mercoledì 21 giugno 2017

A Roma Boldini e la femme fatale della Belle Époque

Senti il nome di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 - Parigi, 1931) e pensi subito a un monde perdu, quello della Belle Époque, fatto di abiti sontuosi e fruscianti, di ventagli civettuoli e di ombrelli parasole dal fascino d’antan, di donne piene di grazia e gusto, di salotti carichi di cultura e frivolezza, di gioia di vivere e di fiducia ottimistica nel futuro. L’artista ferrarese, il più grande e prolifico pittore italiano residente a Parigi nell’Ottocento, amato da intellettuali come Proust e dall'eccentrica Colette, ha consegnato al mondo dell’arte meravigliosi e palpitanti ritratti di alcune delle personalità più in voga del tempo, dal compositore Giuseppe Verdi all’antiquario Thomas Smith, dalla bellissima contessa de Rasty, immortalata voluttuosa nel letto o in abito da sera, all'altrettanto splendida madame Blumenthal.
Con il suo elegante tratto di matita e con la sua inconfondibile pennellata «a frusta», costruita con rapidi e sicuri colpi di pennello simili a sciabolate, Giovanni Boldini è, poi, conosciuto per aver cristallizzato nei colori -a olio e pastello- l’«attimo fuggente», l’istante irripetibile, facendoci quasi intuire il fruscio delle pieghe di vestiti in velluto o voile, il galoppare veloce di un cavallo, la musica di un’orchestra in un teatro, il chiacchiericcio e le risa in un bistrot parigino, il sentimento che si nasconde dietro lo sguardo malinconico di una donna. E sono loro, le donne, le grandi protagoniste della produzione dell’artista: committenti, amanti e modelle, talvolta seminude, talaltra opulentemente vestite, delle quali egli coglieva le suggestioni erotiche, la spregiudicatezza, l’intelligenza fiera, la consapevolezza del fascino maliardo o le ben salde virtù morali che ne facevano mogli e madri fedeli.
Interprete sapiente delle aspettative e dei gusti di una clientela d’élite e, con essi, dell’esprit di un’epoca felix e perduta, Giovanni Boldini è con oltre cento delle sue opere più mondane e spensierate, provenienti da prestigiosi musei internazionali come l’Orsay di Parigi, l’Alte Nationalgalerie di Berlino, il Musée des Beaux-Arts di Marsiglia e gli Uffizi di Firenze, al centro della retrospettiva allestita fino al 16 luglio a Roma, negli spazi del Complesso monumentale del Vittoriano.
A completare il percorso espositivo, che vede la curatela di Tiziano Panconi e Sergio Gaddi, sono una trentina di tele firmate da artisti a lui coevi, altrettanto validi interpreti di quell’epoca, da Telemaco Signorini a Giuseppe De Nittis, da James Tissot (di cui è esposta l’elegante tela «La dama con l’ombrello») a Federigo Zandomeneghi.
Di sala in sala, accanto alle ricerche en plein air “al soldo” del potente mercante internazionale Adolphe Goupil (in mostra «Marchesino a Versailles» del 1876, «Place Clichy» del 1874 e «Lo strillone» del 1878 ca), si potranno ammirare i ritratti delle affascinanti ereditiere madame Veil-Picard, madame Seligman, madame Fortuny, madame Montaland e mademoiselle De Nemidoff, elegantissime nei loro abiti sontuosi e fruscianti, con acconciature perfette e gioielli di notevole valore.
Tra le «Divine», per usare il termine con cui Giovanni Boldini appellava tutte le donne passate nel suo atelier, ci sono anche la cilena Emiliana Concha de Ossa, nipote del diplomatico e scrittore Ramòn Subercaseaux, Josefina Alvear Errázuriz, moglie dell’ambasciatore argentino a Parigi, e lady Colin Campbell, il cui ritratto arriva a Roma direttamente dalla National Portrait Gallery di Londra.
Non mancano lungo il percorso espositivo, di cui rimarrà documentazione in un catalogo edito dalla casa editrice milanese Skira, i ritratti di Rita De Acosta Lydig, seduta su una sedia, con gli occhi negli occhi dei visitatori e abbigliata con un abito rosato arricchito di pizzi di cui era collezionista, di madame Remy Salvator, appoggiata allo schienale di una sedia, e di  madame Helleu, sdraiata sulla spiaggia di Deauville e protetta da un parasole bianco, entrambe assorte nei propri pensieri, così come la donna ritratta ne «La tenda rossa», una delle opere più importanti esposte in questa mostra.
Su tutte loro spicca donna Franca Florio, con la grande tela realizzata tra il 1901 e il 1924, di cui si parla tanto in questi giorni perché, sostengono alcuni, l'esposizione romana potrebbe essere l’ultima occasione per vederla dal vivo. Il capolavoro di Boldini è, infatti, stato battuto all'asta all'inizio di maggio ed è stato aggiudicato da un privato che ha sbaragliato anche la concorrenza del Comune di Palermo, i cui cittadini avevano attivato una campagna di crowdfunding con l’hashtag #RiportiamoacasaFranca.
A commissionare a Giovanni Boldini il ritratto di Franca Florio, donna di singolare fascino e bellezza che Gabriele D’Annunzio definì «l’unica, una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino» e Guglielmo II appellò con il soprannome di «stella d'Italia», fu suo marito Ignazio, erede di una delle più importanti famiglie imprenditoriali siciliane.
Il primo ritratto realizzato aveva una scollatura vertiginosa e metteva a nudo il décolleté e parte dei seni. Ignazio Florio non gradì affatto la scelta del pittore, giudicò l'opera troppo sensuale e provocatoria e non la pagò. Boldini si rimise al lavoro eseguendo una seconda versione del dipinto, decisamente più casta, alla quale nel 1903 si aprirono addirittura le porte della Biennale di Venezia.
A distanza di anni il pittore, su richiesta della stessa donna Franca, riprese la prima versione del ritratto, conservata da sempre nel suo atelier, realizzando il dipinto nella sua forma definitiva, quella nota a tutti. In seguito alla rovina finanziaria della famiglia Florio la tela passò, tra il 1927 e il 1928, nelle mani del barone Maurice de Rothschild, che la portò in America; ritornò sul mercato nel 2005, quando fu battuta da Sotheby's e acquisita dalla Società Acqua Marcia, oggi al centro di una proceduta giudiziaria che ha visto mettere all’asta i beni di sua proprietà.
Alla mostra romana si lega anche la presentazione di un carteggio inedito del pittore composto da una quarantina di lettere scritte dal febbraio all’aprile del 1889, prevalentemente a Telemaco Signorini, che sono state di recente portate alla luce da Loredana Angiolino e Tiziano Panconi. Un'occasione, la lettura di questa corrispondenza, anche per scoprire l'ironia e la sagacia dell'artista ferrarese, noto per aver interpretato ottimamente -scriveva lo storico dell’arte Bernard Berenson- «la massima eleganza muliebre di un’epoca [...] fin troppo rivestita dagli artifizi dei sarti e delle modiste, e figurativamente legata a pose ambigue, tra il salotto e il teatro».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giovanni Boldini, «Ritratto di Donna Franca Florio», 1901-1924. Olio su tela, 221x119 cm; [fig. 2] Giovanni Boldini, «Ritratto di Giuseppe Verdi seduto», 1886. Olio su tela, 122x87 cm. Casa di Riposo per Musicisti-Fondazione Giuseppe Verdi; [fig. 3] Giovanni Boldini, «Il vestito da ballo (signora che cuce; Signora bionda in abito da sera interno con giovane intenta a cucire)», 1889 ca. 4 3 1904 ca. Olio su tavola, 27x35 cm 220x150cm. Collezioni d'Arte Fondazione Cariparma, donazione Renato Bruson; [fig. 4] Vittorio Matteo Corcos, «Castiglioncello»,1910. Olio su tela, 133x72 cm. Collezione privata; [fig. 5] Giovanni Boldini, «Ritratto della danzatrice spagnola Anita De La Feria», 1901. Olio su tela, 54,5x42 cm. Collezione privata 

Informazioni utili
Giovanni Boldini. Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, via di S. Pietro in Carcere - Roma. Orari: dal lunedì al giovedì, ore 9.30-19.30; venerdì e sabato, ore 9.30-22.00; domenica, ore 9.30-20.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 14,00, ridotto € 12,00 (audioguida inclusa), ridotto gruppi € 10,00, ridotto bambini € 6,00, per tutte le altre tariffe si consiglia di consultare il sito del Vittoriano. Informazioni e prenotazioni: tel. 06.8715111. Sito internet: www.ilvittoriano.com. Fino al 16 luglio 2017. 

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