lunedì 21 dicembre 2020

«Hopperiana»: quattro fotografi, un artista iconico e il nostro «tempo sospeso»

Lo hanno definito l'icona pittorica del nostro tempo sospeso, caratterizzato dalla distanza sociale e dal disorientamento per un futuro che facciamo fatica a progettare, in balia delle ondate di Coronavirus e dei Dpcm che scadenzano anche i momenti più intimi della nostra vita. I suoi quadri permeati di solitudini, silenzi e assenze hanno richiamato alla mente di molti il nostro stare chiusi tra le pareti di casa, con l'assordante silenzio di un tempo che si ripete sempre e costantemente uguale a farci compagnia.
Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – Manhattan, 15 maggio 1967), esponente di spicco del Realismo americano della prima metà del Novecento, ha consegnato alla storia interni domestici, scenografie urbane e paesaggi dalle atmosfere poetiche e oniriche, oggi quanto mai attuali. I suoi uomini e le sue donne sospesi tra la volontà di vivere e l’incapacità di esistere, parlano, infatti, anche di noi, della nostra voglia di andare avanti e del nostro essere costretti a vivere in atmosfere immote e, molto spesso, solitarie.
Al mondo dell'artista guarda l'ultima mostra virtuale di Photology, che ha da poco inaugurato una piattaforma 3D con un sistema di navigazione semplice e intuitivo che permette agli utenti di muoversi all’interno di uno spazio virtuale ma allo stesso tempo del tutto realistico. I lavori esposti possono essere ingranditi, guardati nei dettagli e visti da varie angolazioni; i testi, i contributi video e gli apparati informativi sono inseriti nel contesto espositivo per una omogeneità di informazione.
L'ultima rassegna, fruibile in modalità virtuale fino al prossimo 28 febbraio, si intitola «Hopperiana - Social distancing before Covid-19» e «vuole raccontare -spiegano gli organizzatori- la malinconia e la solitudine di un’intera civiltà che, giunta al massimo del suo sviluppo tecnologico ed economico, è stata costretta dagli eventi a porre un freno al suo inarrestabile avanzamento e a fermarsi per una riflessione introspettiva».
Protagonisti del percorso sono quattro artisti dell’obiettivo: Luca Campigotto, Gregory Crewdson, Franco Fontana e Richard Tuschman. La scelta di focalizzare l’attenzione su un medium quale la fotografia non è casuale: «ciò che più affascina nei quadri di Edward Hopper -spiegano ancora da Photology- è il taglio fotografico delle sue inquadrature, laddove luci a volte taglienti e fredde, altre soffuse e morbide, definiscono composizioni geometrizzanti in cui gli elementi scenici si stagliano come su un grande palco davanti a una platea vuota, e l’angolatura spesso diagonale contribuisce a creare un senso di artificialità, dando la sensazione di un’istantanea fotografica». 
Ognuno degli autori in mostra ha adottato il filtro visivo del pittore e lo ha rielaborato in maniera personale, trasformandolo in opere fotografiche fortemente destabilizzanti. Così, come nei dipinti hopperiani, nei lavori dei quattro autori regna il silenzio: la scena è spesso deserta, di rado è presente più di una figura umana, e quando ciò accade tra i soggetti sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità. Si pensi ai lavori «Pink Bedroom» di Richard Tuschman o agli scatti di Franco Fontana dedicati a Houston (1986) e New York (1999), dove la presenza di più persone rende ancora più evidente il senso di estraneità nei confronti dell’altro. Uomini e donne sono vicini, ma distanti, quasi separati da un’invisibile barriera di plexiglass.
I fotografi costruiscono i propri set ricreando lo stesso pathos che è pregnante nei lavori di Hopper. Esempio lampante ne sono le figure femminili, eteree e inaccessibili, cariche di un forte significato simbolico, rappresentate assorte nei propri pensieri, con lo sguardo distaccato e fisso nel vuoto. Significative in tal senso sono immagini come «Woman at a window» (2013) o «Woman reading» (2013), entrambe di Richard Tuschman.
Il loro distanziamento sociale, frutto di una scelta, è oggi per noi un’imposizione, «come se -raccontano ancora da Photology- la coltre di surrealtà presente nelle opere di Hopper, Campigotto, Crewdson, Fontana, Tuschman si fosse posata sul presente».

Didascalia delle immagini
[Fig. 1] Richard Tuschman©, Pink Bedroom (Family), 2013, Inkjet print on cotton paper, cm 60x90, Edition 4-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 2] Franco Fontana© , Houston, 1985, Color print on Hahnemuhle Baryta, Mounted on dibond, edition 3-5, cm 65x98, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 3] Richard Tuschman©, Morning Sun, 2012, Inkjet print on cotton paper, cm 60x90, Edition 2-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 4] Luca Campigotto© , Mercer Street, Soho, NYC, 2004, Pigment print, cm 110x146, From an edition of 15 signed on verso framed, Courtesy Photology; [fig. 5] Richard Tuschman©, Green Bedroom (4 AM), 2013, Inkjet print on cotton paper, cm 76x60, Edition 3-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology

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