venerdì 4 luglio 2014

Dora Maar, la musa di Pablo Picasso, e la fotografia

Henriette Theodora Markovitch, meglio nota come Dora Maar (Parigi, 1907-1997), nell’immaginario e nel ricordo dei posteri è stata soprattutto l’amante e la musa del grande Pablo Picasso, la donna di rara bellezza e dalla personalità enigmatica che aveva sedotto il massimo pittore del secolo e, abbandonata, era sprofondata nella pazzia, vivendo isolata dal mondo per i restanti cinquant’anni. «Sacrificata al Minotauro», «Segregata con i suoi fantasmi ammuffiti», «Dora, lacrime dipinte»: titolarono i giornali quando i suoi beni vennero messi all’asta, dopo la morte. Ma la Maar non fu solo questo. Fu anche e soprattutto una straordinaria artista e la mostra promossa dalla Fondazione musei civici di Venezia, nell’ambito della rassegna «Primavera a Palazzo Fortuny», ne rivela il singolare talento. Un centinaio le opere esposte, tra le quali alcuni lavori inediti, che Victoria Combalía ha scelto per comporre il percorso espositivo di questo primo omaggio italiano alla fotografa parigina, una donna certamente complessa e tormentata come appare nei dipinti di Pablo Picasso, ma anche acuta, intelligente e politicamente impegnata.
Dopo aver vissuto con la famiglia tra Parigi e Buenos Aires, e dopo aver frequentato l’École et Ateliers d’Arts Décoratif e l’Accademia di André Lhot, Dora Maar viene convinta a studiare fotografia all’École de Photographie de la Ville de Paris dal critico Marcel Zahar, anche se sarà soprattutto Emmanuel Sougez a fornirle preziosi consigli tecnici.
Risalgono al 1928 i primi lavori realizzati su commissione; nel 1930 l’artista inizia a collaborare come assistente di Harry Ossip Meerson. È degli appena anni successivi il connubio con Pierre Kéfer, il giovane che aveva creato le scene per il film «La caduta della casa degli Usher» di Jean Epstein. Le loro opere vengono firmate con il timbro Kéfer-Maar, ma gli scatti di strada sono quasi totalmente di Dora Maar. Si tratta di immagini meno note, eppure di grande interesse per l’attenzione alle frange marginali della società, al mondo dell’infanzia, alla vita quotidiana che si svolge nelle strade e all’eccentrico.
«Lo sguardo di Dora -scrive la curatrice della mostra- non ha il distacco documentario di Atget, né la crudezza di Brassaï, né l’obiettività di Cartier-Bresson. Lei non è direttamente interessata ai bassifondi, ai bordelli o ai cabaret». A volte il suo sguardo si fa pietoso come nel «Mendicante accasciato su una sedia pieghevole» (1932 c.), altre volte è pieno di ironia come in «Niente elemosina. Voglio un lavoro» (1934), dove un impeccabile signore con tanto di bombetta vende fiammiferi mostrando un cartello con scritto: «ho perso tutto negli affari». L’attenzione di Dora Maar per i meno abbienti in una Parigi colpita dalla grande crisi del ‘29 «si colora anche di politica». All’epoca l’artista ha una relazione con un giovane e intelligente cineasta Louis Chavance e frequenta il mondo di Montparnasse con Paul Éluard, i fratelli Jacques e Pierre Prévert, Luis Buñuel, ma cosciente delle disuguaglianze sociali, decide anche di impegnarsi nella lotta in favore delle classi umili ed entra a far parte nel 1933 del gruppo Masses, dove conosce il filosofo e rivoluzionario Georges Bataille. La loro relazione dura pochi mesi, la loro amicizia molto più a lungo.
L'attenzione di Dora Maar per quelli che erano considerati gli ultimi della scala sociale la vede andare spesso alla Zone di Parigi, una serie di terreni incolti nelle vicinanze della città, dove gente poverissima (gli zonards) viveva nelle baracche. È questo lo scenario per scatti come «Due bambini davanti a una roulotte» (1931-’36), «Ragazzino con le scarpe spaiate» (1933), «Donna e bambino alla finestra» (1935), efficaci ritratti di povertà.
Tra le «foto di strada» un posto particolare hanno anche quelle scattate nel viaggio solitario a Barcellona e in Costa Brava negli anni Trenta: l'artista ritrae il mercato della Boquería con le venditrici, le macellaie, i mendicanti, i bambini e i colori. Fa degli scatti al parco Güell di Gaudí, scegliendo gli stessi motivi ripresi quell’anno da Man Ray. Fissa immagini del villaggio di Tossa con i suoi pescatori.
L’impegno sociale, e quindi politico, di Dora Maar coincide con il suo ingresso al gruppo surrealista. Oltre a schierarsi dalla parte dei diseredati, l'artista ha un’istintiva e forte inclinazione per il misterioso, il magico e il soprannaturale, temi fondamentali del credo estetico e ideologico dei surrealisti. «Rivelare l’inquietante stranezza del quotidiano» diventa uno dei talenti dell'artista e nascono così scatti con monumenti visti da dietro («Scultura di pietra») o manichini iperrealistici dall’ammaliante sguardo («Busto di donna»). Famosa in questa tipologia di immagini è la foto «Il simulatore» (1936), una veduta capovolta delle arcate dell’Orangerie del castello di Versailles, nella quale il soffitto diventa pavimento, arcuato come la curva descritta dal corpo del ragazzino che sembra in precario equilibrio.
Alla fotografia sperimentale Dora Maar alterna quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, pubblicità e servizi per giornali di moda e piccole riviste erotiche come «Beautés Magazine» o «Amours de Paris».
Tra i tanti ritratti, sono bellissimi quelli di Nusch Éluard, Jean-Louis Barrault, Marie-Laure de Noailles, del poeta René Crevel e della piccola Aube Breton, figlia di André Breton e Jacqueline Lamba.
È il 7 gennaio 1936 quando Paul Éluard presenta all’artista Pablo Picasso; tra i due ha inizio una relazione, passionale e tormenta, che ha ripercussioni nel mondo del lavoro: Dora Maar fotografa, per esempio, le diverse fasi di realizzazione di «Guernica», lasciandoci uno straordinario documento sulla genesi e l’evoluzione di questo capolavoro.
Nel 1937 c’è il riavvicinamento della fotografa parigina alla pittura che non abbandonerà più fino alla fine della sua vita, mentre, negli stessi anni, Pablo Picasso la immortala in innumerevoli tele: all’inizio, la donna appare bella e malinconica con un corpo bianchissimo e sensuale, ma a partire dal ‘38 viene ritratta chiusa in un intreccio di linee sottili, «come una rete o una griglia -nota la Combalìa- metafora del suo carattere tormentato e incostante». Un rapporto, quello con il pittore spagnolo, troppo complicato per Dora Maar e costellato da tradimenti. Nel 1945, è la fine. La donna cade in depressione, a salvarla è la psicoanalisi di Jacques Lacan e la tortura degli elettrochoc. Ma la contropartita della salvezza è la perdita della creatività e la scelta di una vita ritirata, fino alla sua morte, avvenuta nel 1997.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Man Ray, Portrait de Dora Maar (solarisation), 1936. Gelatina al bromuro d'argento, solarizzazione, cm 28,7x21,6. Parigi, Collezione J -P. Godeaut. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 2] Dora Maar, No Dole, Work wanted (Pas d´aumône. Je veux du travail, Londres, 1934. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 39,3x29,6. Parigi, collezione privata. © Dora Maar, by Siae 2014.  Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 3] Dora Maar, Sans titre (main et coquillage, circa 1934).Gelatina al bromuro d'argento, stampa moderna, cm 23,4x17,5. Parigi, Centre Pompidou, Musée national d'art moderne/Centre de création industrielle. © Dora Maar by Siae 2014; [fig. 4] Dora Maar, Aube Breton en 1936, 1936. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 14x9. Parigi,Collezione privata. Courtesy Galerie 1900-2000. © Dora Maar, by Siae 2014

Informazioni utili 
Dora Maar. Nonostante Picasso. Palazzo Fortuny, San Marco 3780 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un'ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 041.5200995 o fortuny@fmcvenezia.it. Sito web: http://fortuny.visitmuve.it. Fino al 14 luglio 2014. 

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