mercoledì 27 aprile 2022

«Open-end», Marlene Dumas tra corpi ed emozioni

«È un’esposizione sulle storie d’amore e i loro diversi tipi di coppie, giovani e vecchie, sull’erotismo, il tradimento, l’alienazione, l’inizio e la fine, il lutto, le tensioni tra lo spirito e il corpo, le parole (titoli e testi) e le immagini». Così Marlene Dumas (Città del Capo, Sudafrica, 1953) racconta la mostra «Open-end», la sua prima «grande personale» in Italia, allestita fino all’8 gennaio negli spazi di Palazzo Grassi, una delle sedi della collezione Pinault a Venezia
È la stessa artista a spiegare il titolo della rassegna, maturata durante i mesi di confinamento e di chiusura dei luoghi di cultura a causa della pandemia per il Covid-19, in un clima di malinconia per i tanti lutti che hanno caratterizzato gli ultimi due anni.
«Ci ho riflettuto molto – racconta Marlene Dumas - prima di trovare un titolo che riflettesse il mio stato d’animo e la mia percezione del mondo. Ho pensato al fatto di essere bloccata a casa, ai musei chiusi al pubblico e a Palazzo Grassi che dovrà essere aperto per accogliere questa mostra. Poi ho pensato alla parola ‘open’, aperto, e al modo in cui i miei dipinti siano aperti a diverse interpretazioni. Nelle mie opere lo spettatore vede immediatamente ciò che ho dipinto, ma non ne conosce ancora il significato. Dove comincia l’opera non è dove termina. La parola ‘end’, fine, che nel contesto della pandemia ha le proprie implicazioni, è al contempo fluida e melanconica».
Un centinaio di opere, selezionate da Caroline Bourgeois, raccontano la produzione più recente dell’artista, attraverso una selezione di dipinti e disegni che vanno dal 1984 a oggi, compreso un nucleo di opere realizzate proprio per la rassegna veneziana. Lavori di piccole dimensioni, come l’inchiostro e pastello su carta «About Heaven» (2001), «Mamma Roma» (2012) o «The Gate» (2001), si alternano ad altri di grande formato, da «Figure in a landscape» (2010) a «The making» of (2020), in un allestimento dal ritmo poetico, ora serrato, ora arioso, che occupa tutti e due i piani espositivi di Palazzo Grassi.
La maggior parte della produzione di Marlene Dumas è costituita da ritratti e figure umane che rappresentano l’intero spettro delle nostre emozioni: la sofferenza, l’estasi, la paura, la disperazione, la tenerezza, l’amore. Volti, corpi, e in alcuni casi organi sessuali, vengono resi sulla tela con una pennellata veloce, fluida ed essenziale, che negli ultimi anni si è fatta più pastosa, visibilmente materica, e con colori non naturalistici, tipici dello stile neoespressionista, che virano verso i toni del blu, del grigio, del rosso scuro e del giallo. Marlene Dumas spiega questa sua scelta figurativa così, con parole poetiche e simboliche: «La pittura è la traccia del tocco umano, è la pelle di una superficie. Un dipinto non è una cartolina».
Non mancano lungo il percorso espositivo - insieme potente ed enigmatico, intimo e provocatorio - autoritratti e opere che ritraggono personalità di spicco della nostra storia più recente, rivisitati in una chiave intima e inedita, da Pier Paolo Pasolini ad Anna Magnani, da Oscar Wilde a Marilyn Monroe, da Charles Baudelaire a «Dora Maar che ha visto piangere Picasso».
Un aspetto cruciale del lavoro di Marlene Dumas è l’uso di immagini provenienti da giornali, cartoline postali, libri, riviste di moda o film, ricombinate in una narrazione pittorica che mette insieme istanze socio-politiche, fatti di cronaca e storia dell’arte. A tal proposito, con una vena ironica, la stessa pittrice afferma: «sono un’artista che usa immagini di seconda mano ed esperienze di prim’ordine».
L’amore e la morte, le questioni di genere e razziali, la situazione di quelli che l’artista chiama i «dannati di questa terra», ovvero tutti coloro che sono stati privati dei propri diritti, l’innocenza e la colpa sono alcuni temi al centro del corpus di opere esposte, realizzate con un fare artistico molto corporeo, quasi erotico. «Dipingere per me è un’attività molto fisica – spiega, a tal proposito, Marlene Dumas – c’è qualcosa di primitivo. Uso il mio corpo e il corpo crea il dipinto, è il gesto che decide. Io penso molto, ma questo non necessariamente porta a un buon dipinto. Conta la tensione del momento nel quale sono fisicamente con i materiali, e anche questi devono trovare la loro strada nel dipinto. Vorrei che il quadro fosse come una danza». Una danza o una poesia, «una scrittura – conclude l’artista - che respira e fa dei balzi, e che lascia spazi aperti per consentirci di leggere tra le righe».

La proposta espositiva della collezione Pinault, per i giorni della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte, si completa con la mostra «Bruce Nauman: Contrapposto Studies», a cura di Carlos Basualdo e Caroline Bourgeois, allestita fino al 27 novembre a Punta Dogana
Attraverso un percorso espositivo inedito, che affianca lavori storici a opere più recenti, alcune delle quali inedite o presentate per la prima volta in Europa, la rassegna si concentra su tre direttrici fondamentali della produzione dell’autore americano, vincitore del Leone d’Oro per la miglior partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia nel 2009: lo studio d’artista come spazio di lavoro e creazione, l’uso performativo del corpo e la sperimentazione sonora. . 
Centrale nel percorso espositivo è una serie di installazioni video realizzate negli ultimi anni a partire dal celebre «Walk with Contrapposto» del 1968, che ritraeva Bruce Nauman avanzare lungo un corridoio di legno allestito nel suo studio mentre si sforzava di mantenere la posa chiastica: «Contrapposto Studies, I through VII» (2015/16), «Walks In Walks Out» (2015), «Contrapposto Split» (2017) e «Walking a Line» (2019). Si trovano, poi, esposti lavori storici come, per esempio, «Bouncing in the Corner No.1» (1968) , «Lip Sync» (1969) e «For Children »(2010).  Il risultato è un’esperienza immersiva per il visitatore, invitato a mettersi in gioco con il proprio corpo, i sensi e l’intelletto.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1-5] Vista dell'allestimento della mostra «Open-end» di Marlene Dumas. Courtesy: Palazzo Grassi, Venezia; [fig. 6]  Vista dell'allestimento della mostra «Bruce Nauman: Contrapposto Studies». Courtesy: Punta Dogana, Venezia;

Informazioni utili 
Marlene Dumas. open-end- Palazzo Grassi, San Samuele 3231 – Venezia. Orari: tutti i giorni, tranne il martedì, dalle ore 10 alle ore 19. Biglietti: intero € 15,00, ridotto € 12,00. Maggiori informazioni sugli orari, le tariffe, le attività e le modalità di accesso sul sito: www.palazzograssi.it. Fino all’8 gennaio 2023

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