lunedì 23 luglio 2012

Montale e De Pisis: dalla poesia alla pittura, andata e ritorno

«Qualche anno fa, a Parigi, portai alcuni quadri e disegni a un vecchio artigiano perché facesse le cornici. Più che vecchio era antico, apparteneva a una razza civile che si sta estinguendo anche in Francia (più lentamente che in Italia), quella dell’artigiano colto. Guardò con indifferenza quadri e disegni che portavano firme note e si fermò su uno: ‘Questo è il più bello. Si capisce che non è di un pittore di professione, ma è pieno di talento. Deve essere di un poeta’». L’opera alla quale fa riferimento questo episodio raccontato da Guido Pioveve, in un numero de «L’Europa letteraria» del 1946, è di Eugenio Montale.
Dal 1938 alla fine degli anni Settanta, l’autore di «Meriggiare pallido e assorto» non si è, infatti, limitato a esprimere emozioni e sensazioni con le sole parole, ma ha anche disegnato e dipinto, cercando di dare forme e colori a luoghi e persone, che erano alle origini delle sue suggestioni poetiche.
Le prime prove dello scrittore e giornalista genovese riguardano disegni a matita e inchiostro, raffiguranti ritratti di amici o composizioni floreali. Il passaggio al colore avviene nel 1945, su sollecitazione di Raffaele De Grada, suo maestro insieme con Guido Peyron.
I temi sono quelli della pittura tradizionale, la natura morta e le vedute paesaggistiche, dipinti a olio su tavola di legno e, dopo il trasferimento a Milano del 1948, tracciati a pastello su carta, cartone o «materiali di fortuna». In questi lavori, in cui il soggetto viene reso attraverso segni rapidi e «lievi cipre di colore», il poeta presenta, a detta del critico Franco Russoli, «vere occasioni di incontro evocativo, di durata intimista, dove l’oggettivazione acquista toni visionari, un candore di tenera magia». I riferimenti più prossimi di questi suoi «paesaggi dell’anima» –è lo stesso artista a rivelarlo- sono Giorgio Morandi e Filippo De Pisis, dei quali possedeva più di un’opera nella sua collezione.
Nel 1955, Eugenio Montale scopre, poi, l’originalità di una pittura dall’evidente prossimità al linguaggio informale, fatta di materiali non tradizionali, che si possono trovare ovunque: caffè, cappuccino, vino bianco e rosso, olio, cenere, rossetto, dentifricio e mozziconi di sigaretta, senza contare l’osso di seppia sul quale, nel 1972, traccia il profilo di un’upupa, uccello al quale lo scrittore dedica addirittura una serie pittorica.
Uno spaccato di questa estrosa produzione rivive, fino a domenica 26 agosto, negli spazi del Museo d’arte Mendrisio, nel Canton Ticino, dove è allestita la mostra «De Pisis e Montale. Le occasioni tra poesia e pittura», a cura di Paolo Campiglio. Una quarantina di carte dipinte e incise del giornalista ligure, del quale sono esposti anche documenti e autografi provenienti dal Fondo Montale del Centro manoscritti dell’Università di Pavia, dialogano con una cinquantina di opere, in prevalenza oli su tela e chine acquerellate, del maestro ferrarese, focalizzando l’attenzione del visitatore su temi quali -precisano gli organizzatori- «il paesaggio mediterraneo e il rapporto con gli elementi naturali, la poetica dell’oggetto e la reificazione dell’io, il motivo degli uccelli impagliati o degli animali tragici, il ritratto come presenza evanescente, la città».
I due artisti, coetanei del 1896, si conobbero a Genova, nel 1919, grazie a un amico comune e, da allora, si frequentarono durante le ferie estive, tra Rapallo e Cortina, si dedicarono opere e si scrissero. Tra le carte di questa loro corrispondenza sono state scoperte anche due chicche: lo schizzo montaliano di un ritratto e il manoscritto originale, fino ad oggi sconosciuto, dell'epigramma «Alla maniera di Filippo De Pisis», inserito nella prima edizione delle «Occasioni», quella del '39, sul quale sono visibili varianti e cancellature per mano dello stesso autore. Un dono, questo, al quale il pittore ferrarese, che aveva iniziato la sua carriera come letterato, rispose, «per amichevole contraccambio», con un altro regalo: l’opera «Natura morta con beccaccino» (1932). Questo olio su tela è esposto, a Mendrisio, accanto ai fogli dell’«Erbario», realizzati dallo stesso artista nel 1917 e provenienti dal Museo botanico dell’Università di Padova, e a altre sue celebri nature morte, composizioni in cui grandi conchiglie, raffigurate in primo piano, dialogano con ampi orizzonti, o opere nelle quali sono rappresentati oggetti come una boccetta di inchiostro, un ventaglio o una scatola di fiammiferi. E’ il caso di «Natura morta marina con guanto» (1927), «Uccelli impagliati» (1947) o «Il ventaglio cinese» (1947) messe, qui, a confronto con alcuni lavori dell’ultimo periodo della vita, provenienti dalla collezione della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Ferrara, come «La rosa nella bottiglia» (1950), dove i soggetti ricorrenti della produzione di Filippo De Pisis appaiono quasi ‘sbiancati’ da una luce abbacinante.
Non manca, poi, in mostra un esaustivo apparato documentario, arricchito da rare edizioni delle prime raccolte liriche del poeta, come la prima edizione delle «Occasioni» fitta di annotazioni di Filippo De Pisis, a fianco dei libri di poesie o con illustrazioni del pittore emiliano, come la ristampa del volume «Poesie», (Vallecchi, 1954), per la quale Eugenio Montale scrisse sul «Corriere della Sera»: «in linea di principio non siamo tra coloro che diffidano dei pittori che scrivono o dei letterati che dipingono». Una chiosa perfetta per questa suggestiva mostra che racconta di un’amicizia fatta di parole, colori, inchiostro e pennelli.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Eugenio Montale, «Roccolo», 1971. Tecnica mista su carta, cm9 x 13.8; [fig. 2] Filippo De Pisis, «Venezia Marina», 1930. Olio su cartone, 50x70 cm. Collezione Piero Zanetti; [fig. 3] Eugenio Montale, «Pseudo-Pound», 1964. Pastelli su carta. cm 13x13; [fig. 4] Filippo De Pisis, «Natura morta», 1930 ca.. Olio su tela, cm 60x73; [fig. 5] Filippo De Pisis, «Natura morta con beccaccino», 1932. Olio su tela, cm73x92; [fig. 6] Eugenio Montale,«Upupa», 1966. Acqueforte colorata

Informazioni utili
De Pisis e Montale. «Le occasioni» tra poesia e pittura. Museo d'arte Mendrisio, piazza San Giovanni, casella postale 142 - Mendrisio (Svizzera, Canton Ticino). Orari:martedì-veneredì, ore 10.00–12.00/14.00–17.00; sabato-domenica, ore 10.00–18.00;; chiuso i lunedì non festivi.Ingresso: intero ChFr 10,00; ridotto ChFr 8,00. Informazioni: tel. +41(0)91.6403350 o museo@mendrisio.ch. Sito internet: www.mendrisio.ch/museo. Fino a domenica 26 agosto 2012.

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