«Uno storico potrebbe descriverli come “soffici corazze” del Medioevo. Un botanico potrebbe vederli come corolle giganti dalle quali si irradiano petali di seta in toni orientali. Un matematico commenterebbe indubbiamente sulle drammatiche forme geometriche impiegate nel disegno». Non ci sono parole migliori di quelle usate da Germano Celant, in un numero di Interview del 1991, per descrivere gli abiti di Roberto Capucci (Roma, 1930), uno dei più grandi maître couturier italiani, le cui creazioni sartoriali trascendono la funzione di mera copertura del corpo per diventare meraviglie degli occhi, curiose costruzioni in tessuto, che sembrano far proprio l'aneddoto di Oscar Wilde: «O si è un'opera d'arte o la si indossa».
Ne dà prova la mostra Sovrana eleganza, curata dallo stesso stilista e allestita, fino alla prossima domenica 13 dicembre, nell’area museale di uno dei manieri più maestosi d’Europa, il quattrocentesco Castello Odescalchi di Bracciano, i cui responsabili si sono occupati per l’occasione anche del restauro di un’opera della collezione: un prezioso dipinto raffigurante Cristina di Svezia in abiti regali, la cui azione conservativa ha restituito al pubblico la ricchezza e la magnificenza delle sete, dei gioielli, delle perle che incorniciano la sovrana.
Tra il secondo piano dell’ala nobile, il loggiato e l’antica sala del guardaroba, in un suggestivo dialogo con lo sfarzo dei velluti e broccati dei grandi ritratti e le armi lucenti in acciaio della raccolta del museo laziale, sessantasei abiti-sculture, che all'esuberanza delle forme coniugano la vivacità cromatica, raccontano la vicenda creativa del maestro romano, che ha fatto proprio il motto di Friedrich Schiller, lo stesso prescelto da Gustav Klimt a commento di un suo celebre dipinto, Nuda veritas: «se quello che fai o crei non piacerà alle folle, cerca di deliziare i pochi. È un errore voler piacere a tutti».
Sin dal 1951, anno della sua prima sfilata a Firenze per iniziativa del marchese Giovanni Battista Giorgini, Roberto Capucci ha, infatti, prodotto abiti sofisticati, magici che nulla hanno a che fare con la serialità e la riproducibilità, con i diktat dell'industria della moda. Le raffinate e pregevoli creazioni del sarto-artista che ha vestito, tra le tante, Silvana Mangano, Esther Williams, Valentina Cortese e il premio Nobel Rita Levi Montalcini sembrano anzi inespugnabili e inabitabili fortezze con le loro spirali vertiginose, i multiformi ventagli, gli ingombranti pannelli multicolori e le macchinazioni sartoriali di enfasi barocca. Eppure i vestiti dell'archivio Capucci, frutto di centinaia e centinaia di ore di lavoro, sono stati indossati almeno una volta; hanno fatto, anche solo per pochi istanti, sognare a una donna di essere la regina di una favola a lieto fine.
Sensazione da fiaba sarà anche quella provata da chi entrerà nei prossimi mesi al Castello di Bracciano, trasformato per l’occasione in una coloratissima e magica «wunderkammer», stanza delle meraviglie, in cui organze satinate, rasi, lamè e sete -«studi di forme e di colore», come afferma lo stesso stilista- discorrono silenziosamente tra loro per raccontare mezzo secolo di couture.
Tra l’altro, sfilano in mostra sette abiti da sposa, uno rosso donato dal museo Fortuny di Venezia, il vestito Fuoco con il volume del plissé verso l’alto, gli abiti-scultura «a scatola» della fine degli anni Cinquanta e quelli ispirati ai capitelli corinzi. Tratto distintivo di questa esposizione è, però, lo studio dei rapporti di Roberto Capucci con le altre arti, in primis la musica e il teatro. Ecco così che in un’ala del castello, nella sezione conclusiva del percorso espositivo della mostra, si ritrovano a sorpresa le note di Armando Trovajoli per la commedia musicale Vacanze Romane, andata in scena nel 2004 al teatro Sistina di Roma e tratta dal celebre film di William Wyler che aveva come indimenticabile protagonista l’icona della moda sofisticata e dello stile, Audrey Hepburn. Mentre nella sala della Loggia fanno mostra di sé venticinque disegni di costumi teatrali, fino ad ora inediti e presentati in catalogo da Luca Ronconi. Bozzetti, questi, pensati non per una specifica produzione, ma nati da un esercizio creativo e tesi a illustrare il desiderio del sarto-artista di misurare il proprio caleidoscopico immaginario con le potenzialità espressive e comunicative dell’abito, che diviene costume quando usa la propria forma e la propria materia per descrivere un carattere e costruire un personaggio.
Il tutto concorre a dimostrare come Roberto Capucci abbia guardato ai grandi maestri del Rinascimento, Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, Carpaccio e Tiziano, meditandone il senso del colore, i volumi delle stoffe e le architetture degli abiti. Ne emerge, dunque, il ritratto di uno stilista anticonformista, capace di dar luogo a una meravigliosa sinfonia di colori, a un grande affresco dall'opulenza rinascimentale, a uno stile inconfondibile che «come un verso di Dante o Shakespeare -scriveva Francesco Alberoni, nel 1990- si riconosce in mezzo a tutti gli altri».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] 1984, Parigi Ambasciata d’Italia. Abito-scultura in crepe seta rosso, maniche in gazaar multicolori effetto petali. Loggia Corte d’Onore Castello Odescalchi di bracciano. Foto: Claudia Primangeli; [fig. 2] 1992, Berlino Teatro Schauspielhaus. Abito scultura taffetas verde scuro vari colori nel motivo a farfalla. Giardino del granaio Castello Odescalchi di Bracciano. Foto: Claudia Primangeli; [fig. 3] 1984, Parigi Ambasciata d’Italia. Abito-scultura in crepe seta rosso, maniche in gazaar multicolori effetto petali. Loggia Corte d’Onore Castello Odescalchi di Bracciano – Foto: Claudia Primangeli; [fig. 4] 1992, Berlino Teatro Schauspielhaus. Abito scultura taffetas nero e bianco sovrapposizioni multicolori – Saloni del Piano Nobile Castello Odescalchi di Bracciano – Foto: Claudia Primangeli; [fig. 5] Abito scultura con corpino in stile capitello corinzio:Foto: Claudia Primangeli.
Informazioni utili
Sovrana eleganza. Castello Odescalchi, piazza Mazzini, 14 - Bracciano (Roma). Orari: da martedì a domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17. Biglietti: intero € 7.00, riduzione per gruppi € 5.00. Catalogo: Allemandi, Torino. Infoline: tel. 06.99802379. Web Site: www.odescalchi.it. Fino al 13 dicembre 2009.
mercoledì 21 ottobre 2009
martedì 20 ottobre 2009
Federica Galli, una vita per l’incisione
«Per me questo lavoro è il paradiso terrestre». Così Federica Galli (Soresina - Cremona, 1932 - Milano, 2009) raccontava, nel 1998, alla critica Gina Lagorio la propria passione per la professione di acquafortista, un'attività praticata per oltre mezzo secolo in modo esclusivo, fatta eccezione per qualche sporadico intervento di carattere pittorico, come i pastelli egizi del 1966.
L'artista, cremonese di nascita e milanese d'adozione, iniziò a interessarsi alla tecnica dell'incisione negli anni Cinquanta, subito dopo aver terminato gli studi a Milano, presso il liceo artistico e l'Accademia di Brera. Da allora, la sua opera grafica è stata oggetto di più di duecento mostre personali in importanti spazi espositivi italiani e stranieri; ed ha interessato qualificati critici internazionali e prestigiose firme della narrativa mondiale, tra cui Gian Alberto dell'Acqua, David Landau, Daniel Bergen, Marco Valsecchi, Giovanni Testori, Franco Russoli, Dino Buzzati e Carlo Bo.
Protagonisti del lavoro di Federica Galli sono la natura e il paesaggio, anche quello modificato dall’uomo, come ben documenta la mostra omaggio allestita fino al prossimo giovedì 24 dicembre a Milano, presso gli spazi della Compagnia del disegno. I soggetti privilegiati di queste incisioni sono, infatti, gli scorci più suggestivi della vecchia Milano, le cascine, i corsi d'acqua e i boschi della pianura padana, le bellezze della laguna veneta e dei tanti luoghi visitati, ma soprattutto i millenari e monumentali alberi d'Italia, che l’artista inizia a raffigurare a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta.
L'acquafortista, come notò il critico Luciano Caprile, «ci racconta il mondo vegetale come se parlasse di persone con cui è entrata in confidenza, (…) come se indagasse la storia privata di ciascuno, attraverso un'accurata analisi anatomica». Il suo bulino a punta di grammofono, una sorta di bisturi affilato usato per scalfire i segreti della natura, ritrae vedute evocative e nostalgiche, magiche e dolcemente incantate. Ma alla poesia si unisce sempre la fedeltà analitica al reale, un'esigenza dell'artista che è comprovata dalla sua paziente e preziosa tecnica disegnativa, fatta di «delicate righe, punti e linee filigrane», come scrive Erich Steingräber nel saggio L'arte dell'acquaforte di Federica Galli, posto in apertura del catalogo generale dell’opera dell’artista, pubblicato nel 2003 dalle edizioni Bellinzona, in occasione della sua ultima antologica a Palazzo Leone da Perego di Legnano.
Si ravvisa, dunque, in questi lavori un insieme di valori artistici consolidati che si rifanno alla miglior tradizione incisoria, soprattutto a quella dell’arte nordica, del Gotico internazionale. I referenti più prossimi delle opere dell'«inciditrice» cremonese (termine, questo, coniato appositamente per l'artista da Giovanni Testori nel 1980) sono, infatti, Grunewald, Holbein, Rembrandt, Van Eych e Dürer, ma anche paesaggisti lombardi come Borgognone, Tanzio da Varallo e Ceruti. E un'aria di «lombardità» è quella che si respira in tutta l'arte della Galli, dove, ha scritto Marco Fragonara nel Catalogo generale dell’opera dell’artista, i luoghi diventano «teatro di esperienze», «palcoscenico del quotidiano», in cui l'uomo sempre assente, è in realtà presenza costante, anima del mondo. Vedere questa mostra dell'artista cremonese, nota anche come la «Signora degli alberi» è, dunque, un po' come guardare un diario privato fatto di memorie, di sogni, di speranze e di malinconie che diventa Storia di tutti noi.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Uno dei tanti alberi monumentali incisi da Federica Galli; [fig. 2] Federica Galli, Rio dei Mendicanti, 1984-1986, acquaforte; [fig 3] Federica Galli, Il canneto, 1981, acquaforte su zinco [fig. 4] Federica Galli, Rio San Lorenzo, 1987, acquaforte su zinco.
Informazioni utili
Omaggio a Federica Galli. Compagnia del Disegno Via S. Maria Valle, 5 – Milano. Orari: martedi -Venerdi 10.00-12.30 e 16.00-19.30; sabato su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.86463510, fax 02.8053374, e-maIl: info@compagniadeldisegno.com. Sito Web: www.compagniadeldisegno.com. Fino al 24 dicembre 2009.
Per saperne di più
Il sito di Federica Galli
L’opera di Federica Galli su Critica minore
L'artista, cremonese di nascita e milanese d'adozione, iniziò a interessarsi alla tecnica dell'incisione negli anni Cinquanta, subito dopo aver terminato gli studi a Milano, presso il liceo artistico e l'Accademia di Brera. Da allora, la sua opera grafica è stata oggetto di più di duecento mostre personali in importanti spazi espositivi italiani e stranieri; ed ha interessato qualificati critici internazionali e prestigiose firme della narrativa mondiale, tra cui Gian Alberto dell'Acqua, David Landau, Daniel Bergen, Marco Valsecchi, Giovanni Testori, Franco Russoli, Dino Buzzati e Carlo Bo.
Protagonisti del lavoro di Federica Galli sono la natura e il paesaggio, anche quello modificato dall’uomo, come ben documenta la mostra omaggio allestita fino al prossimo giovedì 24 dicembre a Milano, presso gli spazi della Compagnia del disegno. I soggetti privilegiati di queste incisioni sono, infatti, gli scorci più suggestivi della vecchia Milano, le cascine, i corsi d'acqua e i boschi della pianura padana, le bellezze della laguna veneta e dei tanti luoghi visitati, ma soprattutto i millenari e monumentali alberi d'Italia, che l’artista inizia a raffigurare a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta.
L'acquafortista, come notò il critico Luciano Caprile, «ci racconta il mondo vegetale come se parlasse di persone con cui è entrata in confidenza, (…) come se indagasse la storia privata di ciascuno, attraverso un'accurata analisi anatomica». Il suo bulino a punta di grammofono, una sorta di bisturi affilato usato per scalfire i segreti della natura, ritrae vedute evocative e nostalgiche, magiche e dolcemente incantate. Ma alla poesia si unisce sempre la fedeltà analitica al reale, un'esigenza dell'artista che è comprovata dalla sua paziente e preziosa tecnica disegnativa, fatta di «delicate righe, punti e linee filigrane», come scrive Erich Steingräber nel saggio L'arte dell'acquaforte di Federica Galli, posto in apertura del catalogo generale dell’opera dell’artista, pubblicato nel 2003 dalle edizioni Bellinzona, in occasione della sua ultima antologica a Palazzo Leone da Perego di Legnano.
Si ravvisa, dunque, in questi lavori un insieme di valori artistici consolidati che si rifanno alla miglior tradizione incisoria, soprattutto a quella dell’arte nordica, del Gotico internazionale. I referenti più prossimi delle opere dell'«inciditrice» cremonese (termine, questo, coniato appositamente per l'artista da Giovanni Testori nel 1980) sono, infatti, Grunewald, Holbein, Rembrandt, Van Eych e Dürer, ma anche paesaggisti lombardi come Borgognone, Tanzio da Varallo e Ceruti. E un'aria di «lombardità» è quella che si respira in tutta l'arte della Galli, dove, ha scritto Marco Fragonara nel Catalogo generale dell’opera dell’artista, i luoghi diventano «teatro di esperienze», «palcoscenico del quotidiano», in cui l'uomo sempre assente, è in realtà presenza costante, anima del mondo. Vedere questa mostra dell'artista cremonese, nota anche come la «Signora degli alberi» è, dunque, un po' come guardare un diario privato fatto di memorie, di sogni, di speranze e di malinconie che diventa Storia di tutti noi.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Uno dei tanti alberi monumentali incisi da Federica Galli; [fig. 2] Federica Galli, Rio dei Mendicanti, 1984-1986, acquaforte; [fig 3] Federica Galli, Il canneto, 1981, acquaforte su zinco [fig. 4] Federica Galli, Rio San Lorenzo, 1987, acquaforte su zinco.
Informazioni utili
Omaggio a Federica Galli. Compagnia del Disegno Via S. Maria Valle, 5 – Milano. Orari: martedi -Venerdi 10.00-12.30 e 16.00-19.30; sabato su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.86463510, fax 02.8053374, e-maIl: info@compagniadeldisegno.com. Sito Web: www.compagniadeldisegno.com. Fino al 24 dicembre 2009.
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Il sito di Federica Galli
L’opera di Federica Galli su Critica minore
sabato 17 ottobre 2009
Lazio, a Gaeta l’«ultimo» Hans Hartung
«L'arte astratta mi sembra essere il momento più puro nella vicenda dell'arte moderna. Con essa, dopo un lungo rilassamento sul piano formale, si ha una tendenza purificatrice che era già cominciata con Paul Cézanne ed era proseguita, in Francia, con il cubismo analitico. La macchia ridiventa una macchia, il tratto un tratto, la superficie ridiventa superficie. Più che mai le opere vivono autonome, libere dalla sottomissione alla mimesi». Così Hans Hartung (Lipsia, 1904 - Antibes, 1989), uno tra i più grandi pittori informali del Novecento, dava ragione della propria ricerca creativa, del proprio interesse per un'arte che alla rappresentazione figurativa preferiva l'automatismo del gesto.
I segni netti o zigzaganti e le brillanti chiazze di colore che furono perenni compagnie di vita dell'artista, fatta eccezione per un breve iniziale periodo dalle influenze espressioniste, sono al centro della mostra Hans Hartung. L’oeuvre ultime, allestita fino al 18 ottobre a Gaeta, negli spazi della Caserma Cosenz.
L’esposizione raccoglie, in una scenografia ingegnosa costruita attorno a pilastri, sedici tele di grandi dimensioni realizzate dall’artista poco prima della sua morte (di cui si celebra quest’anno il ventesimo anniversario), ma anche fotografie e documenti.
Il ricordo di come queste ultime opere presero vita è nelle parole del gallerista Antonio Sapone, originario proprio di Gaeta: «Hartung aveva attraversato un lungo periodo di immobilità totale. Rattrappito su se stesso, quest’uomo vigoroso sentiva le sue forze abbandonarlo. Persino le sue braccia gli sembravano pesanti, inutili [...] Erano tutti consapevoli che la sua morte era vicina. Ma ci fu un ultimo sussulto. Un bel giorno, Hartung si è svegliato chiedendo di scendere con la sua sedia a rotelle fino al suo studio. Succedeva nella sua casa di Antibes, diventata in seguito la Fondazione Hartung Bergman. Ero lì. Vidi il suo sguardo meravigliato davanti agli strumenti e ai pennelli. Uno sguardo simile a quello di un bambino che scopre un regalo atteso a lungo». Due giorni più tardi, l'artista ordinava delle grandissime tele, di quattro metri per tre, e, armato di una pompa destinata al trattamento della vite, nebulizzava i suoi colori nello studio e, con il medesimo getto, le idee sulla sua opera.
Era l’ennesimo gesto di libertà creativa di un autore fuori dagli schemi, che conobbe tutti i maggiori movimenti avanguardisti del suo secolo – dagli sperimentalismi del cubismo all'astrattismo lirico di Vasilij Vasil'evich Kandinskij, dall'action painting e al tachisme - senza mai lasciarsi omologare da correnti o farsi imprigionare da definizioni, come egli stesso amava dichiarare: «in quanto a me, voglio rimanere libero di spirito, d'azione. Non lasciarmi rinchiudere, né dagli altri, né da me stesso».
Hans Hartung, vincitore del Premio di pittura alla Biennale di Venezia del 1960 con il collega Jean Faurtier, fu, dunque, ideatore di una propria personalissima e riconoscibile cifra pittorica, pressoché invariata dagli anni Venti agli ultimi giorni, che ha fatto proprie, dell'astrattismo, tutte le modalità formali: macchie e spruzzi di colore in chiave tachista, linee che sono delle vere e proprie graffiature dai cui affiora misteriosamente la fisicità della luce, segni liberi che hanno «l'aspetto zigzagante di una linea che corre attraverso la pagina» ed altri, raffinatissimi, dai colti richiami orientali creano un alfabeto ricco, come ebbe a dire Riccardo Passoni in occasione della mostra alla Gam di Torino del 2000, di «vibrazioni di un arcano lirismo». Nascono così, dunque, vere e proprie poesie coloristiche, con il loro gioco di segni dai raffinati accordi cromatici, apparentemente identici ma nuovi ad ogni sguardo, in cui si palesa un sapiente gusto musicale.
I colori di Hartung - principalmente toni di azzurro, rosa e giallo abbinati all'immancabile nero – sembrano, cioè, cantare sinfonie e provare a raccontare all'animo attento, con il loro dispiegarsi sulla tela in curve improvvise e in graffi acuti simili a ferite, di conflitti interiori. Non era stata, d'altronde, facile la vita dell'artista, a cui toccò in sorte di sperimentare il dolore della persecuzione nazista, quello della guerra e della vita militare, di cui gli rimase come indelebile ricordo l'amputazione di una gamba, e le continue schermaglie d'amore con l'artista scandinava Anna-Eva Bergman, sposata nel 1929, lasciata nel 1938, ritrovata nel 1952 e risposata nel 1957.
L'arte era stata l'ancora di salvezza di Hartung, lo strumento per raccontare i propri moti dell'animo: «scarabocchiare, grattare, agire sulla tela, dipingere infine, mi sembrano – affermava lo stesso artista - delle attività umane così immediate, spontanee e semplici come lo possono essere il canto, la danza o il gioco di un animale che corre, scalpita o si scrolla. Una pianta che cresce, la pulsazione del sangue, tutto quello che è germinazione, crescita, slancio vitale, forza viva, resistenza, dolore o gioia possono trovare la propria incarnazione particolare, il proprio segno, in una linea morbida o flessibile, curva e fiera, rigida o possente, in una macchia di colore stridente, gioioso o sinistro».
Informazioni utili
Hans Hartung. L'Oeuvre ultime. Caserma Cosenz, via Annunziata – Gaeta. Orari: dal lunedì al venerdì 17.00-22.00; sabato e domenica 10.00-12.30 e 17.00- 22.00. Ingresso: intero € 5.00, ridotto € 3.00 [studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito), minorenni e scolaresche solo se prenotate (minimo 15, massimo 25 con due accompagnatori a titolo gratuito], gratuito per bambini fino a 12 anni, portatori di handicap, giornalisti con tesserino. Informazioni: 327 8387453 (dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00). Sito web: www.hartung-gaeta.org. Fino al 18 ottobre 2009.
I segni netti o zigzaganti e le brillanti chiazze di colore che furono perenni compagnie di vita dell'artista, fatta eccezione per un breve iniziale periodo dalle influenze espressioniste, sono al centro della mostra Hans Hartung. L’oeuvre ultime, allestita fino al 18 ottobre a Gaeta, negli spazi della Caserma Cosenz.
L’esposizione raccoglie, in una scenografia ingegnosa costruita attorno a pilastri, sedici tele di grandi dimensioni realizzate dall’artista poco prima della sua morte (di cui si celebra quest’anno il ventesimo anniversario), ma anche fotografie e documenti.
Il ricordo di come queste ultime opere presero vita è nelle parole del gallerista Antonio Sapone, originario proprio di Gaeta: «Hartung aveva attraversato un lungo periodo di immobilità totale. Rattrappito su se stesso, quest’uomo vigoroso sentiva le sue forze abbandonarlo. Persino le sue braccia gli sembravano pesanti, inutili [...] Erano tutti consapevoli che la sua morte era vicina. Ma ci fu un ultimo sussulto. Un bel giorno, Hartung si è svegliato chiedendo di scendere con la sua sedia a rotelle fino al suo studio. Succedeva nella sua casa di Antibes, diventata in seguito la Fondazione Hartung Bergman. Ero lì. Vidi il suo sguardo meravigliato davanti agli strumenti e ai pennelli. Uno sguardo simile a quello di un bambino che scopre un regalo atteso a lungo». Due giorni più tardi, l'artista ordinava delle grandissime tele, di quattro metri per tre, e, armato di una pompa destinata al trattamento della vite, nebulizzava i suoi colori nello studio e, con il medesimo getto, le idee sulla sua opera.
Era l’ennesimo gesto di libertà creativa di un autore fuori dagli schemi, che conobbe tutti i maggiori movimenti avanguardisti del suo secolo – dagli sperimentalismi del cubismo all'astrattismo lirico di Vasilij Vasil'evich Kandinskij, dall'action painting e al tachisme - senza mai lasciarsi omologare da correnti o farsi imprigionare da definizioni, come egli stesso amava dichiarare: «in quanto a me, voglio rimanere libero di spirito, d'azione. Non lasciarmi rinchiudere, né dagli altri, né da me stesso».
Hans Hartung, vincitore del Premio di pittura alla Biennale di Venezia del 1960 con il collega Jean Faurtier, fu, dunque, ideatore di una propria personalissima e riconoscibile cifra pittorica, pressoché invariata dagli anni Venti agli ultimi giorni, che ha fatto proprie, dell'astrattismo, tutte le modalità formali: macchie e spruzzi di colore in chiave tachista, linee che sono delle vere e proprie graffiature dai cui affiora misteriosamente la fisicità della luce, segni liberi che hanno «l'aspetto zigzagante di una linea che corre attraverso la pagina» ed altri, raffinatissimi, dai colti richiami orientali creano un alfabeto ricco, come ebbe a dire Riccardo Passoni in occasione della mostra alla Gam di Torino del 2000, di «vibrazioni di un arcano lirismo». Nascono così, dunque, vere e proprie poesie coloristiche, con il loro gioco di segni dai raffinati accordi cromatici, apparentemente identici ma nuovi ad ogni sguardo, in cui si palesa un sapiente gusto musicale.
I colori di Hartung - principalmente toni di azzurro, rosa e giallo abbinati all'immancabile nero – sembrano, cioè, cantare sinfonie e provare a raccontare all'animo attento, con il loro dispiegarsi sulla tela in curve improvvise e in graffi acuti simili a ferite, di conflitti interiori. Non era stata, d'altronde, facile la vita dell'artista, a cui toccò in sorte di sperimentare il dolore della persecuzione nazista, quello della guerra e della vita militare, di cui gli rimase come indelebile ricordo l'amputazione di una gamba, e le continue schermaglie d'amore con l'artista scandinava Anna-Eva Bergman, sposata nel 1929, lasciata nel 1938, ritrovata nel 1952 e risposata nel 1957.
L'arte era stata l'ancora di salvezza di Hartung, lo strumento per raccontare i propri moti dell'animo: «scarabocchiare, grattare, agire sulla tela, dipingere infine, mi sembrano – affermava lo stesso artista - delle attività umane così immediate, spontanee e semplici come lo possono essere il canto, la danza o il gioco di un animale che corre, scalpita o si scrolla. Una pianta che cresce, la pulsazione del sangue, tutto quello che è germinazione, crescita, slancio vitale, forza viva, resistenza, dolore o gioia possono trovare la propria incarnazione particolare, il proprio segno, in una linea morbida o flessibile, curva e fiera, rigida o possente, in una macchia di colore stridente, gioioso o sinistro».
Informazioni utili
Hans Hartung. L'Oeuvre ultime. Caserma Cosenz, via Annunziata – Gaeta. Orari: dal lunedì al venerdì 17.00-22.00; sabato e domenica 10.00-12.30 e 17.00- 22.00. Ingresso: intero € 5.00, ridotto € 3.00 [studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito), minorenni e scolaresche solo se prenotate (minimo 15, massimo 25 con due accompagnatori a titolo gratuito], gratuito per bambini fino a 12 anni, portatori di handicap, giornalisti con tesserino. Informazioni: 327 8387453 (dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00). Sito web: www.hartung-gaeta.org. Fino al 18 ottobre 2009.
venerdì 16 ottobre 2009
Busto Arsizio, note e parole per la nuova stagione del teatro Sociale
Sarà un frizzante e benaugurale brindisi, in tempo di valzer, a tenere a battesimo la stagione 2009/2010 del teatro Sociale di Busto Arsizio, inserita nel cartellone della terza edizione di BA Teatro, rassegna cittadina che, sotto l'egida e con il contributo economico dell'amministrazione comunale, annette anche le programmazioni di Palkettostage-International theatre productions e dei teatri Manzoni e San Giovanni Bosco.
Tutti all’Opera
Il sipario della sala di piazza Plebiscito si alzerà, infatti, sul Libiamo nei lieti calici della La traviata, melodramma in tre atti e quattro scene, su libretto di Francesco Maria Piave e con musiche di Giuseppe Verdi, che mutua dalla comédie mêlée d’ariettes Le dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio.
A mettere in scena, nella serata di venerdì 27 novembre 2009, la tormentata storia d’amore tra Violetta Valery e Alfredo Germont, nonché la sua indimenticabile colonna sonora, con brani entrati prepotentemente nel comune sentire come la cabaletta Sempre libera degg’io, l’aria Addio, del passato bei sogni redenti e il duetto Parigi, o cara, noi lasceremo, sarà il Teatro dell’Opera di Milano, sotto la direzione di Mario Riccardo Migliara, insieme con la Corale lirica ambrosiana e l’Orchestra filarmonica di Milano, dirette rispettivamente da Roberto Ardigò e Vito Lo Re.
Questo giovane e preparato cast di cantanti lirici e orchestrali, attivo collaboratore dell’assessorato al Turismo, Marketing territoriale e Identità del Comune di Milano per la rassegna estiva Lirica sotto le stelle e per la stagione musicale del teatro Ciak Webank.it, si esibirà sul palcoscenico di piazza Plebiscito anche nella serata di venerdì 12 febbraio 2010 con Il barbiere di Siviglia, melodramma buffo in due atti, su libretto di Cesare Sterbini e con musiche di Gioacchino Rossini, il cui soggetto è ricavato dalla commedia Le barbier de Séville ou La précaution inutile di Pierre-Augustin-Caron de Beaumarchais.
Definito dalla critica come un’eccellente medicina contro le preoccupazioni del vivere quotidiano e le difficoltà della vita di tutti i giorni, il capolavoro rossiniano, nella rilettura del Teatro dell’Opera di Milano, andrà in scena su un antico palco della Commedia dell’arte, dove la «pazzia giocosa» e i briosi coup de théâtre che hanno reso immortale la storia del barbiere Figaro e le sue più riuscite invenzioni musicali, dalla cavatina Largo al factotum all’aria La calunnia è un venticello, la faranno da padrone.
Lo scenografico e intrigante mondo delle sette note sarà, dunque, l’attore protagonista della nuova stagione del teatro Sociale, sul cui palco, come è ormai abitudine consolidata, verrà offerto un affresco a tutto tondo della miglior tradizione drammaturgica, musicale e tersicorea italiana e internazionale, attraverso un percorso tra differenti generi: dal melodramma alla prosa, dalla commedia dialettale alla sacra rappresentazione, dall’opera buffa alla danza, dal teatro-documento alla favola per bambini.
Tra lustrini e paillettes
Otto gli spettacoli in cartellone per sei mesi di programmazione, equamente divisi tra ospitalità e produzioni interne, che vedranno, tra gli altri, calcare la scena interpreti amati dal grande pubblico, come I Legnanesi di Felice Musazzi, e realtà attive sul territorio locale, quali il Centro arte danza di Olgiate Olona.
«La Teresa», «la Mabilia» e «il Giuan» saliranno sul palco nato per volontà dei conti Carolina e Giulio Durini, nelle serate di martedì 2, mercoledì 3 e giovedì 4 marzo 2010, con la nuova rivista Oh vita, oh vita straca.
Dalla magia dei balletti al racconto della realtà sociale dei cortili, passando per le scene umoristiche ispirate a fatti d’attualità (su tutti la recessione economica) e per i tradizionali cliché comico-sentimentali del «trio più sgangherato d’Italia»: tutto il meglio del repertorio che ha fatto apprezzare la compagnia fondata sessant’anni fa da Felice Musazzi, e oggi diretta da Antonio Provasio, farà divertire e sorridere per tre serate il pubblico di piazza Plebiscito, conducendolo addirittura nella fredda e nevosa Mosca dei «nuovi ricchi russi».
Il Centro arte danza di Olgiate Olona e la sua direttrice artistica, Antonella Colombo, cureranno, invece, la selezione delle coreografie per Danzarte, vetrina dedicata all’arte tersicorea che, giovedì 15 aprile 2010, vedrà sfilare nella sala di piazza Plebiscito alcune delle migliori compagnie di balletto delle province di Milano, Varese e Novara.
Calendario alla mano
Fiore all’occhiello della stagione 2009/2010, insieme con il mini-cartellone dedicato all’opera lirica, sarà una serie di eventi legati alle principali ricorrenze del calendario, tutti prodotti dall’associazione culturale Educarte e interpretati dagli Attori del teatro Sociale, sotto la regia di Delia Cajelli.
Si inizierà venerdì 18 dicembre 2009 con Il pianeta degli alberi di Natale, favola natalizia nata nel 1962 dall’estro di Gianni Rodari, che condurrà grandi e piccini in un paese fantascientifico e utopico, dove gli orologi hanno un delizioso sapore di cioccolato, le vetrine sono senza vetri, la settimana dura tre giorni festivi (un sabato e due domeniche), non esistono le parole «ammazzare», «odiare», «guerra» e tutti gli abitanti si dedicano solo alle scienze, alle arti e alla politica.
Si proseguirà mercoledì 27 gennaio 2010 con un recital ideato per commemorare la nona Giornata della memoria: Hábermann, ultima testimone del silenzio, dedicato alla storia di Anna Maria Hábermann e di suo padre Aládar, medico ebreo ungherese, trapiantato a Busto Arsizio nel 1933, che aiutò e assistette profughi ebrei e perseguitati dal nazifascismo nel territorio della provincia di Varese, mentre nella sua terra natale perdeva i genitori e il figlio primogenito, Tamás, scomparsi in lager nazisti.
In concomitanza con la Pasqua, nella serata di mercoledì 31 marzo 2010, è, infine, prevista una sacra rappresentazione, dal titolo Donna de Paradiso lo tuo figlio è priso, che vedrà trasformarsi in palcoscenico i suggestivi spazi rinascimentali del santuario di Santa Maria di piazza e che focalizzerà la sua attenzione sulle figure femminili (la Madonna, Maria Maddalena, Veronica e le pie donne) che costellano il racconto del calvario della Croce e della morte del Signore.
Gran finale con Pirandello
Non poteva, infine, mancare nella programmazione del teatro Sociale l’ormai consueto spettacolo di e su Luigi Pirandello, commissionato dal Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento per la serata d’onore dell’annuale convegno internazionale sull’opera dello scrittore di Uno, nessuno e centomila, in programma in Sicilia nel mese di dicembre. Quest’anno l’attenzione si focalizzerà su due atti unici, L’uomo dal fiore in bocca e Cecè, l’uno (già presentato a Budapest, in Ungheria, questa primavera) espressione di quel senso di ineluttabile incomunicabilità tra gli individui e di struggente consapevolezza della finitudine umana che anima gran parte della letteratura novecentesca, l’altro ritratto scanzonato di un’«Italietta» senza dignità, soffocata da dissolutezze e corruzioni politiche. L’appuntamento è fissato per giovedì 29 aprile 2010, in chiusura di stagione. Il «Buonanotte, mio caro signore» dell’«Uomo dal fiore in bocca», accompagnato da discorsi sulla villeggiatura e sulle sua abitudini, calerà, dunque, il sipario sul palcoscenico della «sala grande» del teatro Sociale. Tutti gli spettacoli avranno inizio alle 21.00.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Una scena dell'opera lirica La traviata, con il Teatro dell'Opera di Milano; [fig. 2 e fig. 7] Una scena dell'opera lirica Il barbiere di Siviglia, con il Teatro dell'Opera di Milano; [fig. 4 e fig. 6] Una scena dello spettacolo Isadora. Omaggio alla Duncan, presentato dal Centro arte danza di Olgiate Olona presso il teatro Sociale di Busto Arsizio. Foto: Silvia Consolmagno; [fig. 5] Una scena di Cecè di Luigi Pirandello. Foto: silvia Consolmagno.
Informazioni utili
Ba Teatro - Stagione cittadina 2009/2010. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Biglietti: Oh vita, oh vita straca...primo settore platea € 38.00, secondo settore platea € 35.00, galleria € 30.00; La traviata e Il barbiere di Siviglia, intero € 32.00, platea € 25.00, galleria € 20.00, Danzarte, Il pianeta degli alberi di Natale e L'uomo dal fiore in bocca - Cecè, intero € 16.00, ridotto € 12.00; Hábermann, ultima testimone del silenzio «Donna de Paradiso lo tuo figliolo è priso, ingresso libero e gratuito. Le riduzioni sono riservate a giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone. Botteghino: il botteghino del teatro Sociale, ubicato in piazza Plebiscito 8, presso gli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e sabato, dalle 10.00 alle 12.00. E’ possibile prenotare telefonicamente, al numero 0331.679000, tutti i giorni feriali, secondo il seguente orario: dal lunedì al venerdì, dalle 16.00 alle 18.00; il sabato, dalle 10.00 alle 12.00. Informazioni: tel. 0331.679000, e-mail: info@teatrosociale.it. Web Site: www.teatrosociale.it.
venerdì 11 settembre 2009
«11 settembre», al Mart un’installazione di Stefano Cagol
11 settembre 2001, ore 8.45: un Boeing 767 della American Airlines si schianta su una delle Twin Towers di New York. Pochi minuti dopo, un aereo di linea della United impatta contro la torre sud del World Trade Center. Inizia così la cronaca di un giorno che nessuno potrà mai dimenticare, il giorno che ha cambiato per sempre il corso della nostra storia e che ha modificato il quadro della politica internazionale.
Ma quanti altri 11 settembre del nostro passato, oltre a quello di otto anni fa, sono rimasti scritti nel grande libro dei fatti? Quello del 1903 con la nascita del filosofo Theodor Adorno, quello del 1944 con il bombardamento della città tedesca di Darmstadt, ma anche e, forse, soprattutto quello del 1973 con il golpe militare di Augusto Pinochet in Cile e la morte di Salvatore Allende. Questi e molti altri eventi sono rievocati nell’installazione 11 settembre, che il trentino Stefano Cagol presenta contemporaneamente in tre musei europei: il Mart di Rovereto, la Kunstraum di Innsbruck e lo ZKM di Karlsruhe. Un progetto, questo, che si propone di riflettere sui concetti di storia, di identità individuale e condivisa, di cambiamento, di ripetizione e, naturalmente, di morte e di nascita, partendo dalla sovrapposizione tra un evento collettivo, quale l’attacco terroristico alle Twin Towers, e un fatto privato, come il compleanno dell’artista.
Nel museo trentino, l’installazione consiste in un display led con scritte scorrevoli, sistemato in uno spazio destinato al passaggio e alla sosta dei visitatori quale l’ingresso, così da sottolineare l’intenzione dell’artista di mettersi in comunicazione con tutti.
Su questo schermo scorrono delle date e delle descrizioni di eventi, fatti di portata minuscola o enorme, avvenuti in tutto il mondo l’11 settembre. L’elenco è estratto da un archivio collettivo e aperto, in continua evoluzione -l’enciclopedia libera Wikipedia- per sottolineare l’idea di una memoria condivisa, non imposta e non chiusa.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Stefano Cagol, Adorno born on September 11th, 2009, photo print; [fig. 2] Stefano Cagol, Allende Vive, September 11th, 2009; [fig. 3] Stefano Cagol, Darmstadt destroyed on September 11th, 2009, photo print.
Informazioni utili
11 settembre. Mart, Corso Bettini, 43 - Rovereto (Trento). Orari: martedì– domenica 10.00-18.00; venerdì 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 10.00, ridotto € 7.00, gratuito fino a 18 anni e sopra i 65, scuole € 1.00 per studente. Informazioni e prenotazioni numero verde 800.397760, tel.0464. 438887, info@mart.trento.it. Sito Web: www.mart.trento.it. Fino all’11 ottobre 2009.
Per saperne di più
www.11settembre.org
www.stefanocagol.com
Ma quanti altri 11 settembre del nostro passato, oltre a quello di otto anni fa, sono rimasti scritti nel grande libro dei fatti? Quello del 1903 con la nascita del filosofo Theodor Adorno, quello del 1944 con il bombardamento della città tedesca di Darmstadt, ma anche e, forse, soprattutto quello del 1973 con il golpe militare di Augusto Pinochet in Cile e la morte di Salvatore Allende. Questi e molti altri eventi sono rievocati nell’installazione 11 settembre, che il trentino Stefano Cagol presenta contemporaneamente in tre musei europei: il Mart di Rovereto, la Kunstraum di Innsbruck e lo ZKM di Karlsruhe. Un progetto, questo, che si propone di riflettere sui concetti di storia, di identità individuale e condivisa, di cambiamento, di ripetizione e, naturalmente, di morte e di nascita, partendo dalla sovrapposizione tra un evento collettivo, quale l’attacco terroristico alle Twin Towers, e un fatto privato, come il compleanno dell’artista.
Nel museo trentino, l’installazione consiste in un display led con scritte scorrevoli, sistemato in uno spazio destinato al passaggio e alla sosta dei visitatori quale l’ingresso, così da sottolineare l’intenzione dell’artista di mettersi in comunicazione con tutti.
Su questo schermo scorrono delle date e delle descrizioni di eventi, fatti di portata minuscola o enorme, avvenuti in tutto il mondo l’11 settembre. L’elenco è estratto da un archivio collettivo e aperto, in continua evoluzione -l’enciclopedia libera Wikipedia- per sottolineare l’idea di una memoria condivisa, non imposta e non chiusa.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Stefano Cagol, Adorno born on September 11th, 2009, photo print; [fig. 2] Stefano Cagol, Allende Vive, September 11th, 2009; [fig. 3] Stefano Cagol, Darmstadt destroyed on September 11th, 2009, photo print.
Informazioni utili
11 settembre. Mart, Corso Bettini, 43 - Rovereto (Trento). Orari: martedì– domenica 10.00-18.00; venerdì 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 10.00, ridotto € 7.00, gratuito fino a 18 anni e sopra i 65, scuole € 1.00 per studente. Informazioni e prenotazioni numero verde 800.397760, tel.0464. 438887, info@mart.trento.it. Sito Web: www.mart.trento.it. Fino all’11 ottobre 2009.
Per saperne di più
www.11settembre.org
www.stefanocagol.com
«Con-Vivere Festival 2009»: cultura, miti e problemi americani ai raggi X
Stelle e strisce di marmo bianco a Massa Carrara. Sarà un’imponente bandiera americana, della superficie di oltre cinque metri quadrati e del peso di più due tonnellate, realizzata dallo scultore Luciano Massari il simbolo della quarta edizione di Con-vivere Carrara Festival, manifestazione promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, che vede alla direzione artistica Remo Bodei.
Da oggi, ottavo anniversario dell’attentato terroristico alle Twin Towers di New York, la città toscana vedrà, per tre giorni, giornalisti, intellettuali, filosofi, militari, registi, critici cinematografici, musicisti, scrittori, economisti e storici confrontarsi su temi quali l’ascesa di Obama, la crisi economica e finanziaria statunitense, gli Usa come terra di grandi sogni e grandi opportunità. Temi, questi, tutti riuniti sotto il titolo «America oggi».
Sedici conferenze e incontri di parola, sette appuntamenti musicali, quattro proiezioni cinematografiche e due mostre a tema, ma anche laboratori creativi per bambini, un mercatino di oggetti made in Usa, aperitivi in piazza sono gli elementi che compongono la kermesse, alla quale prenderanno parte importanti protagonisti della cultura italiana come Tito Boeri, Mario Calabresi, Beppe Severgnini, Massimo Teodori, Walter Veltroni e apprezzati musicisti internazionali quali Renzo Arbore, Lee Konitz, Marco di Maggio e Beppe Gambetta, che si esibiranno con il loro miglior repertorio jazz.
Tra gli eventi collaterali, si segnalano l’annullo filatelico e la mostra itinerante American Roadside Architecture, in calendario fino al 19 settembre (tutti i giorni, 10.00-13.00 e 16.00-20.00) presso gli spazi dell'Accademia di Belle arti di Carrara.
Attraverso cinquantacinque immagini, John Margolies documenta la lenta scomparsa di un tipo singolare di architettura popolare americana fiorita nella prima metà del XX secolo lungo le strade d'America e oggi quasi del tutto scomparsa: il Mom and Pop business, creato appositamente per catturare l'attenzione dei turisti e degli automobilisti e obbligarli ad uno stop in una stazione di servizio, in un'area di ristoro, in un piccolo motel.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] La bandiera americana in marmo dello scultore Luciano Massari; [fig. 2 e fig. 3] Immagine di John Margolies per la mostra American Roadside Architecture
Informazioni utili
Con-vivere Carrara Festival. Massa Carrara – sedi varie. Dall’11 al 13 settembre 2009. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: tel. 0585.55249, fax 0585.775219, info@con-vivere.it. Sito Web: www.con-vivere.it.
Da oggi, ottavo anniversario dell’attentato terroristico alle Twin Towers di New York, la città toscana vedrà, per tre giorni, giornalisti, intellettuali, filosofi, militari, registi, critici cinematografici, musicisti, scrittori, economisti e storici confrontarsi su temi quali l’ascesa di Obama, la crisi economica e finanziaria statunitense, gli Usa come terra di grandi sogni e grandi opportunità. Temi, questi, tutti riuniti sotto il titolo «America oggi».
Sedici conferenze e incontri di parola, sette appuntamenti musicali, quattro proiezioni cinematografiche e due mostre a tema, ma anche laboratori creativi per bambini, un mercatino di oggetti made in Usa, aperitivi in piazza sono gli elementi che compongono la kermesse, alla quale prenderanno parte importanti protagonisti della cultura italiana come Tito Boeri, Mario Calabresi, Beppe Severgnini, Massimo Teodori, Walter Veltroni e apprezzati musicisti internazionali quali Renzo Arbore, Lee Konitz, Marco di Maggio e Beppe Gambetta, che si esibiranno con il loro miglior repertorio jazz.
Tra gli eventi collaterali, si segnalano l’annullo filatelico e la mostra itinerante American Roadside Architecture, in calendario fino al 19 settembre (tutti i giorni, 10.00-13.00 e 16.00-20.00) presso gli spazi dell'Accademia di Belle arti di Carrara.
Attraverso cinquantacinque immagini, John Margolies documenta la lenta scomparsa di un tipo singolare di architettura popolare americana fiorita nella prima metà del XX secolo lungo le strade d'America e oggi quasi del tutto scomparsa: il Mom and Pop business, creato appositamente per catturare l'attenzione dei turisti e degli automobilisti e obbligarli ad uno stop in una stazione di servizio, in un'area di ristoro, in un piccolo motel.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] La bandiera americana in marmo dello scultore Luciano Massari; [fig. 2 e fig. 3] Immagine di John Margolies per la mostra American Roadside Architecture
Informazioni utili
Con-vivere Carrara Festival. Massa Carrara – sedi varie. Dall’11 al 13 settembre 2009. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: tel. 0585.55249, fax 0585.775219, info@con-vivere.it. Sito Web: www.con-vivere.it.
Futurismo, Siena celebra il mito della velocità
I tesori d'arte del Trecento e del Quattrocento senese, con le loro ricche decorazione dalle cromie sgargianti e i loro ieratici fondi color zafferano, incontrano la dirompente vitalità del Futurismo, con il suo culto del tempo veloce e del dinamismo simultaneo. Accade alla Pinacoteca nazionale di Siena, dove fino a domenica 4 ottobre va in scena la mostra Macchine! Spirito della meccanica tra i fondi d’oro, promossa dalla soprintendenza per i Beni artistici e storici di Siena e Grosseto, dagli assessorati alla Cultura del Comune e della Provincia di Siena e dalla Fondazione Monte Paschi attraverso Vernice progetti culturali.
Automobili e motociclette d’epoca futurista, datate tra il 1909 e il 1930, formano il cuore pulsante della rassegna, curata da Gabriele Borghini e nata come omaggio al più noto movimento avanguardista italiano, nell'anniversario dei cent'anni dalla pubblicazione del suo primo manifesto sul quotidiano francese Le Figaro.
Ad aprire il percorso espositivo è una Fiat 0 del 1913, che ricorda la famosa caduta nel fosso di Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta nel 1908, alla guida di una Fiat 4 cc. Sempre all’ingresso, accanto al pozzo del cortile coperto, sono esposte due sidecars: una Harley Davidson del 1917 e una Triumph del 1922. Al secondo piano della pinacoteca, nei tre saloni dei fondi d’oro, è, invece, possibile ammirare una carrellata di moto Guzzi, Frera, Gilera, Bianchi, Indian, Bmw e Peugeot.
L'esposizione senese, il cui allestimento minimalista è stato realizzato da Alberto Scarampi di Pruney, non guarda, però, solo alla macchina come invenzione figurativa e oggetto artistico, ma ne celebra anche la meccanica interna, i telai quali vere e proprie costruzioni architettoniche, attraverso un curioso gioco di specchi che mette in relazione modelli anatomici, in gesso o cera, con opere pittoriche di straordinaria complessità compositiva, nelle quali il movimento e la tensione energetica dei corpi assume il significato di macchina espressiva.
Nella sala del Beccafumi, dominata dal grande dipinto Caduta degli angeli ribelli, è allestito, per esempio, il confronto con una straordinaria tela del primo Novecento XXI secolo di Giovan Battista Crema, di proprietà del cantante Lucio Dalla e raffigurante l’inferno umano, dove compaiono anatomie nude e avviluppate in un vortice ineluttabile. Nella sala dei disegni al tratto, preparatori per il pavimento del Duomo di Siena, si trovano, invece, allineati modelli anatomici sezionati per mostrarne gli ingranaggi interni, oltre a due motori di automobili degli anni ’20, a una colonna vertebrale in formaldeide dentro il suo contenitore vitreo ed altri reperti e materiali.
In concomitanza con la mostra, la Sala del cenacolo accoglie l’opera Splendore simultaneo del Palio di Siena (1937) di Corrado Forlin, ambientata in un allestimento teatrale, a cura di Andrea Milani, tratto da Il Palio di Siena di Duilio Cambellotti con riferimenti a disegni di bandiere di quel periodo conservate nei musei delle diciassette contrade e decorate con motivi geometrici e raggisti.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Corrado Forlin, Splendore simultaneo del Palio di Siena, 1937. [fig. 2 e fig. 3] Visioni d’insieme dell’allestimento della mostra Macchine! Spirito della meccanica tra i fondi d’oro.
Informazioni utili
Macchine! Spirito della meccanica tra i fondi d’oro. Pinacoteca nazionale di Siena - Siena. Orari: da martedì a sabato, ore 10.00 -18.00; lunedì, domenica e festivi, ore 9.00–13.00. Ingresso: intero €4.00; ridotto €2.00 (cittadini dell' Unione europea tra 18 e 25 anni, insegnati di ruolo nelle scuole statali); gratuito per cittadini dell' Unione europea di età inferiore ai 18 anni o superiore ai 65 anni; studenti e docenti delle Facoltà di Architettura e di Lettere - indirizzo Storia dell'arte; dipendenti Mbac; guide turistiche autorizzate nell'esercizio della propria attività, appartenenti all' Icom. Catalogo: Protagon, Siena. Informazioni: tel. 0577.286143 o pinacoteca.siena@libero.it. Fino a domenica 4 ottobre 2009.
Automobili e motociclette d’epoca futurista, datate tra il 1909 e il 1930, formano il cuore pulsante della rassegna, curata da Gabriele Borghini e nata come omaggio al più noto movimento avanguardista italiano, nell'anniversario dei cent'anni dalla pubblicazione del suo primo manifesto sul quotidiano francese Le Figaro.
Ad aprire il percorso espositivo è una Fiat 0 del 1913, che ricorda la famosa caduta nel fosso di Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta nel 1908, alla guida di una Fiat 4 cc. Sempre all’ingresso, accanto al pozzo del cortile coperto, sono esposte due sidecars: una Harley Davidson del 1917 e una Triumph del 1922. Al secondo piano della pinacoteca, nei tre saloni dei fondi d’oro, è, invece, possibile ammirare una carrellata di moto Guzzi, Frera, Gilera, Bianchi, Indian, Bmw e Peugeot.
L'esposizione senese, il cui allestimento minimalista è stato realizzato da Alberto Scarampi di Pruney, non guarda, però, solo alla macchina come invenzione figurativa e oggetto artistico, ma ne celebra anche la meccanica interna, i telai quali vere e proprie costruzioni architettoniche, attraverso un curioso gioco di specchi che mette in relazione modelli anatomici, in gesso o cera, con opere pittoriche di straordinaria complessità compositiva, nelle quali il movimento e la tensione energetica dei corpi assume il significato di macchina espressiva.
Nella sala del Beccafumi, dominata dal grande dipinto Caduta degli angeli ribelli, è allestito, per esempio, il confronto con una straordinaria tela del primo Novecento XXI secolo di Giovan Battista Crema, di proprietà del cantante Lucio Dalla e raffigurante l’inferno umano, dove compaiono anatomie nude e avviluppate in un vortice ineluttabile. Nella sala dei disegni al tratto, preparatori per il pavimento del Duomo di Siena, si trovano, invece, allineati modelli anatomici sezionati per mostrarne gli ingranaggi interni, oltre a due motori di automobili degli anni ’20, a una colonna vertebrale in formaldeide dentro il suo contenitore vitreo ed altri reperti e materiali.
In concomitanza con la mostra, la Sala del cenacolo accoglie l’opera Splendore simultaneo del Palio di Siena (1937) di Corrado Forlin, ambientata in un allestimento teatrale, a cura di Andrea Milani, tratto da Il Palio di Siena di Duilio Cambellotti con riferimenti a disegni di bandiere di quel periodo conservate nei musei delle diciassette contrade e decorate con motivi geometrici e raggisti.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Corrado Forlin, Splendore simultaneo del Palio di Siena, 1937. [fig. 2 e fig. 3] Visioni d’insieme dell’allestimento della mostra Macchine! Spirito della meccanica tra i fondi d’oro.
Informazioni utili
Macchine! Spirito della meccanica tra i fondi d’oro. Pinacoteca nazionale di Siena - Siena. Orari: da martedì a sabato, ore 10.00 -18.00; lunedì, domenica e festivi, ore 9.00–13.00. Ingresso: intero €4.00; ridotto €2.00 (cittadini dell' Unione europea tra 18 e 25 anni, insegnati di ruolo nelle scuole statali); gratuito per cittadini dell' Unione europea di età inferiore ai 18 anni o superiore ai 65 anni; studenti e docenti delle Facoltà di Architettura e di Lettere - indirizzo Storia dell'arte; dipendenti Mbac; guide turistiche autorizzate nell'esercizio della propria attività, appartenenti all' Icom. Catalogo: Protagon, Siena. Informazioni: tel. 0577.286143 o pinacoteca.siena@libero.it. Fino a domenica 4 ottobre 2009.
Bambini di Beslan, una mostra ricorda la strage
1° settembre 2004. Beslan, Ossezia del Nord. Un gruppo di trentadue fondamentalisti islamici e separatisti ceceni prende in ostaggio, per tre lunghissimi giorni, circa 1.300 persone della scuola Numero Uno. L’assalto dei corpi speciali russi si trasforma in una strage: più di 300 i morti, tra cui 186 bambini, e oltre 700 i feriti.
Cinque anni dopo, l’eco dell’eccidio di Beslan rivive, negli spazi della CreaCityGate di Milano, attraverso le sculture visionarie di Vannetta Cavallotti, accompagnate dai versi di diciassette poeti italiani, selezionati da Guido Oldani, tra i quali Luciano Erba, Maurizio Cucchi e Arturo Schwarz.
Centoottantasei sono le formelle che costituiscono l’intero lavoro dell’artista bergamasca in ricordo della stage osseziana, in memoria «di coloro che sono caduti,– racconta la stessa autrice- ma anche di quelli che, sopravvissuti, avranno per sempre negli occhi e nella mente l’orrore di ciò che hanno visto».
Di queste opere, la mostra milanese ne propone circa una trentina, eseguite con tecniche miste e materiali eterogenei (resina poliestere, marmo, collage grafico, object trouvé, fotografie, carte giapponesi), ciascuna delle quali, come una sorta di reliquiario, pietrifica e imbriglia in una dimensione metafisica paure, emozioni e angosce dei bambini di Beslan, ma anche i pensieri rassicuranti che corrono ai genitori, alle loro case con i giocattoli e agli oggetti del quotidiano.
Nel singolare allestimento ideato dallo Studio Datei Nani di Bergamo, le formelle sono accostate a un nucleo di sculture bianche, veri e propri calchi di libri sui quali l’artista è intervenuta con tecniche miste all’acqua per narrare metaforicamente la tragedia, nello stratificarsi di immagini evocative.
Tutto intorno alle opere dedicate al dramma e alla memoria, si dispongono le sculture dell’attesa: piccole case con interventi di fibre ottiche evocano il villaggio che attende il ritorno dei suoi bambini; una sontuosa sedia antica, inglobata in un blocco di resina trasparente, congela l’attesa; un paio di candidi scarponi camminano seguiti da una folla di occhi che guardano dritto verso lo spettatore, condensando nell’atto del vedere la presa di coscienza di un dramma reale; una grande bambola di cera e un dinosauro di gesso riconducono alla tenerezza dei giochi d’infanzia.
A rappresentare i due poli del percorso visivo, sono, infine, due grandi sculture: da un lato il fantasma della morte, dall’altro il bronzo dell’angelo velato, dal quale spira tutta la leggerezza e la dolcezza di una Resurrezione.
Didascalie
[fig. 1] Vannetta Cavallotti, Beslan, 2008. Installazione, gesso e carta; [fig. 2] Vannetta Cavallotti, Libro X, 2008, carta e gesso; [fig. 3] Vannetta Cavallotti, Opera n. 29, 2008, resina, poliestere, marmo, collage grafico, fotografie, carte giapponesi.
Informazioni utili
Vannetta Cavallotti. Bambini di Beslan. CreaCityGate, viale Pasubio, 14 - Milano. Orari: 11.00-19.00; chiuso la domenica e il lunedì. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: tel. 331.7801559. Catalogo: disponibile in mostra. Fino all’8 ottobre 2009.
Cinque anni dopo, l’eco dell’eccidio di Beslan rivive, negli spazi della CreaCityGate di Milano, attraverso le sculture visionarie di Vannetta Cavallotti, accompagnate dai versi di diciassette poeti italiani, selezionati da Guido Oldani, tra i quali Luciano Erba, Maurizio Cucchi e Arturo Schwarz.
Centoottantasei sono le formelle che costituiscono l’intero lavoro dell’artista bergamasca in ricordo della stage osseziana, in memoria «di coloro che sono caduti,– racconta la stessa autrice- ma anche di quelli che, sopravvissuti, avranno per sempre negli occhi e nella mente l’orrore di ciò che hanno visto».
Di queste opere, la mostra milanese ne propone circa una trentina, eseguite con tecniche miste e materiali eterogenei (resina poliestere, marmo, collage grafico, object trouvé, fotografie, carte giapponesi), ciascuna delle quali, come una sorta di reliquiario, pietrifica e imbriglia in una dimensione metafisica paure, emozioni e angosce dei bambini di Beslan, ma anche i pensieri rassicuranti che corrono ai genitori, alle loro case con i giocattoli e agli oggetti del quotidiano.
Nel singolare allestimento ideato dallo Studio Datei Nani di Bergamo, le formelle sono accostate a un nucleo di sculture bianche, veri e propri calchi di libri sui quali l’artista è intervenuta con tecniche miste all’acqua per narrare metaforicamente la tragedia, nello stratificarsi di immagini evocative.
Tutto intorno alle opere dedicate al dramma e alla memoria, si dispongono le sculture dell’attesa: piccole case con interventi di fibre ottiche evocano il villaggio che attende il ritorno dei suoi bambini; una sontuosa sedia antica, inglobata in un blocco di resina trasparente, congela l’attesa; un paio di candidi scarponi camminano seguiti da una folla di occhi che guardano dritto verso lo spettatore, condensando nell’atto del vedere la presa di coscienza di un dramma reale; una grande bambola di cera e un dinosauro di gesso riconducono alla tenerezza dei giochi d’infanzia.
A rappresentare i due poli del percorso visivo, sono, infine, due grandi sculture: da un lato il fantasma della morte, dall’altro il bronzo dell’angelo velato, dal quale spira tutta la leggerezza e la dolcezza di una Resurrezione.
Didascalie
[fig. 1] Vannetta Cavallotti, Beslan, 2008. Installazione, gesso e carta; [fig. 2] Vannetta Cavallotti, Libro X, 2008, carta e gesso; [fig. 3] Vannetta Cavallotti, Opera n. 29, 2008, resina, poliestere, marmo, collage grafico, fotografie, carte giapponesi.
Informazioni utili
Vannetta Cavallotti. Bambini di Beslan. CreaCityGate, viale Pasubio, 14 - Milano. Orari: 11.00-19.00; chiuso la domenica e il lunedì. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: tel. 331.7801559. Catalogo: disponibile in mostra. Fino all’8 ottobre 2009.
lunedì 22 giugno 2009
Muro di Berlino, un italiano apre i festeggiamenti per il ventennale
Parla italiano il primo atto delle manifestazioni per il ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino, il cui culmine verrà raggiunto nella giornata del 9 novembre.
Da martedì 23 a sabato 27 giugno, la città tedesca ospita, infatti, il maestro Giampaolo Talani con l’installazione Die mauer – Berlino oltre la duna. Gli ombrelli della libertà.
Per ricordare questo importante avvenimento della storia recente, l’artista livornese, classe 1955, farà «volare» circa cento ombrelli da spiaggia a righe bianche e blu oltre l’East Side Gallery, il tratto di milletrecento metri del vecchio muro, ormai consacrato alla storia e interamente dipinto da artisti di tutto il mondo, tra i quali Kasra Alavi, Kani Alavi, Jim Avignon, Thierry Noir, Ingeborg Blumenthal e Ignasi Blanch i Gisbert. «Gli ombrelli –si legge in una nota stampa- “nasceranno” dal busto di una grande statua di marinaio, collocata al centro della piazza che interrompe la linea del muro, ai margini della Sprea, il fiume di Berlino».
L’artista toscano, conosciuto al grande pubblico per l’affresco Partenze alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella, porta, dunque, oltre confine uno dei suoi simboli ricorrenti: gli ombrelloni da spiaggia, oggetti familiari e romantici, «simbolo dei pensieri, che volano via assieme all’anima e che vanno chissà dove in balia dei venti della vita».
Le autorità berlinesi hanno voluto ospitare l’istallazione di Gianpaolo Talani, avendone riconosciuto il valore di forte metafora di libertà già nel maggio 2008, quando, con una garbata “follia”, il maestro livornese salutò la città Firenze e l’inaugurazione della sua personale, Rosa dei venti, nella suggestiva cornice di palazzo Vecchio, con una colorata teoria bianco-blu di ombrelli da spiaggia disposti a forma di giglio sul suolo di piazza Signoria.
Così l’artista –nella brochure di invito- presenta la sua nuova opera: «Spesso accade che il vento si confonde e fa volare, di qua o di là da un muro anche gli uomini assieme agli ombrelli. Bisogna capire però che tra gli uni e gli altri non c’è poi tanta differenza. Tutti e due hanno scheletro, meccanismi ad incastro ed estremità che si aprono e si chiudono, ricoperti di stoffa colorata. E’ facile sbagliare! Il vento poi non ha occhi, è solo un respiro forte e veloce, e gli ombrelli non sono interessati dal pensiero della libertà o da quello della prigione. Sta dunque solo, e come sempre, agli uomini dover scegliere quali ombrelli prendere al volo e stringere forte. Quando il vento arriva a portarli via». Gli ombrelloni, insomma, non portano libertà, ma sono liberi di andare dove vogliono. Ci aiutano a ricordare che tutto sarà spazzato via, come le nuvole, da un vento.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Una veduta della East Side Gallery di Berlino; [fig. 2] L'installazione di Gianpaolo Talani per il ventennale della caduta del muro di Berlino; [fig. 3] L'installazione Rosa dei venti in piazza della Signoria, a Firenze. Maggio 2008.
Per saperne di più
La brochure di Die mauer – Berlino oltre la duna. Gli ombrelli della libertà
Da martedì 23 a sabato 27 giugno, la città tedesca ospita, infatti, il maestro Giampaolo Talani con l’installazione Die mauer – Berlino oltre la duna. Gli ombrelli della libertà.
Per ricordare questo importante avvenimento della storia recente, l’artista livornese, classe 1955, farà «volare» circa cento ombrelli da spiaggia a righe bianche e blu oltre l’East Side Gallery, il tratto di milletrecento metri del vecchio muro, ormai consacrato alla storia e interamente dipinto da artisti di tutto il mondo, tra i quali Kasra Alavi, Kani Alavi, Jim Avignon, Thierry Noir, Ingeborg Blumenthal e Ignasi Blanch i Gisbert. «Gli ombrelli –si legge in una nota stampa- “nasceranno” dal busto di una grande statua di marinaio, collocata al centro della piazza che interrompe la linea del muro, ai margini della Sprea, il fiume di Berlino».
L’artista toscano, conosciuto al grande pubblico per l’affresco Partenze alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella, porta, dunque, oltre confine uno dei suoi simboli ricorrenti: gli ombrelloni da spiaggia, oggetti familiari e romantici, «simbolo dei pensieri, che volano via assieme all’anima e che vanno chissà dove in balia dei venti della vita».
Le autorità berlinesi hanno voluto ospitare l’istallazione di Gianpaolo Talani, avendone riconosciuto il valore di forte metafora di libertà già nel maggio 2008, quando, con una garbata “follia”, il maestro livornese salutò la città Firenze e l’inaugurazione della sua personale, Rosa dei venti, nella suggestiva cornice di palazzo Vecchio, con una colorata teoria bianco-blu di ombrelli da spiaggia disposti a forma di giglio sul suolo di piazza Signoria.
Così l’artista –nella brochure di invito- presenta la sua nuova opera: «Spesso accade che il vento si confonde e fa volare, di qua o di là da un muro anche gli uomini assieme agli ombrelli. Bisogna capire però che tra gli uni e gli altri non c’è poi tanta differenza. Tutti e due hanno scheletro, meccanismi ad incastro ed estremità che si aprono e si chiudono, ricoperti di stoffa colorata. E’ facile sbagliare! Il vento poi non ha occhi, è solo un respiro forte e veloce, e gli ombrelli non sono interessati dal pensiero della libertà o da quello della prigione. Sta dunque solo, e come sempre, agli uomini dover scegliere quali ombrelli prendere al volo e stringere forte. Quando il vento arriva a portarli via». Gli ombrelloni, insomma, non portano libertà, ma sono liberi di andare dove vogliono. Ci aiutano a ricordare che tutto sarà spazzato via, come le nuvole, da un vento.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Una veduta della East Side Gallery di Berlino; [fig. 2] L'installazione di Gianpaolo Talani per il ventennale della caduta del muro di Berlino; [fig. 3] L'installazione Rosa dei venti in piazza della Signoria, a Firenze. Maggio 2008.
Per saperne di più
La brochure di Die mauer – Berlino oltre la duna. Gli ombrelli della libertà
domenica 14 giugno 2009
«ShowDance '70», negli anni Settanta a passo di danza
E’ stato il decennio del terrorismo di matrice politica e degli scontri di piazza, delle lotte operaie e delle campagne per l’ affermazione dei diritti individuali. Ma anche la stagione dei «figli dei fiori», del «peace and love style» e della disco-music. Stiamo parlando dei tumultuosi e trasgressivi anni Settanta, al cui volto giocoso, colorato, chiassoso e aperto al mondo strizza l’occhio la Star Dance con il suo saggio-spettacolo ShowDance ‘70, in cartellone al teatro Sociale di Busto Arsizio per la serata di venerdì 19 giugno.
A partire dalle 21.00, vestiti dai disegni geometrici, pantaloni a zampa d’elefante, occhialoni dalle lenti fumé, voluminose parrucche afro, boa dalle tinte fluorescenti e camiciole dalle fantasie floreali conquisteranno, dunque, il palcoscenico di piazza Plebiscito. Sarà, infatti, la moda dell’epoca, rivisitata dalla fantasia di Rossana Ferrari e Lia Ballarati, a fare da fil rouge tra le varie sezioni del brioso e divertente saggio-spettacolo con cui la scuola turbighese festeggia la conclusione delle sue attività, sportive e didattiche, per l’anno 2008/2009.
Due i tempi e quattro gli atti in cui si articolerà la serata, nata da un’idea di Elisa Vai, che ne firma anche la regia e alcuni quadri danzati, e coreografata da Stefania Barina, Gaetano Castiglia, William Fernandez e Cristian Oses Langarica.
A dare il via alle esibizioni sarà Dancing in the street, un omaggio agli artisti di strada, che proprio negli anni Settanta andavano affermandosi nei ghetti metropolitani di New York. Si farà, poi, tappa tra le atmosfere mondane e patinate del Piper Club, locale romano simbolo della vita notturna del periodo, e tra i ritmi scatenati delle piste da ballo americane e non solo, celebrate dal film-cult La febbre del sabato sera, con le sezioni Rock around the clock e The rhythm of the night. Non poteva, infine, mancare, in questo viaggio negli anni Settanta, un tributo a quei tanti giovani che sognarono un mondo migliore, che vissero di speranze e di utopie: la «Woodstock generation», gli hippies con la filosofia del Peace and love.
Tra scatenate coreografie di rock and roll acrobatico, divertenti balletti hip hop, frizzanti bougie bougie ed esuberanti twist, ci sarà, inoltre, l’occasione per ridere con il comico-presentatore Franco Giannella, che, con graffiante umorismo e velata malinconia, rileggerà miti e mode, idee e musiche del «decennio lungo del secolo breve». Un’occasione, questa, anche per ascoltare tante indimenticabili canzoni del periodo: da In the navy dei Village People a Le Freak degli Chic, passando per Dancing Queen degli Abba, In the summertime dei Mungo Jerry e Sunshine day degli Osibisa Band.
ShowDance ’70 vuole, infatti, essere un omaggio a chi gli anni Settanta li ha vissuti veramente. E proprio per loro la dinamica Elisa Vai, anima creativa della Star Dance di Turbigo e collaboratrice del teatro Sociale di Busto Arsizio per il progetto Officina della creatività, ha in serbo un’emozionante sorpresa finale, cui farà da colonna sonora la canzone Hotel California degli Eagles.
I biglietti per ShowDance ‘70, il cui costo è di euro 12.00 per l’intero ed euro 8.00 per il ridotto, possono essere prenotati presso la segreteria della Star Dance di Turbigo, allo 0331.890443, negli orari di apertura (tutti i giorni feriali, dalle 16.00 alle 19.00), o acquistati la sera stessa dello spettacolo presso il botteghino del teatro Sociale di Busto Arsizio.
Informazioni utili
ShowDance '70. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - Busto Arsizio (Varese). Data: venerdì 19 giugno 2009, ore 21.00. Ingresso: € 12.00/€ 8.00.Informazioni: Scuola "Star Dance", via Villoresi, 18 – 20029 Turbigo (Milano), tel. 0331890443 (signora Rossana Ferrari). Orari: tutti i giorni, dalle 16.00 alle 19.00).
A partire dalle 21.00, vestiti dai disegni geometrici, pantaloni a zampa d’elefante, occhialoni dalle lenti fumé, voluminose parrucche afro, boa dalle tinte fluorescenti e camiciole dalle fantasie floreali conquisteranno, dunque, il palcoscenico di piazza Plebiscito. Sarà, infatti, la moda dell’epoca, rivisitata dalla fantasia di Rossana Ferrari e Lia Ballarati, a fare da fil rouge tra le varie sezioni del brioso e divertente saggio-spettacolo con cui la scuola turbighese festeggia la conclusione delle sue attività, sportive e didattiche, per l’anno 2008/2009.
Due i tempi e quattro gli atti in cui si articolerà la serata, nata da un’idea di Elisa Vai, che ne firma anche la regia e alcuni quadri danzati, e coreografata da Stefania Barina, Gaetano Castiglia, William Fernandez e Cristian Oses Langarica.
A dare il via alle esibizioni sarà Dancing in the street, un omaggio agli artisti di strada, che proprio negli anni Settanta andavano affermandosi nei ghetti metropolitani di New York. Si farà, poi, tappa tra le atmosfere mondane e patinate del Piper Club, locale romano simbolo della vita notturna del periodo, e tra i ritmi scatenati delle piste da ballo americane e non solo, celebrate dal film-cult La febbre del sabato sera, con le sezioni Rock around the clock e The rhythm of the night. Non poteva, infine, mancare, in questo viaggio negli anni Settanta, un tributo a quei tanti giovani che sognarono un mondo migliore, che vissero di speranze e di utopie: la «Woodstock generation», gli hippies con la filosofia del Peace and love.
Tra scatenate coreografie di rock and roll acrobatico, divertenti balletti hip hop, frizzanti bougie bougie ed esuberanti twist, ci sarà, inoltre, l’occasione per ridere con il comico-presentatore Franco Giannella, che, con graffiante umorismo e velata malinconia, rileggerà miti e mode, idee e musiche del «decennio lungo del secolo breve». Un’occasione, questa, anche per ascoltare tante indimenticabili canzoni del periodo: da In the navy dei Village People a Le Freak degli Chic, passando per Dancing Queen degli Abba, In the summertime dei Mungo Jerry e Sunshine day degli Osibisa Band.
ShowDance ’70 vuole, infatti, essere un omaggio a chi gli anni Settanta li ha vissuti veramente. E proprio per loro la dinamica Elisa Vai, anima creativa della Star Dance di Turbigo e collaboratrice del teatro Sociale di Busto Arsizio per il progetto Officina della creatività, ha in serbo un’emozionante sorpresa finale, cui farà da colonna sonora la canzone Hotel California degli Eagles.
I biglietti per ShowDance ‘70, il cui costo è di euro 12.00 per l’intero ed euro 8.00 per il ridotto, possono essere prenotati presso la segreteria della Star Dance di Turbigo, allo 0331.890443, negli orari di apertura (tutti i giorni feriali, dalle 16.00 alle 19.00), o acquistati la sera stessa dello spettacolo presso il botteghino del teatro Sociale di Busto Arsizio.
Informazioni utili
ShowDance '70. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - Busto Arsizio (Varese). Data: venerdì 19 giugno 2009, ore 21.00. Ingresso: € 12.00/€ 8.00.Informazioni: Scuola "Star Dance", via Villoresi, 18 – 20029 Turbigo (Milano), tel. 0331890443 (signora Rossana Ferrari). Orari: tutti i giorni, dalle 16.00 alle 19.00).
martedì 9 giugno 2009
«DanceBook», una sera tra le stelle della danza
Dal piccolo schermo alle assi del palcoscenico. Saranno Anbeta Toromani e José Perez, ballerini professionisti del talent show Amici di Maria De Filippi, i due grandi protagonisti di DanceBook, serata di gala organizzata dal Centro arte danza di Olgiate Olona per sabato 13 giugno, a partire dalle 20.45, presso il teatro Sociale di Busto Arsizio.
La celebre coppia di artisti, che durante lo spettacolo consegnerà il premio Danzarte 2009 all’allievo più meritevole della scuola olgiatese, si esibirà sul palcoscenico di piazza Plebiscito insieme ad altri grandi professionisti del balletto contemporaneo: il brillante e talentuoso Roberto Altamura, l’eclettica Virginia Spallarossa e la compagnia del Pescara Dance Festival, diretta da Paolo Londi e della quale è testimonial Simona Atzori, anch'ella presente in sala durante lo spettacolo.
I passi a due e gli interventi ballati degli ospiti faranno da intermezzo a una selezione di coreografie nate tra le pareti del Centro arte danza e premiate a importanti concorsi nazionali. E’ il caso di Ballata stonata, proposta coreografica firmata da Antonella Colombo e interpretata dai ballerini Giergj Bodari, Marilena Garufi, Valentina Roveda, Laura Russo Volpe e Giulia Sebastiani, tra le tre vincitrici del Rieti Danza Festival e che, quest’anno, è arrivata anche prima assoluta al Valleè Danza di Pont Saint Martin, al Novara in danza e al Dance on Stage di Milano. Un pezzo, questo, di grande suggestione, che è stato, inoltre, invitato a prendere parte alla decima edizione della prestigiosa Vetrina di danza Città di Olbia, in programma dal 15 al 19 luglio presso l’anfiteatro di Porto Rotondo.
Tra i brani di gruppo selezionati per la serata di gala della scuola olgiatese si segnalano, poi, C’era una volta di Antonella Colombo e Daniela Macchi, che ha trionfato al concorso Agon scuole di Torino e al Valleè Danza di Pont Saint Martin, nella categoria Baby, e la deliziosa Le cirque des enfantes, che ha vinto svariati concorsi. Non mancherà, infine, la presentazione di un buon numero di assoli, vincitori di premi nazionali, che vedranno salire sul palco Diletta Cuda, Viola D’Errico, Marco Russo Volpe, Giulia Sebastiani e Stefania Stoccuto. Un insieme di prove, queste, che dimostrano la grande attenzione che il Centro arte danza ha nei confronti della formazione dei più piccoli, i quali vengono spinti a tentare ammissioni in prestigiose scuole presenti sul territorio nazionale, come testimonia l’esperienza di tre ex allieve presenti in platea nella serata di sabato 13 giugno: Sara Merlo, iscritta al primo anno dell’Accademia di danza della Scala, Carolina Martignoni e Cecilia Vercesi, ai loro primi passi nella Scuola di balletto classico di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, attiva a Reggio Emilia.
La serata di gala sarà preceduta da due giorni di saggi, in programma giovedì 11 e venerdì 12 (a partire dalle 20.45): una vera e propria vetrina della danza, durante la quale si esibiranno gli allievi del centro olgiatese e che permetterà al pubblico di ammirare anche alcune delle coreografie in cartellone sabato 13 giugno.
I pochi biglietti ancora disponibili per il gala DanceBook, il cui costo è di euro 18.00 a persona, possono essere prenotati mandando una e-mail a info@centroartedanza.com, con i propri dati, o acquistati al teatro Sociale (in piazza Plebiscito, 8) la sera stesso dello spettacoli.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anbeta Toromani e José Perez in un passo a due; [ fig. 2, fig. 3 e fig. 4] Alcune sequenze di coreografie del Centro arte danza di Olgiate Olona (Varese).
Informazioni utili
DanceBook. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - Busto Arsizio (Varese). Data: sabato 13 giugno 2009, ore 20.45. Ingresso: € 18.00.Informazioni: Centro arte danza - associazione sportiva dilettantistica & culturale, via Adda 9 - 21057 - Olgiate Olona (Varese), tel. 0331.678386, cell. 338.7512736 - info@centroartedanza.com. Sito Web: www.centroartedanza.com.
La celebre coppia di artisti, che durante lo spettacolo consegnerà il premio Danzarte 2009 all’allievo più meritevole della scuola olgiatese, si esibirà sul palcoscenico di piazza Plebiscito insieme ad altri grandi professionisti del balletto contemporaneo: il brillante e talentuoso Roberto Altamura, l’eclettica Virginia Spallarossa e la compagnia del Pescara Dance Festival, diretta da Paolo Londi e della quale è testimonial Simona Atzori, anch'ella presente in sala durante lo spettacolo.
I passi a due e gli interventi ballati degli ospiti faranno da intermezzo a una selezione di coreografie nate tra le pareti del Centro arte danza e premiate a importanti concorsi nazionali. E’ il caso di Ballata stonata, proposta coreografica firmata da Antonella Colombo e interpretata dai ballerini Giergj Bodari, Marilena Garufi, Valentina Roveda, Laura Russo Volpe e Giulia Sebastiani, tra le tre vincitrici del Rieti Danza Festival e che, quest’anno, è arrivata anche prima assoluta al Valleè Danza di Pont Saint Martin, al Novara in danza e al Dance on Stage di Milano. Un pezzo, questo, di grande suggestione, che è stato, inoltre, invitato a prendere parte alla decima edizione della prestigiosa Vetrina di danza Città di Olbia, in programma dal 15 al 19 luglio presso l’anfiteatro di Porto Rotondo.
Tra i brani di gruppo selezionati per la serata di gala della scuola olgiatese si segnalano, poi, C’era una volta di Antonella Colombo e Daniela Macchi, che ha trionfato al concorso Agon scuole di Torino e al Valleè Danza di Pont Saint Martin, nella categoria Baby, e la deliziosa Le cirque des enfantes, che ha vinto svariati concorsi. Non mancherà, infine, la presentazione di un buon numero di assoli, vincitori di premi nazionali, che vedranno salire sul palco Diletta Cuda, Viola D’Errico, Marco Russo Volpe, Giulia Sebastiani e Stefania Stoccuto. Un insieme di prove, queste, che dimostrano la grande attenzione che il Centro arte danza ha nei confronti della formazione dei più piccoli, i quali vengono spinti a tentare ammissioni in prestigiose scuole presenti sul territorio nazionale, come testimonia l’esperienza di tre ex allieve presenti in platea nella serata di sabato 13 giugno: Sara Merlo, iscritta al primo anno dell’Accademia di danza della Scala, Carolina Martignoni e Cecilia Vercesi, ai loro primi passi nella Scuola di balletto classico di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, attiva a Reggio Emilia.
La serata di gala sarà preceduta da due giorni di saggi, in programma giovedì 11 e venerdì 12 (a partire dalle 20.45): una vera e propria vetrina della danza, durante la quale si esibiranno gli allievi del centro olgiatese e che permetterà al pubblico di ammirare anche alcune delle coreografie in cartellone sabato 13 giugno.
I pochi biglietti ancora disponibili per il gala DanceBook, il cui costo è di euro 18.00 a persona, possono essere prenotati mandando una e-mail a info@centroartedanza.com, con i propri dati, o acquistati al teatro Sociale (in piazza Plebiscito, 8) la sera stesso dello spettacoli.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anbeta Toromani e José Perez in un passo a due; [ fig. 2, fig. 3 e fig. 4] Alcune sequenze di coreografie del Centro arte danza di Olgiate Olona (Varese).
Informazioni utili
DanceBook. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - Busto Arsizio (Varese). Data: sabato 13 giugno 2009, ore 20.45. Ingresso: € 18.00.Informazioni: Centro arte danza - associazione sportiva dilettantistica & culturale, via Adda 9 - 21057 - Olgiate Olona (Varese), tel. 0331.678386, cell. 338.7512736 - info@centroartedanza.com. Sito Web: www.centroartedanza.com.
«Paulus», uno spettacolo per scoprire l'«apostolo delle genti»
«Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me»: è con queste parole, poste in chiusura del breve profilo autobiografico contenuto nella Lettera ai Galati, che san Paolo di Tarso racconta la sua conversione al cristianesimo, il suo sconvolgente incontro-scontro con la persona di Gesù, il Risorto, lungo la via di Damasco. Un episodio, questo, che è al centro dello spettacolo “Paulus, l’apostolo delle genti”, promosso dal teatro Sociale di Busto Arsizio, in collaborazione con la Parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista, nell’ambito di BA Estate 2009 e nella cornice delle celebrazioni per l’anno paolino, indetto da papa Benedetto XVI in occasione del secondo millennio dalla nascita del santo e martire di origine asiatica, che è considerato, insieme con Pietro, stella di prima grandezza della Chiesa delle origini.
Mercoledì 10 giugno, a partire dalle 21.00, il santuario di santa Maria di piazza, piccolo gioiello rinascimentale, di impianto bramantesco, che al suo interno accoglie opere di Gaudenzio Ferrari e Bernardino Luini, si trasformerà, dunque, in palcoscenico. Sarà, infatti, in questi spazi che gli attori Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano, con la collaborazione del giovane Fabio Gentile, dell’organista Marco Carraro e della cantante Tina Mancuso, narreranno la vita di Paolo di Tarso, l’uomo passato alla storia come il «tredicesimo apostolo», ossia il discepolo che non conobbe personalmente Gesù Cristo, ma che fu zelante e instancabile messaggero del suo Vangelo nel mondo mediterraneo antico, dalla Siria all’Asia minore, dalla Grecia a Roma.
Lo spettacolo, su testo e per la regia di Delia Cajelli, è ispirato agli Atti degli apostoli, nella cui ampia seconda parte l’evangelista Luca descrive il ministero itinerante di san Paolo, nonché alle tredici lettere paoline, opere, scritte negli anni 50 del I secolo e raccolte nel Nuovo Testamento, che offrono un prezioso ventaglio di insegnamenti morali, illuminazioni dottrinali e verità teologiche.
Partendo dalla lapidazione del protomartire Stefano, la rappresentazione, agile e coinvolgente, ripercorre, tassello dopo tassello, le tappe più significative del percorso, storico ed interiore, che portò il giovane Saulo, fiero sostenitore delle tradizioni dei padri e accanito persecutore dei cristiani, a diventare «Paolo, l’apostolo delle genti». La conversione sulla via di Damasco, la cecità, il battesimo da parte di Anania, i tanti viaggi missionari in giro per il mondo, l’incontro con l’apostolo Pietro, il martirio al tempo dell’imperatore Nerone e la decapitazione sono solo alcune delle scene che sarà possibile “rivivere”.
«Il pubblico avrà un ruolo attivo nello spettacolo –spiega la regista Delia Cajelli-: verrà invitato a porre domande agli attori, così da riflettere sull’attualità del pensiero paolino, sul fascino di un messaggio che parla di vita, fede, speranza, coraggio e carità».
L’ingresso è libero e gratuito. Per informazioni è possibile contattare la segreteria del teatro Sociale di Busto Arsizio, in orario d’ufficio (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00; il sabato, dalle 9.00 alle 12.30), allo 0331 679000.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Joseph Benoit Suvee, La predicazione di S. Paolo, 1779 circa, Los Angeles; [fig. 2] Esterno del santuario di santa Maria di piazza, in Busto Arsizio (Varese); [fig. 3] Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, La conversione di san Paolo, 1600-1601, Roma.
Informazioni utili
Paulus, l'apostolo delle genti. Santuario di santa Maria di piazza, piazza Santa Maria - Busto Arsizio (Varese). Data: mercoledì 10 giugno 2009, ore 21.00. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: teatro Sociale di Busto Arsizio, tel. 0331.679000.
Vedi anche
Anno paolino, in mostra a Roma la Bibbia carolingia
Mercoledì 10 giugno, a partire dalle 21.00, il santuario di santa Maria di piazza, piccolo gioiello rinascimentale, di impianto bramantesco, che al suo interno accoglie opere di Gaudenzio Ferrari e Bernardino Luini, si trasformerà, dunque, in palcoscenico. Sarà, infatti, in questi spazi che gli attori Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano, con la collaborazione del giovane Fabio Gentile, dell’organista Marco Carraro e della cantante Tina Mancuso, narreranno la vita di Paolo di Tarso, l’uomo passato alla storia come il «tredicesimo apostolo», ossia il discepolo che non conobbe personalmente Gesù Cristo, ma che fu zelante e instancabile messaggero del suo Vangelo nel mondo mediterraneo antico, dalla Siria all’Asia minore, dalla Grecia a Roma.
Lo spettacolo, su testo e per la regia di Delia Cajelli, è ispirato agli Atti degli apostoli, nella cui ampia seconda parte l’evangelista Luca descrive il ministero itinerante di san Paolo, nonché alle tredici lettere paoline, opere, scritte negli anni 50 del I secolo e raccolte nel Nuovo Testamento, che offrono un prezioso ventaglio di insegnamenti morali, illuminazioni dottrinali e verità teologiche.
Partendo dalla lapidazione del protomartire Stefano, la rappresentazione, agile e coinvolgente, ripercorre, tassello dopo tassello, le tappe più significative del percorso, storico ed interiore, che portò il giovane Saulo, fiero sostenitore delle tradizioni dei padri e accanito persecutore dei cristiani, a diventare «Paolo, l’apostolo delle genti». La conversione sulla via di Damasco, la cecità, il battesimo da parte di Anania, i tanti viaggi missionari in giro per il mondo, l’incontro con l’apostolo Pietro, il martirio al tempo dell’imperatore Nerone e la decapitazione sono solo alcune delle scene che sarà possibile “rivivere”.
«Il pubblico avrà un ruolo attivo nello spettacolo –spiega la regista Delia Cajelli-: verrà invitato a porre domande agli attori, così da riflettere sull’attualità del pensiero paolino, sul fascino di un messaggio che parla di vita, fede, speranza, coraggio e carità».
L’ingresso è libero e gratuito. Per informazioni è possibile contattare la segreteria del teatro Sociale di Busto Arsizio, in orario d’ufficio (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00; il sabato, dalle 9.00 alle 12.30), allo 0331 679000.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Joseph Benoit Suvee, La predicazione di S. Paolo, 1779 circa, Los Angeles; [fig. 2] Esterno del santuario di santa Maria di piazza, in Busto Arsizio (Varese); [fig. 3] Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, La conversione di san Paolo, 1600-1601, Roma.
Informazioni utili
Paulus, l'apostolo delle genti. Santuario di santa Maria di piazza, piazza Santa Maria - Busto Arsizio (Varese). Data: mercoledì 10 giugno 2009, ore 21.00. Ingresso libero e gratuito. Informazioni: teatro Sociale di Busto Arsizio, tel. 0331.679000.
Vedi anche
Anno paolino, in mostra a Roma la Bibbia carolingia