ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 7 dicembre 2017

Orologi, porcellane e reperti archeologici: nuove collezioni al Museo Poldi Pezzoli di Milano

Il museo Poldi Pezzoli di Milano è un po’ più grande. Rispettando le volontà testamentarie di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, che più di centotrent’anni fa chiedeva di continuare ad arricchire il patrimonio artistico da lui donato alla città, la collezione meneghina ha da poco tre nuove sale, collegate armoniosamente al cuore storico del museo, il Salone dorato, attraverso un corridoio di grande impatto scenografico.
Questo «cannocchiale visivo» suggerisce il percorso di visita guidando il pubblico alla scoperta degli ambienti appena inaugurati, la cui realizzazione è stata resa possibile grazie a una donazione di Mario e Carmen Franzini e all’esecuzione tecnica di Luca Rolla e Alberto Bertini; l’impianto di illuminazione si deve, invece, a Ferrara Palladino Lightscape.
Nel nuovo allestimento, visibile dallo scorso 24 novembre, c’è spazio anche per la Galleria dei ritratti, uno spazio, questo, degno di un palazzo nobiliare quale era quello di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Qui, uno dopo l’altro, si susseguono i volti dei personaggi del Sei e Settecento appartenenti alla collezione permanente.
Il nuovo percorso inizia con l’esposizione di un’eccezionale collezione di orologi da persona provenienti da un’importante raccolta privata milanese che offre una panoramica dell’evoluzione tecnica e artistica dell’orologio dal XVI al XX secolo e permette al pubblico di ammirare la varietà delle tecniche di oreficeria e di smaltatura applicate alla decorazione delle casse.
Con questa acquisizione, la collezione di orologi del Museo Poldi Pezzoli diventa così una delle più importanti al mondo, alla pari di quelle del Louvre di Parigi, del Metropolitan Museum of Art di New York e del Musée d’art et d’histoire di Ginevra.
Proseguendo, nella seconda sala, grazie alla generosità di Rossella Necchi-Rizzi e Orazio Carandente, è possibile godere di una raccolta di reperti archeologici, costituita da un significativo nucleo di ceramica apula del IV-III secolo a.C., testimonianza della storia del gusto e delle tendenze del collezionismo europeo che tra Otto e Novecento si sviluppò tra monarchi, aristocratici e la nascente borghesia.
Infine, nella Galleria dei Ritratti è esposta, in dialogo con i dipinti dello stesso periodo qui accolti, la collezione di porcellane europee del XVIII secolo, donata dagli eredi di Guido e Mariuccia Zerilli-Marimò. La nuova sala consente così al pubblico un’immersione nella produzione artistica settecentesca di grande fascino. Le porcellane rappresentano, con pezzi di notevole rilievo, tutte le principali manifatture europee attive nel Settecento, tra le quali spiccano, per qualità e importanza, le opere realizzate a Meissen. Per l’occasione e per la prima volta dopo molti decenni, i tre vasi bianchi della raccolta, che facevano parte di una garniture de cheminée inviata nel 1725 da Augusto II a Vittorio Amedeo II di Sardegna, sono eccezionalmente riuniti ad altri due provenienti dallo stesso gruppo, conservati presso il Palazzo Reale di Torino.
A queste nuove collezioni, che dialogano in grande armonia con quelle già presenti nel museo, si affiancano altre opere giunte recentemente in donazione e finalmente accolte in ambienti più ampi e adeguati. Tra queste, piacevolmente inaspettato, il contributo di Omar Gallianiche nel 2011 ha donato l’opera «A contatto»: uno degli esempi di relazione che l’arte contemporanea può stabilire con quella del passato.

Informazioni utili 
Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni, 12 - Milano. Orari: da mercoledì a lunedì, dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,00. Sito internet: museopoldipezzoli.it.

martedì 5 dicembre 2017

«Splendida Persia», gemme, preziosi, oro e gioielli tra passato e futuro

Iran e Italia, tradizioni millenarie e linguaggi contemporanei che si fondono nell'emozione di un viaggio alla scoperta del gioiello: si presenta così «Splendida Persia», la mostra che Bianca Cappello e Sogand Nobahar hanno curato per il Museo del Bijou di Casalmaggiore , spazio museale in provincia di Cremona, fondato nel 1986, che ospita oltre ventimila pezzi di bigiotteria, dalla fine dell’Ottocento alle soglie del nuovo millennio.
La rassegna, visibile fino al prossimo 28 gennaio, allinea, per la prima volta nel nostro Paese, un’esclusiva selezione di gioielli appartenenti alla storia della Persia e all'influenza del suo magico fascino nell'oreficeria iraniana contemporanea, rilevandone anche l’eco che hanno avuto nella bigiotteria italiana dagli anni Sessanta a oggi.
Il percorso della mostra, del quale rimarrà documentazione grazie a un catalogo pubblicato dalle edizioni Universitas Studiorum, si apre con un prezioso nucleo di gioielli e perle antiche provenienti dalla regione dell’antica Mesopotamia, espressione, con i loro simboli e i suoi materiali, della variegata e millenaria tradizione persiana.
Tra i pezzi che stupiscono maggiormente per la propria fattura si segnalano una collana in corniola incisa, proveniente dalla Bactriana, regione storica dell'Asia centro-ccidentale corrispondente in gran parte all'Afghanistan settentrionale, e realizzatra tra il_III e X secolo d.C.,  e una collana in faiance dell’epoca sasanide, ideata nell’VII secolo.
L’esposizione presenta, quindi, una selezione di gioielli contemporanei di alcuni dei principali designer iraniani, che reinterpretano i temi della tradizione persiana arabo-islamica, ma anche zoroastrica e apotropaica popolare.
Sogand Nobahar, designer che cura anche l'esposizione, presenta, per esempio, un anello e dei bracciali della serie «MyCity-Teheran», mentre Fateme SafarTalab è in mostra con le collane della collezione «Lady Pomegranate» e Nogol Zahabi con un collare Dark Blue in ricamo Termeh.
Si trovano, quindi, esposti alcuni gioielli made in Italy, creati tra gli anni Sessanta e oggi da grandi firme della bigiotteria italiana e ispirati all'iconografia, ai colori e alla poesia persiana. Carlo Zini espone un collier molto lavorato realizzato negli anni Duemila, Ornella Bijoux una collana con pietre blu degli anni Settanta,  Bozart un diadema con piumette degli anni Ottanta, Sharra Pagano dei bracciali ricchi di gemme colorate, solo per fare qualche esempio. 
Chiudono il percorso espositivo della rassegna, inserita nel progetto «Stupor Mundi - Iran», i gioielli concettuali di un gruppo di giovani studenti talentuosi del corso di Design del gioiello dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano che hanno realizzato opere di grande suggestione e forza vitale.
Il tour espositivo si arricchisce infine di una serie di scatti inediti tratti dal reportage documentario in Iran del fotografo Federico Wilhelm che analizza il paesaggio naturale, artistico e sociale dell’Iran contemporaneo, nel particolare e delicato passaggio dalla radicata e millenaria tradizione alla contemporaneità.

Informazioni utili
«Splendida Persia». Museo del Bijoux di Casalmaggiore, via Porzio, 9 - Casalmaggiore (Cremona). Orari: da martedì a sabato, ore 10.00-12.00 e ore 15.00 - 18.00; domenica e festivi, ore 15.00- 19.00; chiuso a Natale e Capodanno. Ingresso: intero € 3,00; ridotto € 2,50, gratuito per le scolaresche, i possessori dell'Abbonamento Musei Lombardia e, per tutti, la prima domenica del mese. Informazioni e prenotazioni:  tel. 0375.284424 (Ufficio Cultura del Comune), info@museodelbijou.it. Sito web: www.museodelbijou.it. Fino al 28 gennaio 2018. 

domenica 3 dicembre 2017

Aligi Sassu e l’arte sacra: Silvana editoriale pubblica il catalogo ragionato

«Aligi Sassu credeva sinceramente in Dio, in un essere, superiore a noi tutti, che domina le sorti del mondo». Così Alfredo Paglione parla del rapporto che l’artista milanese, di padre sardo e madre emiliana, ebbe con il sacro. A questo argomento è dedicato l’ultimo libro curato dal gallerista e mecenate di Tornareccio (Chieti): «Aligi Sassu-Catalogo ragionato dell’opera sacra» (45 euro, edizioni Silvana, 288 pagine riccamente illustrate).
All’interno del pregevole volume sono presenti, oltre a cinquecento tavole a colori, saggi e contributi di Antonio Paolucci, Gianfranco Ravasi, Antonello Negri, Elena Pontiggia, Giuseppe Bonini e Bruno Forte.
Aligi Sassu, per usare le parole di Ludovico Ragghianti, «ha significato, senza clamore, nella sua vicenda, l’infinita potenza dell’uomo di aggiungere sempre nuove e incancellabili verità di poesia alla vita e alla storia».
Conosciuto e amato in tutto il mondo, l’artista milanese è stato uno dei protagonisti del rinnovamento della pittura italiana assieme agli artisti del gruppo milanese di Corrente, da Treccani a Cassinari, da Morlotti a Guttuso.
In questo clima culturale, Aligi Sassu ha maturato il proprio linguaggio figurativo, segnato dalla propria coscienza di antifascista e di militante della Resistenza, che gli ha fatto vivere in prima persona il dramma della detenzione per il reato di cospirazione politica mediante associazione.
La sua pittura nasce da un’esigenza etica di libertà espressiva che si realizza attraverso un uso straordinariamente libero del colore come elemento costitutivo della stessa forma. Questa attenzione alla forza espressiva dei soggetti raffigurati e all’acceso cromatismo ne hanno fatto un artista molto amato dai grandi protagonisti del suo tempo, da Sandro Pertini, suo grande amico, a Paolo VI, suo estimatore, per giungere a Salvatore Quasimodo.
In ambito sacro, Aligi Sassu si accostò a due temi: la deposizione e la crocifissione. Il suo Cristo Crocifisso e il suo Cristo deposto sono simboli della sofferenza di tutti gli uomini che hanno vissuto a cavallo tra i due eventi bellici. In queste figure si ravvisano i sentimenti dei partigiani e di tutte le persone comuni colpite da un fato collettivo che porta con sé dolore, fame, privazioni, morte.
Dal punto di vista più strettamente pittorico il pittore declina queste opere su un piano visivo decisamente caratterizzato dal colore, quella cifra stilistica che gli è propria e che ha reso grande la sua pittura. Le figure sono chiuse in se stesse, attraversate dalla cupa ombra dell’angoscia e della sofferenza.
L’artista milanese fu anche il solo artista che nel Novecento dipinse opere aventi come tema il Concilio di Trento. Il consesso tridentino è un’altra testimonianza del «credente» Aligi Sassu, così come scrive in catalogo il cardinale Gianfranco Ravasi, che ebbe con l’artista un lungo incontro umano e spirituale.
Va ricordato che Aligi Sassu era conosciuto per le sue idee politiche, era un uomo del suo tempo, affacciato sui grandi cambiamenti e sulle grandi ideologie politiche dell’epoca che, per la prima volta, attraversavano il mondo a grande velocità. Ma l’artista era comunque figlio di una cultura e di una tradizione cattolico-cristiana, la cui impronta conviveva perfettamente in un alveo di pensiero di fine intellettualità. Quella stessa raffinata intellettualità che si ritrova in tutte le sue opere, e in particolare in quelle sacre, dove la sua visione delle cose, del mondo e della società, trovano spazio ed espressione comune sulla tela che rappresenta un soggetto sacro ma grida il dolore dell’uomo.
Le ragioni per conoscere l’opera sacra di Sassu non sono solo artistiche o culturali; l’artista ha saputo, così come tutti i grandi hanno fatto, lasciarci una grande eredità su cui riflettere. L’eredità è quella visione che in opere come la «Deposizione» del 1932, vede per la prima, e ultima volta, un fanciullo nel consesso della pietas di coloro che accolgono il corpo del Cristo deposto dalla croce. Questo giovane che quasi si nasconde, con il quale forse l’artista voleva lasciarsi un’immagine di speranza e di futuro, è al centro della scena ed è in piena contrapposizione con il corpo di Cristo abbandonato nell’inconsistenza della morte.
«A questo fanciullo, e in senso lato a tutti i giovani, – racconta Alfredo Paglione- è dedicato il volume, nella speranza che loro sappiano leggere nell’arte una delle essenze principali della vita».

Informazioni utili
«Aligi Sassu-Catalogo ragionato dell’opera sacra». Curatore: Alfredo Paglione. Casa editrice: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Formato: 24 x 28 cm. Pagine: 288. N. illustrazioni: 500. Rilegatura: Brossura con alette. Anno pubblicazione: 2017. ISBN/EAN:9788836637706. Prezzo: 45,00 Euro. Presentazione: 8 gennaio 2018, ore 11 – Milano, Accademia di Brera

venerdì 1 dicembre 2017

«Cantierememoria», a Milano le arti raccontano la Costituzione

Arte, teatro, musica, cinema e laboratori didattici per riflettere sulla Costituzione e sull’articolo 9, quello dedicato al diritto alla promozione e allo sviluppo della cultura: si presenta così «Cantierememoria», l’iniziativa in programma dal 3 dicembre al 6 gennaio a Milano, alla Casa della memoria, per la curatela di Maria Fratelli e Andrea Kerbaker.
A inaugurare il cartellone, intitolato «I diritti non sono acquisiti una volta per tutti», sarà la mostra fotografica «Il paesaggio dei diritti. Fotografare la costituzione», curata da Maddalena D’Alfonso e ideata a partire da un progetto sviluppato durante il corso di Storia e critica della fotografia per l’architettura del Politecnico di Milano.
«A partire dal riconoscimento del legame tra spazi e diritti, peculiare dello spazio pubblico europeo, ogni studente -raccontano gli organizzatori- ha ideato un progetto fotografico documentale e autografo, in cui diversi articoli della costituzione che rappresentano i valori della società civile, sono stati messi in relazione con alcuni luoghi dello spazio urbano – e non – di Milano, teatro della vita della comunità».
L’esposizione, allestita al pianoterra, vede l’esposizione di sedici lavori fotografici e sarà accompagnata dal lavoro del writer Tazzletter che animerà gli spazi della Casa della Memoria scrivendo i primi dodici articoli della Costituzione in un grandewall. Dal 13 dicembre sarà, inoltre, possibile ammirare una mostra di Käthe Kollowitz, a cura di Renato Galbusera, che si interroga sulla figura dell’artista e sul suo ruolo sociale, lasciando un messaggio alle generazioni future.
Anche la programmazione dedicata al teatro è ricca. Ad aprire il cartellone sarà «Hotel Lausanne» (6 dicembre) di Chiristian Gallucci e Anna Sala, che racconta la storia di due sosia di Hitler e Marilyn Monroe che trovano la loro ragion d’essere nel recitare quei personaggi in una sorta di Museo delle Cere, in cui si scoprirà tutta la fragilità umana. Si continua, poi, con «Gli Scavalcamontagne» (14 e 15 dicembre) di Marco M. Pernich, in cui viene raccontata la storia dell’Italia Unita dal 1861 al 2011 attraverso la storia di una compagnia teatrale. Spazio, quindi, allo spettacolo «La guerra del sipario. Atto unico per baracca e burattini» (19 dicembre) di Gigio Brunello e Gyula Molnar, che ha come protagonisti Mario e Linda, due burattini costruiti per uno spettacolo mai andato in scena, felici di vivere dietro il sipario con il loro cagnolino Peluche, finché un giorno il sipario scompare e loro dovranno lottare per la loro sopravvivenza tra straniamento, passione e ironia. A chiudere il cartellone sarà lo spettacolo «Il Paese delle facce gonfie» (20 dicembre) di Paolo Bignami, che fa rivivere in maniera metaforica e potente il dramma di Seveso, evocandone la memoria e il significato come fondamento per una riflessione più ampia sull’oggi e sul domani.
La programmazione teatrale darà spazio anche ad attori non professionisti con tre spettacoli di giovanissimi: il 4 dicembre sarà la volta degli studenti del liceo Vittorini con «Una recita italiana», spettacolo nel quale rappresentano una compagnia teatrale che mette in scena il dramma di Eschilo Orestea e con questo racontano la storia d’Italia tra le due guerre. L’8 dicembre sarà, invece, in scena il Gruppo Copeau, laboratorio di ricerca teatrale sulla pedagogia dell'attore adolescente di Studio Novecento, con «La Montagna dei Giganti», spettacolo che prende le mosse da Pirandello, Goethe e Pasolini per offrire uno spunto di riflessione sul teatro attraverso la prospettiva di giovani ancora immersi nella loro formazione artistica. Il 18 dicembre, infine, gli allievi di StudioNovecento rappresenteranno «Ride la Gazza nera sugli aranci», un racconto scanzonato e cialtrone degli antefatti dell’«Edipo Re», contaminato dalla tradizione del teatro popolare, che è stato segnalato come miglior spettacolo al festival Recontres Du Jeune Theatre Europeen di Grenoble.
Anche la musica, da sempre espressione profonda di rivendicazioni di diritti civili e di integrazione sociale o di richiesta di riconoscimento della propria specificità, avrà grande spazio nel programma di «Cantierememoria». Ad aprire il cartellone sarà, il 5 dicembre, la Woody Gipsy Band, giovane ma già afferma formazione jazz; il 21 dicembre sarà, invece, la volta del quartetto «I cameristi», diretto da Giovanni Scafidi, che eseguirà musiche di Schubert, Molino, Weill, Alassio, Mancini, Strauss, Piovani, Piazzolla. A seguire, il 28 dicembre, i riflettori saranno puntanti sul duo Fase Hobart che propone brani inediti e originali, riconducibili al genere etno-jazz, coniugando l’avanguardia occidentale con tradizioni musicali appartenenti a regioni lontane, anche di epoche passate. A chiudere il cartellone toccherà, invece, il 6 gennaio 2018 impegnato al pianoforte di Matteo Carminati con una selezione di brani classici, accompagnati dalla lettura dei primi dodici articoli della Costituzione affidati ai giovani allievi di Studionovecento.
Tra gli eventi in cartellone che hanno a che fare con il mondo della musica si segnala, infine, «Bagno di Gong» (26 dicembre), a cura di Mahendra Daniele Riggiardi di Gongheart: un massaggio sonoro svolto con campane tibetane, conchiglie, arpa angelica, drum tank, koshi, didjeridoo e principalmente dai Gong suonati dal vivo, che permette a grandi e piccini di sperimentare in modo semplice ed immediato i benefici dei suoni armonici e la qualità di silenzio e ascolto che si viene a creare e che è già presente in ognuno di noi.
Sul fronte cinematografico si segnala la proiezione tutti i giorni (dal lunedì al sabato, dalle ore 10 alle ore 13) dei video documentari di memoMI, la web TV della memoria di Milano. Paola Pivi ha selezionato e ordinato una serie di filmati che parlano dei diritti, con differenti tematiche come le donne, la cultura, la salute, l’informazione, l’istruzione, la casa. Ogni domenica, invece, sarà possibile vedere il film «Bambini nel tempo» di Roberto Faenza, realizzato con filmati di RAI Teche. Il 17 dicembre è, inoltre, previsto un incontro con il giovane regista Andrea Bersani e il suo «La voce di mio fratello», «film documentario -raccontano gli organizzatori- vincitore di numerosi premi internazionali che narra la storia di Anna, cinque anni, e la sorella minore Sharon. Non hanno un fratello maggiore, ma Riccardo vive nelle storie raccontate dalla mamma e dal papà, finché dal fondo di un armadio non affiorano vecchie videocassette che permetteranno ad Anna e Sharon di vedere finalmente il fratello».
«Cantierememoria» vuole essere anche un luogo di dibattito e scambio, per questo ad affiancare l’intrattenimento ci saranno anche dei momenti di approfondimento con una serie di incontri che hanno come protagonisti personalità del mondo dell’arte, del cinema, della letteratura e del teatro. Tra gli ospiti si segnalano Fernand Garnier (9 dicembre), Salvatore Settis (12 dicembre), Franco Loi (16 dicembre).
L’11 dicembre Maurizio 'gibo' Gibertini racconterà «This arm / Disarm. Le macchine armate di Paolo Gallerani», film realizzato per Officina Multimediale e dedicato alle opere dell’artista Paolo Gallerani; mentre il 14 dicembre è in programma la tavola rotonda «Vedere la storia. La forza delle immagini attraverso cinema, televisione, archivi digitali e social network», a cura di Giovanna Milella e Maria Fratelli, con la partecipazione di Stefano Coletta (direttore RAI3), Maria Pia Ammirati (Direttore di RAITeche), Didi Gnocchi (responsabile di MEMOMI), Simona Pezzano (docente IULM), Matteo Pavesi (Direttore del MIC) e il critico cinematografico Paolo Mereghetti.
A completare il cartellone è, poi, un ricco calendario di laboratori didattici e workshop, a partire da quello dedicati ai giochi di una volta e a Modo Circus, che porterà i più piccoli nel magico mondo dei clown e dei giocolieri.

 Informazioni utili 
Cantierememoria. Casa della memoria, Via Confalonieri, 14 – Milano. Orari: Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 21 || ore 10-14 | Proiezioni video | Ingresso libero || Ore 14-18 | Laboratori didattici e Workshop | Ingresso libero fino a esaurimento posti, consigliata la prenotazione scrivendo a info@studionovecento.com || Ore 19 | Performance teatrali, musicali e incontri | Ingresso libero. Programma completo al sito www.cantierememoria.it. Per info: info@studionovecento.com. Dal 3 dicembre al 6 gennaio 2018.

mercoledì 29 novembre 2017

Un'«Alice nel paese delle meraviglie» solidale al teatro Manzoni di Busto

Un Coniglio bianco con panciotto e orologio da taschino, un grande Bruco azzurro che fuma il narghilè, un’irosa Duchessa che culla un maialino, un Cappellaio tutto matto e una Regina di cuori con la mania delle decapitazioni: gli improbabili e surreali personaggi nati dalla penna di Lewis Carroll troveranno casa per un giorno al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio. Mercoledì 6 dicembre, alle ore 16 e alle ore 21, la sala di via Calatafimi ospiterà una riduzione scenica del romanzo «Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie», nuovo allestimento della compagnia «Il Nodo Teatro» di Desenzano del Garda, per la regia e la traduzione di Raffaello Malesci.
Sul palco saliranno Elisa Benedetti, Danilo Furnari, Fabio Tosato, Silvia Pipa, Giuseppe Sacco, Giorgio Mosca, Fiorenzo Savoldi, Adele Draisci, Stefano Maccarinelli, Silvia Lobertini, Luca Vassalini, Matteo Mario e Michele Zanola.
L’appuntamento è promosso dall’agenzia teatrale «Premier Show» di Alessandria per conto dell’associazione «DottorSorriso», una onlus nata nel 1995 con la missione di rendere più serena la degenza dei bambini in ospedale attraverso la clownterapia.
Nato in abbozzo il 4 luglio 1862, durante una gita in barca sul Tamigi, con la piccola Alice Liddell e le sue due sorelle, Edith e Lorina (le tre figlie di Henry George Liddell, decano del Christ Church College di Oxford), il racconto «Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie» di Lewis Carroll, pseudonimo di matematico e reverendo Charles Lutwidge Dodgson, venne pubblicato a Londra tre anni dopo, nel 1865.
Il successo fu immediato in tutto il mondo (la prima traduzione italiana data al 1872) e la storia affascina ancora oggi la fantasia dei più piccoli, ai quali offre -scrive il traduttore e letterato Piero Pignata- «l’opportunità di vedersi ricreato davanti il mondo quale essi, più o meno consciamente, se lo raffigurano, libero da ogni legame logico».
Il «paese delle meraviglie» è, infatti, un luogo nel quale l’immaginazione e il paradosso regnano sovrani, dove le percezioni spaziali e temporali vengono stravolte e dove tutte le leggi del buon senso non trovano casa. Ed è proprio un sogno quello che porta Alice, una bambina di sette anni dalla curiosità vivace e dallo spirito intraprendente, a inseguire un Coniglio bianco dagli occhi rosa e dal passo svelto, con tanto di panciotto e orologio da taschino, in un luogo solo all’apparenza normale, con aiuole tutte fiorite e fontane zampillanti, dove è possibile cambiare la propria altezza con una facilità sorprendente, solo assaggiando pasticcini speciali, funghi magici e sciroppi dal sapore di «torta alle ciliegie, crema, ananas, tacchino arrosto, caramello e perfino toast col burro».
La bambina si troverà, poi, a fare conoscenza con tanti altri personaggi «colorati ed evanescenti» come il ghignagatto dal sorriso stampato, il caustico grifone, la melanconica tartaruga, il flemmatico re di cuori, la regina con la smania di decapitare tutti i suoi sudditi, la Lepre marzolina e il Cappellaio matto, fino al brusco risveglio finale.
Il «paese delle meraviglie», luogo che ha il suo senso nel nonsense, si dissolve così magicamente, lasciando il posto alla realtà di tutti i giorni. La piccola dovrà continuare a confrontarsi con il conformismo e il convenzionalismo di una società, quella vittoriana, dove le stravaganze e le fantasticherie sono messe al bando, confinate negli spazi più reconditi dell'anima.
 «Le folli avventure di Alice -racconta Raffaello Malesci- hanno una connotazione molto inglese con i vari riferimenti all’ora del tè, al gioco del croquet e ai verdi giardini dell’immaginario anglosassone». La storia è anche ricca di spiritosi giochi di parole e di canzoncine divenute popolarissime in area anglosassone (la filastrocca «The Queen of Hearts» è, per esempio, citata in «Mary Poppins»).
«Le avventure di Alice – ricorda ancora Raffaello Malesci- sono infinite e cangianti e hanno stimolato innumerevoli trasposizioni teatrali e cinematografiche. Noi ci siamo divertiti a cercare la nostra Alice che si perde nella vastità delle fantasie di Lewis Carrol. Una storia ingarbugliata come un gomitolo, che abbiamo attualizzato, cercando di trovare il bandolo dell’infinita avventura di Alice, ma sperando sinceramente di non trovarlo affatto, come era verosimilmente nelle intenzioni dell’autore. Perché le avventure di Alice devono sempre potersi dipanare nuove e inaspettate nella fantasia di ciascuno di noi».

Informazioni utili
«Alice nel paese delle meraviglie». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando:  mercoledì 6 dicembre 2017, ore 16.00 e ore 21.00. Ingresso: il costo del biglietto, il cui incasso sarà in parte devoluto all’associazione «DottorSorriso» onlus di Lainate (Milano), è fissato ad euro 20,00 per la replica pomeridiana ed euro 25,00 per quella serale; per entrambi gli appuntamenti è stato pensato un biglietto ridotto per i bambini dai 3 ai 15 anni di euro 15,00. Informazioni e prenotazioni:  tel. 393.1020800 o premier@premiershow.it.