ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 15 gennaio 2015

Dalla Grande guerra alle trasformazioni urbane degli anni Ottanta: sguardi sulla Roma di ieri

Vent’anni di Roma in ottanta fotografie firmate da nove tra i più noti e indiscussi maestri italiani dell’obiettivo contemporaneo: si potrebbe riassumere così la mostra «Basilico, Berengo Gardin, Bossaglia, Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, Jemolo, Koch», allestita fino a domenica 8 marzo nelle sale espositive del primo piano di Palazzo Braschi.
Dalla basilica di San Pietro a Castel Sant’Angelo, da piazza Navona al Pantheon, da Trastevere a Campo de’ Fiori, dalla Via Sacra al Palatino, sono tanti i luoghi familiari e inconfondibili che scorrono sotto gli occhi dei visitatori, mostrando le numerose e importanti trasformazioni che la città ha subito negli ultimi decenni, dal 1986 al 2006.
Emblematici in questo percorso urbano e fotografico sono, per esempio, due scatti dell’Ara Pacis, nei quali il monumento compare nell’assetto precedente e durante i lavori per l’attuale sistemazione ideata da Richard Meier.
La mostra a Palazzo Braschi offre, nel contempo, un’opportunità di riflessione sulla fotografia contemporanea e sulla sua ricerca di nuove iconografie del paesaggio urbano. L’arco di tempo raccontato focalizza, infatti, l’attenzione anche sul passaggio, importantissimo, dall’analogico al digitale e in questi anni nei quali si abbandonano i processi di ripresa sviluppo e stampa, la fotografia intesa come documento diventa opera d’espressione, superando la classica distinzione fra artista e fotografo. Appare così evidente lungo il percorso espositivo come gli autori in mostra non abbiano avuto come scopo primario quello di documentare una piazza o un palazzo, ma di interpretare i luoghi ritratti con il proprio inconfondibile linguaggio espressivo.
Le immagini esposte, selezionate da Anita Margiotta, provengono dalla sezione contemporanea dell’Archivio di Palazzo Braschi, depositario di una raccolta storica di notevole importanza e consistenza che testimonia l’evoluzione dell’arte fotografica a Roma dalle origini alla prima metà circa del Novecento.
Dallo stesso fondo giungono le trentacinque immagini selezionate per la mostra «Roma e la Grande Guerra. 1915 – 1918», a cura di Anita Margiotta e Maria Elisa Tittoni, che illustra come l’Urbe, pur lontana dal teatro degli scontri, affrontò da protagonista quegli anni.
Si scoprono così testimonianze di una città, dal 1870 capitale del regno d’Italia, ormai adeguata alle moderne funzioni di rappresentanza, con le ampie strade costruite dopo l’Unità, da via Veneto a via Tritone.
Tra gli scatti esposti ce ne sono alcuni attribuiti a Giuseppe Primoli che documentano l’incontro fra Guglielmo II e Leone XIII in Vaticano, e altri, assegnati a Carlo Tenerani, che mostrano il passaggio del corteo di Edoardo VII d'Inghilterra su via Nazionale, durante la sua visita del 1903. Henri Le Lieure De L’Aubepin, fotografo prediletto della corte sabauda e dell’aristocrazia piemontese, testimonia, invece, con le sue immagini la visita dell’imperatore Guglielmo II al Quirinale; mente alcuni scatti della Fotografia Molinari registrano l’arrivo di Gabriele D’Annunzio e l’attesa per il suo discorso in Campidoglio, nel maggio 1915, in favore dell’entrata in guerra.
Arricchisce la piccola, ma preziosa esposizione una carrellata di ritratti dei protagonisti di quegli anni: dai reali d’Italia a papa Benedetto XV, fermo oppositore del conflitto, dal presidente del Consiglio Antonio Salandra al ministro degli esteri Sidney Sonnino, entrambi favorevoli all’entrata in guerra a fianco della Francia e dell’Inghilterra, che avvenne ufficialmente il 24 maggio 1915.
Nella vetrina al centro della sala si trova, infine, esposta una preziosa testimonianza sulla difficile vita al fronte e su alcuni azioni di guerra nelle zone del Col di Lana, del Sas, de Stria o del costone di Bocche. Queste immagini sono tratte da due album provenienti da una collezione privata, fonte diretta di tre reduci romani che parteciparono al conflitto: i fratelli Emilio e Mario Giglioli e l’archeologo Giulio Quirino Giglioli.

Didascalie delle immagini
[Fig.1] Andrea Jemolo,Nuovo Ingresso dei Musei Vaticani, 2006. Archivio fotografico di Palazzo Braschi, Roma; [fig. 2] Luigi Ghirri, Campo dei Fiori, 1990. Stampa cromogenica. Archivio fotografico di Palazzo Braschi, Roma; [fig. 3] Carlo Tenerani, Passaggio del corteo di Edoardo VII in via Nazionale in occasione della sua visita a Roma, 27 aprile 1903. Archivio fotografico di Palazzo Braschi, Roma

Informazioni utili
«Basilico, Berengo Gardin, Bossaglia Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, Jemolo, Koch. Fotografie di Roma dal 1986 al 2006.  Donazioni e committenze» e «Roma e la Grande Guerra. 1915 – 1918» Palazzo Braschi - Sale della fotografia, ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10 - Roma. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-20.00; la biglietteria chiude alle ore 19.00. Ingresso (integrato museo e mostra) intero € 11,00, ridotto € 9,00. Informazioni: tel. 06.0608 (tutti i giorni, ore 9.00 - 21.00). Sito internet: www.museodiroma.it. Fino all'8 marzo 2015.  

mercoledì 14 gennaio 2015

«Gentō-ban», diapositive dal Sol Levante

Monaci komusō che suonano lo shakuhachi, lottatori di sumo che si preparano alla battaglia, geishe che danzano o che passeggiano tra giardini in fiori, occidentali in risciò, vedute del Monte Fuji, vecchi lampioni a gas che illuminano le vie. Offre un ritratto a tutto tondo del Sol Levante, negli anni tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, la mostra «Gentō-ban. Il Giappone dell'Ottocento nelle diapositive della collezione Perino», a cura di Monica Luraschi, allestita fino a domenica 25 gennaio al Museo delle culture di Lugano, nell’ambito della Biennale dell’immagine di Chiasso.
Al centro dell’esposizione, con la quale si festeggiano i centocinquanta anni di relazioni diplomatiche tra la Svizzera e il Paese nipponico, ci sono una ventina di fotografie all’albumina, altrettante cromolitografie tratte da stereografie su cartoncino di T. Enami e soprattutto delicate diapositive in vetro, per la precisione centotrentuno gentô-ban (termine che significa «illusione di luce»), ottenute a partire da negativi fotografici o stereografici, finemente colorate a mano da maestranze locali, per essere poi proiettate su un muro bianco con la lanterna magica, una sorta di proiettore antesignano del cinema.
Queste straordinarie opere d’arte, raccolte dal medico Claudio Perino ed esposte per la prima volta al pubblico dopo la recente donazione al Museo delle culture di Lugano, rappresentavano uno dei souvenir prediletti dei primi turisti europei e nordamericani che veicolavano così tra parenti e amici la misteriosa bellezza di un mondo esotico e lontano dai tratti mitici.
Gli anni documentati dai lavori esposti al primo piano dell’Heleneum, esemplari della cosiddetta Scuola di Yokohama (per molti anni emarginata dalla critica, perché accusata di produrre opere «turistiche», e scoperta solo negli anni Settanta del Novecento) sono quelli del tumultuoso periodo Meiji (1868-1912), un’epoca ricca di contraddizioni nella quale il Giappone si aprì all'Occidente dopo secoli di isolamento, mostrando la magnificenza di una civiltà antichissima fatta di geishe e samurai, figure sospese tra vita quotidiana, spiritualità e tradizioni immortali.
Una nota merita, infine, l’allestimento che ricrea un'atmosfera il più possibile vicina a quella che il pubblico dell’Ottocento assaporava, riproducendo fedelmente uno spettacolo cinematografico, come quello prodotto con la lanterna magica, di cui potevano godere i rappresentanti dell'alta borghesia europea e nordamericana di allora.
La realizzazione di alcuni stereoscopi da parte del laboratorio del museo luganese permette anche la visione tridimensionale delle cromolitografie, come quella prodotta dagli stereoscopi originali. L’esposizione è, inoltre, corredata da una lanterna magica d'epoca e da uno stereoscopio a colonna in prestito dal Musée suisse de l’appareil photographique di Vevey, strumenti utili per rivivere quello spettacolo luminoso, vivace ed esotico che affascinava tanto gli occidentali di ritorno dal Giappone.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Anonimo, «Veduta del Monte Fuji dal Tokaido», Fujikawa Tokaido, 1898-1910 circa © 2014 Città di Lugano, Museo delle Culture, Collezione Perino; [fig. 2] Studio di T. Enami, «Maiko guardano anatre in uno stagno», 1890-1910 circa © 2014 Città di Lugano, Museo delle Culture, Collezione Perino; [fig. 3] Studio di Nakajima Matsuchi, «Geisha mentre danza», 1875-1890 circa © 2014 Città di Lugano, Museo delle Culture, Collezione Perino

Informazioni utili
«Gentō-ban. Il Giappone dell'Ottocento nelle diapositive della collezione Perino». Heleneum - Museo delle culture, via Cortivo, 24-28 - 6976 Lugano-Castagnola (Svizzera). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero ChF 12.-; ridotto Chf 8.- (Avs, Ai, Lugano card, Tessera Agip Plus, Tessera di soggiorno, Touring club italiano, giovani 17-25 anni). Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. +41.(0)58.866.6960/62. Sito internet: www.lugano.ch/museoculture. Fino al 25 gennaio 2015. 

martedì 13 gennaio 2015

A casa di Le Corbusier. Parte da Bologna il nuovo progetto di Cristian Chironi

Parte da Bologna, in occasione di ArteFiera, il progetto «My house is a Le Corbusier» che vedrà l'artista visivo e performer Cristian Chironi (Nuoro, 1974) trascorrere un periodo di residenza nelle trenta abitazioni progettate dal grande architetto svizzero naturalizzato francese in giro per il mondo, in dodici nazionali tra le quali l’Argentina, il Belgio, la Tunisia e il Giappone.
Prima tappa di questa curiosa e affascinante geografia dell'abitare sarà il Padiglione Esprit Nouveau, originariamente realizzato da Le Corbusier (La Chaux-de-Fonds, Neuchâtel, 1887 - Roquebrune-Cap-Martin 1965) nel 1925 per l'Esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi e ricostruito nel 1977 nella zona fieristica del capoluogo emiliano attraverso lo sforzo congiunto degli architetti Giuliano Gresleri e Josè Oubrerie.
Il padiglione corbusiano, che dal 2011 è stato riaperto al pubblico per iniziativa della Regione Emilia Romagna quale centro di promozione culturale sui temi della città e del territorio, vedrà Cristian Chironi al lavoro per una ventina di giorni (da mercoledì 7 a domenica 25 gennaio).L'esperienza lavorativa dell'artista sardo di nascita e bolognese d'adozione, che in aprile sarà ospite dell’appartamento-studio parigino in rue Nungesser et Coli, sarà scandita da una settimana di lavoro solitario, una successiva in cui il visitatore potrà interagire direttamente con lui ed essere ospitato all’interno dell’abitazione, e una di apertura al pubblico in forma di mostra.
Il progetto, realizzato in Emilia con il sostegno della Fondation Le Corbusier di Parigi e la collaborazione del Mambo – Museo d’arte moderna di Bologna e di Xing, sarà corredato in questa sua prima tappa da una serie di eventi: domenica 18 gennaio, alle ore 14.30, ci sarà una visita guidata con Francesca Talò; sabato 24, alle ore 19.30, si terrà, invece, un live di Francesco «Fuzz» Brasini, che orchestrerà le quote e le misure ricavate dalla planimetria del padiglione, riportate in musica grazie all'ausilio di onde sinusoidali da cui viene generato un cluster continuo di suono.
L'idea di Cristian Chironi è quella di proseguire, poi, il viaggio negli altri Paesi che ospitano case progettate da Le Corbusier, trascorrendo nelle stesse un periodo variabile di tempo per capire sia come oggi viene recepita l’eredità dell'architetto francese, del quale nel 2015 ricorre il cinquantenario della morte, sia cosa significhi, in un periodo di difficile e precaria stabilità economica come quello che stiamo vivendo, essere proprietari di una casa.
Le abitazioni del maestro del Movimento moderno (indirizzo architettonico che professava l’abbandono degli stili storici a favore di un linguaggio progettuale capace di sfruttare le potenzialità tecnologiche dei nuovi materiali quali vetro e acciaio) diventeranno così «postazioni di osservazione privilegiate», dove si potrà discutere e vedere l'artista al lavoro, assistere ad eventi, documentarsi sul materiale raccolto o bere semplicemente un caffè.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cristian Chironi, My house is a Le Corbusier, foto, 2014, courtesy dell'artista; [fig. 2] Padiglione Esprit Nouveau, Parigi. Esterno, dettaglio, © FLC-SIAE; [fig. 3] Padiglione Esprit Nouveau, Bologna. Interno, dettaglio, 2014. Foto e courtesy di Cristian Chironi 

Informazioni utili 
Cristian Chironi. My house is a Le Corbusier (Esprit Nouveau Bologna). Padiglione Esprit Nouveau, piazza Costituzione, 11-  Bologna. 7 > 25 gennaio 2015 – periodo di residenza; 14 > 22 gennaio 2015 – visite individuali su appuntamento (telefonando al numero +39.349.4634730 o scrivendo una email a cristianchironi@gmail.com), 23 > 25 gennaio 2015 – apertura al pubblico. Orari di apertura al pubblico: venerdì 23 e sabato 24 gennaio, ore 12-00-22.99; domenica 25 gennaio, ore 12.00-20.00. Siti web: www.fondationlecorbusier.fr o www.mambo-bologna.org.