lunedì 15 dicembre 2014

«Katër i Radës», l’arte non dimentica. Fumetto e musica ricordano la «strage del Venerdì santo»

È il 28 marzo 1997. Mancano due giorni a Pasqua. La motovedetta «Katër i Radës» (letteralmente «Battello in rada»), omologata per dieci uomini di equipaggio, parte dal porto di Valona con a bordo un centinaio di persone: uomini, donne e bambini in fuga dall’Albania che sta vivendo un grave periodo di crisi economica e di criminalità dilagante, oltre a una difficile situazione politica seguita al crollo della dittatura comunista di Enver Hoxha e originata, in quei primi mesi del 1997, anche dalle continue rivolte anarchiche contro il governo del presidente Sali Berisha.
Per questi migranti, così come per gli oltre duecentomila albanesi che raggiunsero le coste pugliesi tra il 1990 e il 2000, l’Italia rappresenta la terra promessa, un luogo che sembra garantire migliori condizioni di vita e la libertà. Ma quel «viaggio della speranza» per i profughi imbarcati sulla «Katër i Radës» si trasforma in tragedia. La piccola motovedetta militare di produzione russa viene speronata dalla corvetta «Sibilla», una nave della Marina militare italiana giunta nel canale di Otranto, a seguito della segnalazione della fregata «Zeffiro», per attuare «manovre cinematiche di interposizione» tali da convincere gli scafisti a invertire rotta e a ritornare verso il porto di partenza.
È da meno di una settimana che è stata siglata l’operazione «Bandiere bianche», nome in codice di una politica di respingimento in mare delle cosiddette «carrette albanesi» stabilita dal governo Prodi, senza alcun passaggio parlamentare e in accordo con Sali Berisha, in cambio di aiuti umanitari a Tirana che è in guerra civile. E l’applicazione di quella direttiva data ai vertici della nostra Marina militare è subito destinata a rimanere nella storia, ad essere associata all’espressione «strage del Venerdì santo».
L’urto tra le due imbarcazioni è, infatti, violentissimo. In meno di quindici minuti la «Katër i Radës» affonda con il suo carico di uomini, donne e bambini, molti dei quali rimangono bloccati nella stiva della nave che da riparo sicuro diventa trappola. I morti sono ottantuno, ventiquattro dei quali non verranno mai trovati e rimarranno sepolti per sempre in fondo all’Adriatico; i superstiti sono solo trentaquattro.
Da allora sono passati diciassette anni e due gradi di giudizio non sono ancora riusciti a restituire la verità dei fatti: la sentenza del 29 giugno 2011, l’ultima, ha condannato a tre anni il pilota albanese della «Katër i Radës», Namik Xhaferi, e a due anni il comandante della «Sibilla», Fabrizio Laudadio, per omicidio colposo, reato derubricato per lesioni colpose; mentre ai parenti delle vittime sono andati pochi spiccioli di risarcimento danni. Nessuno, dunque, sta pagando abbastanza e veramente per quelle ottantuno vite annegate a poche miglia dalla costa salentina.
Nel frattempo il relitto della barca è stato posizionato su una banchina del porto di Otranto per iniziativa dell’associazione Integra Onlus, che ne ha evitato lo smantellamento ed è stato trasformato in un’opera d’arte grazie alla creatività dello scultore greco Costas Varotsos. Francesco Niccolini e Dario Bonaffino ne hanno, invece, parlato in un fumetto uscito lo scorso ottobre per i tipi di BeccoGiallo, in occasione dell’ultima edizione di Lucca Comics & Game: «Il naufragio della speranza».
Sempre quest’anno la storia della motovedetta «Katër i Radës» è stata raccontata in un’opera da camera per le musiche di Admir Shkurtaj, straordinario compositore albanese arrivato in Italia negli anni Novanta su un barcone, e per il libretto di Alessandro Leogrande, presentata in anteprima lo scorso 12 ottobre alle Corderie dell’Arsenale di Venezia, nell’ambito della cinquantottesima edizione della Biennale internazionale di musica contemporanea, dalla compagnia Koreja. Lo spettacolo, accolto con favore dal pubblico e dalla critica, sarà di nuovo in scena a Lecce dal 18 al 20 dicembre, sempre per la regia di Salvatore Tramacere e con la direzione musicale di Pasquale Corrado, all’interno del progetto «Arti e migrazioni. Esuli profughi raminghi».
Attraverso un mosaico di linguaggi vocali, che spaziano da melodie jazz ad urla, l'atto unico racconta, per usare le parole di Alessandro Leogrande, «i sommersi e i salvati, chi è sopravvissuto e chi è scomparso, le loro voci, i loro pensieri, e soprattutto il loro viaggio verso il buio, pieno di grandi ansie e piccoli desideri, sogni e paure, digressioni, apparizioni, improvvise rammemorazioni».

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1, 2 e 3] Una scena dell’opera da camera «Katër i Radës – il naufragio», per le musiche di Admir Shkurtaj e su libretto di Alessandro Leogrande. Produzione: Biennale di Venezia – Koreja. 

Informazioni utili 
«Katër i Radës – il naufragio». Cantieri Teatrali Koreja, via Guido Dorso, 70 – Lecce. Orari: dal 18 al 20 dicembre, ore 20.45. Ingresso: intero € 15,00, ridotto per convenzionati € 12,00, ridotto per under 30 e over 60 € 8,00. Informazioni e prenotazioni: tel. 0832.242000. Sito internet: www.teatrokoreja.itDal 18 al 20 dicembre 2014.

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