sabato 24 ottobre 2020

Milano, al Poldi Pezzoli la ‘nuova’ «Madonna con il Bambino» di Andrea Mantegna

Era il 1861 quando Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879) acquistava dallo storico dell’arte Giovanni Morelli (1816-1891), in difficoltà per un debito di gioco, un’opera destinata a diventare iconica all’interno della sua collezione: il piccolo e prezioso dipinto della «Madonna con il Bambino» (1490-1499) di Andrea Mantegna (1431 – Mantova, 1506).
Due anni dopo, nel 1863, il collezionista lombardo affidava la tela alle cure di Giuseppe Molteni (1800–1867), conservatore della Pinacoteca di Brera nonché ritrattista e amico di famiglia, noto nell’ambiente artistico per i suoi interventi di tipo «integrativo», che avevano la pretesta di migliorare l’aspetto estetico dei quadri antichi secondo il gusto accademico in vigore nel secondo Ottocento così da incontrare il favore della ricca committenza dell’epoca.
Per la «Madonna con il Bambino» quel restauro, purtroppo non solo conservativo, rappresentò una vera e propria metamorfosi.
Giuseppe Molteni eseguì, dapprima, una foderatura incollando sul retro una nuova tela, in modo tale da conferire sostegno al delicatissimo supporto originale, che risultava lacerato in corrispondenza della mano della Vergine.
L’artista impreziosì, poi, la veste rossa della Madonna con marezzature dorate e ridipinse completamente il suo manto blu dal risvolto verde, i cui pigmenti originali in azzurrite apparivano irrimediabilmente alterati.
Ma l’intervento conservativo non si limitò a questo: il restauratore prolungò anche arbitrariamente le braccia di Maria sui bordi laterali, dando l’impressione che la scena si svolgesse davanti a una finestra e, in tal mondo, alterò completamente l’impostazione compositiva e prospettica data all’immagine dal Mantegna.
Infine, Giuseppe Molteni verniciò la superficie, per saturare i colori originali percepiti come troppo «piatti» e «polverosi», con un effetto finale di «scurimento» dei toni, che alterò l’equilibrio cromatico della composizione e rese meno intellegibile la distinzione fra il fondo scuro e il manto della Vergine.
L’intero lavoro di restauro fece sì che i critici facessero fatica a inquadrare storicamente la tela, attribuita negli anni alle più varie fasi di attività dell’artista padovano: dal periodo giovanile, trascorso nella città natale, all'inizio del soggiorno mantovano, avvenuto tra il 1462 e il 1470, fino alla tarda attività, nell’ultimo decennio del Quattrocento.
Nel marzo 2019 il museo Poldi Pezzoli di Milano ha affidato, anche grazie al sostegno economico della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti onlus, il recupero della tela all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Il lavoro di restauro -realizzato da Lucia Maria Bresci, con la collaborazione di Ciro Castelli, sotto la direzione di Marco Ciatti e Cecilia Frosinini, e in collaborazione con Andrea Di Lorenzo- è stato anticipato da un’approfondita campagna diagnostica. Questa prima fase è stata utile per comprendere a fondo la tecnica esecutiva e lo stato conservativo del dipinto, ma anche per definire più accuratamente l’entità dell’intervento di Giuseppe Molteni e, infine, per chiarire alcune piccole scoperte che si andavano rivelando.
«Dagli studi -raccontano i responsabili del restauro- è stato possibile comprendere che la «Madonna con il Bambino» era caratterizzata in origine da un effetto opaco e quasi pulvirulento della superficie, a imitazione degli stendardi o della pittura murale». La vernice a mastice, usata da Giuseppe Molteni per proteggere gli strati pittorici, aveva alterato profondamente l’opera rendendola esteticamente simile a un dipinto a olio e celando le peculiarità della tecnica esecutiva a tempera magra utilizzata dal Mantegna in questa tela e anche in altri suoi lavori come il «Cristo morto» della Pinacoteca di Brera, il grande «San Sebastiano» del Museo del Louvre e la «Madonna con Bambino» dell’Accademia Carrara di Bergamo.
Diffuso nel Quattrocento soprattutto nel Nord Europa, questo particolare procedimento pittorico -raccontano ancora i responsabili del restauro- «consiste nel dipingere su una finissima tela di lino, priva di preparazione e trattata tramite una leggera stesura di amido che la rende più impermeabile alla possibile penetrazione della componente liquida della miscela colore-legante. Quanto al film pittorico, questo è legato a tempera magra (verosimilmente colla animale) e applicato in sottilissime stesure pittoriche per ottenere come effetto estetico finale un’apparenza arida e opaca, enfatizzata e accompagnata, infatti, dall’assenza di verniciatura finale».
Per i restauratori non è stato semplice tornare alla versione antica, che oggi si ritiene essere stata realizzata dal Mantegna negli anni Novanta del Quattrocento, sul finire della vita. 
All’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno, infatti, affrontato una vera e propria sfida, della quale, in letteratura, esisteva solo un altro caso di parziale successo, operato sull’«Adorazione dei Magi», sempre del Mantegna, del Getty Museum di Los Angeles, da parte di Andrea Rothe, restauratore di formazione italiana, recentemente scomparso.
Oggi possiamo dire che la sfida è stata vinta e che il restauro, iniziato con la graduale rimozione della vernice messa da Giuseppe Molteni, ha riservato anche qualche sorpresa: in corso di pulitura è affiorata una traccia della scritta «Nigra sum sed formosa», espressione tratta dal «Cantico dei Cantici». 
Non visibile a occhio nudo, questo lacerto può essere ammirato, fotograficamente e su un grafico di ricostruzione, nella mostra-dossier «Mantegna ritrovato», allestita al Museo Poldi Pezzoli di Milano, nel Salone dell’affresco, per il ritorno a casa della «Madonna con il Bambino».
L’allestimento della rassegna - realizzato da Unifor, su progetto di Luca Rolla e Alberto Bertini - presenta due stanze: la prima, introduttiva, con i pannelli esplicativi e un video che raccontano le diverse fasi di lavorazione; la seconda spoglia, con la sola opera di Mantegna. Una tenda cinge il tutto isolandolo dal resto del museo e concentrando l’attenzione unicamente sul capolavoro. Il visitatore si trova così a tu per tu con la Madonna mantegnesca. Può ammirare l’armonia estetica e, di conseguenza, contenutistica dell'opera, permeata da sentimenti di tenerezza e semplicità. Può lasciarsi ammaliare dall’immagine di una maternità, intima e dolcissima, lontana da ogni intento celebrativo e regale, quasi nobilitata dalla stessa povertà ed umiltà della Vergine, ben sottolineata dalla scritta, appena rinvenuta, «Nigra sum sed formosa». «Sono nera, ma bella».
 
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Madonna con Bambino Andrea Mantegna, Madonna con Bambino, 1490-1499. Tempera magra su tela, 35,5 x 45,5 cm. Milano, Museo Poldi Pezzoli; [figg. 2, 3 e 4] allestimento della mostra Mantegna ritrovato al Poldi Pezzoli di Milano, ottobre 2020; [fig. 5] Mantegna. Adorazione dei Magi, 1495-1505 ca. Tempera a colla e oro su tavola, cm 54,6x70,7. Los Angeles, Getty Museum

Informazioni utili
Mantegna ritrovato. Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni, 12 – Milano. Orari: dal mercoledì al lunedì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00; il museo resterà eccezionalmente aperto anche martedì 27 aprile e sabato 1° maggio.. Ingresso:  ridotto promozionale dal 26 aprile € 7,00. Informazioni: biglietteria, ferraris@museopoldipezzoli.it; tel. 02.79 4889/6334. Note: sono in programma visite guidate e laboratori per bambini; per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere a servizieducativi@museopoldipezzoli.it. Sito internet: www.museopoldipezzoli.it.

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