ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 1 dicembre 2016

Origgio: tre nuove opere per la «città delle sculture»

Non è un’etichetta semplice da portare quella di «città delle sculture» da poco assegnata a Origgio, paese del Varesotto, nel cui parco comunale hanno da poco trovato collocazione definitiva tre opere di altrettanti artisti contemporanei: Louise Bourgeois, Giovanni Rizzoli e Tristano di Robilant.
La cittadina alle porte di Milano entra così a far parte di quel ricco numero di musei en plein air nati negli ultimi decenni nel nostro Paese, principalmente grazie alla volontà di privati o di lungimiranti amministrazioni comunali, tra i quali si ricordano la Fiumara d’arte in Sicilia, il Marca in Calabria, il Parco di Pinocchio a Pescia, La Marrana a Montemarcello o Villa Verzegnis a Udine.
Il progetto di donazione delle tre opere alla Città di Origgio risale a una quindicina di anni fa: fu in quel periodo che una delegazione del comune varesino, noto agli artisti per la presenza dell’attiva fonderia artistica 3v di Walter Vaghi, si recò a New York e, grazie all’intercessione di Giovanni Rizzoli, chiese con una certa dose di audacia a Louise Bourgeois, allora novantenne, di realizzare una scultura per la città.
L’artista franco-americana assunse e mantenne quell’impegno, ideando un’opera che purtroppo non vide mai realizzata, dopo averne tuttavia modellato il prototipo: «The Couple» (2003).
L’opera, sospesa al ramo di un albero secolare, rappresenta un abbraccio dalle dimensioni imponenti –365,1 x 200 x 109,9 cm– e dal peso di circa 635 chilogrammi, che cattura lo sguardo per la sua gravità trasformata in leggerezza e per la tensione plastica sprigionata dai due corpi – novelli Paolo e Francesca di dantesca memoria – che si attraggono e respingono avvolti in una spirale che ne confonde forme e sembianze.
«Le figure si uniscono, l’una nelle braccia dell’altra -raccontava l’artista durante il disegno di «The Couple»-. Nulla potrà separarle. È uno stato precario e fragile. Malgrado tutti i nostri handicap, ci teniamo fra le braccia a vicenda. Quello che mi interessa veramente è il concetto dell’Altro. Si tratta di un punto di vista ottimistico. Incastrate assieme, vorticano per l’eternità».
Una tensione differente, più intima, è quella proposta dalla scultura «Naughty Girl» (2009-2010) di Giovanni Rizzoli: una gabbia che custodisce una giovane ragazza con ombrellino che, in ginocchio su un trespolo, come un uccellino esotico sembra cercare riparo e protezione da sguardi indiscreti, mentre leggera si accinge a compiere eleganti evoluzioni, «esprimendo un’emozione adolescenziale di coercizione e contentezza allo stesso tempo».
La leggerezza sembra essere il denominatore comune anche della terza scultura, «Elijah’s Cloud» (2012) di Tristano di Robilant.
La «nuvola di Elia» che «risolve anni di siccità», concepita in vetro soffiato e successivamente ingrandita fino a quasi tre metri e mezzo di altezza per la fusione in alluminio, sorge su un gambo di calice, quasi un bicchiere metaforicamente colmo d’acqua, pronto per essere rovesciato.
Un progetto, dunque, interessante quello realizzato da Origgio che entra così a pieno titolo tra i paesi che ospitano musei all’aperto e che può anche dire di essere l’unica città in Europa a esporre una scultura di Louise Bourgeois in uno spazio pubblico non museale.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1[ Louse Bourgeois, The Couple, 2003. Alluminio, scultura appesa, 365,1 x 200 x 109,9 cm. Installation view, Parco di
Origgio. © The Easton Foundation/SIAE; [fig. 2] Tristano Di Robilant, Elijah’s Cloud, 2012. Installation view, Parco di Origgio. Photo: Serena Clessi; [fig. 3] Giovanni Rizzoli, Naughty Girl, 2009-2010. Installation view, Parco di Origgio. Photo: Serena Clessi

Informazioni utili 
www.comune.origgio.va.it

mercoledì 30 novembre 2016

Loreto celebra Maria Maddalena

Da Simone Martini ad Antonio Canova: è un vaggio attraverso otto secoli di storia, dal Duecento a oggi, quello che propone la mostra «La Maddalena, tra peccato e penitenza», allestita a Loreto, negli spazi del Museo-Antico Tesoro della Santa Casa, in occasione del Giubileo 2016.
Una cinquantina di opere si propongono di illustrare la storia di questa donna che Tommaso d’Aquino aveva definito «apostola degli apostoli» e Gregorio Magno «peccatrice perfetta e assoluta, che diviene discepola di Cristo».
Prostrata ai piedi del Signore nell’atto di ungergli i piedi con essenze preziose, oppure dolente e piangente abbracciata al legno della croce, infine lieta di recare l’annuncio della Resurrezione agli apostoli, la figura della Maddalena, esempio paradigmatico di conversione, ha destato l’interesse dei maggiori artisti dal Medioevo al Neoclassicismo.
La mostra di Loreto, allestita fino all'8 gennaio, ne illustra vari momenti della vita attraverso una selezione di opere appartenenti alle collezioni marchigiane, a partire dalla tavola di Carlo Crivelli di Montefiore dell’Aso, uno dei ritratti più seduttivi della Maddalena mai disegnato. Qui l’artista veneziano ritrae la donna nelle vesti di una provocante ragazza dallo sguardo tentatore, mentre la fenice ricamata sulla manica dell’abito evoca il suo percorso di conversione alla fede.
Nell’età della Controriforma questa figura biblica conosce una grandissima fortuna nell’iconografia sacra, come testimonia la tela di Orazio Gentileschi proveniente dalla chiesa della Fabriano.
Ritratta con un atteggiamento insieme sensuale e di pentimento, da peccatrice e da santa, la Maddalena appare in opere di grande bellezza e intensità. Il ferrarese Ercole de’ Roberti la fa esplodere in lacrime e la racconta con un «verismo»che ricorda le Maddalene disperate e «urlanti», in terracotta, dei «Compianti sul Cristo morto» di Guido Mazzoni e di Nicolò dell’Arca. In lacrime e urlante appare anche nell’opera di Ercole de’Roberti. Luca Giordano e Ignazio Stern la dipingono, invece, nuda e in estasi. Benedetto Luti la restituisce agli occhi del visitatore in ginocchio, nel tentativo di raccogliere un vasetto che è caduto e preoccupata per il prezioso contenuto, nel quadro «Cena in casa di Simone Fariseo».
Giulio Cagnacci disegna la Maddalena in una posa statica, Antonio Cavallucci le dà uno sguardo dolce e languido insieme. Opere di altissima qualità sono anche quelle di Moretto da Brescia, Matteo Loves, Desiderio da Settignano, Simone Martini, Orazio Gentileschi, Mattia Preti e Luca Giordano.
Persino Antonio Canova, scultore generalmente poco attento alle tematiche religiose in linea con il laicismo prevalente nei suoi anni, ha affrontato la figura della Maddalena mostrando il momento del suo ravvedimento, a conferma che il percorso di fede della giovane peccatrice potesse rappresentare per l’affermato scultore veneto un nuovo cimento artistico.
Una mostra, dunque, di grande interesse quella di Loreto che punta i riflettori sulla figura della Maddalena, alla quale l’ultima esposizione era stata dedicata una trentina d’anni fa dalla città di Firenze.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Simone Martini, Santa Maria Maddalena (Polittico di S. Domenico), 1320-1321. Tempera, oro e foglia d'argento su tavola, cm 94,5 x 46 x 4,5. Orvieto, Opera del Duomo; Museo Diocesano; [fig. 2]Carlo Crivelli, Parte inferiore Polittico di Montefiore dell'Aso con Santa Caterina d'Alessandria, San Pietro Apostolo e Santa Maria Maddalena. Seconda metà del 1400, cm 184,2 x 54, tempera su tavola. Montefiore dell’Aso, Polo museale San Francesco, Rete museale Musei Piceni

Informazioni utili 
«La Maddalena, tra peccato e penitenza». Museo-Antico Tesoro della Santa Casa - Loreto. 
Orari: dal Lunedì al venerdì, ore 10.00-19.00, sabato e domenica, ore 10.00-20.00. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00, ridotto scuole € 4,00. Informazioni: tel. 071.9747198 o tel. 06.68193064, museoanticotesoro@gmail.com. Sito internet: www.artifexarte.it. Fino all'8 gennaio 2017. 

martedì 29 novembre 2016

Busto Arsizio, Anna Galiena ed Enzo Decaro si danno del tu sul palco del Manzoni

Un uomo, una donna, due solitudini e una convivenza inconsueta raccontate, con sensibilità e humor, dalla voce di due tra i più amati attori del cinema italiano: Anna Galiena ed Enzo Decaro.
Dopo il successo dello spettacolo «Il bagno» con Stefania e Amanda Sandrelli, martedì 6 dicembre, alle ore 21, il cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio apre le porte a «Diamoci del tu», commedia contemporanea, ironica e colta, uscita dalla penna del pluripremiato drammaturgo canadese Norm Foster, per la traduzione di Danilo Rana e con l’adattamento di Pino Tierno.
A firmare la regia dello spettacolo -proposto nell’ambito della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», curata da Maria Ricucci e inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro»- è Emanuela Giordano. I costumi sono stati ideati da Martina Piezzo; le scene da Andrea Bianchi. Il disegno luci ha visto al lavoro Francesco Saverio De Iorio.
Il testo drammaturgico, del 2012, racconta la storia di due solitudini, quella di un uomo e di una donna, di uno scrittore di successo e della sua domestica, che da anni vivono sotto lo stesso tetto, senza dividere affetti e intimità, condividendo solo le incombenze quotidiane.
Lui, David Kilbride, è un romanziere famoso che deve la propria notorietà alla versione cinematografica di un libro sullo spionaggio. È un uomo in crisi di identità e creatività, così egocentrico e concentrato su se stesso da fare addirittura fatica a ricordare il nome della donna con cui vive da ormai ventotto anni. Lei, Lucy Hopperstaad, è una persona taciturna ma attenta, che si ricorda ogni minimo particolare della vita del suo datore di lavoro. Ha un linguaggio ironico, colto e beffardo.
In una fredda sera di novembre i due si confrontano per la prima volta, parlandosi senza la formalità dei ruoli in cui si erano costretti per tanto tempo. «Dopo decenni di “buongiorno” e “buonasera”, di incombenze e comandi quotidiani, si scatena -racconta Emanuela Giordano- un serratissimo dialogo che ci provoca risate e curiosità».
La quasi-coppia parla di letteratura, di retaggi familiari e di solitudine attraverso un linguaggio mai scontato, colto e ricco di un vivace umorismo. I due si sfottono, chiedono e rispondono a domande, «ma intorno alle parole -racconta ancora la regista- si consuma altro. E quello che non si dicono diventa altrettanto interessante, perché di non detti ce ne sono tanti».
 Il tutto è ambientato nella dimora di lui, un mondo di ricchezza elegante e formale, «da casa di prestigio ma senza anima. L’anima, il calore -continua Emanuela Giordano- ce li regalano le sottili tessiture di sguardi e svelamenti, di bisogni non dichiarati» dei due protagonisti. Il gioco tra detto e non detto tesse così una trama avvincente che, attraverso la chiave della leggerezza e dei sentimenti, fa ridere ed emoziona il pubblico, raccontandogli il senso di incomunicabilità che spesso permea i rapporti e offrendogli anche uno sguardo penetrante sulle avversità della vita.

Informazioni utili 
«Diamoci del tu», commedia di Norm Foster con Anna Galliena ed Enzo De Caro,  per la regia di Emanuela Giordano. Dove: teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Quando: martedì 16 dicembre 2016, ore 21. Ingresso: € 30,00 poltronissima, € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto) poltrona, € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto) galleria. Prevendita on-line: www.crea.webtic.it/Default.aspx?sc=5273#menuSpettacoli. Botteghino: da martedì 29 novembre 2016 | dal lunedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni: info@cinemateatromanzoni.it o tel. 0331.677961 (in orario serale e, da mercoledì 16 novembre,  tutti i giorni feriali, dal lunedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00). Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it

lunedì 28 novembre 2016

Veneto: Haydn, Mozart e il pianoforte di Libetta in scena

Il «New York Times» lo ha definito un «aristocratico poeta della tastiera con il profilo e il portamento di un principe rinascimentale». «Le Monde de la Musique» ne ha parlato come dell’«erede dei Moritz Rosenthal, dei Busoni e dei Godowsky». Stiamo parlando di Francesco Libetta, grande virtuoso del pianoforte, che martedì 29 e mercoledì 30 novembre si esibirà con l'Orchestra di Padova e del Veneto in un doppio concerto: la prima sera al teatro Sociale «Eugenio Balzan» di Badia Polesine (Rovigo), la seconda al teatro Sociale di Cittadella (Padova).
Al suo debutto con l'Opv, Libetta eseguirà nel corso delle due serate i Concerti n. 1 in re minore e n. 2 in si bemolle per pianoforte e orchestra di Johannes Brahms, ai quali saranno accostate le ultime sinfonie di Wolfgang Amadeus Mozart (la celeberrima «Jupiter») e Franz Joseph Haydn (la n. 104 «London»).
Prosegue così il progetto che la Fondazione Opv dedica al repertorio ottocentesco per pianoforte e orchestra e che negli ultimi due anni ha visto l’esecuzione integrale dei concerti di Chopin e di Beethoven con i pianisti Alexander Lonquich e Pietro De Maria.
Questa volta, nei due concerti di Brahms sarà, invece, impegnato Francesco Libetta, uno dei maggiori pianisti italiani del nostro tempo, affermato a livello internazionale, ma attivo anche come direttore d'orchestra e compositore di talento, tanto è vero che Isotta sul «Corriere della Sera» ne ha parlato come di un «poeta doctus».

Libetta sarà accompagnato dall’Orchestra di Padova e del Veneto sotto la guida di Marco Angius, direttore musicale e artistico della Fondazione Opv, reduce dal successo ottenuto nella direzione di «Aquagranda», l’opera di Filippo Perocco che ha inaugurato in prima assoluta la stagione 2016/17 del teatro La Fenice di Venezia.
Nel concerto di Badia Polesine, che avrà luogo martedì 29 novembre, sarà eseguito il «Concerto n. 1 in re minore op. 15» per pianoforte e orchestra di Brahms preceduto dalla «Sinfonia n. 41 in do maggiore Jupiter K 551» di Mozart. L'incasso della serata sarà devoluto all’Associazione Parkinson Rovigo & Amici Onlus. In mattinata, alle ore 11, si svolgerà la prova generale aperta alle scuole, a ingresso gratuito con prenotazione alla Fondazione Opv.
Il «Concerto n. 1 in re minore op. 15» è un lavoro giovanile che Brahms compone tra il 1854 e il 1858, ma che già si contraddistingue per la grandiosità dell'impianto e l’impegno costruttivo. Dapprima abbozzato come Sinfonia e poi come Sonata per due pianoforti, questo Concerto è una dimostrazione del fatto che proprio attraverso il pianoforte Brahms giunge alla composizione di opere strumentali di grande respiro.
La «Sinfonia n. 41 in do maggiore K 551» (1788) è, invece, una partitura che corona la produzione sinfonica di Mozart: una sorta di testamento spirituale per il quale il salisburghese sceglie il do maggiore, la tonalità della luce solare e incontaminata. Questo luminoso splendore, unito all’olimpica serenità, alla maestosità delle dimensioni e all’impiego solenne del contrappunto, ha guadagnato alla composizione il titolo ‘gioviale’ di «Jupiter». Mozart fa tesoro delle prospettive aperte da alcune Sinfonie di Haydn, che a sua volta terrà presente l'esempio di Mozart nelle sue ultime sinfonie, le dodici londinesi del 1791-1795.

L'appuntamento di mercoledì 30 novembre al teatro Sociale di Cittadella prevede, invece, il «Concerto n.2 in si bemolle maggiore» per pianoforte e orchestra di Brahms e la «Sinfonia in re maggiore n. 104 London» di Haydn. In questo caso il ricavato della serata andrà all’associazione «Il Granello di Senape». La prova generale, che avrà luogo alle ore 11, sarà aperta, anche in questo caso gratuitamente, alle scolaresche.
Il «Concerto n. 2 in si bemolle op. 83» viene composto da Brahms nel 1881, a più di vent’anni di distanza dal precedente, dal quale è profondamente diverso nell’impianto e nel carattere dei temi. È, inoltre, articolato in quattro tempi al posto dei tre tradizionali. Per l’imponente respiro sinfonico, per le qualità virtuosistiche richieste al solista e per il romantico colore dei timbri, questo secondo Concerto rappresenta un insuperabile classico della letteratura pianistica.
La «Sinfonia in re maggiore n. 104 London» è una delle opere scritte da Haydn per il pubblico britannico. Proprio la particolare attenzione al pubblico porta il compositore a concepire delle partiture in grado di ‘impressionare’ con una ricerca continuamente variata delle soluzioni strumentali e armoniche: una ricerca che si accompagna alla predilezione per un materiale tematico di carattere popolare, tipica di tutto il gruppo delle ‘londinesi’.

Informazioni utili 
Concerti con Francesco Libetta. Quando: Martedì 29 novembre, alle ore 21.00 (prova aperta per le scuole alle ore 11.00), a Polesine; mercoledì 30 novembre, alle 21.00 (prova aperta per le scuole alle ore 11.00), a Cittadella. Dove: Teatro Sociale Eugenio Balzan - Badia Polesine (Rovigo) e teatro Sociale – Cittadella (Padova). Ingresso: posto unico € 5,00 per ogni singolo concerto. Botteghino: le biglietterie dei due teatri saranno aperti il giorno dello spettacolo, con i seguenti orari: 10.00-13.00 e 18.00-21.00. Informazioni: tel. 049.656848. Sito internet: www.opvorchestra.it.

venerdì 25 novembre 2016

A Venezia i libri di Chanel, «la donna che legge»

«La vita che conduciamo non è mai granché, la vita che sogniamo è invece la grande esistenza, perché la continueremo oltre la morte»: è questo appunto vergato a mano da Gabriel Chanel ad aprire il percorso della mostra «Culture Chanel. La donna che legge», allestita fino all’ 8 gennaio a Venezia, negli spazi di Ca’ Pesaro, per la curatela di Jean-Louis Froment e di Gabriella Belli.
L’esposizione, che ripercorre il vissuto creativo della stilista francese a partire dal suo amore per i libri, fa parte di un ben più ampio progetto espositivo che, a partire dal 2007, ha toccato le città di Mosca, Shanghai, Pechino, Canton, Parigi e Seul raccontando, ogni volta da una prospettiva inedita e sorprendente, la vita di mademoiselle Chanel, una delle donne più affascinanti del XX secolo.
Questo settimo episodio evoca l’universo creativo della stilista francese nell’ottica inedita del suo rapporto con il libro e la lettura. Dai classici greci ai poeti moderni, la fornitissima biblioteca della donna svela opere che hanno segnato la vita e modellato la sua personalità. Non a caso Roland Barthes scrisse, nel 1967: «se apriste oggi una storia della nostra letteratura dovreste trovarvi il nome di un nuovo autore classico: Coco Chanel. Chanel non scrive con carta e inchiostro (salvo nel suo tempo libero) ma con tessuti, forme e colori; ciò non toglie che le si attribuiscano comunemente l’autorità e lo stile di uno scrittore del Grand siècle, elegante come Racine, giansenista come Pascal (da lei citato), filosofo come La Rochefoucauld (che lei imita inventando le proprie massime), sensibile come Madame de Sévigné... ».
Nell’appartamento della stilista al 31 di rue Cambon, di fronte agli scaffali di libri, si trovano le iscrizioni dei pannelli di lacca di Coromandel, presenza rassicurante degli scritti che la accompagnano e le rivelano ciò che può significare la costruzione della propria opera. È, infatti, nel silenzio della lettura che Coco Chanel apre gli occhi sul mondo e questo le permette, al contempo, di fuggire da esso, di sognare il suo destino, di costruire se stessa trovando nelle opere, gelosamente custodite, la forza e i mezzi per scrivere la propria leggenda
Dalla solitudine degli anni trascorsi nell’orfanotrofio di Aubazine fino alla fine dei suoi giorni, i libri e i loro autori guidano la traiettoria di Gabrielle Chanel, nutrono il suo immaginario, rispondono al suo bisogno di una ricerca mistica dell’invisibile e, soprattutto, le mostrano come iscrivere nel tempo la propria visione del mondo.
Questo dialogo attraverso le epoche, che va dall’antichità fino ai contemporanei, è costellato in particolare di riferimenti alle opere di Omero, Platone, Virgilio, Sofocle, Lucrezio, Dante, Montaigne, Cervantes, Madame de Sévigné, Stéphane Mallarmé, ed entra in risonanza con gli autori che lei ha frequentato e apprezzato, come lo stesso Pierre Reverdy, Max Jacob o Jean Cocteau.
Questa diversità le permette di trovare nella sua scrittura - quella della moda- una modernità che sfida la propria temporalità e si proietta ben oltre.
È a Venezia, uno dei principali luoghi d’ispirazione di Gabrielle Chanel, che il pubblico scoprirà per la prima volta la sua biblioteca. Attorno a questo nucleo centrale, la mostra gioca sulle analogie, le corrispondenze visive che mettono in luce da una prospettiva contemporanea la relazione di Chanel con i libri e la scrittura, in particolare quella poetica, che trova degli echi nella concezione della sua creazione. Dediche, archivi, fotografie, quadri, disegni si mescolano con un vestiario di creazioni di moda che svelano, al pari di una biblioteca, il vocabolario estetico di Gabrielle Chanel, il suo gusto per il classicismo e per il barocco, l’amore per la Russia e per gli ori di Venezia.
Oggetti d’arte provenienti dal suo appartamento parigino sono esposti, per la prima volta, insieme a gioielli e a profumi. Trecentocinquanta manufatti ricostruiscono così il ritratto intimo di una creatrice che ha saputo fare della propria vita una leggenda, o meglio una storia da romanzo.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Douglas Kirkland, Ritratto di Gabrielle Chanel sul suo divano, mentre guarda la sua biblioteca, luglio 1962. Fotografia. Collezione Douglas Kirkland, Los Angeles. © Douglas Kirkland; [fig. 2] Jean Moral, Gabrielle Chanel sul suo divano in daino beige dai cuscini imbottiti, 1937. Fotografia. Collezione privata. © Photo Jean Moral/Brigitte Moral; [fig. 3] Thierry Depagne, Biblioteca di Gabrielle Chanel, 2013. Fotografia. Collezione Patrimonio di Chanel, Parigi. © Thierry Depagne; [fig. 4] Jean Cocteau, Coco Chanel, circa 1930. Disegno a matita, 48x32,5 cm. Collezione Stéphane Dermit, deposito presso la casa Jean Cocteau, Milly-la-Forêt. © ADAGP Paris, 2016. Con la gentile autorizzazione di Pierre Berger, Presidente del Comitato Jean Cocteau

Informazioni utili
«Culture Chanel. La donna che legge». Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna, Santa Croce 2076 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00–18.00, chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: www.capesaro.visitmuve.it. Fino all' 8 gennaio 2017.