mercoledì 20 gennaio 2021

Porte aperte nei musei della Toscana. Sul pennone del Centro Pecci sventola la bandiera di Jeremy Deller; a Manifattura Tabacchi arriva l'omaggio a Pier Luigi Nervi

Dai giardini di Boboli al Museo Fattori di Livorno, dalla Certosa di Calci al Museo nazionale del Bargello, dalla Villa Medicea di Poggio a Caiano al Maec di Cortona, dall’Opificio delle pietre dure alla Casa Carducci di Valdicastello, dal Palazzo Blu di Pisa alle Residenze napoleoniche di Portoferraio: sono molti i luoghi d’arte della Toscana che in questi giorni sono tornati a ospitare i visitatori, in ottemperanza al Dpcm del 14 gennaio 2021 che ufficializza l’apertura dei musei nelle regioni in zona gialla.
Ingressi contingentati con prenotazione obbligatoria, mascherina, distanziamento sociale e apertura nei soli giorni feriali, dal lunedì al venerdì, sono le regole fissate per questa timida ripartenza dei luoghi della cultura, che vede ancora chiusi su tutto il territorio nazionale teatri e cinema.
In attesa di poter tornare tra le sale di uno dei musei fiorentini più amati nel mondo, gli Uffizi, la cui riapertura è fissata per la mattinata di giovedì 21 gennaio, sta per tornare accessibile uno degli spazi culturali della regione natale di Dante Alighieri che più di altri ha vivacizzato il dibattito culturale in questi lunghi mesi di lockdown: il Centro Luigi Pecci di Prato, diretto da Cristiana Perrella.

Da «Protext!» a «Litosfera», i progetti espositivi del Centro Pecci per la ripartenza

Il museo riapre da mercoledì 20 gennaio con la collettiva «Protext! Quando il tessuto si fa manifesto», prorogata fino al 14 marzo. Attraverso il lavoro di Pia Camil, Otobong Kkanga, Vladislav Shapovalov, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Serapis Maritime e Güneş Terkol, la mostra esplora il ruolo del tessuto non solo nei dibattiti critici su lavoro, identità e cambiamento ambientale, ma anche come medium per eccellenza nella rappresentazione del dissenso. In occasione della riapertura sarà disponibile la pubblicazione di Nero Editions in due volumi: il catalogo della mostra, con il testo critico delle curatrici Camilla Mozzato e Marta Papini, le interviste agli artisti, le biografie e le fotografie delle opere esposte, e  un vero e proprio libro d’artista firmato da Marinella Senatore, introdotto da Cristiana Perrella.
Tornerà visibile anche il progetto «Litosfera», prorogato fino al 18 aprile, che mette in dialogo il video «A Fragmented World» (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli con l’installazione ambientale «Produttivo» (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò. Si tratta di due progetti nati dal desiderio di rappresentare forze e materie che nel corso di ere geologiche hanno dato forma al nostro pianeta. Proseguirà anche l’esposizione della nuova acquisizione «RAID», video di Marcello Maloberti.
Dato il grande successo di pubblico e critica, si è deciso di prorogare fino al 30 gennaio anche «Jacopo Benassi. Vuoto», la prima personale in un museo dedicata al fotografo ligure. La riapertura della mostra, accompagnata dalla pubblicazione del libro «Fags», diventa l’occasione per rilanciare la campagna di fundraising: acquistando una fotografia di Benassi a tiratura limitata, sarà possibile sostenere le attività del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
In occasione della riapertura, per «Extra Flasg», sul pennone davanti al Centro Pecci verrà issata una nuova bandiera, quella di Jeremy Deller (Londra, 1966), intitolata «A flag for a new Pangolin Nation»
La bandiera riporta quello che l’artista considera come l’animale forse più perseguitato al mondo, indicato da alcuni centri di ricerca come il probabile ospite intermedio che ha consentito il passaggio del virus Covid-19 dal pipistrello all’uomo. Dedicargli una bandiera è dedicarla al capro espiatorio, alla vittima inconsapevole, ma è anche un commento sarcastico sulle strumentalizzazioni politiche nazionaliste e populiste generate dalla pandemia. 
Come sempre nel suo lavoro, Jeremy Deller, vincitore del prestigioso Turner Prize nel 2004, attiva anche qui un dialogo trasversale che cortocircuita tra significati opposti, creando un’immagine allo stesso tempo ironica e provocatoria, che rivela il rimosso dei nostri sistemi di convivenza ed espressione.
In parallelo alla riapertura fisica delle sale del museo, prosegue il palinsesto digitale «Pecci on»: un programma creato per alimentare il pensiero critico e il confronto con la scena culturale globale, ma anche un modo per sottolineare come un’istituzione d’arte contemporanea come il Centro Pecci abbia la vocazione e il ruolo di catalizzatore per la propria comunità, di antenna che capta il presente attraendo idee, voci, artisti per leggere le evoluzioni del nostro tempo per restituirle amplificate al territorio e al mondo.
«Abbiamo già dimostrato come un luogo della cultura possa essere un presidio importante e sicuro per la collettività in un periodo difficile come quello che stiamo tutti vivendo – ha dichiarato Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci, a proposito di questo nuovo inizio –. Con la riapertura vogliamo continuare a dare un segnale positivo di energia e accoglienza. Le nostre procedure di sicurezza sono state sempre accurate: siamo un museo grande, con sale ampie e spazi esterni importanti, in cui il distanziamento fisico e la gestione contingentata del flusso di visitatori sono facili da attuare. Riaprire le porte del museo al pubblico è un’opportunità per aumentare la familiarità con il museo e con il suo ruolo di servizio d’interesse generale, per offrire ai cittadini cibo per la mente e una forma di socialità e condivisione sicura, in un momento in cui ce n’è un enorme bisogno». 
Il museo sarà visitabile dal mercoledì al venerdì dalle 12.00 alle 20.00; l’ingresso sarà gratuito per le prime due settimane, fatta eccezione per la la mostra «Protext! Quando il tessuto si fa manifesto», per la quale è stata pensata un biglietto a prezzo ridotto.

Manifattura Tabacchi apre la mostra «Pierluigi Nervi. Architettura come sfida»
Firenze riparte, tra l’altro, da una mostra su Pier Luigi Nervi, progettista e al tempo stesso costruttore, uomo di cultura del suo tempo alla continua ricerca di una assoluta padronanza del mezzo tecnico per infondere bellezza nel costruito.
«Architettura come sfida», questo il titolo della rassegna in programma dal 25 gennaio, allinea plastici, copie dei disegni originali, un ampio corredo fotografico di immagini di cantiere e foto di attualità, che illustrano, capitolo dopo capitolo, l’intero percorso creativo di Nervi e guidano i visitatori all'esplorazione dei principali lavori della sua attività: dal cinema-teatro Augusteo di Napoli, una delle opere a lui più care, alla sede dell'Unesco a Parigi, dall'Aula Paolo VI in Vaticano alla Torre della Borsa di Montreal, per approdare all' ultimo progetto realizzato, l'Ambasciata Italiana a Brasilia, concepito nel 1969 insieme con il figlio Antonio.
La mostra, per la quale è stato pensato anche il progetto digitale «Cinema Nervi», approfondisce, tra le altre opere di Nervi, due opere legate alla storia di Firenze: lo Stadio municipale Berta del 1932 e, ovviamente, Manifattura Tabacchi. L'architettura, costruita tra il 1933 e il 1940 su progetto dei tecnici del Monopolio, presenta linee architettoniche e strutture di modernità ed eleganza tali che hanno fatto ipotizzare la mano di Pier Luigi Nervi. Il recupero in atto è affrontato nel rispetto materiale e figurale del bene, in assidua collaborazione con la Soprintendenza, e affronta le note difficoltà concettuali e metodologiche proprie della conservazione dell’architettura moderna.
Il complesso sarà recuperato secondo un masterplan risultato dai contributi successivi di Concrete, Sanaa, Studio Mumbai e q-bic, che si propone di preservare lo spirito industriale dell’architettura storica con interventi di carattere contemporaneo capaci di valorizzare la monumentalità degli edifici e la qualità unica degli spazi e dei materiali. Particolare attenzione è posta nella progettazione del paesaggio, affidata al paesaggista Antonio Perazzi, dove il verde è inteso come dispositivo di rigenerazione che si riappropria dello spazio nell’ex fabbrica di sigari per creare aree comuni accoglienti, confortevoli e favorevoli all’aggregazione.
L’ambizioso progetto di riqualificazione, avviato nel 2016, si propone di dar vita a un nuovo quartiere per la città e un centro per la cultura contemporanea, l’arte e la moda che sia complementare al centro storico, aperto a tutti e connesso col mondo.
A Firenze si racconta così la storia di un progettista che, trent’anni fa, ha scritto pagine importanti per il futuro dell’architettura, mettendo la grande tradizione artigianale italiana al servizio della prefabbricazione e delle dimensioni monumentali.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3,4 e 5] Centro Pecci di Prato. Foto di Margherita Villani; [figg. 6,7 e 8] Manifattura Tabacchi di Firenze. Foto di Massimo Sestini

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