ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 7 marzo 2009

Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio, una storia d'amore tra teatro e letteratura

«Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato». Morendo a migliaia di chilometri di distanza dal suo Paese natale, sola e gravemente malata, è a Gabriele D'Annunzio che pensa Eleonora Duse (Vigevano, 3 ottobre 1858–Pittsburgh, 21 aprile 1924), straordinaria attrice drammatica di fine ‘800 e inizio ‘900, che ha infiammato le platee di mezzo mondo e che ha ammaliato personaggi del calibro di Konstantin Stanislavskij, Anton Cechov, Charlie Chaplin, George Bernard Shaw, Isadora Duncan, Matilde Serao e Sibilla Aleramo.
La travagliata e intensa storia d'amore con il Vate, iniziata dopo la separazione dal marito Tebaldo Checchi (suo collega di lavoro nella Compagnia Città di Torino e padre della figlia Enrichetta) e il sofferto distacco dall’amante Arrigo Boito (personalità di spicco della Scapigliatura milanese e stimato librettista di Giuseppe Verdi), sembra aver lasciato un segno indelebile nel cuore della Divina.
La passione tra questi due leggendari protagonisti della cultura italiana fin de siécle scoppia a Venezia nel settembre 1894 e dura una decina d’anni. Attrazione fisica, curiosità intellettuale e interesse pratico caratterizzano la relazione, durante la quale Gabriele D’Annunzio scrive cinque opere teatrali dedicate all’attrice -Sogno di un mattino di primavera, La Gioconda, La gloria, Francesca da Rimini e Sogno d’un tramonto d’autunno- ed Eleonora Duse sostiene finanziariamente le imprese artistiche e le dissolutezze del suo compagno, amandolo contro ogni ragionevolezza. Numerosi sono, infatti, i tradimenti sentimentali e professionali che la Divina deve sopportare: l'alcova del Vate continua a essere affollata di donne. I suoi segreti più intimi vengono messi nero su bianco nel romanzo Il fuoco. Due grandi tragedie dannunziane a lei destinate, La città morta e La figlia di Iorio, vengono affidate, all’ultimo, dal suo stesso amante ad altre due interpreti: Sarah Bernhardt ed Irma Gramatica.
Eleonora Duse  fu, dunque, una donna dalla vita travagliata, che -malgrado questo- seppe fondere il suo straordinario talento artistico e il suo fascino misterioso e seduttivo, rivoluzionando l'arte della recitazione, con la sua capacità di trasmettere emozioni e di comunicare messaggi attraverso un linguaggio non verbale, caratterizzato da movenze impercettibili e sguardi
espressivi. L'intensità delle interpretazioni, il faticoso lavoro di penetrazione psicologica dei personaggi e lo stile scarno, privo di enfasi declamatoria e con scene e costumi semplici, fecero, infatti, dell’attrice veneta l'antesignana del teatro moderno, in netto contrasto con la sua storica rivale, Sarah Bernhardt.
Figlia d'arte, Eleonora Duse esordì a quattro anni nella compagnia di giro del padre, interpretando la parte di Cosetta nei Miserabili di Victor Hugo. La prima prova della sua bravura, secondo una tradizione biografica consolidata che ha le proprie origini nel romanzo Il fuoco di Gabriele D’Annunzio, risale, invece, al 1873 con l’interpretazione della Giulietta shakespeariana, sul palco dell’Arena di Verona. Mentre è del 1879, con la rappresentazione della Teresa Raquin di Emile Zola a Napoli, che l’attrice ottiene la sua definitiva consacrazione. Da allora, fatta eccezione per la difficile parentesi dannunziana e il ritiro dalle scene negli anni compresi tra il 1909 e il 1921, la Divina miete un successo dietro l’altro, da La locandiera di Carlo Goldoni a La cavalleria rusticana di Giovanni Verga, da Antonio e Cleopatra di William Shakespeare a La porta chiusa di Marco Praga, da Monna Vanna di Maurice Maeterlinck a I bassifondi di Maksim Gor'kij, senza dimenticare i numerosi allestimenti di opere teatrali scritte da Giuseppe Giacosa, Alexandre Dumas figlio e del prediletto Henrik Ibsen, del quale l’artista porta in scena Casa di bambola, Spettri, Rosmersholm, La donna del mare ed Hedda Gabler.
Due le rappresentazioni più note della Duse: l’interpretazione del Romeo e Giulietta di William Shakespeare all’Arena di Verona e la mancata partecipazione alla tragedia La figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio.
La prima rappresentazione è passata alla storia per l’innovativa recitazione di netto stampo tardo-romantico dell’attrice, che colorò l’intera opera di un connotato tipicamente simbolista e liberty-decadente come l’uso di un bouquet di fiori: Eleonora Duse –ricorda, infatti, Renato Simoni, sulle pagine del Corriere della Sera- «aveva profumato la tragedia con la grazia fragile di una rosa che, tra le sue mani, assumeva, ad ogni atto e ad ogni frase della passione, un significato nuovo».
La figlia di Iorio è, invece, nota per un gossip d’antan. La parte della protagonista dell’opera, Mila di Codro, era stata promessa da D’Annunzio alla Duse. A pochi giorni dalla “prima”, l’attrice veneta, che aveva già studiato il copione a memoria e preparato l’abito, venne sostituita da Irma Gramatica. Il Vate mandò un fattorino a ritirare il costume di scena, con accluso un biglietto: «Il teatro è un mostro che divora i suoi figli: devi lasciarti divorare». Di fronte all'evidenza del tradimento, la «Divina» gli scrisse: «Non ti difendere, figlio, perché io non ti accuso. Non parlarmi dell'impero della ragione, della tua vita carnale, della tua sete, di vita gioiosa. Sono sazia di queste parole! Da anni ti ascolto dirle…Parto di qui domani. A questa mia non c'è risposta». In effetti, non ci fu mai una replica a quell’addio, se non molti anni dopo, quando Gabriele D’Annunzio, alla notizia della scomparsa dell’attrice, disse: «E’ morta quella che non meritai».

Didascalie delle immagini[fig. 1] Mario Nunes Vais, Eleonora Duse, Roma, 1910 ca. [fig. 2] Eleonora duse come Margherita Gautier ne La signora delle camelie di Alexander Dumas. Fils.Fotografia di Mario Nunes Vais, 1904 circa. [fig. 3] La copertina del Times, dedicata ad Eleonora Duse.

martedì 24 febbraio 2009

«Isadora», a Busto Arsizio un omaggio alla «dea della danza»

«Addio, amici! Vado alla gloria!»: con queste parole, la sera del 14 settembre 1927, la ballerina e coreografa statunitense Isadora Duncan (San Francisco, 28 maggio 1878 – Nizza, 14 settembre 1927) salutò gli amici con cui aveva cenato. Pochi minuti dopo, le lunghe frange del suo appariscente scialle veneziano, di color rosso fuoco, si impigliarono nelle ruote dell'automobile decapottabile Bugatti che la stava riportando a casa, strangolandola in una stretta mortale e sbalzandola fuori dal sedile. Si concludeva così, con un vero e proprio coupe de theatre, la vita di una delle madri del balletto moderno americano e del «teatro-danza».
Alla figura magica e leggendaria di questa artista, che calcò a piedi nudi, con i capelli sciolti al vento e vestita di morbidi pepli di velo le ribalte di mezzo mondo, è dedicato Isadora. Omaggio alla Duncan, spettacolo che il Centro arte danza di Olgiate Olona e la compagnia Attori del teatro Sociale portano in scena alle 21.00 di giovedì 26 febbraio al teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito di BA Teatro–Stagione cittadina 2008/2009, rassegna che riunisce, sotto l’egida e il contributo economico dell’amministrazione comunale bustese, i cartelloni di Palkettostage–International theatre productions e dei teatri Manzoni, San Giovanni Bosco e Sociale.
La rappresentazione, per le coreografie di Antonella Colombo e con la regia di Delia Cajelli, ripercorre la vita della «divina» Duncan, usando come fonti documentarie due scritti che la stessa artista ha lasciato -Lettere dalla danza e La mia vita, entrambi pubblicati postumi, nel 1928 -, nonché la biografia scritta dalla giornalista Curzia Ferrari per i tipi della Viennepierre edizioni di Milano.
Ne emerge il ritratto di una donna eccentrica e affascinante, emancipata e impetuosamente anticonvenzionale, che è stata non solo il simbolo del rinnovamento della danza tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, ma anche una figura estremamente interessante per gli studiosi del costume, ammaliati dal suo innovativo abbigliamento ispirato all’antica Grecia, e per gli appassionati della cultura dell'epoca, avvinti dal suo volto di scrittrice e intellettuale fuori dagli schemi, oltre che di madre affettuosa e di amante appassionata e sensibile.
Nata a San Francisco il 27 maggio 1877 ed emigrata giovanissima in Europa, Isadora Duncan è, infatti, conosciuta come l’esponente più prestigiosa della cosiddetta «danza libera e naturale», nuovo genere che si pose in aperta polemica con l’Accademia e la grammatica esasperatamente virtuosistica del balletto classico, proponendo coreografie incentrate sul libero e fluido movimento del corpo, sugli impulsi emotivi ed espressivi degli interpreti. Ecco perché, abbandonate le scomode scarpette a punta e gli artificiosi vestiti delle ballerine del XIX secolo, che il pittore Edgar Degas ha consegnato alla storia, l’artista americana predilesse morbide e leggere tuniche drappeggiate, chitoni o pepli, in grado di facilitare i gesti dei danzatori, il cui linguaggio coreutico doveva rifarsi alla plasticità della scultura greca, ma anche ai moti degli elementi naturali: aria, acqua, fuoco e terra.
Le «danze libere» di Isadora Duncan, che la vedevano ballare sola o con pochi allievi su un grande palco spoglio, privo di scenografia, furono, dunque, interpretazioni emotive ed improvvisate, che avevano come colonna sonora musiche trascinanti, non espressamente scritte per il balletto, come potevano essere quelle di Frédéric Chopin e Ludwig Van Beethoven.
Fu con queste coreografie, ispirate alle onde del mare e al soffio del vento, ma anche con il suo carattere estremamente emancipato e con la sua vivace intelligenza che la ballerina americana affascinò i più grandi protagonisti del suo tempo, dall’arciduca Ferdinando d’Amburgo allo scultore Auguste Rodin, dal vate Gabriele D’Annunzio allo scrittore Massimo Gorki e al regista Kostantin Sergeevič Stanislavskij, senza dimenticare i suoi tre grandi amori: il coreografo Gordon Craig e il milionario Paris Singer, dai quali ebbe i figli Dendrie e Patrick, nonché il poeta russo Sergej Esenin.
La vicenda affascinante di questa ballerina, passata alla storia come la «dea della danza», rivivrà sul palco del teatro Sociale di Busto Arsizio grazie a quattro attori –Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano-, che daranno voce ad alcuni suoi scritti e a una cinquantina di ballerini, dai dodici anni in su, che interpreteranno una decina di coreografie, corali e soliste, per lo più ispirate ai movimenti della natura.
Lo spettacolo, per la cui realizzazione il Centro arte danza di Olgiate Olona ha ottenuto un contributo economico di 6mila euro dalla Fondazione comunitaria del Varesotto, è inserito nel cartellone della rassegna Donna è…teatro, che prevede, tra l’altro, omaggi ad Anna Magnani, Eleonora Duse e Maria Callas.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1 e fig. 2] Isadora. Omaggio alla Duncan. Coreografia di Antonella Colombo. Foto: Silvia Consolmagno.

Informazioni utili

Isadora. Omaggio alla Duncan
. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Data: giovedì 26 febbraio 2009, ore 21.00. Ingresso: intero: € 16.00, ridotto € 12.00 (giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone). Orari botteghino: il botteghino, ubicato negli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00. Prenotazioni telefoniche possono essere effettuate allo 0331.679000, in orario lavorativo: dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, e il sabato,dalle 9.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 0331.679000. Sito internet: www.teatrosociale.it.

venerdì 20 febbraio 2009

20 febbraio 1909-20 febbraio 2009: cent'anni di futurismo

«Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerarietà […] il coraggio, l'audacia, la ribellione […] il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della vittoria di Samotracia». Con questa dichiarazione d’intenti, apparsa il 20 febbraio 1909 in un elzeviro pubblicato sulla prima pagina del quotidiano parigino Le Figaro, lo scrittore, poeta e drammaturgo Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d'Egitto, 1876 – Bellagio, 1944) dava inizio all'avventura di uno dei più noti movimenti d’avanguardia del XX secolo, il solo di matrice totalmente italiana: il futurismo.
Dalla fondazione di questa scuola letteraria e artistica, votata al mito del progresso e della velocità, all’amore del pericolo, all’esaltazione della metropoli, al disprezzo dei musei e delle biblioteche, sono trascorsi cent'anni. Per ricordare l’evento, sulla scia di molte grandi città italiane ed europee, l’associazione culturale Educarte organizza proprio per la serata di venerdì 20 febbraio (ore 21.00) presso il ridotto Luigi Pirandello, nuovo spazio dedicato al «teatro di parola e di ricerca» del Sociale di Busto Arsizio, una «grande serata futurista» dal titolo Zang tumb tumb tuuumb tuuuum tuuuum tuuuum. Parole in libertà.
L’evento, inserito nel cartellone di BA Teatro–Stagione cittadina 2008/2009, vedrà salire sul palco la compagnia Attori del teatro Sociale e una ventina di allievi del liceo artistico Paolo Candiani, sotto la regia di Delia Cajelli. Ospite d’eccezione dell’appuntamento sarà l’architetto Carlo Moretti, protagonista di una performance a sorpresa.
Sull’impronta delle «gloriose serate futuriste» degli anni immediatamente antecedenti al primo conflitto bellico, show sempre in bilico tra vivaci battaglie di idee e furibonde risse, tra irridenti canzonature e intrattenimenti goliardici, gli attori daranno voce a manifesti programmatici del movimento marinettiano, da quello fondativo del 1909 a quello sul teatro di varietà, ma anche a sintesi e sorprese teatrali futuriste, poesie parolibere, sperimentazioni letterarie e giochi onomatopeici.
Ricco di sketch eccentrici, divertenti e sopratutto inaspettati, il programma della serata prevede, tra l’altro, l’interpretazione delle poesie La fontana malata e Lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi, degli intermezzi comici I salamini e Fortunello di Ettore Petrolini e dell'ode Desolazione del povero poeta sentimentale di Sergio Corazzini, nonché la lettura drammatizzata di un cospicuo numero di testi poetici e teatrali di Filippo Tommaso Marinetti, dal celebrerrimo Zang Zang Tumb. Bombardamento di Adrianopoli al Discorso contro i veneziani, da Donna + amici = fronte a Musica da toletta, da Gran teatro del pericolo alla poesia Al Duomo di Milano, contenuta nel breve «autoritratto umorista, spavaldo e simultaneo» che apre il volumetto Scatole d'amore in conserva.
Non mancherà, infine, un cammeo dedicato agli sviluppo del movimento futurista a Busto Arsizio, e più precisamente alla presenza di Filippo Tommaso Marinetti ed Enrico Prampolini al teatro Sociale. La «Manchester d'Italia», che dato i natali all'aereo-pittore Ivanhoe Gambini (1902-1992) e che è citata nel Manifesto del teatro aereo-futurista (Il volo come espressione artistica di stati d'animo) di Fedele Azari, ospitò, infatti, ben due serate futuriste: il 4 novembre 1930 accolse Filippo Tommaso Marinetti per l'inaugurazione dell'anno didattico dell'Istituto italiano di cultura fascista; il 18 maggio 1931 aprì le porte alla rappresentazione de La simultanina dello stesso Filippo Tommaso Marinetti, come ben ricorda il libro Del teatro. 150 anni di vita teatrale a Busto Arsizio, pubblicato nel 1991 dagli Amici del liceo e del quale verranno lette alcune pagine.
Una serata, dunque, ricca di materiali quella ideata dall'associazione Educarte, che permetterà di rivivere le suggestioni del teatro futurista, così come venne teorizzato nei manifesti del Teatro di varietà (1913), del Teatro sintetico futurista (1915) e del Teatro a sorpresa (1921), nonché in numerosi altri interventi sul tema dello spettacolo, quali Drammaturghi futuristi del 1911, Danza futurista del 1917, Teatro aereo-futurista del 1919, Teatro visionario del 1920, Teatro della sorpresa e Teatro tattile del 1921 e, infine, Teatro magnetico del 1925.
In ognuna di queste opere viene sottolineata la volontà di ripudiare le rappresentazioni naturalistiche, di evitare qualsiasi tentativo di illusione realistica e di realismo psicologico; ciò, infatti, nuocerebbe a una libera espressione della creatività e della fantasia. Quello che Marinetti e sodali vogliono è, infatti, -si legge nel Manifesto dei drammaturghi futuristi (1911)- «un teatro dello stupore, del record, della fisicofollia», «nato dalla fulminea intuizione, dalla attualità suggestionante e rivelatrice».
Spazio teatrali apertamente diversi da quelli usuali, situazioni che si risolvono in tempi brevissimi -spesso in un unico, rapido atto- e scenografie astratte o metaforiche -mai realistiche- sono tra le caratteristiche principali del teatro marinettiano. Un teatro nel quale lo spettatore diventa protagonista attivo di quanto avviene sulla scena. Provocando e conducendo il pubblico in «un labirinto di sensazioni improntate alla più esasperata originalità e combinate in modi imprevedibili», gli attori arrivano, infatti, a creare con esso un dialogo serrato, che molto spesso si trasformò, negli anni gloriosi del primo futurismo, -lo ricordano molte cronache dell'epoca- in «un'occasione circense per lanciare ortaggi e frutta agli oratori», in «una battaglia, un pandemonio, un caos».
In occasione dello spettacolo, sarà inaugurata, presso il ridotto Luigi Pirandello, la mostra Omaggio al futurismo, realizzata dagli studenti del liceo artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio; mentre la Biblioteca civica di Busto Arsizio allestirà una piccola rassegna con opere sul futurismo appartenenti alla propria collezione.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1, 2 e 3] Immagini di alcune delle tele che compongono la mostra
Omaggio al futurismo, realizzata dagli studenti del liceo artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio; [fig. 4 e fig. 5] Immagine della rassegna promossa dalla Biblioteca civica di Busto Arsizio; [ fig. 6] L'architetto Moretti al ridotto Luigi Pirandello di Busto Arsizio]. Foto: Silvia Consolmagno.

Informazioni utili
Zang tumb tumb tuuumb tuuuum tuuuum tuuuum. Parole in libertà. Teatro Sociale - ridotto Luigi Pirandello, piazza Plebiscito 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Data: venerdì 20 febbraio 2009, ore 21.00. Ingresso: intero € 8.00, ridotto € 6.00 (riservato a giovani fino ai 21 anni; ultra 65enni; militari; Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone). Botteghino: il botteghino, ubicato negli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00. Prenotazioni telefoniche possono essere effettuate al numero 0331.679000, in orario d’ufficio: dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, e il sabato, dalle 9.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 0331.679000. Sito web: www.teatrosociale.it.