ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 30 novembre 2012

I ‘guazzi’ geometrici di Manlio Rho

«La verità del pittore è l’inscindibile connessione e la fusione. Il suo vero realismo non consiste nelle luce, nell'aria, nell'acqua, nelle e pietre, nel cemento, nel rame, nel ferro. La massa vede tutti questi fenomeni particolari nel quadro: vede aria, pietra, acqua. Ma, in realtà, sulla tela non c'è che un solo materiale: il colore», scriveva Kazimir Malevic, teorico del Suprematismo e pioniere della pittura non-figurativa insieme con Wassily Kandinsky e Piet Mondrian.
La sua ricerca sulle potenzialità espressive della tavolozza cromatica, unita all’elaborazione di un linguaggio aniconico sui concetti della geometria e dell’ordine, diede vita alla corrente dell’astrattismo geometrico che, nei primi decenni del Novecento, trovò sodali in tutta Europa, come testimoniano il Neoplasticismo olandese, la Bauhaus tedesca e l’Abstraction-Création francese.
In Italia, i principi dell’arte non-figurativa di matrice geometrica ebbero una prima manifestazione pubblica nel 1934, quando a Milano, negli spazi della galleria «Il Milione», si tenne una mostra di Oreste Bigliardi, Virginio Ghiringhelli e Mauro Reggiani.
Contemporaneamente anche a Como si sviluppò un orizzonte di ricerca astratto-geometrica, probabilmente stimolato dalle architetture razionaliste realizzate nella città lombarda da Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni, autore di opere come il Monumento dei caduti (1931-1933) e la Casa del Fascio (1932-1936), importanti documenti del tempo insieme con la sede dei Canottieri Lario (1930-1931) di Gianni Mantero e la Fontana di Camerlata (1936) di Cesare Cattaneo e Mario Radice.
Questo modo di lavorare diventò subito un concreto punto di riferimento per il cosiddetto «Gruppo Como», indicando agli artisti la via del superamento di una concezione mimetica dell’arte in direzione di un linguaggio essenziale, privo di referenti legati alla realtà e radicato nei puri ritmi della forma, in rottura con il dilagante neonaturalismo e con l’emergente monumentalismo e in direzione chiaramente europea. I principali protagonisti di questa stagione pittorica furono Carlo Badiali, Aldo Galli, Mario Radice e Manlio Rho. Attorno a loro si riunì un gruppo di pittori locali interessato a percorrere la strada della geometria nell’arte, tra i quali Aristide Bianchi, Cordelia Cattaneo, Carla Prina ed Eligio Torno.
Fulcro di questo sodalizio astratto-razionalista, che nel 1942 assurse agli onori della cronaca grazie alla partecipazione alla Biennale di Venezia, fu Manlio Rho, protagonista in questi giorni di una personale alla Galleria Roberta Lietti di Como. La mostra, realizzata in collaborazione con la famiglia dell’artista, allinea una ventina di ‘guazzi’ (o nella forma francese gouache), databili tra il 1954 e il 1957, di varie dimensioni, in gran parte mai esposti. Si tratta di carte, ora dalla struttura compositiva geometrica ora dalla gestualità sorprendentemente dinamica, realizzate utilizzando un tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco dall’aggiunta di un pigmento bianco, per esempio biacca o gesso, mescolato con la gomma arabica.
Il cromatismo di queste opere è, per usare le parole di Luciano Caramel, «limitato alle diverse luminosità di un unico valore, in contrasto con il Rho ‘classico’ delle scansioni limpide, fermamente ancorate ad una razionalità lucida».
Il rigore compositivo ha, come in molti dipinti, il pregio di non essere statico, ma vibrante. «Non ci si sente mai chiusi – scrisse, una decina di anni fa, Luigi Cavadini- dentro gli intrecci verticali-orizzontali della pittura di Manlio Rho o dei suoi disegni e certo quando compaiono le linee oblique il dinamismo assume un valore ancora più intrigante». Il rigore lascia così spazio all’immaginazione, ad «un gioco che quando riesce -per usare le parole di Fausto Melotti- è poesia».

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Manlio Rho, Composizione, 1955/1957. Pasta amido viola scuro su carta, 50 x 35 cm; [fig. 2]Manlio Rho, Composizione, 1955/1957. Pasta amido bruno su carta, 48,8 x 36 cm; [fig. 3] Manlio Rho,Composizione, 1957, 13. Tecnica mista su carta, 69,5 x 50cm

Informazioni utili 
Manlio Rho - 'Guazzi'.Roberta Lietti arte contemporanea, via Diaz, 3 - Como. Orari: martedì-sabato, ore 15.30-19.00, chiuso lunedì e festivi. Ingresso libero. Informazioni: info@robertalietti.com   tel. 031.242238 o info@robertalietti.com. Sito web: www.robertalietti.com. Fino al 20 dicembre 2012. 

mercoledì 28 novembre 2012

Fausto Melotti, l'arte della ceramica e il mito di Kore

«Io non amo molto la ceramica. E' una cosa anfibia e sotto sotto c'è sempre un piccolo imbroglio, perché non puoi sapere esattamente quello che fai. C'è un super-regista che è il fuoco, che ti monta alle spalle e alla fine dirige lui le operazioni. Per quanto tu faccia, alla fine una virgola ce la mette lui e questo a un artista darà sempre fastidio». Così nel 1974 Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) raccontava in un'intervista ad «Harper's Bazar» il difficile rapporto con l'arte ceramica, un'attività alla quale egli si dedicò febbrilmente per oltre trent'anni, inizialmente ‘costretto’ dalle necessità economiche della famiglia più che da una reale passione.
Nacquero così oltre millecinquecento lavori scultorei e oggetti d'uso comune, che, una decina di anni fa, vennero raccolti in un catalogo ragionato edito da Skira editore, frutto di un lungo e difficile lavoro di ricerca e di schedatura promosso e finanziato dal Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e dall'Archivio Melotti di Milano per rendere finalmente accessibile ai più un segmento ancora poco conosciuto e studiato della produzione dello scultore trentino.
Dopo una prima fase artigianale, avviata nel 1943 per far fronte alle spese della ricostruzione del suo studio milanese raso al suolo dai bombardamenti americani, l’artista roveretano unì alla realizzazione di oggetti più commerciali, legati alle committenze, un lavoro di sperimentazione sui materiali e di invenzione di nuove forme.
Nacquero così -accanto a servizi da tè e caffè, piatti, cornici, lampade e campanelli (molti realizzati in collaborazione con Richard Ginori)- sculture dalle sfoglie leggerissime, quasi trasparenti, e dai colori brillanti e sontuosi.
A poco a poco, il Fausto Melotti artigiano se ne andò in pensione per lasciare il posto al Fausto Melotti «acrobata invisibile del ‘900», inventore di poetiche, musicali e aeree forme in ferro, acciaio, ottone e bronzo, nelle quali è concretamente visibile la totale avversione a quella che lo stesso artista definì in «Linee» (1981) come «lo stupido amore della materia».
Di sperimentazione in sperimentazione, la fantasia fanciullesca e la voglia di divertirsi, di prendersi gioco come un bambino bricconcello della realtà, portarono l'artista ad inventare anche quelli che il filosofo Massimo Carboni ha definito «oggetti-soglia», oggetti cioè che negano la loro funzione nel momento stesso in cui la propongono. Ecco così venire alla luce quel mondo onirico e fiabesco fatto di campanelli per la servitù tanto fragili da non essere suonati, di brocche con manici che non si possono impugnare, di tazzine di caffè tanto alte da non permettere al cucchiaino di toccare il fondo e di vasi sottili come ali di farfalla, così delicati da sembrare incapaci di sopportare anche il peso di un singolo fiore.
Tra le opere scultoree melottiane più celebri si annoverano i «Teatrini», che rivelano un gusto poverista ante-litteram, e le «korai», figure femminili lunghe e sottili, dalla semplicità arcaica, sulle quali sono impressi ornamenti vegetaliformi di ascendenza secessionista. Quest’ultime sculture sono al centro della mostra «Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980», in programma alla galleria Repetto Projects di Milano, nei nuovi spazi di via Senato, inaugurati lo scorso settembre con una omaggio a Andy Warhol.
L’esposizione, che si avvale della consulenza dell’Archivio Melotti, raccoglie una trentina di opere, non solo Kore (la fanciulla del grano), ma anche ciotole in terracotta, vasi in ceramica, disegni e tecniche miste, selezionati da Carlo e Paolo Repetto.
Appassionato interprete dell'antica mitologia greca, Fausto Melotti coltivò sempre un amore particolare per i misteri eleusini: antichissimi riti religiosi, risalenti al periodo miceneo e sviluppatisi in tutta la grecità a partire dal VII secolo a.c., che erano legati al mito di Persefone-Kore, di sua madre Demetra, e di Ade, il signore del regno dei morti.
L’artista, con l’arte ceramica, ha saputo reinterpretare questa liturgia connessa allo scandirsi delle stagioni sulla terra, modellando la figura di Kore, in varie dimensioni e vari colori: dal bianco al nero, dal grigio all’azzurro, in una semplice e mirabile plasticità ricolma di rito, solennità, sacrificio, grazia.
Accanto a queste sculture sono esposti a Milano vasi stilizzati a colonna, arcaico simbolo di una fascinosa origine micenea, e ciotole di vari colori, «umili contenitori - si legge nella nota stampa- del kykeon (ciceone), il distillato cerimoniale a base di orzo (probabilmente molto vicino alla nostra birra) bevuto dagli iniziati del culto». Emerge dalla opere selezionate per la mostra milanese, come dall'intera produzione melottiana, la sensibilità di un animo votato alla poesia.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Fausto Melotti, «Kore», 1955. Ceramica smaltata. 

Informazioni utili
«Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980». Galleria Repetto Projects, via Senato, 24 - Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.00, sabato su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.36590463, info@repettoprojects.com. Sito web: www.repettoprojects.com. Inaugurazione: giovedì 29 novembre, ore 18.00. Fino a sabato 22 dicembre 2012.  

martedì 27 novembre 2012

Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione», quando l’arte è solidale

Il fotografo modenese Franco Fontana (Modena, 1933), riconosciuto a livello internazionale come uno dei più grandi «maestri del colore», ha donato uno dei suoi paesaggi tipici, «Los Angeles, 1990», dove tonalità squillanti, reali e nello stesso tempo astratte, di giallo, blu, verde e rosso mattone disegnano strutture geometriche essenziali. Il bolognese Nino Migliori (Bologna, 1926) ha, invece, scelto di regalare un suo scatto in bianco e nero del 1956, «Frati volanti», dove due monaci cappuccini appaiono sospesi nell’aria, con le vesti gonfie di vento, e intenti a giocare a pallavolo. Mentre dal reggiano Bruno Cattani (Reggio Emilia, 1964) è giunto uno scatto del 1997, appartenente alla serie «L’arte dei luoghi», nella quale l’artista ha fotografato musei, italiani e stranieri, quali affascinanti contenitori di emozioni. Le tre opere, simbolo della vivace creatività emiliana, sono state donate dai loro autori alla Fondazione di Venezia e sabato 1° dicembre, alle ore 17.30, verranno battute all’asta con l’intento di dare un aiuto concreto alle popolazioni dei territori di Ferrara, Modena, Bologna e Reggio, ma anche di Mantova e Rovigo, duramente colpite dal sisma del maggio scorso.
L’asta, che vedrà in qualità di battitore Filippo Lotti, amministratore delegato di Sotheby’s, prevede quarantuno lotti e raccoglierà proventi anche per la popolazione veneziana, in particolare quella delle isole di Sant'Elena, Certosa e Sant'Erasmo, sulle quali martedì 12 giugno si è abbattuta una violenta tromba d’aria.
Non meno generosi nel donare proprie fotografie per l’evento di solidarietà promosso dalla fondazione presieduta da Giuliano Segre sono stati così gli artisti dell’area veneta. Dall’archivio di Renato Begnoni (Villafranca di Verona, 1956) è uscita, per esempio, la fotografia «Sguardi verso la natura, 2003», un nudo femminile dalle tonalità ocra e bluastre. Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, 1942) ha regalato alla fondazione una sua stampa su carta del 1999 («Senza titolo, 1999»), che sembra raffigurare la lastra di una mano. Mentre Francesco Barasciutti (Venezia, 1969), con «Onda, Venezia, 1996», e Roberto Salbitani (Padova, 1945), con «Venezia circumnavigazioni e derive, 1976-96», hanno voluto rendere omaggio all’aurea magica della Laguna.
Quattordici in tutto le opere giunte da fotografi che collaborano con la Fondazione di Venezia e che partecipano alle sue attività per quest’asta, della quale saranno protagonisti anche Francesco Radino (Bagno a Ripoli, 1947), con una suggestiva veduta notturna dell'aeroporto milanese di Linate, e Giorgio Lotti (Milano, 1968) con il gioco di onde e linee di «Luce-mare, 1968».
A queste immagini se ne affiancano altre sei provenienti da collezionisti privati, tra le quali un intenso ritratto di Bob Hoskins firmato Nigel Parry e due paesaggi, «Veneto, 1998» e «Parigi, 1991», tratteggiati dal sapiente bianco e nero di Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930), che ci regala così respiri di vita di gente comune.
Nella sezione «Fotografia contemporanea» di «Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione», il cui valore di base delle opere varierà dai 400 ai 1500 euro, verranno battute anche nove immagini di proprietà della Fondazione di Venezia, provenienti dal Fondo Italo Zannier (Spilimbergo, 1932), come «Vecchi di Andogna» di Piero Racanicchi (Visso, 1929) e «Lavandaie in Valcellina, 1954» dello stesso Italo Zannier.
Sempre di proprietà della Fondazione di Venezia sono i dodici dipinti di arte classica che verranno battuti all’asta, tutti acquistati nel 2000 con la Casa dei Tre Oci. Le opere, il cui valore varia dai 2.000 ai 35.000 euro, coprono una finestra temporale che spazia dal XV al XVIII secolo e sono stati attribuiti, tra gli altri, a Lorenzo Costa («Ritratto di gentiluomo»), Giovan Battista Moroni («Ritratto d’uomo seduto») e Justus Sustermans («Ritratto di gentiluomo»).
Il pezzo più pregevole in asta è senz’altro la «Crocifissione con San Francesco» del Maestro del Dossale Correr, pittore tardogotico veneziano che crebbe nella stretta cerchia di Nicolò di Pietro, ma non meno interessante per gli appassionati del genere sacro è la «Madonna con il Bambino e un angelo» di Bonifacio de’ Pitati detto Bonifacio Veronese, il cui schema compositivo, arcaicizzante e con un esiguo numero di figure, fa supporre che l’opera fosse stata realizzata per devozione privata.
Spenti i riflettori della cronaca nazionale, nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto (ma anche nelle isole veneziane flagellate dalla tromba d’aria) servono ancora molti fondi per la ricostruzione e resta tantissimo da fare per la ripresa della vita normale. L’arte può dare il suo piccolo aiuto: il ricavato dalla vendita delle opere battute all'asta sabato 1° dicembre sarà devoluto alle iniziative dell’Acri, associazione delle Casse di risparmio italiane, che sta raccogliendo per i territori emiliani terremotati fondi destinati al sostegno di iniziative nel settore dell’istruzione.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Nino Migliori, «Frati volanti», 1956. Pure pigmented print su carta cotone, 2012. cm 40 x 30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 21]; [fig. 2] Franco Fontana,  «Paesaggio urbano, Los Angeles, 1990». <i>Fujicolor Cristal Archive Paper Supreme</i>. Edizione 7/25, cm 45x30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 19]; [fig. 3] Maestro del Dossale Correr (Attivo a Venezia all’inizio del XV secolo, forse identificabile con un maestro Benedetto), «Crocifissione con San Francesco», s.d. Tempera e oro su tavola, cm 53,5 x 45 [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 12].

Informazioni utili
«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione». Fondazione di Venezia , Rio novo, Dorsoduro 3488/U -  Venezia. Catalogo d’asta: www.fondazionedivenezia.org/it/attivita/arte-e-cultura/Venezia+Emila+Asta+benefica. Informazioni: dott.ssa Alessandra Gini, tel.041.2201233 o dott.ssa Adriana Stradella, tel. 041.2201235.  Data dell'asta: Sabato 1° dicembre 2012, ore 17.30.