illuminerà la notte di una città elvetica.

Informazioni utili 
www.artofattentiveness-swiss.com/it/home.html

venerdì 27 febbraio 2015

«Lo schermo dell’arte» sbarca a Venezia

Si apre con un omaggio a Richard Hamilton, il padre della Pop art britannica, la trasferta veneziana del festival «Lo schermo dell’arte», progetto nato a Firenze nel 2008 con l’intento di esplorare, analizzare e promuovere le relazioni tra cinema e creatività contemporanea attraverso proiezioni, installazioni, pubblicazioni e workshop. Giovedì 5 marzo, alle ore 18, il teatrino di Palazzo Grassi ospiterà, infatti, il lungometraggio «Richard Hamilton dans le reflet de Marcel Duchamp» di Pascal Goblot, al quale seguirà, alle ore 19.30, «Hamilton: A film by Liam Gillick», prodotto in occasione delle due recenti mostre dell’artista inglese alla Tate Modern e all’Ica di Londra.
Quattordici i film in agenda, tutti dedicati a grandi artisti del XX e XXI secolo, che fino a domenica 8 marzo animeranno la sala lagunare, mille metri quadrati composti da un auditorium con una capacità di duecentoventicinque posti, completo di due spazi di foyer e di aree tecniche -camerini, sala regia, cabina per la traduzione simultanea-, restituito da François Pinault alla città nella tarda primavera del 2013, dopo un progetto di restauro dai tratti minimalisti firmato dall’architetto giapponese Tadao Ando in stretto dialogo con la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia.
A presentare la rassegna, tutta a ingresso gratuito (fino ad esaurimento dei posti disponibili) come era già avvenuto nella prima edizione del 2014, saranno, nella serata di giovedì 5 marzo, Silvia Lucchesi, anima del festival fiorentino, Martin Bethenod, direttore di Palazzo Grassi-Punta della Dogana, e Philippe-Alain Michaud, curatore al Musée national d’art moderne Centre Pompidou.
Tra i maestri contemporanei al centro della rassegna filmica veneziana ci saranno Gordon Matta-Clark, icona del movimento Anarchitettura, e Ai Weiwei, artista dissidente cinese che, dal 7 marzo al 6 giugno, presenterà la sua produzione, pregna di rabbia e di impegno civile, nella mostra «Il giardino incantato», curata da Sandro Orlandi Stagl e Mian Bu per la scenografica cornice di Palazzo Te a Mantova. Del primo verrà proposto il film «My Summer 77 with Gordon Matta-Clark» di Cherica Convents, basato sul montaggio dei materiali girati nell’estate 1977, quando l'artista stava lavorando al progetto «Office Baroque» ad Anversa (venerdì 6 marzo, ore 19.30). Il secondo sarà, invece, protagonista del lungometraggio «Ai Weiwei-Evidence» di Grit Lederer, nel quale la regista tedesca ha seguito Gereon Sievernich, direttore della galleria Martin-Gropius Bau, nel suo viaggio a Pechino per scegliere le opere dell’artista cinese che sono state esposte nella sua grande personale tenutasi a Berlino la scorsa primavera (domenica 8 marzo, ore 19.00).
Le Corbusier, il padre del movimento moderno, verrà, invece, omaggiato con «Provenance» di Amie Siegel, un film sugli arredi che il celebre designer svizzero progettò nel 1951 per i palazzi della città indiana di Chandigarh (venerdì 6 marzo, ore 18). Mentre Daniela Schmidt-Langels presenterà il suo film «Meret Oppenheim ou le surréalisme au féminin», che rivela, attraverso interviste ad artisti e amici, la ricca personalità della scultrice, scrittrice, poetessa, disegnatrice di gioielli e femminista degli anni del Surrealismo, divenuta icona per molte generazioni di donne (domenica 8 marzo, ore 18).
Tra i lavori in cartellone dedicati ad artisti contemporanei si segnala anche «Guido van der Werve» di Barbara Makkinga, nel quale si racconta l'ultima produzione dell'artista e compositore olandese, «Mummer veertien, home» del 2012, che lo ha visto percorrere oltre 1700 km a nuoto, in bicicletta e di corsa per portare in Polonia una manciata di terra presa dalla tomba di Frédéric Chopin a Parigi, rispondendo così alla volontà del musicista di essere sepolto nella sua terra natia (sabato 7 marzo, ore 19.30).
Saranno proposti nella rassegna veneziana anche film che documentano la storia di importanti opere d’arte realizzate in anni recenti. È il caso di «Levitated Mass» di Doug Pray, nel quale si racconta il viaggio di un gigantesco masso di trecentoquaranta tonnellate, trasportato nel 2012 da una cava dell’Arizona fino al Lacma di Los Angeles per la realizzazione dell’omonima installazione dell’artista Michael Heizer (giovedì 5 marzo, ore 20.30). Allo stesso filone appartiene «Art4space» dello street artist francese «Invader», un documentario che narra la storia di «Space One», la prima opera site-specific lanciata nella stratosfera (domenica 8 marzo, ore 17.00).
Tra i film in agenda, tutti in lingua originale e sottotitolati in italiano, si segnala, inoltre, «Ming of Harlem. Twenty One Storeys in the Air» di Phillip Warnell, vincitore del «Premio Georges de Beauregard» al Fid Marseille 2014, che affronta il tema del rapporto tra uomo e animale indagando le motivazioni che hanno spinto Antoine Yates a condividere per cinque anni un piccolo appartamento di Harlem con una tigre e un alligatore (sabato 7 marzo, ore 18.00).

Chiudono la programmazione «Cutie and the Boxer» di Zachary Heinzerling, candidato all’Oscar 2014 come miglior documentario, nel quale si racconta la storia del matrimonio tra gli artisti Ushio Shinohara e Noriko (sabato 7 marzo, ore 20.00), e «Feuer & Flamme» di Iwan Schumacher, sul lavoro della fonderia St. Gallen Art Foundry, dislocata nelle sue due sedi in Svizzera e in Cina, che ha visto al lavoro artisti quali Urs Fischer, Katharina Fritsch, Fischli/Weiss, e Paul McCarthy (venerdì 6 marzo, ore 20).

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Grit Lederer, «Ai Weiwei – Evidence», Germania, 2014; [fig. 2] Cherica Convents, «My Summer 77 with Gordon Matta-Clark», Belgio, 2012; [fig. 3] Maria Anna Tappeiner,  «Blick zurück nach vorn. Künstler über Deutschland», Germania, 2014; Iwan Schumacher, «Feuer & Flamme», Svizzera, 2014, [fig. 5] Invader, «Art4Space», Francia, 2012

Informazioni utili 
«Lo schermo dell’arte». Teatrino di Palazzo Grassi, San Marco 3260 – Venezia. Ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: www.schermodellarte.org o www.palazzograssi.it. Da giovedì 5 a domenica 8 marzo 2015.

mercoledì 25 febbraio 2015

«Dimostrazione interventista», un Balla inedito a Gorizia

È un’opera inedita di Giacomo Balla a tenere a battesimo la nuova sezione sull’Interventismo che il Museo della Grande guerra di Gorizia, inserito nella rete museale provinciale diretta da Raffaella Sgubin e ospitato nei suggestivi sotterranei delle cinquecentesche Case Dornberg e Tasso, ha inaugurato il giorno di San Valentino.
Il dipinto, esposto per la prima volta nella città friulana, ha una storia particolare. È, intatti, rimasto per quasi un secolo sepolto sotto uno strato di pittura nera, sul retro di un lavoro ben più noto del pittore futurista: la «Verginità» del 1925, raffigurante una giovane donna nell’atto di velarsi.
È osservando con la luce radente il retro di quest’opera, che gli esperti si sono resi conto che la superficie presentava degli avvallamenti e sembrava nascondere un altro dipinto. Un intervento di restauro, realizzato tra il 2010 e il 2012, ha così portato alla scoperta di un lavoro antecedente, eccezionalmente conservato, che rappresenta -stando a quanto afferma Fabio Benzi, docente di storia dell'arte contemporanea all'Università di Chieti e uno tra i maggiori studiosi del Novecento italiano- «la più importante novità su Giacomo Balla emersa negli ultimi anni, ma anche una fondamentale acquisizione per la storia stessa del Futurismo».
Dalla pulitura della vernice nera è emerso, per la precisione, un lavoro appartenente alla serie eseguita da Giacomo Balla tra la fine del 1914 e la primavera del 1915, ovvero una tela facente parte di quelle «pitture interventiste», per stessa definizione dell’artista, eseguite nel momento di grande tensione politica e culturale che vide la maggior parte degli intellettuali italiani schierati a favore della partecipazione dell’Italia al primo conflitto bellico.
Il Futurismo, è noto, giocò un ruolo di punta all’interno dell’interventismo italiano e Giacomo Balla fu uno dei principali promotori dell'entrata in guerra del nostro Paese: nel manifesto «Il vestito antineutrale» del settembre 1914 affermò, per esempio, che «La neutralità è la sintesi di tutti i passatismi». Alle parole fece seguire i fatti, partecipando attivamente alle manifestazioni interventiste e venendo anche arrestato.
Il dipinto riscoperto, intitolato «Dimostrazione interventista», «si colloca -fanno sapere dai Musei provinciali di Gorizia- all’interno della fase astrattista futurista, in cui, assente ogni riferimento alle forme naturali, l’artista si serve di linee astratte e colori smaltati e puri per esprimere il dinamismo conflittuale tra forze innovative interventiste e forze di resistenza neutralistica, laddove le forze positive sono simboleggiate dalle componenti cromatiche del tricolore italiano e quelle neutraliste, al contrario, da una tramatura nera che opprime la nazione mentre il nodo sabaudo sancisce l’unità nazionale».
L’opera, che rimarrà esposto fino al 22 marzo per essere poi messa in mostra a Milano, è affiancata da altre tele di Giacomo Balla a tema patriottico, affiancate a una serie di cartoline di propaganda che, con i manifesti, divennero i più efficaci mezzi di comunicazione di massa. Analogamente a quanto avvenne negli altri Stati europei, molti disegnatori italiani si posero al servizio della propaganda di guerra; altri, invece, funsero da coscienza critica nei confronti di un avvenimento che consideravano solo una grande sciagura.
Nel nuovo allestimento, realizzato grazie alla collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia, sono presentate cartoline italiane che trattano il dibattito su intervento e neutralità, sul ruolo dell’Italia nell’ambito internazionale, sulla percezione della guerra, nelle quali la satira, già ben presente nel dibattito politico attraverso i giornali umoristici, gioca un ruolo importante nella descrizione delle posizioni dei vari schieramenti fino all’entrata in guerra dell’Italia.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Giacomo Balla, «Manifestazione patriottica» («Dimostrazione interventista»), 1915; [fig. 2] Giacomo Balla, «Verginità», 1925; [fig. 3] Giacomo Balla, «Sventolio di bandiere», 1915 

Informazioni utili 
«Interventismo 1915-2015». Musei Provinciali di Gorizia - Museo della Grande Guerra, Borgo Castello, 13 – Gorizia. Orari: martedì-domenica, ore 9.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 3,50, ridotto € 2,50; visite guidate € 1,00 euro, scuole € 1,00. Informazioni: musei@provincia.gorizia.it o tel. 0481.533926. Prenotazioni e visite guidate: didattica@provincia.gorizia.it. Sito internet: http://www.provincia.gorizia.it. Catalogo: Musei provinciali di Gorizia (testi di Fabio Benzi, Enrico Crispolti, Elena Gigli, Alessandra Martina e Raffaella Sgubin). Fino al 6 gennaio 2016.

lunedì 23 febbraio 2015

«Questa è guerra!»: cento anni di conflitti messi a fuoco dalla fotografia

C’è stato un tempo in cui a documentare visivamente la guerra c’erano solo gli artisti. Come non ricordare, per esempio, «La Battaglia di San Romano» (1438 circa), un grande trittico dipinto da Paolo Uccello, con le sue geometrie cristalline, per commemorare lo scontro armato tra fiorentini e senesi del giugno 1432, oggi smembrato e diviso tra gli Uffizi di Firenze, la National Gallery di Londra e il Louvre di Parigi. Non meno celebri sono il «Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi» (1330), affresco di Simone Martini per il Palazzo pubblico di Siena, il quadro «Gli orrori della guerra» (1638) di Peter Paul Rubens, oggi conservato alla Galleria Palatina di Firenze, o ancora il Napoleone condottiero che valica le Alpi (1880) di Jacques-Louis David.
Poi, con la guerra di Crimea del 1853 e la guerra civile americana del 1861-‘65, i soldati, la vita di trincea, la brutalità dei massacri e gli orrori dei conflitti bellici trovarono nuovi testimoni, fotoreporter come lo scozzese Mathew B. Brady e il britannico Roger Fenton, presenti sul campo di battaglia con le loro camere oscure da viaggio.
L’invenzione della fotografia, con la sua capacità di cogliere quello che Henri Cartier-Bresson ha definito il «momento decisivo», cambiò, dunque, radicalmente la rappresentazione della guerra: il racconto diventò soprattutto immagine, prima statica e poi in movimento, con una diffusione planetaria prima inimmaginabile. Il miliziano spagnolo colto da Robert Capa nel momento della morte, il ragazzino albino raffigurato da Don McCullin in Biafra e Kim Phúc, la bambina che Nick Ut ritrasse in una disperata corsa per sfuggire alle bombe al napalm sganciate sul suo villaggio durante il conflitto vietnamita, sono, per esempio, entrati nella memoria di tutti.
Ma la fotografia di guerra non è solo cronaca, dovere di testimoniare la realtà. Porta sempre con sé il cuore e il cervello di chi scatta o, per usare le parole di Roland Barthes, «autentica il reale attraverso la soggettività di un uomo» che ha scelto di «essere –diceva Robert Capa- abbastanza vicino» ai principali teatri della Storia da comprendere sulla propria pelle come un conflitto cambi per sempre il volto di un paese, da immedesimarsi nel dolore delle persone tanto da rendere palpabile la loro paura e il loro sconcerto. Ecco quanto si legge tra le pieghe della mostra «Questa è guerra!», in agenda dal 28 febbraio al 31 maggio a Padova, nelle sale del Palazzo del Monte di Pietà, per iniziativa della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo. Centoventi fotografie, selezionate da Walter Guadagnini, insieme con giornali del tempo e documentari, raccontano al visitatore i principali scenari bellici degli ultimi cento anni, dalla Grande guerra ai più recenti focolai in Ucraina e in Medio Oriente, passando per i conflitti in Vietnam, Rwanda, Congo, Afghanistan, Iraq, ex Jugoslavia e Palestina, l'attacco alle Torri gemelle e la più datata guerra civile spagnola.
Lungo il percorso sono stati individuati punti di vista particolari e si è dato ampio spazio anche a immagini di amatori, per dimostrare come la fotografia sia stata davvero a tutti gli effetti il mezzo preferito di espressione e di racconto degli eventi nel corso del secolo.
Per quanto riguarda la Prima guerra mondiale si è posto, per esempio, l'accento sulle incredibili novità tecnologiche che quel conflitto sperimentò per la prima volta, mettendo in mostra fotografie aeree, che trasformano il territorio in una composizione quasi astratta, e immagini di carri armati, nuovi strumenti di combattimento che fecero la loro prima comparsa nella battaglia della Somme del 15 settembre 1916. La rassegna patavina allinea, inoltre, una ventina di fotografie scattate dalla principessa Anna Maria Borghese, nobildonna romana al fronte con la Croce rossa italiana, che ha raccontato la vita quotidiana dei soldati con la vera istantaneità delle prime macchine Kodak.
La guerra civile spagnola è, invece, vista attraverso gli occhi dei miliziani di entrambe le fazioni e i numerosi giornali che hanno coperto fotograficamente l'evento come mai prima era successo. Da queste pagine è tratto il celebre e discusso ritratto del soldato repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti, autentica icona del XX secolo a firma di Robert Capa, qui presentato accanto a un'altra immagine nota, quella scattata da Gerda Taro a una miliziana che si stava addestrando a sparare.
Ma la vera guerra dei fotografi in divisa, i cosidetti «armed with cameras», è la seconda. Sono loro a raccontare le battaglie, ma soprattutto le conseguenze che il conflitto ha avuto sulla popolazione civile. Ecco così le immagini di Colonia prima e dopo i bombardamenti realizzate da August Sander, le commoventi fotografie di Ernst Haas che documentano il rientro a casa dei soldati austriaci in una Vienna in rovina, gli scatti di Henri Cartier-Bresson nei campi profughi, con la vibrante sequenza del processo popolare allestito nei confronti di un collaborazionista nazista additato da una sua vittima, o i soldati sul fronte  ritratti da Eugene Smith.
Le distruzioni della guerra sono esemplificate anche dagli scatti realizzati ad Hiroshima dopo i bombardamenti e da una parete di funghi atomici, prove fotografiche degli esperimenti continuati per tutti gli anni Cinquanta.
Lungo il percorso espositivo si incontrano, poi, gli sguardi di Don Mc Cullin, Eve Arnold e Philip Jones Griffiths sul conflitto del Vietnam.
I reportage lasciano, quindi, spazio a immagini di grande potenza e incisività, frutto del cambiamento che la televisione ha portato nel mondo della fotografia. Ecco così la Beirut martoriata di Gabriele Basilico, i colori allucinati di Richard Mosse che raccontano la guerra in Congo, l'esperienza multimediale di Gilles Perress, le torri di avvistamento israeliane raffigurate da Taysir Batnjj quasi come delle opere d'arte concettuale.
Si possono, infine, vedere le immagini sulle rivolte ucraine di Boris Mikhailov e il progetto di Adam Broomberg & Oliver Chanarin che si interroga sui cliché in gioco all’interno della rappresentazione visiva della guerra e che mette in luce come anche nel dramma di un conflitto possano esistere momenti in cui il caso può far accadere un lieto fine.(sam)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ernst Haas, Vienna, 1946-48. Museum der Moderne di Salisburgo; [fig. 2] Gabriele Basilico, Beirut 1991; [fig. 3] Unknown Photographer, The italian Magnis Freedom Fighters, 1944. Silver, gelatine print on glossy fibre paper Printed by December 1944. ©Daniel Blau Munich/ London; [fig. 4] Gruppo fotoelettrici in esplorazione notturna, Museo Terza armata di Padova; [fig. 5] Luc Delahaye, US Bombing on Taliban Positions, 2001. Courtesy Galerie Nathalie Obadia

Informazioni utili 
«Questa è guerra!». Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo, 14 - Padova. Orari: feriali, ore 9.00-19.00; festivi, ore 9.00-20.00; chiuso i lunedì non festivi. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 9,00, scuole € 2,00. Informazioni: tel. 0425.460093 o mostre@fondazionecariparo.it. Sito web: www.fondazionecariparo.net. Sito web dedicato: www.questaeguerra.itDal 28 febbraio al 31 maggio 2015.

sabato 21 febbraio 2015

«Mercanteinfiera»: in mostra a Parma antiquariato e design d’artista

Più di mille espositori. Oltre un centinaio di buyer provenienti da Russia, Turchia, Brasile, Belgio, Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Danimarca. Quattro padiglioni e quarantacinquemila metri quadrati dedicati all’antiquariato, al vintage e al design. Sono questi i numeri della ventunesima edizione primaverile di «Mercanteinfiera», in programma dal 28 febbraio all’8 marzo a Parma.
Eleganti mobili di età vittoriana, troumeau settecenteschi, modernariato pop, ma anche gioielli dal fascino intramontabile firmati Cartier, Audermars Piguet o Tiffany e raffinate suggestioni vintage griffate Cartier compongono la ricca offerta espositiva della kermesse emiliana, arricchita quest’anno da due eventi collaterali.
Berni Studio- Interior Design ha, per esempio, ideato la mostra «Circolare nel tempo: a passeggio tra design, arredo e quotidianità», che -attraverso quattro differenti ambientazioni di living e pezzi di noti designer come Bruno Munari, Giacomo e Achille Castiglioni, Vico Magistretti e Titti Fabiani- racconta il gusto e i costumi degli italiani in mezzo secolo di storia, dai salotti degli anni Sessanta, quando la famiglia si riuniva per il pranzo domenicale, ai giorni nostri.
Il primo ambiente, con la tipica carta da parati degli anni Settanta, presenta un divano in velluto dalle tonalità accese: lo «Strips» progettato da Cini Boeri per Arflex. In questo spazio si trovano anche uno dei pouf più famosi della cinematografia italiana, la poltrona Sacco consacrata dalle contorsioni di Paolo Villaggio nei panni del ragionier Giandomenico Fracchia, e la libreria «Book», resa celebre dal film «Manhattan» di Woody Allen. Mentre a illuminare il living è la luce effimera della lampada «Falkland» di Bruno Munari. Nell'ambientazione dedicata agli anni Ottanta e Novanta a prevalere è, invece, la cura del disegno e la ricerca dell'eleganza: a fianco del divano «Regent’s» di De Padova si possono ammirare lo «Scrittarello» di Vico Magistretti e la lampada Arco» di Giacomo e Achille Castiglioni, oggi parte delle collezioni permanenti del Triennale Design Museum di Milano e del Moma di New York. Mentre il contrasto tra bianco e nero è la cifra distintiva del living degli anni 2000, dove compaiono la bombata «Vanity Fair», archetipo per eccellenza della poltrona moderna, e la lampada da terra «Twiggy», fiore all'occhiello del brand Foscarini.
Chiude la mostra, nella quale è possibile anche ascoltare musiche d’epoca e vedere ritratti di icone del tempo come Mina, Madonna e Kate Moss realizzati dal pittore vicentino Giovanni Battista Tresso, la ricreazione di un living datato 2015, con arredi griffati De Padova e rari tappeti anatolici dell’artista Matteo Pala.
La seconda mostra collaterale di «Mercanteinfiera» è «Battaglie d'inchiostro. La guerra: tra reclame e propaganda attraverso il filtro della carta stampata», un progetto ideato da Villa Carlotta, museo e giardino botanico sul lago di Como, per ricordare il centenario dall'inizio della prima guerra mondiale.
La rassegna, curata da Serena Bertolucci, Paola Mazza e Paolo Aquilini, allinea immagini provenienti dall'Archivio storico pubblicitario di Paola Mazza a Como, nel quale sono conservate prestigiose prime edizioni e illustrazioni originali firmate da grandi comunicatori dell'epoca come Beltrame, Codognato e Dudovich.
L’inchiostro, insieme ad oggetti come la gavetta, il quaderno degli schizzi di un soldato o le lettere dal fronte, riesce così a trasmettere l'impatto del conflitto che vive tanto di una divulgazione enfatizzata dalla propaganda e dalla réclame quanto dall'immagine realistica e devastante assicurata dai primi reportage fotografici.

Informazioni utili
«Mercanteinfiera». Fiere di Parma, viale delle Esposizioni, 393A - Parma. Orari: ore 10.00-19.00. Ingresso: intero € 10,00, architetti (con tesserino) € 7,00, accreditati on-line € 8,00, gratuito per i ragazzi con meno di 14 anni se accompagnati da un adulto. Sito web: http://mercanteinfiera.it. Dal 28 febbraio all'8 marzo 2015.