mercoledì 19 dicembre 2012

Medardo Rosso negli scatti di Angelo Garoglio

«Ciò che importa per me, nell'arte, - teorizzava Medardo Rosso (Torino, 1858–Milano, 1928) in un testo del 1902 per «La Nouvelle Revue» - è far dimenticare la materia»: il che, per uno scultore, non può che apparire come un paradosso. Eppure è proprio in questo modo, rivoluzionario e singolare, di plasmare bronzo, gesso e cera, di «rendere con la plastica le influenze di un ambiente e i legami atmosferici che lo avvincono», come ebbe a scrivere Umberto Boccioni nel manifesto «La scultura futurista» del 1912, che sta la grandezza dell'artista di «Madame X» (1896?, Venezia, Ca' Pesaro) e il seme più fecondo della sua lezione. Una lezione raccolta, tra gli altri, da Henri Matisse, Pablo Picasso, Alberto Giacometti e Constantin Brancusi, che videro in Medardo Rosso, l'uomo che amava dire «noi non siamo che scherzi di luce», l'antesignano e il capostipite della scultura moderna per quei suoi lavori privati di contorni definiti, plasmati come un abbozzo evanescente e magmatico, tesi a restituire l'emozione visiva dell'attimo attraverso un gioco sapiente di chiaroscuri.
Guardando queste opere «instabili», frutto di vibrazioni spazio-temporali che ne contraddistinguono la potente ma incerta presenza, Ardengo Soffici parlò, per primo, di «Impressionismo». L'etichetta, frettolosamente attribuita e per questo approssimativa, è entrata nei libri di storia dell'arte e ha accompagnato per lungo tempo la fortuna critica dell'artista, torinese di nascita e milanese di formazione, che, pur avendo vissuto a lungo a Parigi e respirato del clima impressionista, mai dimenticò nel plasmare la sua cultura italiana, umanista, impregnata di quegli ideali di socialismo e di attenzione al vero psicologico e caratteriale che innervarono la tarda Scapigliatura e il Divisionismo. Come Giovanni Segantini e Giuseppe Pelizza Da Volpedo, artisti a lui coevi, Medardo Rosso unì alla semplice trascrizione dell'impressione retinica, dell'emozione suscitata dal dato ottico l'attenzione per soggetti contemporanei, intimistici: emarginati, madri con bambini, gente comune e momenti di quotidianità.
A rileggere l'iter creativo dell’artista è, fino a domenica 13 gennaio, la mostra «Disegni di luce. Angelo Garoglio fotografa Medardo Rosso», allestita per la curatela di Silvio Fuso e Matteo Piccolo a Venezia, presso Ca’ Pesaro.
Nella sala X, accanto alle otto sculture donate dall’artista al museo veneziano nel 1914, in occasione della XI Biennale d’arte, sfilano una trentina di foto a colori e in bianco e nero, selezionate tra oltre centocinquanta scatti. Questi lavori, raccolti anche in un catalogo edito da Skira, indagano e approfondiscono due delle opere più famose di Medardo Rosso: «Ecce puer», della quale l’istituzione lagunare custodisce la prima fusione tratta dal modello in gesso, e «Madame X», lavoro considerato «figlio prediletto» dal suo stesso autore.
Sempre di Medardo Rosso, in concomitanza con la mostra, è possibile ammirare nella sala II della galleria, dove normalmente sono esposte le sue opere, ora in sala 10, «Enfant juif», scultura in cera del 1915, recentemente acquisita da Ca’ Pesaro grazie ad un deposito a lungo termine da una collezione privata.
Angelo Garoglio (1951), fotografo nato a Milano ma ormai torinese di adozione, ha fatto tesoro della ricerca e degli intenti dello scultore che voleva «dimenticare la materia». Medardo Rosso era, infatti, solito fotografare le proprie sculture, la loro installazione e posizione nello spazio, «sigillando» con un’ulteriore fotografia l’intera sequenza e dando così testimonianza di come la fotografia appartenesse di diritto alla sua poetica.
Gli scatti esposti colgono ogni angolatura delle opere, mettendo in evidenza anche particolari, spiragli di luci spesso difficili da vedere a occhio nudo.
Vedendo queste immagini, ma anche le scultore esposte, vengono in mente le parole che Enrico Prampolini scrisse, recensendo la Quadriennale romana dei primi anni '30, all’interno della quale veniva presentata una personale dell'artista: «Medardo Rosso non solo dischiuse un orizzonte nuovo alla scultura, ma spezzò l'incanto della plastica tradizionale e le sue leggi –cioè la forma, il volume, la materia, la statica– per avventurarsi nei regni inesplorati della forma e dello spazio, dell'atmosfera e dell'ambiente».

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Medardo Rosso, «Ecce puer», 1906. Foto di Angelo Garoglio; [fig. 2] Medardo Rosso,«Madame X», 1896. oto di Angelo Garoglio

Informazioni utili
«Disegni di luce. Angelo Garoglio fotografa Medardo Rosso» Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna, Santa Croce 2076 – Venezia. Orari: 10.00–17.00 (biglietteria 10.00–16.00), chiuso lunedì. Ingresso: intero € 8,00, ridotto (ragazzi da 6 a 14 anni; studenti da 15 a 25 anni; accompagnatori di gruppi di ragazzi o studenti; cittadini ultrasessantacinquenni; personale del Ministero per i Beni e le Attività culturali; titolari di Carta Rolling Venice; soci Fai), € 5,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia) o +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: capesaro.visitmuve.it. Catalogo: Skira editore, Milano. Fino al 13 gennaio 2013. 

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