ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 24 dicembre 2016

«Il Natale di Rossini», una favola degli «Attori in erba» di «Culturando»

C’è un posto in Italia in cui il Natale è di casa. È il Sud Tirolo e lì, tra montagne rese incantate dalla neve e borghi suggestivi come un presepe, c’è un paese speciale. Si chiama Curon Venosta ed è conosciuto in tutto il mondo per il suo antico e pittoresco campanile, che sorge da un lago, quello di Resia, talvolta ghiacciato per le rigide temperature invernali.
Lo sanno in pochissimi, ma quel campanile è, in realtà, solo una piccola parte della casa delle arti, un luogo meraviglioso, nascosto sotto la superficie delle acque, dove ogni 25 dicembre i più importanti scrittori, musicisti, pittori e cantanti di tutti i tempi si incontrano per festeggiare il Natale.
Dal 1868 a organizzare il banchetto è Gioachino Rossini, lo chef più famoso tra tutti gli artisti del pentagramma, così amante della buona cucina da dire: «Dopo il non far nulla io non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore […] Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quell’opera buffa che si chiama vita […]».
 Il pranzo di Natale preparato da Gioachino Rossini, con l’aiuto della fata della musica, prevedeva ogni anno dieci portate e sei vini diversi, tra cui l’amato champagne. Nei giorni che precedevano il banchetto, i folletti delle note volavano da un luogo all’altro del pianeta a cercare prelibatezze per creare una vera e propria sinfonia di sapori.
Da Napoli arrivavano i maccheroni, da Siviglia i prosciutti, da Gorgonzola il formaggio, dalla Francia il fois gras, dall’Inghilterra la mostarda, da Bologna la mortadella e da Milano il panettone.
 Alla tavola natalizia di Gioachino Rossini non mancavano, poi, quasi mai le olive, i tartufi, il tacchino, il filetto di manzo, le uova, lo zampone, oltre ai ravanelli, ai cetrioli, al burro e alle acciughe, alimenti ai quali il compositore marchigiano aveva dedicato il divertente brano per pianoforte «I quattro antipasti», contenuto nella raccolta «Peccati di vecchiaia».
Il «cigno di Pesaro» amava, inoltre, sperimentare inediti accostamenti di aromi e sapori in una danza frenetica e gioiosa, consegnataci dalla storia attraverso una serie interminabile di aneddoti, lettere, ricette e pagine musicali.
Quale sarebbe stato il cibo principe sulla tavola del Natale 2016? Tra i folletti delle parole, intimi amici di Gianni Rodari, si vociferava che Gioachino Rossini avrebbe preparato un’inedita amatriciana: i bucatini avrebbero avuto il gusto del cioccolato amaro.
Le fatine dei colori, mandate a controllare i lavori da Leonardo da Vinci, dicevano, invece, che non sarebbe mancato in tavola un buonissimo tacchino ripieno di tartufo nero proveniente da Norcia. Il compositore pesarese era, d’altronde, ghiotto di questo cibo, almeno a leggere una delle sue tante affermazioni: «Ho pianto tre volte nella mia vita. Quando mi fischiarono alla prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi».
Anche la tavola -raccontavano Cenerentola e il Barbiere di Siviglia- sarebbe stata degna di nota: la tovaglia avrebbe avuto il sapore dello zucchero candito, i piatti sarebbero stati di marzapane, le posate di cioccolato e i bicchieri di arancia caramellata.
Mancava solo un dolce speciale per chiudere in bellezza la festa. Gioachino Rossini aveva deciso di preparare la torta alla Guglielmo Tell, con mele candite e glassa di zucchero. Ma il compositore voleva che il dolce fosse unico. Stava pensando a quale ingrediente segreto aggiungere nell’impasto quando il campanile di Curon Venosta iniziò a suonare e dal cielo scesero, magicamente, tanti fiocchi di neve di cioccolato con fogli dolci pieni di parole. Erano poesie da mettere nell’impasto: un regalo del folletto delle idee per sorprendere tutti gli invitati. «La festa è pronta», pensò Gioachino Rossini, che già vedeva i suoi amici invitati leggere poesie e danzare sulle note di una canzone natalizia.

Buone feste! 

venerdì 23 dicembre 2016

Pistoia: al Funaro dieci spettacoli internazionali per un 2017 da Capitale della cultura

«Rendere quotidiano ciò che spesso è un’eccezione» è l’obiettivo che si pone il Funaro per il 2017, anno nel quale Pistoia vestirà i panni di Capitale italiana della cultura. Ecco così che anche l’ordinario può diventare straordinario come racconta «Leo», spettacolo per la regia del canadese Daniel Brière, ideato e interpretato da Tobias Wegner, che sarà in scena il 10 e l’11 febbraio.
Presentato in molti stati dell’America, in Russia, Australia, Giappone, Cina, Corea, in numerosi Paesi europei e in Africa, in un quasi ininterrotto tour iniziato nel 2012, il titolo, al suo debutto sulla scena toscana, è vincitore di prestigiosi premi del Festival di Edimburgo e dell’Adelaide Fringe Festival.
«Leo» – si legge nella presentazione- «è uno spettacolo di teatro fisico per un pubblico di tutte le età, costruito su un’ingegnosa interazione tra performance dal vivo e proiezioni video, con cui sfida e destabilizza i sensi e la percezione della realtà fisica».
Di tutt’altro stile l’appuntamento che il 10 marzo vedrà tornare a Pistoia Daniel Pennaro: «Un amore esemplare», tratto dal fumetto «Un amour examplaire» (edizioni Dargaud), con la regia di Clara Bauer e i disegni di Florence Cestac, che sarà in scena insieme a Massimiliano Barbini e Ludovica Tinghi, sulle musiche di Alice Pennacchioni. Lo spettacolo, prodotto dalla compagnia Mia di Parigi con il Funaro, racconta la storia d'amore di Jean e Germaine, una storia così vera da sembrare inventata e così bella da doversi condividere.
Spazio, quindi, il 23 e 24 marzo a «Terre noire», una produzione del Théâtre Nationale de Nice (Francia) in prima nazionale, che vede alla regia Irina Brook su un testo originale da lei commissionato al pluripremiato drammaturgo italiano Stefano Massini. Lo spettacolo mostra la battaglia psicologica, degna di un thriller hollywoodiano ma tratta da una storia vera, di una donna sola contro alcune multinazionali prive di scrupoli, in un mondo in pericolo, dove l’umanità perde il suo posto per far spazio al denaro.
Il 21 aprile andrà, invece, in scena in prima nazionale la nuova versione di «Blake Eternallife Show», una produzione del Teatro del Carretto, con le voci di Elena Nenè Barini ed Elsa Bossi, Giacomo Vezzani alla tastiera e Fabio Pappacena alla chitarra. Dopo due anni di lavoro e la residenza artistica al Funaro, dal 18 al 21 aprile, questa indagine artistica diventa un live in bilico tra musica rock, teatro e videoarte, in cui si racconta di un William Blake, vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, incisore, disegnatore e soprattutto poeta, artista visionario, libero, provocatorio, inafferrabile e capace di rivoluzionare il linguaggio poetico con immagini che ancora oggi impressionano perché eterne.
Mentre il 6 maggio i riflettori saranno puntati su Alessandro Bergonzoni, che sarà al Funaro per un progetto speciale: la proiezione del film «Urge» e una conferenza dal titolo «Città e Cultura». Il film è tratto dallo spettacolo omonimo, un monologo che combatte artisticamente e civilmente le vacuità e le «metastasi culturali» della società di massa. Una giornata per interrogarsi sul tema a partire dal bergonzoniano assunto: «urge grandezza non mania di grandezza, urge fantasia».
Il 21 giugno verrà presentata, dopo il debutto al Festival Aperto di Reggio Emilia, la seconda data italiana di «A Fury Tale», spettacolo di Cristiana Morganti, volto noto della Compagnia Pina Bausch che, dal 2011, ha intrapreso con successo la carriera da solista e coreografa (accompagnata fin dall’inizio dal Funaro in veste di produttore), diventando, in poco tempo, fra i danzatori italiani più apprezzati anche all’estero. Con questo appuntamento, vengono messe in scena due danzatrici, Breanna O’Mara e Anna Wehsarg, che esplorano in modo sorprendente la favola poetica, feroce, ironica che può nascere dall’incontro di due donne alte, dalla pelle chiara e i capelli rossi, uguali ma diverse.
La stagione riprenderà, dopo la pausa estiva, con Enrique Vargas e il suo Teatro dei sensi che, dal 16 al 22 settembre presenteranno in prima nazionale «Il filo di Arianna», primo spettacolo della compagnia, che compone con «Oracoli» e «L’eco dell’ombra», la trilogia dei grandi labirinti. In questa creazione, concepita come un viaggio per uno spettatore alla volta chi è coinvolto è invitato a percorrere un cammino mitologico sulle orme del Minotauro, per superare i propri limiti. Si tratta –si legge nella nota stampa- di «un gioco teatrale sulla memoria del corpo, archetipi e paure, condotto nell’oscurità, per acuire sensi, intuizione e la dimensione poetica che risiedono in ciascuno». Chiude la programmazione, l’1 e il 2 dicembre, la prima nazionale di «Aladino» dei praghesi Fratelli Forman, uno spettacolo con marionette, ombre, musica e una straordinaria scenografia che conduce il pubblico nei paesaggi esotici e incantati de «Le mille e una notte».
Dieci spettacoli, di cui quattro in debutto nazionale, proposti da artisti di sei differenti Paesi compongono, dunque, il cartellone del Funaro, che miscela linguaggi e discipline per accompagnare il pubblico alla scoperta di un teatro che fa proprie due differenti direttrici: mondo e territorio. Grande spazio nel cartellone ha anche la formazione con corsi di teatro per tutte le età e laboratori con i maestri della scena contemporanea come Mark Down di Blind Summit Theatre che, l’8 luglio, parlerà delle marionette giapponesi (il Bunraku).
Completano l’offerta le iniziative legate alla biblioteca del Funaro come Il «Raccontamerende», «Leggiamo poi si vedrà», i «Compleanni d’autore» e il «Cinetandem», ovvero il cinema più piccolo del mondo.

Informazioni utili 
Il Funaro centro culturale, via del Funaro 16/18 – 51100 Pistoia, tel/fax 0573.977225, tel 0573.976853, e–mail: info@ilfunaro.org. Sito web: www.ilfunaro.org.

giovedì 22 dicembre 2016

Da Vivaldi a Sottsass: il 2017 della Fondazione Giorgio Cini

Sarà dedicato a Vittorio Cini, di cui nel 2017 ricorrono i quarant’anni dalla morte, il nuovo programma delle attività culturali della Fondazione Giorgio Cini. Sei nuovi importanti progetti espositivi, diciannove appuntamenti tra convegni, giornate di studio e seminari, oltre venti concerti, ma anche borse di studio, pubblicazioni e un premio per la traduzione poetica intitolato alla memoria di Benno Geiger compongono il cartellone degli eventi ideati dall’istituzione veneziana per il nuovo anno.
Nel 2017 la Fondazione Cini celebrerà, inoltre, altri due importanti anniversari: i settant’anni alla costituzione dell’Istituto italiano Antonio Vivaldi e i dieci anni del Centro studi per la ricerca documentale sul teatro e il melodramma europeo.
Per celebrare il primo appuntamento la fondazione veneziana organizzerà dal 7 al 16 luglio, con la Akademie für Alte Musik Bremen della Hochschule für Künste Bremen, una settimana di studi interamente dedicata al repertorio vivaldiano.
Tra i convegni in cartellone si segnalano, inoltre, «Le opere veneziane di Monteverdi: nuove proposte di lettura e messa in scena – Monteverdi’s Venetian Operas: Sources, Performance, Interpretation» (16-18 giugno), ma anche i due appuntamenti promossi dal Centro studi del vetro dedicati rispettivamente a Vittorio Zecchin (14 marzo 2017) ed Ettore Sottsass (25 maggio 2017).
Accanto a queste iniziative, la fondazione porterà avanti nel nuovo anno anche la valorizzazione del patrimonio immobiliare, mobiliare, materiale e immateriale custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore, promuovendo lo studio dei suoi archivi, grazie all’erogazione di borse di studio.
Grande protagonista della nuova stagione sarà lo Squero. Oltre al Quartetto di Venezia, che consolida quanto iniziato nel 2016, divenendo quartetto in residenza, il nuovo auditorium della Fondazione Cini vede nuove prestigiose collaborazioni e propone un vero e proprio cartellone dedicato alla musica classica. La stagione si aprirà con un grande nome, Mario Brunello, che eseguirà il primo di sei concerti dedicati a Bach (21 gennaio, 4 marzo, 8 aprile, 28 ottobre, 18 novembre, 2 dicembre). Il Quartetto di Venezia e l’associazione Asolo Musica proporranno, invece, un nuovo ciclo di otto concerti che vedrà anche la partecipazione di solisti importanti, come Alessandro Carbonare e Oscar Ghiglia (28 gennaio, 25 febbraio, 22 aprile, 27 maggio, 22 luglio, 16 settembre, 14 ottobre, 16 dicembre). Entrano in gioco, poi, con quattro date anche i Sonatori de la Gioiosa Marca (11 febbraio, 25 marzo, 9 settembre, 21 ottobre) e I Solisti della Fenice (24 settembre e 11 novembre).
Tra gli appuntamenti fuori cartellone si ricorda, infine, il «Concerto per cinque pianoforti e sei voci», evento conclusivo della nona edizione della Solti Peretti Répétiteurs Masterclass, incentrato sul repertorio del bel canto (20 aprile).
Per quanto riguarda le mostre si segnala la riapertura, dal 21 aprile al 15 novembre, della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, con due appuntamenti. Il programma inizierà in primavera con la rassegna Afterglow: Pictures of Ruins dell’artista e fotografo brasiliano Vik Muniz, curata da Luca Massimo Barbero; mentre in autunno, per iniziativa del Centro studi teatro, è previsto un progetto espositivo dedicato all’attrice Lyda Borelli, moglie di Vittorio Cini, nel quale saranno esposti materiali originali come quadri, fotografie, locandine, documenti autografi e memorabilia.
In occasione della cinquantasettesima Biennale d’arte la Fondazione ospiterà, inoltre, una mostra su Alighiero Boetti (dal 12 maggio al 30 luglio) e «Yesterday/Today/Tomorrow», installazione dell’artista irlandese Bryan Mc Cormack (dal 12 maggio al 13 agosto).
Importanti anche i progetti in cantiere a Le stanze del vetro iniziativa per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento nata dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung. Si inizia con la mostra «Ettore Sottsass: il vetro» (10 aprile – 30 luglio), a cura di Luca Massimo Barbero, che prende in esame in maniera esaustiva, attraverso l’esposizione di circa duecento pezzi, la produzione dell’architetto italiano dedicata al vetro, un materiale che lo interessa fin dagli anni Quaranta, quando presenta alcuni oggetti alla Biennale del 1948.
In autunno ci sarà, invece, la rassegna «Vittorio Zecchin 1921-1926: l’eleganza del vetro trasparente» (10 settembre 2017 - 7 gennaio 2018), curata da Marino Barovier, che metterà in luce l’attività vetraria di Vittorio Zecchin a partire dal 1921, con la sua direzione artistica della V.S.M. Cappellin Venini & C., per la quale propone forme di notevole eleganza che si contraddistinguono subito dalle coeve realizzazioni muranesi, spesso connotate da eccessivi virtuosismi.

Informazioni utili 
Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia, tel. 041.2710357, fax 041.2710221. Sito internet: www.cini.it.