martedì 12 aprile 2011

Siena, il Trittico di Badia a Rofeno torna al suo antico splendore

Torna a risplendere il Trittico di Badia a Rofeno, una delle opere più straordinarie del Medioevo senese. In occasione della XIII Settimana della Cultura, il laboratorio dei dipinti dell’Opificio delle pietre dure di Firenze ha presentato in anteprima assoluta il restauro di uno dei capolavori indiscussi di Ambrogio Lorenzetti (Siena, notizie dal 1319 al 1348). L'opera, il cui intervento conservativo è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione Musei Senesi (con il supporto della Fondazione Monte dei Paschi e con finanziamenti ministeriali), farà ritorno al Museo d'arte sacra di Palazzo Corboli ad Asciano fra la fine di maggio e gli inizi di giugno.
Attribuito per la prima volta ad Ambrogio Lorenzetti nel 1912 dal De Nicola, che lo vide nella sua antica collocazione di Badia a Rofeno, il trittico costituisce una delle più formidabili testimonianze della pittura di questo artista: l’immagine imponente del san Michele Arcangelo, elegantissimo, che lotta con la bestia dalle sette teste descritta dall'Apocalisse, ebbe una singolare risonanza nelle generazioni di artisti a venire, apprezzato anche per gli azzardati ed accattivanti contrasti cromatici.
L’intervento conservativo, curato da un’equipe di restauratori, diretta da Marco Ciatti e coordinata da Luisa Gusmeroli, è stato reso necessario dal repentino aggravarsi nel dicembre del 2006 delle condizioni dell’opera, già segnata da una storia conservativa complessa, che presentava gravissimi ed estesi distacchi e sollevamenti del colore. Una prima fase del lavoro è stata, perciò, compiuta in loco al fine di proteggere con una adeguata velinatura la superficie pittorica e di predisporre tutte le altre operazioni necessarie per poter poi trasportare in sicurezza il dipinto al Laboratorio della Fortezza. Qui la situazione è stata documentata ed il dipinto è stato sottoposto alle indagini diagnostiche necessarie per la comprensione dei suoi materiali, della tecnica artistica e delle patologie in atto. Secondo la metodologia propria dell’Opificio delle pietre dure si è iniziato con le indagini non invasive di area (radiografia Rx, riflettografia Ir, fluorescenza Uv, falso colore Ir, ecc.), per passare poi agli approfondimenti tramite misure non invasive puntuali (fluorescenza X, misure di riflettanza Fors), riservando così la conoscenza più approfondita propria delle tecniche invasive, cioè con prelievo, ad un numero limitatissimo di punti.
Per far fronte ai distacchi ed ai sollevamenti del colore è stato messo a punto un sistema di consolidamento tramite l’impiego del sottovuoto e per poterlo realizzare si è reso necessario separare il trittico nei suoi elementi costitutivi: le tavole dipinte da Ambrogio e la complessa cornice intagliata, dorata e dipinta del secolo XVI, attribuita a Fra’ Raffaele da Brescia (Brescia 1479 - Roma 1539), pesantemente inchiodata alle parti più antiche.
Grazie allo smontaggio è stato possibile compiere l’interessante scoperta delle antiche cornici dipinte da Ambrogio, nascoste da secoli, che, insieme agli originari perni di collegamento tra le tre tavole maggiori, dimostrano che esse costituivano fin dall’origine un unico dipinto.
Risolti i problemi di adesione del colore, il restauro ha affrontato il risanamento delle strutture lignee secondo il progetto di rendere le due parti, il trittico di Ambrogio e la cornice cinquecentesca, ciascuna autoportante ed indipendente rispetto all’altra.
È poi seguita la pulitura della superficie dallo sporco e dalle ridipinture alterate, recuperando sia la raffinata cromia di Ambrogio, sia alcuni dettagli della figurazione. Le mancanze di colore sono state stuccate e trattate con due sistemi di reintegrazione: una di tipo ricostruttivo delle forme, sia pur in modo differenziato e riconoscibile, dove ciò era filologicamente possibile, ed una invece non ricostruttiva, dove non vi erano sufficienti informazioni nelle parti residue, detta “astrazione cromatica” al fine di non falsificare il documento figurativo.
La fortuita scoperta delle antiche cornici trecentesche dipinte da Ambrogio Lorenzetti costituisce una tappa fondamentale nella conoscenza delle capacità formali di Ambrogio e dà un senso alla testimonianza del Vasari che documentava per il Polittico di Badia a Rofeno una fortuna critica straordinariamente vasta.
L’opera è ora presentata in Laboratorio con le due parti separate, il Trittico di Ambrogio Lorenzetti e la cornice cinquecentesca, in modo da consentire una piena fruizione del capolavoro del grande pittore senese e delle novità emerse con il restauro. Con il ritorno dell’opera nel Museo d’Arte Sacra di Asciano si prevede un primo periodo di esposizione analogo a quello qui attuato, ed una successiva ricomposizione, a cura degli specialisti dell’Opificio delle pietre dure delle due parti, che rimarranno comunque strutturalmente indipendenti.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Il Polittico di Badia a Rofeno dopo dell'intervento di restauro; [fig. 2] Il Polittico di Badia a Rofeno prima dell'intervento di restauro; [fig. 3] Particolare del san Michele Arcangelo del Polittico di Badia a Rofeno durante la pulitura [Le foto sono state fornite dall'Agenzia Freelance di Siena]

Informazioni utili
Museo Palazzo Corboli, corso Giacomo Matteotti, 128 - Asciano (Siena). Informazioni: tel. 0577.719524; tel. 0577.718811 (Ufficio turistico) o tel. 0577.707262 (Ufficio turistico Abbazia Monteoliveto Maggiore). Orari: da martedì a domenica, ore 10.30-13.00 e ore 15.00-18.30 Ingresso: intero € 4,50, ridotto € 3,00. Sito web: www.palazzocorboli.it.

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