ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 12 gennaio 2018

Roberto Daolio, un critico d'arte e la sua collezione

È una donazione importante quella giunta al Mambo: il Museo d’arte moderna di Bologna riceve, grazie alla liberale volontà degli eredi Stefano Daolio e Antonio Pascarella, l’intera collezione di opere d’arte e documenti appartenuti a Roberto Daolio.
Le opere, quasi sempre di piccolo formato e spesso accompagnate da una dedica, sono state donate dalle artiste e dagli artisti con cui il critico d'arte, fra i più attivi e stimati in ambito nazionale, ha intessuto fitte relazioni intellettuali e operative, di carattere sia professionale sia amicale.
La raccolta costituisce, quindi, una significativa testimonianza, per quanto parziale, di una vicenda biografica densa di incontri e attraversamenti, dialoghi e scambi, che ha dato un impulso sostanziale alla crescita e alla diffusione dell'arte emergente, componendone uno spaccato rappresentativo degli sviluppi più rilevanti, soprattutto in area emiliana, nel corso di oltre quarant'anni.
In considerazione del valore storico e artistico di questo corpus di opere, attraverso cui è possibile cogliere quanto sia stata centrale la figura di Daolio come riferimento critico per il contesto artistico bolognese durante tutti gli anni ‘80 e ‘90, nonché come attento osservatore della scena nazionale in contatto con le più importanti gallerie e istituzioni museali, l'Amministrazione comunale ha accettato con gratitudine la proposta di donazione degli eredi, in coerenza con l'obiettivo programmatico volto all'acquisizione di opere, documenti e testimonianze in grado di ampliare ed integrare le proprie collezioni museali esistenti.
Per presentare la raccolta è stata ideata nella Project Room una piccola mostra, a cura di Uliana Zanetti, con la collaborazione di Giulia Pezzoli e Barbara Secci, e con il contributo scientifico di Davide Da Pieve, Lara De Lena, Roberto Pinto e Caterina Sinigaglia dell'Alma Mater Studiorum di Bologna.
La mostra si articola per passaggi che consentono di individuare i principali tracciati della ricerca e dell'attività di Daolio, attraverso una scelta ragionata di un centinaio di pezzi dei centoquarantasei che compongono la donazione, alcuni dei quali sottoposti a interventi di restauro conservativo per questa occasione.
I lavori di tale collezione, «involontaria» in quanto priva di un organico indirizzo distintivo, appartengono il più delle volte a una produzione di non facile classificazione, che può essere definita «minore», apparendo talvolta perfino di statuto artistico incerto, come nel caso delle lettere e dei messaggi stupendamente decorati spediti per posta da Luciano Bartolini. Tuttavia, il loro addensarsi intorno alla personalità di Daolio le rende, nel loro insieme e nella corrispondenza di complicità affettive che sottendono, sintomatiche di un metodo di lavoro originale, costantemente rivolto verso l'insorgenza di fenomeni e di talenti nascenti, osservati e interpretati con disinteressata e selettiva partecipazione.
L'acquisizione della raccolta, oltre a consentire al Mambo di accogliere nel proprio patrimonio testimonianze dell'attività di artisti spesso molto noti e affermati anche a livello internazionale, permette di arricchire le potenzialità di lettura delle opere d'arte con riflessioni allargate sulla loro genesi, spostando l'attenzione da una semplificata e lineare storia delle forme alla complessità dei rapporti di cooperazione che sempre ne accompagnano l'origine, l'esecuzione, l'esposizione e la trasmissione.
Nel suo costante raccordare analisi teorica e attuazione pratica, Daolio ha intrecciato in un continuum di rigorosa coerenza i diversi ruoli e ambiti nei quali si è trovato ad operare. Dall'insegnamento all'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove è stato titolare della cattedra di Antropologia e sociologia dell'arte dal 1977 al 2012, alla collaborazione con quotidiani e riviste specializzate, dall'incoraggimento e dalle presentazioni di giovani artisti alla curatela di mostre, la sua multiforme attività si è svolta seguendo una rara uniformità di principi, improntati al riconoscimento e allo sviluppo delle fun-zioni sociali dell'arte contemporanea.
Daolio ha collaborato attivamente con la Galleria d'arte moderna di Bologna, diventata poi Mambo. In considerazione di questo rapporto intenso e continuativo, l'acquisizione della sua raccolt appare ancor più calzante, contribuendo a rendere conto della sua partecipazione a numerose attività che hanno significativamente contrassegnato, in diverse fasi, la storia e il posizionamento del museo: dalle grandi rassegne collettive degli anni Settanta e Ottanta fino alla densa e innovativa programmazione dello Spazio Aperto fra anni Novanta e anni Duemila.
In questa prospettiva, assume un'ulteriore rilevanza la volontà del museo di segnare con questa mostra l'avvio di una nuova configurazione espositiva della sala Project Room, la cui funzione sarà prevalentemente dedicata alla ricognizione e alla ricerca storica sulle eccellenze della cultura contemporanea espresse in ambito territoriale.

Didascalie delle immagini 
[Fig.1] Roberto Daolio, ritratto; [fig. 2] Alessandra Tesi, «Verde HL 1», 1996, fotografia a colori su carta lucida 225 x 150 cm; [fig. 3] Annalisa Cattani e Fabrizio Rivola, «Warm Up, 1:3», 2002, stampa fotografica su ceramica; [fig. 4] Paolo Bertocchi, «Perduti nel tempo. Per un S. Gerolamo contemporaneo», 2004, stampa lambda montata su alluminio (1/4)

Informazioni utili
«Roberto Daolio. Vita e incontri di un critico d'arte attraverso le opere di una collezione non intenzionale». MAMbo – Museo d'arte moderna di Bologna | Project Room, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì, domenica e festivi, ore 10.00 – 18.00; giovedì, venerdì e sabato, ore  10.00 – 19.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 6,00; ridotto € 4,00; gratuito per possessori Card Mu-sei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6496611 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 6 maggio 2018. 

mercoledì 10 gennaio 2018

Dalla mostra «Homo Faber» ai concerti dello Squero: un anno di grande arte alla Fondazione Cini di Venezia

Dalla storia dell’arte alla musica, dal teatro agli studi religiosi: è ampio il ventaglio di proposte che la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, presieduta da Giovanni Bazoli, propone per il nuovo anno. Ventotto incontri tra convegni e giornate di studio, più di dieci concerti, cinque nuovi progetti espositivi distribuiti tra Palazzo Cini e l’Isola di San Giorgio Maggiore, oltre trenta borse di studio, più di quaranta pubblicazioni e un premio - la quinta edizione del «Benno Geiger»- per la traduzione poetica compongono il cartellone delle iniziative.
Lo Squero, l’auditorium della fondazione vincitore del Premio Torta 2017, proseguirà la propria attività grazie al Quartetto di Venezia, che proporrà una nuova serie di sei concerti (il 3 marzo, il 21 aprile, il 19 maggio, il 13 ottobre, il 10 e il 24 novembre); sono, inoltre, previste le esibizioni di Mario Brunello (il 24 febbraio e il 27 ottobre) e di Giovanni Sollima (il 7 aprile e il 12 maggio).
Lo Squero farà anche da scenario al «Concerto per cinque pianoforti e sei voci», con cui si chiuderà la decima edizione della «Solti Peretti Répétiteurs Masterclass», incentrata sul repertorio del bel canto (il 6 aprile).
Anche l’Istituto interculturale di studi musicali comparati proporrà alcune iniziative musicali: il nuovo appuntamento con il ciclo «Musica e rito», questa volta dedicato al Malawi (il 23 ottobre) e il concerto «Canto epico nei Balcani» (il 15 novembre), eseguito da Isa Elezi Lekgjekaj, il maggior interprete vivente dei canti della montagne di Rugova.
Per quanto riguarda le mostre, si segnala la consueta apertura annuale della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, grazie alla partnership di Assicurazioni Generali. Il programma quest’anno, in cartellone dal 20 aprile al 15 novembre, è interamente dedicato al disegno, con due mostre a cura dell’Istituto di storia dell’arte, arricchite come di consueto da attività espositive, culturali e didattiche per raccontare le peculiarità della raccolta Cini a San Vio e allo stesso tempo far conoscere e valorizzare le altre collezioni d’arte conservate a San Giorgio.
Si inizierà in primavera con «Idea e progetto. Disegni dalle raccolte grafiche della Fondazione Giorgio Cini», che vedrà esposta una selezione di una sessantina dei pezzi più belli e rappresentativi delle raccolte grafiche della fondazione. In autunno è, invece, previsto un progetto dedicato all’ampio corpus di disegni autografi dei pittori e fratelli bolognesi Ubaldo e Gaetano Gandolfi.
Di prestigio anche il programma espositivo del progetto «Le stanze del vetro», iniziativa per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento nata dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung.
La prima, dal titolo «Una fornace a Marsiglia – Centro internazionale di ricerca sul vetro e le arti plastiche /CIRVA» (9 aprile – 29 luglio), sarà realizzata in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia e, grazie alle opere selezionate da Isabelle Reiher, racconterà i momenti salienti della creazione da parte di artisti e designer giunti in residenze al Cirva di Marsiglia in questi trent’anni. L’altra, «La vetreria Cappellin e il giovane Carlo Scarpa» (9 settembre 2018 - 6 gennaio 2019), vedrà, invece, la curatela di Marino Barovier.
Molto attesa è anche la titanica mostra «Homo Faber», il primo grande evento culturale dedicato ai mestieri d’arte in Europa, realizzato in collaborazione con la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship.
L’esposizione, la più grande mai ospitata negli spazi della Fondazione Giorgio Cini, presenterà un’ampia selezione di materiali e discipline, dal gioiello alle biciclette su misura, dalle tecniche artigianali più rare ad alcuni degli esempi più rappresentativi dell’eccellenza artigiana a livello europeo. Per tutta la durata dell’evento, i visitatori potranno ammirare da vicino e dal vivo la maestria degli artigiani che prenderanno parte all’esposizione.
Nel 2018 la Fondazione Cini consoliderà, poi, ulteriormente la sua reputazione scientifica a livello internazionale grazie all’attività dei suoi Istituti e Centri di ricerca, con l’organizzazione di convegni, giornate di studio e seminari dei più diversi ambiti disciplinari. Tra i vari appuntamenti si segnalano «PIETRO pictore ARETINO. Una parola complice per l’arte del Rinascimento» (17-19 ottobre); «Giovanni Poli – La scena dell’essenzialità da Venezia al mondo» (25-26 ottobre) e «Luoghi per la cultura; cultura per i luoghi» (7-9 maggio 2018).
Accanto a queste iniziative, porterà avanti la valorizzazione del patrimonio immobiliare, mobiliare, materiale e immateriale custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore, promuovendo lo studio dei suoi archivi, grazie all’erogazione di borse di studio (tutti i bandi sono consultabili sul sito www.cini.it). La Fondazione Cini continuerà, inoltre, il processo di digitalizzazione dei suoi archivi, già iniziato nel 2016 con il progetto «Replica», realizzato in collaborazione con il DHLab del Politecnico di Losanna, ponendosi in una posizione avanguardistica nel settore degli archivi digitali, credendo che l’innovazione tecnologica, se messa a servizio della conoscenza, può dare un grande contributo al progresso degli studi umanistici.
Infine, nel 2018 si terrà la V edizione del Premio per la traduzione poetica «Benno Geiger», voluto da Elisabetta Paolina Geiger, che regola l’assegnazione di tre borse di studio residenziali al centro «Vittore Branca» per laureati (bando consultabile sul sito www.cini.it). Un anno, dunque, di grande cultura quello che organizza la Fondazione Cini per questo 2018.

Informazioni utili 
Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia, tel. 041.2710357, fax 041.2710221. Sito internet: www.cini.it.

lunedì 8 gennaio 2018

Dalla mostra «Il mondo che non c’era» ai «Dialoghi» sulla cultura: il 2018 della Fondazione Giancarlo Ligabue

Sono due i grandi eventi espositivi che costituiranno i cardini dell’attività studiata dalla Fondazione Giancarlo Ligabue per il 2018. Entrambi avranno come scenario Venezia, la città dove quasi cent’anni fa iniziò l’avventura imprenditoriale della famiglia Ligabue e dove prese corpo la passione di esploratore e collezionista di Giancarlo, il padre di Inti, attuale presidente della fondazione, che quest’anno festeggia il suo terzo anno di attività.
Agli inizi di gennaio aprirà le porte al pubblico negli spazi di Palazzo Loredan, sede dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, la mostra «Il mondo che non c’era. L’arte precolombiana nella collezione Ligabue» (dal 12 gennaio al 30 giugno 2018), già presentata con successo lo scorso anno a Firenze, Rovereto e Napoli.
Oltre centocinquanta opere selezionate da Jacques Blazy, specialista delle arti pre-ispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud, conducono il visitatore tra le meraviglie dei Maya, degli Aztechi degli Inca e di tanti altri popoli che abitarono il territorio latino-americano prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo e dei Conquistadores.
Le opere, tutte provenienti dalla collezione di Giancarlo Ligabue, raccontano di un continente palpitante di umanità, rimasto per l’Europa dietro il velo degli oceani fino al 1492. Attraverso opere pregevoli, che spaziano dalle figurine antropomorfe di ceramica delle cultura Tlalica e Olmeca ai bellissimi gioielli delle civiltà Maya, è possibile approfondire diversi aspetti della vita e della cultura sviluppatisi al di là degli Oceani, ma anche conoscere i «debiti», in termini di nuove tradizioni e colture, che l’Europa ha nei confronti del Nuovo Mondo: si pensi ad alcuni alimenti come il cacao, i pomodori e le patate) che sono arrivati per mediazione delle cucine della Corte spagnola nella tradizione alimentare italiana e anche veneta, ma anche al gioco con il pallone «di gomma» che scopriamo, grazie ad alcune raffigurazioni sul tema presenti in mostra, essere profondamente e anticamente radicato nella civiltà e nella ritualità mesoamericana.
Palazzo Loredan farà anche da scenario al successivo e inedito progetto espositivo della Fondazione Giancarlo Ligabue, che permetterà ancora una volta di vedere parte della sua ricca collezione: «Idoli, gli sguardi del potere», in programma dal 1° settembre al 6 gennaio 2019. L’esposizione, curata da Annie Caubet, sarà un viaggio attraverso il tempo e lo spazio - in un’ampia area geografica dal Mediterraneo all’Indo, all’Egitto - dal tardo Neolitico all’Antica Età del bronzo (ca. 4000-2000 a.C.), per indagare attraverso un centinaio di opere l’affascinante rappresentazione antropomorfa e il suo approccio artistico nelle società complesse che allora si stavano affermando.
Grande attesa c’è anche per il symposium internazionale «How Humans Conquered the World», presieduto da Donald Johanson, che nel maggio del prossimo anno porterà a Venezia paleontologi e antropologi da ogni parte del mondo per fare il punto su come gli uomini abbiano conquistato la terra alla luce delle recenti scoperte paleontologiche.
Nel 2018 continueranno anche gli appuntamenti con i «Dialoghi della fondazione», incontri a ingresso gratuito promossi con intellettuali di diversi campi del sapere e della cultura (tra i precedenti il teologo Vito Mancuso, il critico d’arte Philippe Daverio e il matematico e logico italiano Piergiorgio Odifreddi) per avvicinare gli studiosi a un vasto pubblico di appassionati riflettendo sulle più ampie tematiche, in piena aderenza al motto della Fondazione Ligabue «Conoscere e far conoscere».
La fondazione proseguirà, inoltre, durante quest’anno le sue collaborazioni con scienziati e università internazionali (Usa, Perù e Kazhakstan, per esempio).
Questi appuntamenti costituiscono il coronamento di un percorso che finora ha coinvolto in diverse città italiane quasi centomila persone, promuovendo cataloghi e ricerche, nuove collaborazioni con Istituzioni culturali nazionali e internazionali. Oltre ai quarantacinquemila contatti social, circa tremila studenti veneti hanno partecipato, negli ultimi mesi, ad attività di laboratori promossi dalla fondazione. Grande successo registra anche il «Ligabue Magazine», la rivista scientifica edita in italiano e inglese dalla fondazione, il cui direttore editoriale è Alberto Angela, che è divenuto ormai oggetto da collezione ambitissimo, grazie ai contribuiti di noti studiosi e al ricchissimo corredo iconografico.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Inti Ligabue; [fig. 2] Vaso antropomorfo, culture Moche, Perù, 100 a. C.-200 d.C.. Venezia, Collezione Ligabue; [fig. 2] Urna funeraria con effige del dio Cocijo, Cultura Zapoteca, Messico. Venezia, Collezione Ligabue

Informazioni utili 
Fondazione Giancarlo Ligabue, San Marco 3319 – Venezia. Informazioni: tel. 041.27 05 616, info@fondazioneligabue.it. Sito internet: www.fondazioneligabue.it.