lunedì 1 aprile 2019

«Infinito Leopardi»: un manoscritto, un fotografo e duecento anni di poesia

Sono passati duecento anni da quando Giacomo Leopardi (Recanati 1798 – Napoli 1837) compose il manoscritto vissano de «L’Infinito», «la sua poesia -per usare le parole di Laura Melosi- più studiata, più letta e più tradotta».
In occasione dell’anniversario è stato ideato un ricco calendario di iniziative che, per un intero anno, proporrà al pubblico mostre, spettacoli, conferenze e pubblicazioni.
L’arco temporale dell’intera manifestazione sarà suddiviso in due momenti principali, corrispondenti alla realizzazione di rassegne di diversa natura prodotte da Sistema Museo, la società che gestisce i musei civici di Recanati, città natale dello scrittore.
La prima parte delle celebrazioni, in programma fino al 19 maggio, ha il suo cuore pulsante a Villa Colloredo Mels, dove Laura Melosi, direttrice della cattedra leopardiana all’Università degli studi di Macerata, ha curato l’esposizione «Infinità / Immensità», incentrata sul patrimonio leopardiano di manoscritti di proprietà del Comune di Visso, originariamente parte della collezione di Prospero Viani (1812-1892), tra i quali c’è appunto l’autografo de «L’infinito».
Questa poesia di grande armonia compositiva, costituita da quindici endecasillabi sciolti, fu composta in un anno della biografia di Giacomo Leopardi particolarmente difficile. Il 1819 fu, infatti, un vero e proprio annus horribilis per lo scrittore marchigiano, ridotto come era alla quasi completa cecità, impossibilitato allo studio e al pensiero, attanagliato da una disperazione profonda che lo portò a progettare una clamorosa fuga dal «natio borgo selvaggio».
È Leopardi stesso a indicare quel 1819 come l’anno della «mutazione totale», «privato dell’uso della vista e della continua distrazione della lettura, cominciai -scrive il poeta- a sentire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso, cominciai ad abbandonare la speranza, a riflettere profondamente sopra le cose».
È proprio a queste traversie, in un contrasto notato da molti critici, «andrebbe ricondotta -racconta Laura Melosi- l’origine più intima dell’«Infinito», un componimento che in maniera implicita celebra la capacità del pensiero di trascendere il reale e i limiti concreti della vita, fino a valicare monti, campi e a naufragare nell’indeterminato e infinito spazio».
Della poesia esistono due manoscritti: uno più antico, conservato a Napoli, e un secondo, quello di Visso messo in mostra a Recanati, nel quale si tramanda una versione testuale molto vicina alla definitiva.
«Le correzioni che si osservano su questi manoscritti -racconta ancora Laura Melosi- sono effettivamente minime, sostituzioni di singole parole, aggiustamenti di punteggiatura, ma investono e riguardano altresì concetti filosofici e letterari sottilissimi, per cui anche la semplice mutazione di una virgola gioca un ruolo fondamentale nella conoscenza e nella comprensione di questa poesia».
La mostra a Villa Colloredo Mels non è, però, solo una semplice vetrina per il celebre manoscritto autografo, ma è anche un momento scientifico importante, come documenta il catalogo edito per l’occasione, che esce a distanza di quasi un secolo dal contributo più ampio finora dedicato ai manoscritti di Visso, quello scritto nel 1923 da Carlo Bandini per i tipi della Nicola Zanichelli di Bologna.
L’esposizione dell’intera collezione di autografi vissani, arrivati nel comune maceratese nel 1869 a seguito dell’acquisizione del deputato cavalier Giovan Battista Gaola Antinori per la cifra irrisoria di 400 lire (l’equivalente di circa 2000 euro odierni), permette, infatti, di ripercorrere alcune tappe dell’iter creativo leopardiano.
Il percorso espositivo, arricchito da strumenti multimediali, spazia dal manoscritto degli «Idilli» (con «L’Infinito», «La sera del dì di festa», «Alla luna», «Il sogno», «La vita solitaria» e il frammento «Odi, Melisso»), poesie ideati tra il 1819 e 1821, fino ad arrivare ad uno degli ultimi scritti del poeta recanatese, la nuova prefazione al commento delle «Rime» petrarchesche da ripubblicare per i tipi dell’’editore fiorentino David Passigli nel 1837, ma che avrebbe visto la luce solo due anni dopo.
Accanto al nucleo vissano, la mostra recanatese permette di ammirare altri documenti, manoscritti e cimeli del poeta, selezionati sempre da Laura Melosi, con la collaborazione di Lorenzo Abbate.
Tra le opere esposte meritano una segnalazione le carte donate nel 1881 dall’editore Le Monnier di Firenze, quelle relative alla pubblicazione della prima edizione dello «Zibaldone» e una commovente lettera che Giacomo spedì da Firenze il 7 luglio 1833 al padre Monaldo.
Questi documenti sono allineati accanto a una galleria di ritratti della famiglia Leopardi e dello stesso scrittore, tra cui si possono ammirare tre tele firmate da Giovanni Gallucci e Giuseppe Ciaranfi, un gesso di Antonio Ugo (Palermo 1870 – ivi 1950), un marmo di Americo Luchetti (Montecassiano 1909, – ivi 2006) e la maschera funeraria realizzata alla morte del poeta, il 14 giugno 1837, su incarico di Antonio Ranieri.
Le sale di villa Colloredo Mels e l’omaggio al manoscritto de «L'Infinito» si aprono anche al contemporaneo con la mostra «Mario Giacomelli. Giacomo Leopardi, L’Infinito, A Silvia», a cura di Alessandro Giampaoli e Marco Andreani, che racconta, anche grazie al prezioso catalogo edito per l’occasione, uno dei capitoli più affascinanti e meno indagati della storia della fotografia italiana del Dopoguerra e dei rapporti tra letteratura e fotografia.
Mario Giacomelli (Senigallia, 1925-2000), marchigiano come Giacomo Leopardi, non poteva non confrontarsi con il poeta recanatese e le sue opere più celebri. Data, per esempio, al 1964 la trasposizione fotografica della lirica leopardiana «A Silvia», esposta a Villa Colloredo Mels nella sua versione originale, della quale fino ad oggi si erano perse le tracce.
La serie, composta da trentaquattro stampe di vario formato, faceva parte di un progetto più ampio di diffusione dei grandi capolavori della letteratura attraverso la loro trasposizione fotografica, che vide coinvolti, tra gli altri, i fotografi Ugo Mulas, Ferdinando Scianna e Toni Nicolini.
Questo lavoro fu sceneggiato da Luigi Crocenzi (Montenegro, 1923- Fermo 1984), in vista della proiezione televisiva all’interno della trasmissione Rai Telescuola, e ne mostra parecchie sue suggestioni, come nel trittico di ritratti che, come i fotogrammi della pellicola di un film, segnano il mutamento progressivo dell’espressione di Silvia da «lieta» a «pensosa».
Giacomelli si accostò nuovamente alla poesia «A Silvia» nel 1988 e vi lavorò in totale autonomia.
Nonostante il recupero di undici fotografie e due varianti dalla versione originale, su un totale di trenta stampe, l’esito complessivo fu totalmente diverso.
«Il fotografo -raccontano i curatori- fece, infatti, un ampio uso di doppie esposizioni, immagini mosse, sfocate e contrastate, tutti stilemi tipici del Giacomelli degli anni Ottanta e Novanta e quasi del tutto assenti nella versione del 1964. Soprattutto mutò radicalmente il rapporto col testo. Se la versione originale costituiva una traduzione fedele dei versi di «A Silvia», in quella del 1988 il filo logico e narrativo del testo non era più immediatamente rintracciabile, disciolto nel magma di immagini realizzate in luoghi e situazioni diverse, tenute insieme non da relazioni sintattiche, spaziali, temporali o di causa-effetto, ma da un sistema di associazioni a volte indecifrabili».
Nel 1988 Giacomelli lavorò anche alla trasposizione fotografica de «L’Infinito». La serie, presentata in mostra nella sua sequenza originale, costituisce uno degli esiti più alti a cui pervenne l’artista nell’ambito delle cosiddette «foto-poesie». In questo lavoro -raccontano ancora i curatori- «attraverso il meticoloso montaggio di immagini legate tra loro e ai versi della lirica leopardiana secondo un complesso sistema di libere associazioni e richiami metaforici, Giacomelli ci restituisce in termini visivi il rapporto tra finito e infinito, realtà e immaginazione caro al poeta di Recanati».
Le celebrazioni recanatesi continueranno, dal 30 giugno al 3 novembre (l’inaugurazione è prevista per il 29 giugno, giorno in cui cade il compleanno del poeta), con due mostre che ruotano attorno all’espressione dell’infinito nell’arte: «Infiniti», a cura di Emanuela Angiuli, e «Finito, Non Finito, Infinito», a cura di Marcello Smarrelli. Ma il programma, che nei giorni passati ha visto, in occasione della Giornata mondiale della poesia, un’intensa tre giorni di eventi con ospiti del calibro di Antonino Zichichi, Paolo Crepet, il ministro Marco Bussetti e molti altri, ha in serbo ancora tante sorprese per gli appassionati di Giacomo Leopardi e della sua poesia più conosciuta. Tante occasioni per rivivere un viaggio in versi tra la concretezza di un colle e la meraviglia di ciò che sta oltre, nell’infinito, un’esperienza sublime, totale, che toglie il respiro, come ben racconta il verso finale: «E il naufragar m’è dolce in questo mare».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Copertine realizzate in occasione delle prime due mostre del progetto «Infinito Leopardi»; [fig. 2] Giacomo Leopardi, «L’Infinito», manoscritto autografo
1819. Visso, Museo Comunale; [fig. 3] Giovanni Gallucci, Ritratto di Giacomo Leopardi. Olio su tela. Collezione del Comune di Recanati, Donazione Teresa Teja; [fig. 4] Giacomo Leopardi, manoscritto della prima edizione dello «Zibaldone di pensieri». Collezione Comune di Recanati; [fig. 5]  Maschera funeraria realizzata alla morte di Giacomo Leopardi, il 14 giugno 1837, su incarico di Antonio Ranieri. Collezione del Comune di Recanati, Donazione Felice Le Monnier; [fig. 6 e 7] Mario Giacomelli, «A Silvia», 1964. Gelatin Silver Print. © Archivio Mario Giacomelli - Rita Giacomelli; [fig. 8] Mario Giacomelli, L'infinito, 1986-88. Gelatin Silver Print. © Archivio Mario Giacomelli - Rita Giacomelli; [fig. 8] Americo Luchetti (Montecassiano 1909 – ivi 2006), Testa di Giacomo Leopardi, marmo. Collezione del Comune di Recanati

Informazioni utili 
«Infinito Leopardi» - prima parte. Museo civico Villa Colloredo Mels, via Gregorio XII - Recanati. Orari: martedì – domenica, ore 10.00 – 13.00 e ore 15.00 – 18.00; Lunedì chiuso. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7 (gruppi minimo 15 persone, gruppi accompagnati da guida turistica abilitata, possessori di tessera FAI, Touring Club, Italia Nostra, Coop, Alleanza 3.0 e precedenti Adriatica, Bordest, Estense) o € 5,00 euro (possessori Recanati Card, aderenti al Campus Infinito, gruppi scolastici da 15 a 25 studenti); omaggio per minori fino a 19 anni (singoli), soci Icom, giornalisti muniti di regolare tesserino, disabili e la persona che li accompagna. Informazioni: Ufficio IAT, tel. 071.981471, recanati@sistemamuseo.it. Fino al 19 maggio 2019.

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