ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 25 luglio 2016

Varese, l’allestimento del conte Panza torna a rivivere nella villa del Fai

Si respira l’aria di un tempo a Villa Panza, dove è stato da poco ripristinato l’allestimento originale delle collezioni raccolte, con passione e dedizione, dal conte Giuseppe Panza di Biumo nell’arco della sua vita. Era dal 2013 che la residenza varesina, oggi di proprietà del Fai –Fondo per l’ambiente italiano, non si presentava nella sua veste originaria.
I visitatori potranno così, per esempio, tornare ad ammirare le due sale della piccola galleria espositiva che custodisce sette importanti lavori di Ettore Spalletti, scultore e pittore di fama internazionale, esponente dell’area del riduzionismo e del colore unico.
Nella prima stanza, sulle pareti, si trovano due opere realizzate a impasto di colore su tavola, «Rosa Verticale» (1991) e «Tutto Tondo» (1989), che dialogano con altrettanti lavori a tronco di cono collocati sul pavimento, entrambi intitolati «Vaso» e datati rispettivamente 1988 e 1992. Nella seconda stanza si trovano, invece, le opera «Ali Grigio Neutro» (1988), «Vaso» (1989) e «Acquasantiera» (1986), in marmo statuario di Carrara e acqua. Le opere di Spalletti esposte -sculture e quadri coperti da uno strato di gesso colorato– richiamano alla mente i colori degli affreschi del Beato Angelico. Il lavoro dell’artista è completamente astratto, ma possiede un’intima relazione con l’ambiente in cui vive e con l’antica cultura mediterranea fatta di forme di elementare semplicità e colori come rosa, celeste, grigio chiaro, che richiamano alla mente le tonalità degli ulivi argentati, del mare e della luce primaverile.
Torna in Sala Spalletti, sopra il camino, anche «Wax n. 38» (1991), uno dei lavori a olio, cera e legno di Stuart Arends, le cui opere sono visibili anche in tutta l’ala sud al primo piano.
In questa parte della villa sono state anche riallestite le stanze tematiche dedicate a Phil Sims, Winston Roeth, Ruth Ann Fredenthal e Ford Beckman.
Hanno fatto ritorno al primo piano anche quattro superfici a olio e cera su tela di Allan Graham: 1x1 (1989), «See of Dreams» (1988), «Sky Reins» (1990) e «Equally Possibilitie-s Prevail» (1988). Mentre nella sala della veranda che precede i rustici sono state nuovamente collocate le opere «Blind from one side» (1993-1994), «Apology» (1993-1995), «60.000 tears» (1982-1990), «Rory» (1993), «For the return» (1991-1993) di Lawrence Carroll, artista australiano contemporaneo cantore dei margini metropolitani e del mondo invisibile della coscienza. I colori da lui usati sono bianchi, gialli, grigi; le sue opere sono macchie, superfici dipinte su tela attaccata a un supporto di legno, una cassa trovata in strada e adattata a divenire un quadro a tre dimensioni.
Grande rientro anche per Christiane Löhr, l’artista tedesca che nel 2012, a due anni di distanza dalla sua personale organizzata con Giuseppe Panza di Biumo, ha donato due sculture alla villa: «Tre cubi» (2010, 2005, 2010) e «Piccola elevazione, forma d’archi» (2010). Nel suo lavoro troviamo la poesia delle piccole cose, quelle che si possono scovare camminando tra i campi e che rivelano la nostra vera natura: siamo viventi come le erbe dei prati.
Saranno riallestite nell’ala sud anche le opere di Ford Beckman, artista che è stato recentemente ospite dl Vangi Sculpture Garden Museum di Shizuoka in Giappone con una mostra personale a cura di Germano Celant.
Il pubblico potrà, inoltre, ammirare le installazioni site-specific del progetto «Art in Nature», durato tre anni e concluso nel 2015. Si tratta delle opere «A tribute to the Carpinata Gallery» e Embrace» (2013) di Stuart Ian Frost e «The Slope» (2014) di Bob Verschueren, realizzate interamente con materiali naturali e in perfetta simbiosi con la vegetazione, le specie arboree e le geometrie del giardino, alle quali è accostato «Cupressus I» di Peter Randall-Page, un lavoro realizzato nel 2008 con granito ricavato da un masso erratico glaciale in Finlandia e caratterizzata da profonde incisioni con forme esagonali e pentagonali che rimandano alla geometria della natura.
Lungo il percorso espositivo, negli spazi delle Scuderie al piano terra, si potrà, inoltre, «New York, Novembre 8, 2001, I, II, III, IV», l’opera in cinque atti di Wim Wenders dedicata a Ground Zero V, entrata in collezione nel 2015. Negli stessi spazi sono ospitati anche «Varese Scrim 2013» di Robert Irwin e l’ambiente di luce realizzato nel 2013 da James Turrell appositamente per Villa Panza.
La visita alla villa offrirà, inoltre, l’opportunità di contemplare al centro del cortile d’onore l’opera «Cone of Water» di Meg Webster, che è stata esposta nella mostra «Natura naturans. Roxy Paine e Meg Webster (Opere dal 1982 al 2015)», appena conclusa.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Equally Possibilitie-s Prevail, Allan Graham. Foto di Arenaimmagini.it,2013. © FAI - Fondo Ambiente Italiano; [fig. 2] Ganzfeld Sight Unseen, James Turrell. © Florian Holzherr; [fig.3] Sala Spalletti, Foto di Arenaimmagini.it,2013 © FAI - Fondo Ambiente Italiano; [fig. 3] Tre cubi, Christiane Loehre. © Wolfgang Burat

Informazioni utili 
Villa e collezione Panza, piazzale Litta 1, Biumo - Varese. Orari: ore 10.00-18.00; la biglietteria chiude alle ore 17.15. Ingresso: villa senza Ganzfeld di Turrell - intero € 10,00; ridotto (ragazzi 4 - 14 anni) € 4,00; iscritti al Fai gratuito, studenti (15-26 anni) € 5,00, con carta dello studente (15-19 anni) € 3,00; famiglie (2 adulti + fino a 4 bambini) € 24,00 | ingresso al Ganzfeld di Turrell - intero, studenti e iscritti FAI € 3,00, ridotto (4-14 anni) gratuito se accompagnati dai genitori | Ingresso al solo parco intero €3,00; ridotto (ragazzi 4 – 14 anni) € 1,00; residenti nella città di Varese gratuito tutti i martedì. Informazioni: tel. 0332.283960 o faibiumo@fondoambiente.it. Sito web: www.villapanza.it.

giovedì 21 luglio 2016

Toscana, cinquant’anni di Teatro povero. A Monticchiello un nuovo «autodramma» sul tema dell’attesa

Compie cinquant’anni il Teatro Povero di Monticchiello, una fra le più longeve esperienze di teatro di ricerca italiane, nata nel 1967 nel cuore della Val d’Orcia, oggi Patrimonio mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Dal 23 luglio al 14 agosto piazza della Commenda torna a trasformarsi in un palcoscenico sotto le stelle per il nuovo «autodramma» (il termine fu coniato da Giorgio Strehler), ideato e realizzato dai borghigiani di Monticchiello con l’intento di riflettere sulla propria storia, ma anche su questioni cruciali per l’intero Paese come la crisi economica, il consumismo, i rapporti giovani-vecchi e il ruolo delle donne nella società contemporanea.
Tutto iniziò «dal basso», in un piccolo centro senza un teatro, senza alcun grande regista o esperto a guidare il progetto e accadde mentre nel resto del mondo fervevano esperienze teatrali che dell’abbattimento del confine tra palcoscenico e vita avevano fatto il centro dell’indagine.
L’esperienza -vero e proprio rito vitale, poetico e di ispirazione- incontrò, negli anni, il favore di molti intellettuali ed addetti ai lavori come il regista Arnaldo Della Giovampaola, il professor Asor Rosa, il giornalista Mario Guidotti, che fu capo-ufficio stampa alla Camera dei deputati. E nelle ultime edizioni sono state ben oltre 4000 le presenze medie all’«autodramma», a conferma di un’esperienza di successo che non si esaurisce con l’appuntamento estivo: «alle spalle di ogni spettacolo -raccontano gli organizzatori- vi è, infatti, un lungo percorso partecipativo: da gennaio iniziano le assemblee pubbliche, aperte a chiunque desideri collaborare oltreché ai membri della compagnia. Si comincia così a raccogliere spunti e riflessioni fino ad arrivare ai temi ritenuti urgenti per l’anno in corso. Da qui parte la discussione collettiva che porta al soggetto e, poi, al copione e alle prove».
Il filo conduttore del nuovo spettacolo -che vede ancora una volta alla regia Andrea Cresti e al quale prendono parte anche tre profughi del Gambia, ospiti del paese dal novembre scorso- si snoda e si sviluppa intorno al tema di un «assedio». Tante le domande che i borghigiani di Monticchiello si pongono e ci pongono: il nemico è dentro o è fuori? Vive meglio chi difende, pur con fatica, uno stile di vita più a misura d’uomo o chi abita posti in cui non mancano i servizi pensati per massimizzare il profitto invece che il benessere? La paura di disperdersi non nasconde forse anche il desiderio di partire, di vivere e reinventarsi, di incontrare l'altro e l'altrove, la possibilità? E se mai fosse: cosa sarà indispensabile portarsi dietro? A cosa non si vuole rinunciare?
In «Notte di attesa», questo il titolo dello spettacolo, si riflette, dunque, sul concetto di dentro e fuori, ovvero sull’essere contemporaneamente nel mondo e fuori di esso, ma su come il teatro sia stato e sia ancora oggi uno strumento per esistere e resistere e, tra una riflessione e l’altra, le parole dialogano con la bellezza di uno scenario naturale fatto delle pietre e delle facciate delle case, degli alti statuari cipressi, delle slanciate mura duecentesche della chiesa.
In occasione dello speciale anniversario e nei giorni di rappresentazione del nuovo spettacolo, il paese ospiterà anche, per le sue vie e piazze, una mostra sulla storia del Teatro povero con materiale afferente alla sua cultura materiale, comprendente video documentari, migliaia di fotografie di volti, posture, scene di vita quotidiana, manifesti di tutti gli spettacoli, tra i quali spicca la lunga serie curata da Alfredo De Santis, uno dei maestri della grafica italiana del secondo Novecento, ma anche costumi e oggetti di scena, particolarissimi elementi scenografici, pagine di copioni in costruzione, vissute, appuntate, cancellate e disegnate.
Fino al 31 agosto sarà, inoltre, visitabile nel borgo la mostra di sculture «Memorie», di Daniela Capaccioli, artista con cui il Teatro Povero condivide l’indagine sulla memoria, sul rapporto dialettico tra passato e presente. Camminando per Monticchiello il pubblico vedrà apparire personaggi, animali, oggetti, opere realizzate in rete metallica che, con la loro trasparenza, -racconta la scultrice- «si presentano allo spettatore come delle ombre di qualcosa che c'era, che ha lasciato la sua impronta, oppure come delle apparizioni di qualcosa che immaginiamo sarà». A chiudere il cartellone sarà, dal 7 al 9 ottobre, un convegno che approfondirà la storia del Teatro povero. Fra le presenze già confermate: Alberto Asor Rosa, intellettuale e studioso di letteratura, gli antropologi Pietro Clemente e Fabio Mugnaini, gli studiosi Marzia Pieri, Andrea Mancini e Gianpiero Giglioni.
Appuntamento tradizionale, prima o dopo lo spettacolo, anche quello con la Taverna di Bronzone, lo storico ristorante gestito dal Teatro Povero che offre la migliore tradizione culinaria locale, con piatti a chilometro zero tra cui i famosi pici, la pasta fatta a mano più conosciuta della Val d’Orcia.

Vedi anche
Monticchiello, il borgo toscano che diventa teatro 

Informazioni utili 
«Notte di attesa» - auto dramma del Teatro povero di Monticchiello. Piazza della Commenda – Monticchiello (Siena). Orari: tutti i giorni (tranne il 25 luglio e il 1° agosto), ore 21.30.. Ingresso: intero € 13,00, ridotto (per bambini fino a 12 anni) € 7,00. Prenotazioni on-line: http://teatropovero.it/prenotazione/. Il biglietto può essere ritirato solo il giorno dello spettacolo: - dalle 9 alle 19 presso la sede del Teatro povero, in Piazza Nuova 1; - dalle 19.30 fino alle 21.00 alla biglietteria (ingresso alla piazza). Si ricorda che dopo le ore 21.00 decade il diritto di prenotazione. Informazioni: tel. 0578.755118 o info@teatropovero.it. Sito internet: www.teatropovero.it. Dal 23 luglio al 14 agosto 2016.

mercoledì 20 luglio 2016

Friuli, prima mondiale per «La Gloria e Imeneo» di Vivaldi

È un appuntamento musicale di grande prestigio quello che nella serata di venerdì 22 luglio animerà gli scenografici ambienti di Villa Manin di Passariano a Codroipo. A partire dalle ore 21.15, la residenza friulana ospiterà, in concomitanza con la pubblicazione della partitura, la prima rappresentazione in epoca moderna della serenata «La Gloria e Imeneo, RV 687» di Antonio Vivaldi. L’esecuzione del concerto d’arie, nell’edizione critica di Alessandro Borin per Casa Ricordi, sarà a cura dell’Orchestra La Fenice di Venezia, diretta da Francesco Fanna.
Commissionata al compositore dall’ambasciatore francese a Venezia, Jacques-Vincent Languet comte de Gergy, in occasione delle nozze di Luigi XV con la principessa polacca Maria Leszczynska, l’opera fu eseguita per la prima volta la sera del 12 settembre 1725, durante una festa organizzata nel giardino dell’ambasciata a Venezia.
Quel raffinato clima di festa che animò il debutto operistico rivivrà a Codroipo, complice la regia di Elisabetta Brusa, che centrando l’attenzione sull’architettura della residenza friulana farà intravedere e percepire i festeggiamenti in corso all’interno.
Villa Manin si rivela un teatro appropriato per questo gioco di affinità e atmosfere rievocate. La dimora, che fu residenza dell’ultimo doge di Venezia (Ludovico Manin), presenta, infatti, molteplici echi francesi, a partire dagli affreschi di Louis Dorigny, in una delle sale di rappresentanza, che raffigurano le medesime allegorie richiamate dalla composizione di Antonio Vivaldi.
Queste sale, il cui parco è ispirato alla reggia di Versailles (diciotto ettari impreziositi da statue, colline artificiali, specchi d’acqua) furono, inoltre, cornice nel Settecento di una suntuosa cerimonia di nozze, tra la figlia del Re di Sassonia e il re di Napoli.
L’appuntamento, organizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, permetterà al pubblico di riascoltare «La Gloria e Imeneo, RV 687», la seconda delle Serenate francesi, un gruppo di opere composte da Antonio Vivaldi dietro commissione di Jacques-Vincent Languet comte de Gergy, ed eseguite fra la metà degli anni Dieci e Venti del Settecento, per celebrare alcuni fra gli avvenimenti e le ricorrenze più significative inerenti alla storia della monarchia transalpina e, di riflesso, a quella dei suoi rappresentanti diplomatici residenti in Italia.
Oltre a «La Gloria e Imeneo, RV 687», per l’ambasciatore francese a Venezia il musicista italiano compose anche la serenata a tre voci «L’unione della Pace e di Marte, RV 694», il «Te Deum, RV 622» (entrambi perduti, ma eseguiti il 19 settembre 1727 per festeggiare la nascita delle due figlie gemelle di A differenza degli altri brani citati, di cui non è semplice ricostruire la genesi o la destinazione d’uso, possediamo ben due resoconti sulle circostanze in cui ebbe luogo la prima (e a quanto pare unica) esecuzione de a «La Gloria e Imeneo, RV 687». Il primo è un poscritto allegato a una lettera inviata da Languet al cardinale Filippo Antonio Gualterio pochi giorni dopo la festa, il 15 settembre 1725, mentre il secondo è una corrispondenza pubblicata sul «Mercure de France» nell’ottobre dello stesso anno. Grazie a questi documenti sappiamo che la serenata «si recitò nelle stanze della loggia posta in termine del Giardino» e fu «recitata da bravissimi Musici, e Cantatrici, quali con soavità della loro voce, quali novelli Orfei trassero [a] sé numero infinito di gondole, quale nascondea il mare istesso agl’occhij de’ riguardanti».
Antonio Vivaldi, che aveva da poco oltrepassato i quarantacinque anni di età, si trovava all’apice della propria carriera e poteva contare su una solida reputazione internazionale, tanto da essere definito «le plus habile compositeur qui soit à Venise».
Il testo poetico, di autore ignoto, è piuttosto convenzionale: Imeneo, il dio greco figlio di Apollo, e la personificazione allegorica della Gloria fanno a gara per decantare le virtù della coppia di sposi omaggiati nella serenata, prospettando loro le gioie imminenti delle nozze e quelle di là da venire, prodotte dai frutti della loro unione.

La musica di Antonio Vivaldi, che comprende alcuni brani tratti dalle sue più recenti produzioni operistiche, è invece un compendio di quanto di meglio il compositore scrisse durante la terza decade del secolo. Per la brevità dei recitativi, la cui funzione è quasi esclusivamente quella di preparare e collegare i numeri musicali, e per l’assoluta preminenza di questi ultimi, non di rado caratterizzati da una profonda integrazione fra la scrittura vocale e l’accompagnamento orchestrale, questa serenata può essere considerata a tutti gli effetti un «concerto di arie» (Konzertarien),vale a dire quella forma di spettacolo tanto deprecata dalla storiografia musicale ottocentesca quanto apprezzata dal moderno ascoltatore, nei confronti del quale mantiene inalterato tutto il suo fascino e il suo valore.
L’appuntamento rientra nel cartellone di Villa Manin Estate 2016, il cui programma di musica classica, ricco di concerti ad ingresso gratuito, è curato da Claudio Orazi, Sovrintendente del Teatro lirico di Cagliari e già Commissario straordinario della Fondazione Teatro Verdi di Trieste, dopo le esperienze pluriennali all’Arena Sferisterio di Macerata e all’Arena di Verona.

Informazioni utili 
Antonio Vivaldi. «La Gloria e Imeneo, RV 687», serenata per soprano, mezzosoprano ed orchestra. Con l’Orchestra La Fenice di Venezia, diretta da Francesco Fanna. Villa Manin di Passariano - Codroipo (Udine). Venerdì 22 luglio 2016, ore 21.15. Ingresso gratuito, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: info@villamanin.it o tel. 0432.821256. Sito internet: www.prolocoregionefvg.it