ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 4 luglio 2014

Dora Maar, la musa di Pablo Picasso, e la fotografia

Henriette Theodora Markovitch, meglio nota come Dora Maar (Parigi, 1907-1997), nell’immaginario e nel ricordo dei posteri è stata soprattutto l’amante e la musa del grande Pablo Picasso, la donna di rara bellezza e dalla personalità enigmatica che aveva sedotto il massimo pittore del secolo e, abbandonata, era sprofondata nella pazzia, vivendo isolata dal mondo per i restanti cinquant’anni. «Sacrificata al Minotauro», «Segregata con i suoi fantasmi ammuffiti», «Dora, lacrime dipinte»: titolarono i giornali quando i suoi beni vennero messi all’asta, dopo la morte. Ma la Maar non fu solo questo. Fu anche e soprattutto una straordinaria artista e la mostra promossa dalla Fondazione musei civici di Venezia, nell’ambito della rassegna «Primavera a Palazzo Fortuny», ne rivela il singolare talento. Un centinaio le opere esposte, tra le quali alcuni lavori inediti, che Victoria Combalía ha scelto per comporre il percorso espositivo di questo primo omaggio italiano alla fotografa parigina, una donna certamente complessa e tormentata come appare nei dipinti di Pablo Picasso, ma anche acuta, intelligente e politicamente impegnata.
Dopo aver vissuto con la famiglia tra Parigi e Buenos Aires, e dopo aver frequentato l’École et Ateliers d’Arts Décoratif e l’Accademia di André Lhot, Dora Maar viene convinta a studiare fotografia all’École de Photographie de la Ville de Paris dal critico Marcel Zahar, anche se sarà soprattutto Emmanuel Sougez a fornirle preziosi consigli tecnici.
Risalgono al 1928 i primi lavori realizzati su commissione; nel 1930 l’artista inizia a collaborare come assistente di Harry Ossip Meerson. È degli appena anni successivi il connubio con Pierre Kéfer, il giovane che aveva creato le scene per il film «La caduta della casa degli Usher» di Jean Epstein. Le loro opere vengono firmate con il timbro Kéfer-Maar, ma gli scatti di strada sono quasi totalmente di Dora Maar. Si tratta di immagini meno note, eppure di grande interesse per l’attenzione alle frange marginali della società, al mondo dell’infanzia, alla vita quotidiana che si svolge nelle strade e all’eccentrico.
«Lo sguardo di Dora -scrive la curatrice della mostra- non ha il distacco documentario di Atget, né la crudezza di Brassaï, né l’obiettività di Cartier-Bresson. Lei non è direttamente interessata ai bassifondi, ai bordelli o ai cabaret». A volte il suo sguardo si fa pietoso come nel «Mendicante accasciato su una sedia pieghevole» (1932 c.), altre volte è pieno di ironia come in «Niente elemosina. Voglio un lavoro» (1934), dove un impeccabile signore con tanto di bombetta vende fiammiferi mostrando un cartello con scritto: «ho perso tutto negli affari». L’attenzione di Dora Maar per i meno abbienti in una Parigi colpita dalla grande crisi del ‘29 «si colora anche di politica». All’epoca l’artista ha una relazione con un giovane e intelligente cineasta Louis Chavance e frequenta il mondo di Montparnasse con Paul Éluard, i fratelli Jacques e Pierre Prévert, Luis Buñuel, ma cosciente delle disuguaglianze sociali, decide anche di impegnarsi nella lotta in favore delle classi umili ed entra a far parte nel 1933 del gruppo Masses, dove conosce il filosofo e rivoluzionario Georges Bataille. La loro relazione dura pochi mesi, la loro amicizia molto più a lungo.
L'attenzione di Dora Maar per quelli che erano considerati gli ultimi della scala sociale la vede andare spesso alla Zone di Parigi, una serie di terreni incolti nelle vicinanze della città, dove gente poverissima (gli zonards) viveva nelle baracche. È questo lo scenario per scatti come «Due bambini davanti a una roulotte» (1931-’36), «Ragazzino con le scarpe spaiate» (1933), «Donna e bambino alla finestra» (1935), efficaci ritratti di povertà.
Tra le «foto di strada» un posto particolare hanno anche quelle scattate nel viaggio solitario a Barcellona e in Costa Brava negli anni Trenta: l'artista ritrae il mercato della Boquería con le venditrici, le macellaie, i mendicanti, i bambini e i colori. Fa degli scatti al parco Güell di Gaudí, scegliendo gli stessi motivi ripresi quell’anno da Man Ray. Fissa immagini del villaggio di Tossa con i suoi pescatori.
L’impegno sociale, e quindi politico, di Dora Maar coincide con il suo ingresso al gruppo surrealista. Oltre a schierarsi dalla parte dei diseredati, l'artista ha un’istintiva e forte inclinazione per il misterioso, il magico e il soprannaturale, temi fondamentali del credo estetico e ideologico dei surrealisti. «Rivelare l’inquietante stranezza del quotidiano» diventa uno dei talenti dell'artista e nascono così scatti con monumenti visti da dietro («Scultura di pietra») o manichini iperrealistici dall’ammaliante sguardo («Busto di donna»). Famosa in questa tipologia di immagini è la foto «Il simulatore» (1936), una veduta capovolta delle arcate dell’Orangerie del castello di Versailles, nella quale il soffitto diventa pavimento, arcuato come la curva descritta dal corpo del ragazzino che sembra in precario equilibrio.
Alla fotografia sperimentale Dora Maar alterna quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, pubblicità e servizi per giornali di moda e piccole riviste erotiche come «Beautés Magazine» o «Amours de Paris».
Tra i tanti ritratti, sono bellissimi quelli di Nusch Éluard, Jean-Louis Barrault, Marie-Laure de Noailles, del poeta René Crevel e della piccola Aube Breton, figlia di André Breton e Jacqueline Lamba.
È il 7 gennaio 1936 quando Paul Éluard presenta all’artista Pablo Picasso; tra i due ha inizio una relazione, passionale e tormenta, che ha ripercussioni nel mondo del lavoro: Dora Maar fotografa, per esempio, le diverse fasi di realizzazione di «Guernica», lasciandoci uno straordinario documento sulla genesi e l’evoluzione di questo capolavoro.
Nel 1937 c’è il riavvicinamento della fotografa parigina alla pittura che non abbandonerà più fino alla fine della sua vita, mentre, negli stessi anni, Pablo Picasso la immortala in innumerevoli tele: all’inizio, la donna appare bella e malinconica con un corpo bianchissimo e sensuale, ma a partire dal ‘38 viene ritratta chiusa in un intreccio di linee sottili, «come una rete o una griglia -nota la Combalìa- metafora del suo carattere tormentato e incostante». Un rapporto, quello con il pittore spagnolo, troppo complicato per Dora Maar e costellato da tradimenti. Nel 1945, è la fine. La donna cade in depressione, a salvarla è la psicoanalisi di Jacques Lacan e la tortura degli elettrochoc. Ma la contropartita della salvezza è la perdita della creatività e la scelta di una vita ritirata, fino alla sua morte, avvenuta nel 1997.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Man Ray, Portrait de Dora Maar (solarisation), 1936. Gelatina al bromuro d'argento, solarizzazione, cm 28,7x21,6. Parigi, Collezione J -P. Godeaut. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 2] Dora Maar, No Dole, Work wanted (Pas d´aumône. Je veux du travail, Londres, 1934. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 39,3x29,6. Parigi, collezione privata. © Dora Maar, by Siae 2014.  Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 3] Dora Maar, Sans titre (main et coquillage, circa 1934).Gelatina al bromuro d'argento, stampa moderna, cm 23,4x17,5. Parigi, Centre Pompidou, Musée national d'art moderne/Centre de création industrielle. © Dora Maar by Siae 2014; [fig. 4] Dora Maar, Aube Breton en 1936, 1936. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 14x9. Parigi,Collezione privata. Courtesy Galerie 1900-2000. © Dora Maar, by Siae 2014

Informazioni utili 
Dora Maar. Nonostante Picasso. Palazzo Fortuny, San Marco 3780 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un'ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 041.5200995 o fortuny@fmcvenezia.it. Sito web: http://fortuny.visitmuve.it. Fino al 14 luglio 2014. 

giovedì 3 luglio 2014

Avvistata una balena nel lago di Lugano. Al via la nuova edizione dell’Art Urban Festival

Concerti, spettacoli teatrali, balletti, laboratori per i più piccoli e installazioni di arte urbana: è ricco il carnet di appuntamenti che, fino al prossimo 2 agosto, animerà vie, piazze e parchi pubblici di Lugano in occasione della quarta edizione del festival internazionale LongLake,uno dei più grandi open air della Svizzera con le sue sette rassegne (Rock’n’More, Urban Art, Family, Buskers, Words, Classica e Estival Jazz), più di trecento eventi e oltre 300mila spettatori attesi.
L’iniziativa, curata dall’Area Turismo ed Eventi della Municipalità luganese, con il patrocinio di Expo Milano 2015, prevede non solo spettacoli come il concerto dei Perturbazione (21 luglio, ore 21.30) o l’esibizione di Bob Sinclar (24 luglio, ore 19), ma anche un cantiere di iniziative artistiche che spazia in ambiti sperimentali diversi e che mette in relazione i cittadini con il contesto urbano.
Il primo intervento non è di certo passato inosservato agli occhi di cittadini e turisti. Nella notte del 1° luglio, sulle sponde del lago, di fronte alla rivetta intitolata a Guglielmo Tell, è, infatti, apparsa la coda di una grossa balena di più sette metri di altezza e di due metri di diametro, scolpita in polistirolo espanso, ricoperta con uno strato di carta pesta grossa e ricoperta in resina acrilica (per renderla impermeabile e per aumentarne la sua resistenza). Un pesce inusuale, questo, per il bacino idrico del Canton Ticino, solitamente abitato da specie di piccola taglia come l'agone, l'anguilla, il barbo, il cavedano e il luccio.
La monumentale installazione, visibile fino al prossimo 2 agosto, si intitola «Save the Whale» ed è firmata dagli artisti Stefano Ferretti e Alex Dorici per l’Urban Art Festival, manifestazione che prevede anche, nella giornata di domenica 6 luglio,l’apprezzata iniziativa «Open Gallery», grazie alla quale sarà possibile visitare gratuitamente tutte le gallerie, gli spazi d’arte e i musei della città di Lugano.
Il festival artistico di Lugano prenderà vita anche nel contesto di quiete e fascino naturale del parco Ciani, uno dei polmoni verdi più belli della Svizzera. Dopo aver incantato il pubblico con il grande cervo costruito per l’edizione dello scorso anno, il maestro Marcello Chiarenza torna a stupire luganesi e turisti con un’opera altrettanto imponente. Attraverso l’utilizzo di rami di nocciolo l’artista costruirà, infatti, una barca di circa dieci metri, che verrà posizionata in verticale come se fosse una grande porta che si apre verso le cime delle montagne.
A coronare l’offerta dell’Art Urban Festival 2014 sarà «ZOOna Lugano», un progetto di arredo urbano che interessa la nuova zona pedonale di piazza mercato: orme di animali disegnate sulla pavimentazione stuzzicano il pedone a scoprire le sagome degli stessi animali sulle facciate di alcuni palazzi. «Il progetto -raccontano gli organizzatori- non sarà invasivo in quanto le orme saranno dipinte a terra attraverso l’utilizzo di vernici reversibili o con delle bande adesive per le bordure e le pavimentazioni pregiate, per rispettare il carattere temporaneo dell'intero intervento. Un’idea originale per indurre la popolazione e i turisti a interagire con il tessuto urbano ampliando l’attuale area di aggregazione».

Informazioni utili 
LongLake Festival. Informazioni: Città di Lugano - Area Turismo ed Eventi, via Trevano, 55 – Lugano (Svizzera), tel. +41 (0)58.8664800 o info@longlake.ch. Fino al 2 agosto 2014.

mercoledì 2 luglio 2014

Treviso, tre giorni nel segno della moda e del design con il «Modesign/Fashion at Iuav»

Incontri, mostre, eating event, performance e sfilate: il mondo della moda e quello del design si incontrano a Treviso grazie alla seconda edizione del progetto Modesign/Fashion at Iuav, promosso dall’ateneo veneto con la collaborazione di vari enti, tra i quali il Comune, la Camera di Commercio, il Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo, l’associazione Progetto Marzotto, la Fiera di Vicenza e la Fondazione Cassamarca.
Cuore della tre giorni di appuntamenti, in programma dal 2 al 4 luglio, sono i «Graduation show», le sfilate con le creazioni dei nuovi stilisti e designer che concludono i corsi di laurea triennale e magistrale in moda. Giovedì 3 luglio, alle ore 20.30, all'Archivio di Stato, nei suggestivi spazi del chiostro di Santa Margherita, verrà, per esempio, presentata la collezione di accessori che gli allievi del corso di design hanno creato sotto la guida dell’artista belga Els Proost. Mentre venerdì 4 luglio, al calare del sole, ci sarà lungo le rive del Sile, nei pressi della Riviera Santa Margherita, la sfilata con gli abiti delle ventidue collezioni realizzate dagli studenti della triennale e della magistrale, sotto la supervisione di Arthur Arbesser, Fabio Quaranta, Cristina Zamagni e Michel Bergamo.
L’appuntamenti, che verrà trasmesso in streaming su Vogue.it, è il momento conclusivo di un fitto programma di eventi, che vedrà la presenza, tra gli altri, di Giusi Ferré, Matteo Marzotto, Marina Salamon e del grande stilista Ermanno Scervino, protagonisti di una serie di incontri riuniti sotto il titolo «La felicità del made in Italy».
Tra i molti talk in agenda si segnalano anche il convegno «Fashion in Libraries: Collecting Materials and Documenting Stories» (venerdì 4 luglio, alle ore 9), sulla costruzione di una biblioteca di moda all’interno di un centro di documentazione o di una realtà aziendale, e l’incontro con Giovanni Bonotto della Bonotto spa, Paolo Paoletti del Lanificio Paoletti e Sergio Tamborini del Marzotto Group che parleranno del comparto tessile (mercoledì 2 luglio, alle ore 18, all’auditorium del museo di Santa Caterina).
Tantissime le mostre in programma. Ad aprire il festival sarà la rassegna «Nord Est/Far East», a cura di Ilaria Cipriani e Marta Franceschini, che fino a sabato 12 luglio allineerà negli spazi del Museo di Santa Caterina, una selezione di abiti realizzati dagli studenti con i preziosi tessuti inviati dal distretto tessile di Ichinomiya, in Giappone. Nello stesso luogo (e con gli stessi orari) sarà possibile vedere anche l’installazione «Storytelling Storymaking», racconto dei primi esiti del progetto di ricerca Fse di Martina Bernardi presso il Lanificio Paoletti.
All’Archivio di Stato si terrà, invece, la mostra «Sulle Tracce di Anita Pittoni: maglieria e avanguardia 1928-1948», a cura di Anna Fregolent, che si configura come un viaggio attraverso i tracciati, gli schemi esecutivi e i cartamodelli d’abiti e di sofisticate maglierie progettati da Anita Pittoni, i cui materiali sono conservati presso l'Archivio diplomatico e i Fondi archivistici della biblioteca Hortis di Trieste.
Nella stesse sede espositiva si terrà anche «Knit Gang», progetto sperimentale di maglieria realizzato in occasione della scorsa edizione di Pitti Immagine Filati dagli studenti della magistrale all'interno del laboratorio avanzato di maglieria, condotto dai designer Cristina Zamagni e Michel Bergamo. Mentre nella sede dei corsi di laurea in moda dell’ateneo veneto è possibile vedere la mostra «Elementi», a cura di Mario Lupano: una riflessione tridimensionale sui principi e i fondamentali che governano la progettazione degli abiti e degli accessori e i relativi immaginari. «Bonotto Fabric Room» racconta, invece, il rapporto virtuoso con un'eccellenza del territorio, l'azienda del tessile Bonotto, che in modo gratuito mette a disposizione permanente degli studenti e dei loro progetti una selezione di tessuti. Sempre allo Iauv si tiene l’installazione «Vanity: Appunti per una mostra», dedicata allo straordinario concept magazine «Vanity» nato all'inizio degli anni Ottanta su un'idea di Anna Piaggi, che ha rilanciato l'illustrazione di moda come strumento per raccontare i caleidoscopici scenari che l’attraversano.
Non manca nel ricco cartellone di iniziative promosse per questa tre giorni anche un eating event, curato da Arabeschi del latte e frutto di un workshop sulla tradizione gastronomica del territorio condotto da Francesca Sarti, con la preziosa collaborazione di Treviso Dripping Taste e del Gruppo ristoratori della Marca trevigiana.
«Modesign/Fashion at Iuav» si configura, dunque, come un festival della moda intesa come sistema complesso di pensiero, aperta agli sconfinamenti disciplinari, al dialogo con la città e con altre forme di cultura: arte, architettura, cibo. Un’occasione per scoprire le idee dei giovani creativi italiani, di chi disegnerà la moda di domani.

Informazioni utili
«Modesign/Fashion at Iuav». Treviso, sedi varie. Infotmazioni: Università IUAV di Venezia - Dipartimento di culture del progetto, tel. 0422.541125/557258 o fashionatiuav2014@iuav.it. Sito internet: www.iuav.it