Dalla comicità di Renato Pozzetto a quella di Antonio Cornacchione, passando per due appuntamenti promossi in occasione della Giornata internazionale della donna, a una raccolta fondi in favore del «progetto Guatemala» dell’oratorio «San Filippo Neri» e ai consueti appuntamenti cinematografici della rassegna «Mercoledì d’essai»: è ricco di proposte il cartellone del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio per il mese di marzo.
Ad aprire la programmazione sarà, nella giornata di mercoledì 1° marzo, la proiezione del film «Lettere da Berlino», tratto dal romanzo «Ognuno muore solo» di Hans Fallada, «il libro più importante -secondo Primo Levi- che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo». Al centro della storia realmente accaduta, che si avvale della regia dello spagnolo Vincent Perez, vi sono due «antieroici eroi», interpretati con straordinaria intensità e misura da Emma Thompson e Brendan Gleeson: i coniugi Otto e Anna Hampel (ribattezzati nella finzione cinematografica Quangel), giustiziati dalla Gestapo nel 1943 per aver inondato Berlino di cartoline contro il Führer. Il film, inserito nella rassegna «Mercoledì d’essai», verrà proposto in doppia proiezione: alle ore 16 e alle ore 21; all’appuntamento pomeridiano, pensato specificatamente per il pubblico della terza età, seguirà un momento conviviale con tè e dolci.
Renato Pozzetto tra cinema e cabaret
Riflettori puntati, quindi, su Renato Pozzetto che venerdì 3 marzo, alle ore 21, porterà in scena sul palco di via Calatafimi l’attesissmo one man show «Siccome l’altro è impegnato» (ancora disponibili posti in galleria al costo di € 25,00 per l’intero ed € 23,00 per la galleria). Si tratta di un nuovo e originale esperimento teatrale, il cine-cabaret, con il quale il comico lombardo proporrà «un viaggio dentro tutte le sue più celebri risate con videoproiezioni e commenti, inediti e stralci dei suoi più famosi successi cinematografici, in un percorso artistico che attraversa dieci anni di cabaret, quindici anni di teatro e trent’anni di cinema».
L’appuntamento, inserito nella stagione cittadina «BA Teatro», vedrà in scena anche un’orchestra di quattro elementi, grazie alla quale sarà possibile riascoltare brani evengreen del cabarettista come «Bella bionda», «Nebbia in Val Padana» e «La vita l’è bela».
Teatro e film d'essai per la festa della donna
Seguirà, quindi, nella giornata di martedì 7 marzo, alle ore 9 e alle ore 21, un appuntamento promosso dalla Coop Lombardia – Comitato di Busto Arsizio, con la collaborazione della rete territoriale del Centro di promozione permanente della legalità e dell’associazione culturale «NaveArgo» di Catania: la rappresentazione dello spettacolo «Di Concetta e le sue donne», per la drammaturgia e la regia di Nicoleugenia Prezzavento, con Rita Solonia e Nicoletta Fiorina, autrice anche delle musiche e degli interventi sonori.
La piéce, tratta dall’omonimo romanzo di Maria Attanasio (Sellerio editore, 1999), racconta la storia di Concetta La Ferla, indomita e appassionata militante comunista che ha lottato per l’emancipazione delle donne siciliane e per la costituzione della prima sezione femminile del Pci in Italia, e che ha orgogliosamente consegnato, al presente e al futuro, il proprio perentorio «no» all’ingiustizia sociale, al sessismo e alla politica dell’apparenza e dei salotti televisivi e non.
Dopo la replica mattutina per le scuole -fanno sapere gli organizzatori- «si terrà un incontro con la compagnia, accompagnato da interventi di Ettore Terribili, Dario Ferrari e Gianfranco Gilardi, che dialogheranno con gli studenti sulla storia e la scelta coraggiosa di Rita Atria e Lea Garofalo». Il costo dei biglietti -in vendita nei supermercati Coop di Busto Arsizio (viale Repubblica, 26), Cassano Magnago (via Verdi, 38) e Legnano (via Toselli, 56)- è fissato ad € 5,00; per informazioni è possibile contattare lo 0331.380923.
Guarda al mondo femminile anche l’appuntamento di mercoledì 8 marzo, quando sul grande schermo della sala di via Calatafimi verrà proiettato, nell’ambito della rassegna «Mercoledì d’essai», il film «7 minuti». Si tratta di una riflessione sulla precarietà del mondo lavorativo raccontata attraverso gli occhi di undici donne, che si avvale della regia di Michele Placido e che vede nel cast importanti artiste italiane come Ottavia Piccolo, Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi, Violante Placido e Fiorella Mannoia. L’appuntamento cinematografico, in agenda alle ore 16 e alle ore 21, è promosso in collaborazione con il Patronato Acli di Busto Arsizio, che animerà il successivo dibattito con il pubblico su tematiche inerenti il mondo del lavoro.
A fine marzo in cartellone due commedie brillanti
La rassegna «Mercoledì d’essai», con la sua usuale programmazione alle ore 16 e alle ore 21, proseguirà nella giornata di mercoledì 15 marzo con «Sing Street» di John Carney, «il film dell’anno», stando alla definizione di Beppe Severgnini, che racconta la nascita di una band musicale giovanile nella Dublino degli anni Ottanta. Mentre mercoledì 29 marzo è in agenda il film «Free State of Jones» di Gary Ross, con Matthew McConaughey, che racconta la storia vera del coraggioso contadino Newt Knight e della sua ribellione contro l'esercito confederato ai tempi della guerra di secessione americana.
La programmazione teatrale, inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro», continuerà, invece, nella serata di giovedì 23 marzo con due campioni della comicità italiana, Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione, che porteranno in scena, insieme con l’avvenente Milena Miconi, lo spettacolo «Ieri è un altro giorno» (biglietti da € 30,00 a € 23,00, in vendita al botteghino da giovedì 16 marzo), versione italiana a firma di Luca Bercellona e David Conati di una divertente commedia francese scritta da Silvain Meyniac e Jean Francois Cros, vincitrice del Premio Molière nel 2014, che vede alla regia Eric Civanyac.
A chiudere la programmazione del mese di marzo sarà, nella serata di venerdì 31, la commedia brillante «Mistero a Villa Gaia» (biglietti da € 10,00 a € 5,00, in vendita al botteghino dal 6 marzo), con la compagnia amatoriale «I ragazzi dell’altro ieri». I proventi dello spettacolo, che racconta di strani furti in una casa di riposo, saranno devoluti in beneficenza al progetto «Borsa di studio Guatemala» del Gruppo missionario dell’oratorio «San Filippo Neri».
Al botteghino
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio sarà aperto per tutto il mese di marzo con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti per la rassegna «Mercoledì d’essai» e per gli spettacoli della stagione «BA Teatro» sono acquistabili anche on-line sul sito www.cinemateatromanzoni.it.
Per maggiori informazioni sulla programmazione della sala è possibile contattare il numero 339.7559644 o lo 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Una scena dello spettacolo «Di Concetta e le sue donne», per la drammaturgia e la regia di Nicoleugenia Prezzavento, con Rita Solonia e Nicoletta Fiorina; [figg. 3 e 4] Una scena dello spettacolo «Ieri è un altro giorno», con Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione; [fig. 5] Renato Pozzetto sarà in scena venerdì 3 marzo 2017 al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio
Informazioni utili
www.cinemateatromanzoni.it
martedì 28 febbraio 2017
lunedì 27 febbraio 2017
«Comin’ Jazz», una settimana di musica a Como
Sarà Gavino Murgia, sassofonista che ama sperimentare linguaggi diversi, ad aprire la prima edizione «Comin’ Jazz», festival musicale in cartellone da giovedì 9 a mercoledì 15 marzo a Como, per iniziative dell’assessorato comunale alla Cultura e di varie realtà associative del territorio, dall’AsLiCo alla scuola di musica «Nota su Nota». Il musicista sardo sarà protagonista, al teatro Sociale, di un concerto che mescola e sintetizza con originalità il jazz di tradizione, la musica etnica e i ritmi del Mediterraneo. Con lui sul palco ci saranno altri tre mostri sacri della musica internazionale come il fisarmonicista Luciano Biondini, il batterista Patrice Heral e Michel Godard al basso tuba.
Seguirà, quindi, una settimana ricca di eventi, aperitivi in musica, concerti e marching band, rivolti ad appassionati del genere e a neofiti, oltre a iniziative dedicate alle scuole. Il tutto contribuirà a riscoprire la vocazione jazzistica di Como che, negli anni Ottanta e Novanta, ha visto numerosi interpreti del genere esibirsi nelle piazze e nei teatri cittadini.
La prima edizione del festival vuole, inoltre, celebrare il centenario della pubblicazione del primo disco jazz, «Livery Stable Blues» dell'«Original Dixieland Jass Band», gruppo guidato da Nick La Rocca, figlio di un immigrato italiano in Louisiana. Questa data simboleggia la nascita ufficiale del jazz, genere musicale che già si poteva sentire qualche anno prima nei quartieri neri di New Orleans.
Dopo il debutto al teatro Sociale (giovedì 9 marzo, alle ore 20.30), il cartellone proseguirà con i ritmi coinvolgenti e dinamici dello Tsunami Trio (venerdì 10 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory), nato su iniziativa del pianista Carlo Uboldi, soprannominato nell'ambiente jazzistico Oscar per lo stile e la bravura che spesso si ispirano al grande Oscar Peterson.
Sarà, poi, la volta della parata All Stars Dixieland Marching Band (sabato 11 marzo, alle ore 16), che porterà le vivaci sonorità del jazz per le vie della città, alla quale seguirà l’originale progetto Disney Jazz song (sabato 11 marzo, alle ore 18, al Chiostrino di Sant’Eufemia), presentato da Alceste Ayroldi e con i Bebe Vibe, che offrirà al pubblico un repertorio personalizzato delle colonne sonore dei cartoni animati di Walt Disney con rimandi ai capolavori della musica afroamericana.
Spazio, quindi, all’evento «Il canto del ritmo» (domenica 12 marzo, alle ore 20.30, al teatro Sociale), con tre artisti che affascinano per la loro versatilità e creatività: Enzo Zirilli alla batteria e ale percussioni, Jason Rebello al pianoforte e Marco Micheli al contrabbasso. Ma prima ci sarà «La rivoluzione di un incontro» (domenica 12 marzo, alle ore 17.30, al Chiostrino di Sant’Eufemia), una reinterpretazione improvvisata e libera di pezzi del trombettista Miles Davis e del pianista Bill Evans, il cui incontro storico risale a poco più di sessant’anni fa, che vedrà in scena Luca Garro e Roberto Quadroni.
Nel festival è anche incluso un appuntamento della rassegna «I lunedì del cinema – Il cinema va a teatro», durante il quale verrà proiettato il film «Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta» (lunedì 13 marzo, alle ore 20.30, al teatro Sociale), che mostra attraverso le vicende vissute dai cinquanta componenti del gruppo internazionale «Silk Road Ensemble» -strumentisti e cantanti, compositori e arrangiatori- come la musica abbia la capacità di oltrepassare i confini geografici e di unire diversi continenti e culture.
Il programma prevede, poi, un appuntamento con i Percussion Staff (martedì 14 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory), band che con i suoni di pelli, legni, metalli e strumenti consueti e inconsueti crea uno spettacolo che si avvicina all’happening, nel quale anche i corpi in movimento diventano un elemento imprescindibile.
A chiudere il programma sarà, invece, il Marco Bianchi Lemon Quartett (mercoledì 15 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory) con la presentazione del nuovo album «Pixel», caratterizzato da influenze rock, jazz e fusion.
Importante, infine, è la proposta didattica dal titolo «La storia del jazz» (lunedì 13 marzo, alle ore 9.30, che ripercorre le tappe salienti del jazz, dalle lotte dei neri d’America per l’emancipazione agli anni indimenticabili legati alle città di New Orleans, Chicago, New York, fino al free jazz, al jazz rock e alla fusion.
Informazioni utili
Comin’ Jazz 2017. Como – sedi varie. Informazioni: Ufficio Cultura del Comune di Como, tel. 031.252451/472 o cultura@comune.como.it. Programma completo suwww.visitcomo.eu. Dal 9 al 15 marzo 2017.
Seguirà, quindi, una settimana ricca di eventi, aperitivi in musica, concerti e marching band, rivolti ad appassionati del genere e a neofiti, oltre a iniziative dedicate alle scuole. Il tutto contribuirà a riscoprire la vocazione jazzistica di Como che, negli anni Ottanta e Novanta, ha visto numerosi interpreti del genere esibirsi nelle piazze e nei teatri cittadini.
La prima edizione del festival vuole, inoltre, celebrare il centenario della pubblicazione del primo disco jazz, «Livery Stable Blues» dell'«Original Dixieland Jass Band», gruppo guidato da Nick La Rocca, figlio di un immigrato italiano in Louisiana. Questa data simboleggia la nascita ufficiale del jazz, genere musicale che già si poteva sentire qualche anno prima nei quartieri neri di New Orleans.
Dopo il debutto al teatro Sociale (giovedì 9 marzo, alle ore 20.30), il cartellone proseguirà con i ritmi coinvolgenti e dinamici dello Tsunami Trio (venerdì 10 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory), nato su iniziativa del pianista Carlo Uboldi, soprannominato nell'ambiente jazzistico Oscar per lo stile e la bravura che spesso si ispirano al grande Oscar Peterson.
Sarà, poi, la volta della parata All Stars Dixieland Marching Band (sabato 11 marzo, alle ore 16), che porterà le vivaci sonorità del jazz per le vie della città, alla quale seguirà l’originale progetto Disney Jazz song (sabato 11 marzo, alle ore 18, al Chiostrino di Sant’Eufemia), presentato da Alceste Ayroldi e con i Bebe Vibe, che offrirà al pubblico un repertorio personalizzato delle colonne sonore dei cartoni animati di Walt Disney con rimandi ai capolavori della musica afroamericana.
Spazio, quindi, all’evento «Il canto del ritmo» (domenica 12 marzo, alle ore 20.30, al teatro Sociale), con tre artisti che affascinano per la loro versatilità e creatività: Enzo Zirilli alla batteria e ale percussioni, Jason Rebello al pianoforte e Marco Micheli al contrabbasso. Ma prima ci sarà «La rivoluzione di un incontro» (domenica 12 marzo, alle ore 17.30, al Chiostrino di Sant’Eufemia), una reinterpretazione improvvisata e libera di pezzi del trombettista Miles Davis e del pianista Bill Evans, il cui incontro storico risale a poco più di sessant’anni fa, che vedrà in scena Luca Garro e Roberto Quadroni.
Nel festival è anche incluso un appuntamento della rassegna «I lunedì del cinema – Il cinema va a teatro», durante il quale verrà proiettato il film «Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta» (lunedì 13 marzo, alle ore 20.30, al teatro Sociale), che mostra attraverso le vicende vissute dai cinquanta componenti del gruppo internazionale «Silk Road Ensemble» -strumentisti e cantanti, compositori e arrangiatori- come la musica abbia la capacità di oltrepassare i confini geografici e di unire diversi continenti e culture.
Il programma prevede, poi, un appuntamento con i Percussion Staff (martedì 14 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory), band che con i suoni di pelli, legni, metalli e strumenti consueti e inconsueti crea uno spettacolo che si avvicina all’happening, nel quale anche i corpi in movimento diventano un elemento imprescindibile.
A chiudere il programma sarà, invece, il Marco Bianchi Lemon Quartett (mercoledì 15 marzo, alle ore 21.30, al Nerolidio Music Factory) con la presentazione del nuovo album «Pixel», caratterizzato da influenze rock, jazz e fusion.
Importante, infine, è la proposta didattica dal titolo «La storia del jazz» (lunedì 13 marzo, alle ore 9.30, che ripercorre le tappe salienti del jazz, dalle lotte dei neri d’America per l’emancipazione agli anni indimenticabili legati alle città di New Orleans, Chicago, New York, fino al free jazz, al jazz rock e alla fusion.
Informazioni utili
Comin’ Jazz 2017. Como – sedi varie. Informazioni: Ufficio Cultura del Comune di Como, tel. 031.252451/472 o cultura@comune.como.it. Programma completo suwww.visitcomo.eu. Dal 9 al 15 marzo 2017.
venerdì 24 febbraio 2017
Dante secondo Dalì. In mostra in Puglia le xilografie della «Divina Commedia»
Hanno «l'aspetto variopinto d'ali di farfalla», come amava dire Luis Buñuel, le cento xilografie a colori che Salvador Dalì realizzò tra il 1951 e il 1960 per illustrare la «Divina Commedia» di Dante Alighieri.
Il viaggio iconografico dell’estroso artista spagnolo tra i tre regni ultraterreni nati dalla penna dello scrittore toscano -Inferno, Purgatorio e Paradiso- rivive, in questi giorni, in Puglia. Fino al 5 marzo tre comuni appartenenti dall’Ecomuseo di Peucetia omaggiano, infatti, questo prezioso corpus di illustrazioni, nel quale si ritrovano, per usare le parole di Maurizio Vanni, tutte le caratteristiche dello stile Dalì: «le allucinazioni degli anni Trenta, la mistica del cubismo gotico, del nucleare e dell'arte atomica, il metodo paranoico-critico e l'estetica del molle unita a riferimenti classici».
Le tre sedi pugliesi al centro della rassegna, proposta nell’ambito del progetto «Opere fuori contesto», sono Palazzo de’ Mari ad Acquaviva delle Fonti, il Castello Caracciolo a Sammichele di Bari, e la Chiesa di Sant’Oronzo a Turi.
Composta da cento opere a colori, firmate, numerate e pubblicate da «Les Heures Claires» a Parigi nel 1960, «La Divina Commedia» di Salvador Dalì riunisce trentatré trittici, ognuno dei quali è composto di tre tavole riferite rispettivamente al Paradiso, al Purgatorio e all'Inferno danteschi.
L’opera fonde simboli, allusioni, magia e allegorie in un connubio perfetto, diventando una delle maggiori espressioni del metodo pittorico «paranoico-critico» caratteristico dell’artista surrealista.
Dalì creò questi capolavori nel suo periodo illustrativo migliore e lavorò per quasi nove anni alla realizzazione dei cento acquerelli. In seguito all’esposizione al Musée Galliera di Parigi nel 1960, questi lavori furono trasposti in altrettante xilografie, dopo quattro anni di assiduo lavoro con il maestro stampatore Raymond Jacquet.
Il risultato è eccellente, sia dal punto di vista tecnico che artistico. Il soggetto de «La Divina Commedia», illustrato in precedenza da Botticelli, Blake, Bocklin e Doré, diventa per Dalì un viaggio nella memoria della sua poliedrica sperimentazione e rappresenta una summa della propria arte. Il maestro spagnolo ha raggruppato in questo corpus vari aspetti della sua ricerca stilistica, dalla cosiddetta «estetica del molle» alla curiosità verso i miti classici, dall'interesse per la costruzione michelangiolesca delle figure al gusto per l'incisione circolare che dona loro una forma dinamica. Nell'uso del colore ci si trova davanti ad una vera e propria antologia di modi, dal tratto fragile e guizzante all’uso plastico, come nei panneggi pesanti e materici. Come ne «La Divina Commedia» anche nell’opera di Dalì si respira così un’atmosfera di grandezza, di ostentazione consapevole del sublime.
Affiancano la mostra numerose attività collaterali, tra cui visite guidate e laboratori didattici rivolti ai più piccoli con l’obiettivo di far conoscere il linguaggio espressivo di Dalì. I bambini tra i 7 e i 14 anni potranno, per esempio, sperimentare di persona la metamorfosi degli oggetti e dei corpi partendo dalle immagini bidimensionali delle xilografie, fino ad arrivare alle immagini create da loro stessi. Per la fascia d'età tra i 10 ed i 14 anni il momento pratico sarà, invece, dedicato anche alla lettura delle opere di Dalì tramite il «Gioco dei cadaveri squisiti» inventato dai Surrealisti.
Informazioni utili
«Salvador Dalì- La Divina Commedia» Inferno > Acquaviva delle Fonti, Palazzo de’ Mari | Purgatorio > Sammichele di Bari, Castello Caracciolo | Paradiso > Turi, Chiesa di Sant’Oronzo. Orari: venerdì e sabato, ore 16.00 - 20.30; domenica e festivi, ore10.30 - 13.00 e ore 16.00 - 20.30. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 3,00 (da 6 a 18 anni, gruppi superiori alle 15 unità); gratuito per diversamente abile ed accompagnatore, bambini fino a 5 anni, giornalisti accreditati con tesserino, insegnante accompagnatore di scolaresche. Informazioni: Call center 199.151.123; callcenter@sistemamuseo.it. Sito internet: www.sistemamuseo.it. Fino al 5 marzo 2017.
Il viaggio iconografico dell’estroso artista spagnolo tra i tre regni ultraterreni nati dalla penna dello scrittore toscano -Inferno, Purgatorio e Paradiso- rivive, in questi giorni, in Puglia. Fino al 5 marzo tre comuni appartenenti dall’Ecomuseo di Peucetia omaggiano, infatti, questo prezioso corpus di illustrazioni, nel quale si ritrovano, per usare le parole di Maurizio Vanni, tutte le caratteristiche dello stile Dalì: «le allucinazioni degli anni Trenta, la mistica del cubismo gotico, del nucleare e dell'arte atomica, il metodo paranoico-critico e l'estetica del molle unita a riferimenti classici».
Le tre sedi pugliesi al centro della rassegna, proposta nell’ambito del progetto «Opere fuori contesto», sono Palazzo de’ Mari ad Acquaviva delle Fonti, il Castello Caracciolo a Sammichele di Bari, e la Chiesa di Sant’Oronzo a Turi.
Composta da cento opere a colori, firmate, numerate e pubblicate da «Les Heures Claires» a Parigi nel 1960, «La Divina Commedia» di Salvador Dalì riunisce trentatré trittici, ognuno dei quali è composto di tre tavole riferite rispettivamente al Paradiso, al Purgatorio e all'Inferno danteschi.
L’opera fonde simboli, allusioni, magia e allegorie in un connubio perfetto, diventando una delle maggiori espressioni del metodo pittorico «paranoico-critico» caratteristico dell’artista surrealista.
Dalì creò questi capolavori nel suo periodo illustrativo migliore e lavorò per quasi nove anni alla realizzazione dei cento acquerelli. In seguito all’esposizione al Musée Galliera di Parigi nel 1960, questi lavori furono trasposti in altrettante xilografie, dopo quattro anni di assiduo lavoro con il maestro stampatore Raymond Jacquet.
Il risultato è eccellente, sia dal punto di vista tecnico che artistico. Il soggetto de «La Divina Commedia», illustrato in precedenza da Botticelli, Blake, Bocklin e Doré, diventa per Dalì un viaggio nella memoria della sua poliedrica sperimentazione e rappresenta una summa della propria arte. Il maestro spagnolo ha raggruppato in questo corpus vari aspetti della sua ricerca stilistica, dalla cosiddetta «estetica del molle» alla curiosità verso i miti classici, dall'interesse per la costruzione michelangiolesca delle figure al gusto per l'incisione circolare che dona loro una forma dinamica. Nell'uso del colore ci si trova davanti ad una vera e propria antologia di modi, dal tratto fragile e guizzante all’uso plastico, come nei panneggi pesanti e materici. Come ne «La Divina Commedia» anche nell’opera di Dalì si respira così un’atmosfera di grandezza, di ostentazione consapevole del sublime.
Affiancano la mostra numerose attività collaterali, tra cui visite guidate e laboratori didattici rivolti ai più piccoli con l’obiettivo di far conoscere il linguaggio espressivo di Dalì. I bambini tra i 7 e i 14 anni potranno, per esempio, sperimentare di persona la metamorfosi degli oggetti e dei corpi partendo dalle immagini bidimensionali delle xilografie, fino ad arrivare alle immagini create da loro stessi. Per la fascia d'età tra i 10 ed i 14 anni il momento pratico sarà, invece, dedicato anche alla lettura delle opere di Dalì tramite il «Gioco dei cadaveri squisiti» inventato dai Surrealisti.
Informazioni utili
«Salvador Dalì- La Divina Commedia» Inferno > Acquaviva delle Fonti, Palazzo de’ Mari | Purgatorio > Sammichele di Bari, Castello Caracciolo | Paradiso > Turi, Chiesa di Sant’Oronzo. Orari: venerdì e sabato, ore 16.00 - 20.30; domenica e festivi, ore10.30 - 13.00 e ore 16.00 - 20.30. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 3,00 (da 6 a 18 anni, gruppi superiori alle 15 unità); gratuito per diversamente abile ed accompagnatore, bambini fino a 5 anni, giornalisti accreditati con tesserino, insegnante accompagnatore di scolaresche. Informazioni: Call center 199.151.123; callcenter@sistemamuseo.it. Sito internet: www.sistemamuseo.it. Fino al 5 marzo 2017.
giovedì 23 febbraio 2017
Nanda Vigo e la sua «Exoteric gate» in mostra all'Università di Milano
Rende omaggio a Nanda Vigo, architetto e designer milanese di respiro internazionale, la seconda edizione del progetto «La Statale Arte», che invita artisti italiani e stranieri a dialogare, attraverso lavori e installazioni site-specific, con la suggestiva struttura architettonica degli spazi seicenteschi della sede di via Festa del Perdono.
«Exoteric gate» è il titolo del lavoro esposto fino a sabato 11 marzo al centro del Cortile della Ca’ Granda, per la curatela di Donatella Volontè. Si tratta di un’installazione –la prima realizzata dalla Vigo per uno spazio esterno– che si pone come sintesi di una lunga ricerca avviata con i cronotopi negli anni Sessanta, ambienti o oggetti in cui la luce indiretta filtrata da materiali riflettenti e rifrangenti – vetri stampati, acciai, specchi – genera impressioni incerte che dilatano i concetti di spazio e tempo.
Il ritmo di «Exoteric gate» è quello scandito dalla luce prodotta dai 400 metri di led, mentre il movimento non programmabile è quello dato dalle superfici riflettenti che rendono lo spazio fluido stimolando imprevedibili percezioni.
Le forme dell’installazione creata per il cortile del Richini sono quadrati, cerchi e triangoli, forme primordiali e transculturali che Nanda Vigo considera il vocabolario di base per la costruzione di un linguaggio in cui il codice dei segni muta nell’interazione con la luce e le superfici specchianti.
Le otto piramidi di altezze diverse sono riconducibili sia ai lavori degli anni Settanta, definiti «Stimolatori di spazio», sia ai più recenti «Deep Space»: i primi sono piramidi-specchio in grado di attrarre lo spazio, le architetture circostanti e lo spettatore per restituire una visione multipla e smaterializzata della realtà; quelle del secondo tipo sono invece strutture dalle triangolazioni acute e direzionali, che suggeriscono uno spostamento ascensionale.
Il cilindro centrale si inserisce nella serie dei «Totem» creati dal 2005, e fa riferimento in particolare a quella dei «Neverending Light», strutture verticali che, dalla terra, si prolungano in alto verso lo spazio.
Il titolo «Exoteric Gate», già utilizzato in lavori diversi dal ’76, traduce quel passaggio esoterico e quel viaggio filosofico che Nanda Vigo ha intrapreso già negli anni Sessanta alla ricerca di una sapienza umana. Si tratta dunque di un esoterismo umanista, che sta a fondamento dei diversi piani in cui la sua indagine si è sempre mossa: i piani del reale, dell’irreale e della trascendenza, tradotti in materia luminosa.
Informazioni utili
Exoteric Gate. Cortile della Ca’ Granda - Università Statale di Milano, via Festa del Perdono, 7 – Milano. Orari: lunedì – venerdì, ore 9.00-20.00 e sabato, ore 9-17.30. Ingresso libero. Sito web: www.lastatalearte.it . Fino all’11 marzo 2017
«Exoteric gate» è il titolo del lavoro esposto fino a sabato 11 marzo al centro del Cortile della Ca’ Granda, per la curatela di Donatella Volontè. Si tratta di un’installazione –la prima realizzata dalla Vigo per uno spazio esterno– che si pone come sintesi di una lunga ricerca avviata con i cronotopi negli anni Sessanta, ambienti o oggetti in cui la luce indiretta filtrata da materiali riflettenti e rifrangenti – vetri stampati, acciai, specchi – genera impressioni incerte che dilatano i concetti di spazio e tempo.
Il ritmo di «Exoteric gate» è quello scandito dalla luce prodotta dai 400 metri di led, mentre il movimento non programmabile è quello dato dalle superfici riflettenti che rendono lo spazio fluido stimolando imprevedibili percezioni.
Le forme dell’installazione creata per il cortile del Richini sono quadrati, cerchi e triangoli, forme primordiali e transculturali che Nanda Vigo considera il vocabolario di base per la costruzione di un linguaggio in cui il codice dei segni muta nell’interazione con la luce e le superfici specchianti.
Le otto piramidi di altezze diverse sono riconducibili sia ai lavori degli anni Settanta, definiti «Stimolatori di spazio», sia ai più recenti «Deep Space»: i primi sono piramidi-specchio in grado di attrarre lo spazio, le architetture circostanti e lo spettatore per restituire una visione multipla e smaterializzata della realtà; quelle del secondo tipo sono invece strutture dalle triangolazioni acute e direzionali, che suggeriscono uno spostamento ascensionale.
Il cilindro centrale si inserisce nella serie dei «Totem» creati dal 2005, e fa riferimento in particolare a quella dei «Neverending Light», strutture verticali che, dalla terra, si prolungano in alto verso lo spazio.
Il titolo «Exoteric Gate», già utilizzato in lavori diversi dal ’76, traduce quel passaggio esoterico e quel viaggio filosofico che Nanda Vigo ha intrapreso già negli anni Sessanta alla ricerca di una sapienza umana. Si tratta dunque di un esoterismo umanista, che sta a fondamento dei diversi piani in cui la sua indagine si è sempre mossa: i piani del reale, dell’irreale e della trascendenza, tradotti in materia luminosa.
Informazioni utili
Exoteric Gate. Cortile della Ca’ Granda - Università Statale di Milano, via Festa del Perdono, 7 – Milano. Orari: lunedì – venerdì, ore 9.00-20.00 e sabato, ore 9-17.30. Ingresso libero. Sito web: www.lastatalearte.it . Fino all’11 marzo 2017
mercoledì 22 febbraio 2017
Maurizio Scaparro dona il suo archivio alla Fondazione Giorgio Cini
Si arricchisce di un nuovo tesoro la Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Dal 23 febbraio l’Istituto per il teatro e il melodramma, naturale evoluzione del Centro studi per la ricerca documentale sul teatro e il melodramma europeo, acquisirà l’Archivio personale di Maurizio Scaparro, preziosa raccolta documentale relativa alla carriera dell’artista che spazia dagli anni Sessanta ai giorni nostri.
All’atto formale di donazione, previsto per le ore 11, saranno presenti lo stesso Maurizio Scaparro, con Maria Ida Biggi e i critici teatrali Anna Bandettini («La Repubblica») e Maria Grazia Gregori (curatrice del volume «Scaparro. L'illusione teatrale»).
L’archivio Scaparro, del quale per l’occasione verrà esposta una selezione di materiali all’interna della Biblioteca del Longhena, è prevalentemente composto da faldoni contenenti note di regia, copioni, programmi di sala, inviti, locandine, manifesti, foto di scena, rassegne stampa, interviste, bozzetti di scena, figurini per costumi, lettere, pubblicazioni, riprese video e audio.
La documentazione relativa alle regie teatrali, di prosa e lirica, include titoli fondamentali per la carriera del maestro, divenuti storici; tra questi «La Venexiana» (1965), «Don Chisciotte» (1983), «Memorie di Adriano» (1989), «La Bohème» (2007) ed «Eleonora, ultima notte a Pittsburgh» (2011).
Oltre ai materiali riguardanti le regie teatrali, molti sono quelli afferenti alle regie cinematografiche e televisive, insieme a quelli relativi alle mostre curate, agli eventi e ai periodi di direzione artistica dei teatri in Italia e in Europa. Una vasta sezione testimonia, inoltre, il lavoro svolto da Scaparro negli anni di direzione della Biennale Teatro, segnati dallo storico rilancio del Carnevale di Venezia.
A questi materiali documentali si affianca una collezione di manifesti, locandine e programmi di sala, insieme a una preziosa e puntuale rassegna stampa.
A completamento dell’archivio si colloca un ricco fondo fotografico che, oltre a essere un elemento fondamentale per la ricostruzione e lo studio degli eventi scenici e delle manifestazioni curate dal maestro, offre un inedito spaccato del teatro e dello spettacolo italiano della seconda metà del Novecento.
L’Archivio di Maurizio Scaparro è un corpus in continua evoluzione: nel corso degli anni, infatti, verrà incrementato con l’aggiunta di materiali relativi alle regie attuali e a quelle future del maestro. La donazione segna, inoltre, l’inizio di una fruttuosa collaborazione fra l’Istituto per il teatro e il melodramma e Maurizio Scaparro che ha affidato alla Fondazione Giorgio Cini la custodia attiva della memoria della sua opera. In coordinamento con il maestro, L’istituto si impegna a realizzare e promuovere una serie di attività scientifiche e culturali intorno al vasto archivio documentale.
Informazioni utili
Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini – Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia), tel. 041.2710306, email: teatromelodramma@cini.it. Sito internet: www.cini.it.
All’atto formale di donazione, previsto per le ore 11, saranno presenti lo stesso Maurizio Scaparro, con Maria Ida Biggi e i critici teatrali Anna Bandettini («La Repubblica») e Maria Grazia Gregori (curatrice del volume «Scaparro. L'illusione teatrale»).
L’archivio Scaparro, del quale per l’occasione verrà esposta una selezione di materiali all’interna della Biblioteca del Longhena, è prevalentemente composto da faldoni contenenti note di regia, copioni, programmi di sala, inviti, locandine, manifesti, foto di scena, rassegne stampa, interviste, bozzetti di scena, figurini per costumi, lettere, pubblicazioni, riprese video e audio.
La documentazione relativa alle regie teatrali, di prosa e lirica, include titoli fondamentali per la carriera del maestro, divenuti storici; tra questi «La Venexiana» (1965), «Don Chisciotte» (1983), «Memorie di Adriano» (1989), «La Bohème» (2007) ed «Eleonora, ultima notte a Pittsburgh» (2011).
Oltre ai materiali riguardanti le regie teatrali, molti sono quelli afferenti alle regie cinematografiche e televisive, insieme a quelli relativi alle mostre curate, agli eventi e ai periodi di direzione artistica dei teatri in Italia e in Europa. Una vasta sezione testimonia, inoltre, il lavoro svolto da Scaparro negli anni di direzione della Biennale Teatro, segnati dallo storico rilancio del Carnevale di Venezia.
A questi materiali documentali si affianca una collezione di manifesti, locandine e programmi di sala, insieme a una preziosa e puntuale rassegna stampa.
A completamento dell’archivio si colloca un ricco fondo fotografico che, oltre a essere un elemento fondamentale per la ricostruzione e lo studio degli eventi scenici e delle manifestazioni curate dal maestro, offre un inedito spaccato del teatro e dello spettacolo italiano della seconda metà del Novecento.
L’Archivio di Maurizio Scaparro è un corpus in continua evoluzione: nel corso degli anni, infatti, verrà incrementato con l’aggiunta di materiali relativi alle regie attuali e a quelle future del maestro. La donazione segna, inoltre, l’inizio di una fruttuosa collaborazione fra l’Istituto per il teatro e il melodramma e Maurizio Scaparro che ha affidato alla Fondazione Giorgio Cini la custodia attiva della memoria della sua opera. In coordinamento con il maestro, L’istituto si impegna a realizzare e promuovere una serie di attività scientifiche e culturali intorno al vasto archivio documentale.
Informazioni utili
Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini – Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia), tel. 041.2710306, email: teatromelodramma@cini.it. Sito internet: www.cini.it.
martedì 21 febbraio 2017
Renato Pozzetto sul palco del Manzoni di Busto
Dieci anni di cabaret, quindici anni di teatro e trent’anni di cinema con più di sessanta film: sono questi i numeri della carriera di Renato Pozzetto, il noto comico lombardo che venerdì 3 marzo, alle ore 21, sarà in scena al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio con l’one man show «Siccome l’altro è impegnato».
Lo spettacolo, inserito nel cartellone cittadino «BA Teatro», è il sesto appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea, da Stefania Sandrelli a Sebastiano Somma, da Anna Galiena a Enzo Decaro.
Con questo nuovo progetto teatrale, che lo vede vestire anche i panni dell’autore e del regista, Renato Pozzetto porterà in scena nella sala bustese di via Calatafimi un nuovo e originale esperimento teatrale: il cine-cabaret. Si tratta di «un viaggio -afferma la produzione dello spettacolo- dentro tutte le sue più celebri risate con videoproiezioni e commenti, inediti e stralci dei suoi più famosi successi cinematografici».
Spezzoni ripresi da alcune delle pellicole più fortunate come «È arrivato mio fratello» e «Il ragazzo di campagna», dialogheranno, infatti, con sketch e battute dal linguaggio surreale e stralunato, ripercorrendo così, in due ore di sorprendente comicità, l’intera carriera del comico lombardo. Dagli inizi degli anni Sessanta, sul palcoscenico del Derby di Milano, alle grandi collaborazioni e amicizie degli anni a venire, come quella con Enzo Jannacci, tutto l’universo creativo di Renato Pozzetto va, dunque, in scena con lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato», dove l’altro è Cochi, suo partner storico.
Cornice indispensabile della serata sarà la musica, eseguita dal vivo da un’orchestra formata da quattro elementi, che permetterà al pubblico di riassaporare brani evengreen del cabarettista come «Bella bionda», «Nebbia in Val Padana» e «La vita l’è bela».
La programmazione del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio continuerà nella serata di giovedì 23 marzo, alle ore 21, con Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione protagonisti dello spettacolo «Ieri è un altro giorno», versione italiana, a firma di Luca Bercellona e David Conati, di una divertente commedia francese scritta da Silvain Meyniac e Jean Francois Cros, vincitrice del Premio Molière nel 2014, che vede alla regia Eric Civanyac.
Il costo del biglietto per lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato» è fissato ad euro 30,00 per la poltronissima, euro 26,00 (intero) o euro 24,00 (ridotto) per la poltrona, euro 25,00 (intero) o euro 23,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio sarà aperto da venerdì 24 febbraio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono già acquistabili on-line sul sito www.cinemateatromanzoni.it, da poco rinnovato nella grafica e migliorato nell’usabilità grazie alla professionalità dell’azienda Crea Informatica Srl di Milano.
Informazioni utili
«Siccome l'altro è impegnato», con Renato Pozzetto. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio (Varese). Ingresso: poltronissima € 30,00 , poltrona € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto), galleria € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto). Orari botteghino: da venerdì 24 febbraio, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni: tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it. Venerdì 3 marzo 2017.
Lo spettacolo, inserito nel cartellone cittadino «BA Teatro», è il sesto appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea, da Stefania Sandrelli a Sebastiano Somma, da Anna Galiena a Enzo Decaro.
Con questo nuovo progetto teatrale, che lo vede vestire anche i panni dell’autore e del regista, Renato Pozzetto porterà in scena nella sala bustese di via Calatafimi un nuovo e originale esperimento teatrale: il cine-cabaret. Si tratta di «un viaggio -afferma la produzione dello spettacolo- dentro tutte le sue più celebri risate con videoproiezioni e commenti, inediti e stralci dei suoi più famosi successi cinematografici».
Spezzoni ripresi da alcune delle pellicole più fortunate come «È arrivato mio fratello» e «Il ragazzo di campagna», dialogheranno, infatti, con sketch e battute dal linguaggio surreale e stralunato, ripercorrendo così, in due ore di sorprendente comicità, l’intera carriera del comico lombardo. Dagli inizi degli anni Sessanta, sul palcoscenico del Derby di Milano, alle grandi collaborazioni e amicizie degli anni a venire, come quella con Enzo Jannacci, tutto l’universo creativo di Renato Pozzetto va, dunque, in scena con lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato», dove l’altro è Cochi, suo partner storico.
Cornice indispensabile della serata sarà la musica, eseguita dal vivo da un’orchestra formata da quattro elementi, che permetterà al pubblico di riassaporare brani evengreen del cabarettista come «Bella bionda», «Nebbia in Val Padana» e «La vita l’è bela».
La programmazione del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio continuerà nella serata di giovedì 23 marzo, alle ore 21, con Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione protagonisti dello spettacolo «Ieri è un altro giorno», versione italiana, a firma di Luca Bercellona e David Conati, di una divertente commedia francese scritta da Silvain Meyniac e Jean Francois Cros, vincitrice del Premio Molière nel 2014, che vede alla regia Eric Civanyac.
Il costo del biglietto per lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato» è fissato ad euro 30,00 per la poltronissima, euro 26,00 (intero) o euro 24,00 (ridotto) per la poltrona, euro 25,00 (intero) o euro 23,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio sarà aperto da venerdì 24 febbraio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono già acquistabili on-line sul sito www.cinemateatromanzoni.it, da poco rinnovato nella grafica e migliorato nell’usabilità grazie alla professionalità dell’azienda Crea Informatica Srl di Milano.
Informazioni utili
«Siccome l'altro è impegnato», con Renato Pozzetto. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio (Varese). Ingresso: poltronissima € 30,00 , poltrona € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto), galleria € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto). Orari botteghino: da venerdì 24 febbraio, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni: tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it. Venerdì 3 marzo 2017.
lunedì 20 febbraio 2017
Eliseo Mattiacci al Mart di Rovereto
«Vorrei che nel mio lavoro si avvertissero processi che vanno dall’età del ferro al Tremila». Sono queste parole a fare da filo rosso alla mostra di Eliseo Mattiacci allestita fino a domenica 12 marzo al Mart di Rovereto.
La rassegna, curata da Gianfranco Maraniello,fa dialogare le monumentali installazioni dell’artista di Cagli, classe 1940, con le raccolte del museo trentino, con la visione antitradizionale della scultura di Ettore Colla e con lo spazialismo di Lucio Fontana.
Il percorso antologico, che spazia dagli esordi degli anni Settanta a oggi, racconta la parabola dello scultore, presentando opere raramente allestite o mai esposte in un museo. Tra i lavori in mostra si trova, per esempio, «Locomotiva» (1964), un lavoro degli esordi, in cui sono presenti intuizioni e temi che saranno determinanti per lo sviluppo successivo della poetica dell’artista. Nel percorso di visita si incontrano, poi, sculture che per complessità e misura sono di difficile installazione, come la celebre «Motociclista» (1981) che, esposta solo due volte nell’81 e nell’82, preannuncia il passaggio dalla dimensione terrestre a quella cosmica. Sono esposte a Rovereto anche «La mia idea del cosmo» (2001), in cui emergono una dimensione sognante e contemplativa, e «Piattaforma esplorativa» (2008).
Sono, inoltre, presenti lungo il percorso espositivo lavori entrati nella storia delle Biennali veneziane del 1972 e del 1988, entrambe a cura di Giovanni Carandente. Nella prima delle due Biennali un’intera sala era dedicata a Mattiacci, che allestì quattro opere, due delle quali inserite nella mostra di oggi al Mart: «Cultura mummificata» e «Tavole degli alfabeti primari». A Venezia nell’88 fu, invece, esposta la scultura «Esplorazione magnetica».
L’esposizione presenta anche una ventina di disegni, eseguiti principalmente in inchiostro e grafite, contrappuntano la monumentalità delle installazioni. Quello del disegno è un linguaggio per il quale Mattiacci è meno noto. Questi lavori non hanno a che fare con la progettazione delle sculture, ma costituiscono una raccolta di idee e suggestioni che si relazionano, a livello tematico e semantico, con la cosmologia dell’artista.
Una costante del suo lavoro, sottolineato in mostra con decisione, è, infatti, la messa in questione delle tendenze culturali più diffuse. I lavori del maestro scardinano la convenzionalità della compiutezza dell’opera a favore dei gesti fondativi dell’arte e di una decostruzione dei paradigmi dominanti.
Con l’artista di Cagli, la scultura abbandona presto il piedistallo e si trasforma in dispositivo che appartiene allo spazio e, al medesimo tempo, eccede i suoi confini, muovendo verso dimensioni energetiche, esistenziali, cosmologiche.
«Gli interventi di Mattiacci indirizzano –si legge nella presentazione della mostra- a un’esperienza dell’universo che si compie nel disvelamento di potenze invisibili come quelle del magnetismo e della conduzione elettrica, in ritualità arcaiche, nella propagazione delle onde sonore di un gong, nella predisposizione di unità di misura umane, tracciati orbitali e vie di conoscenza all’ignoto attraverso scritture, metriche, strumenti meccanici e tecnologici in una tensione prometeica verso l’infinito».
Informazioni utili
Eliseo Mattiacci. Mart, corso Bettini, 43 - Rovereto. Orari: ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 7,00. Informazioni: tel. 800.397760; tel. 0464.438887. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino al 12 marzo 2017.
La rassegna, curata da Gianfranco Maraniello,fa dialogare le monumentali installazioni dell’artista di Cagli, classe 1940, con le raccolte del museo trentino, con la visione antitradizionale della scultura di Ettore Colla e con lo spazialismo di Lucio Fontana.
Il percorso antologico, che spazia dagli esordi degli anni Settanta a oggi, racconta la parabola dello scultore, presentando opere raramente allestite o mai esposte in un museo. Tra i lavori in mostra si trova, per esempio, «Locomotiva» (1964), un lavoro degli esordi, in cui sono presenti intuizioni e temi che saranno determinanti per lo sviluppo successivo della poetica dell’artista. Nel percorso di visita si incontrano, poi, sculture che per complessità e misura sono di difficile installazione, come la celebre «Motociclista» (1981) che, esposta solo due volte nell’81 e nell’82, preannuncia il passaggio dalla dimensione terrestre a quella cosmica. Sono esposte a Rovereto anche «La mia idea del cosmo» (2001), in cui emergono una dimensione sognante e contemplativa, e «Piattaforma esplorativa» (2008).
Sono, inoltre, presenti lungo il percorso espositivo lavori entrati nella storia delle Biennali veneziane del 1972 e del 1988, entrambe a cura di Giovanni Carandente. Nella prima delle due Biennali un’intera sala era dedicata a Mattiacci, che allestì quattro opere, due delle quali inserite nella mostra di oggi al Mart: «Cultura mummificata» e «Tavole degli alfabeti primari». A Venezia nell’88 fu, invece, esposta la scultura «Esplorazione magnetica».
L’esposizione presenta anche una ventina di disegni, eseguiti principalmente in inchiostro e grafite, contrappuntano la monumentalità delle installazioni. Quello del disegno è un linguaggio per il quale Mattiacci è meno noto. Questi lavori non hanno a che fare con la progettazione delle sculture, ma costituiscono una raccolta di idee e suggestioni che si relazionano, a livello tematico e semantico, con la cosmologia dell’artista.
Una costante del suo lavoro, sottolineato in mostra con decisione, è, infatti, la messa in questione delle tendenze culturali più diffuse. I lavori del maestro scardinano la convenzionalità della compiutezza dell’opera a favore dei gesti fondativi dell’arte e di una decostruzione dei paradigmi dominanti.
Con l’artista di Cagli, la scultura abbandona presto il piedistallo e si trasforma in dispositivo che appartiene allo spazio e, al medesimo tempo, eccede i suoi confini, muovendo verso dimensioni energetiche, esistenziali, cosmologiche.
«Gli interventi di Mattiacci indirizzano –si legge nella presentazione della mostra- a un’esperienza dell’universo che si compie nel disvelamento di potenze invisibili come quelle del magnetismo e della conduzione elettrica, in ritualità arcaiche, nella propagazione delle onde sonore di un gong, nella predisposizione di unità di misura umane, tracciati orbitali e vie di conoscenza all’ignoto attraverso scritture, metriche, strumenti meccanici e tecnologici in una tensione prometeica verso l’infinito».
Informazioni utili
Eliseo Mattiacci. Mart, corso Bettini, 43 - Rovereto. Orari: ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 7,00. Informazioni: tel. 800.397760; tel. 0464.438887. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino al 12 marzo 2017.
venerdì 17 febbraio 2017
Mart di Rovereto, un anno tra grandi mostre e promozione del territorio
Si preannuncia ricco il calendario espositivo del Mart per il 2017. Dopo il successo della passata stagione, che ha visto un aumento dei visitatori e una riorganizzazione delle collezione museali, l’istituzione trentina lavorerà quest’anno seguendo tre principali direttive: la valorizzazione del patrimonio e dell’architettura, la produzione di grandi mostre e la promozione del territorio.
A quattordici anni dalla sua inaugurazione, si rende necessario un restyling della struttura per migliorarne gli standard museali e la qualità della fruizione; il lavoro sarà eseguito ancora una volta da Mario Botta, che, progettando il museo, ne ha definito la forte identità architettonica.
Grande spazio nella programmazione avranno soprattutto le collezioni permanenti, che permettono di attraversare centocinquanta anni di storia dell’arte, dalla fine del XIX secolo a oggi, attraverso opere di autori quali Alberto Burri, Lucio Fontana, Pietro Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz e Salvatore Scarpitta.
In questo quadro si preannunciano focus tematici sulle opere provenienti dalle raccolte di Alessandra Allaria, Panza di Biumo e Gemma De Angelis Testa che fanno parte e entreranno a far parte del patrimonio museale dell’istituzione roveretana.
La prima collezione, quella di Alessandra Allaria, porterà con sé un nucleo significativo di lavori firmati da Mario Sironi (dal 5 marzo all’11 giugno 2017); mentre la mostra «Collezione Panza di Biumo. La materia della forma» (dal 2 aprile 2017) permetterà una miglior messa a fuoco della scuola minimalista e concettuale attraverso la presentazione di opere come «43 Drawings» (1971-1972) di Hanne Darboven, «Wall Drawing No.152» (1973) di Sol LeWitt e «An Eleven Day Wandering Walk. Australia» (1982) di Hamish Fulton, solo per fare qualche esempio. La collezione di Gemma De Angelis Testa permetterà, invece, di confrontarsi con artisti come Fischli & Weiss, Adrian Paci e Mark Leckey.
All’interno della politica di valorizzazione del patrimonio museale, risultano chiaramente centrali la figura di Fortunato Depero e la Casa d’arte futurista a lui intitolata, che sarà anche essa oggetto di interventi tecnici volti ad aumentare gli standard museali. L’opera dell’artista trentino verrà promossa con particolare attenzione nella programmazione roveretana, ma anche in grandi mostre organizzate altrove come la monografica «Depero il Mago» alla Fondazione Magnani Rocca (18 marzo – 2 luglio 2017) o l’esposizione «Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia» ai Musei San Domenico di Forlì (11 febbraio- 18 giugno 2017).
A Casa Depero è, invece, visibile per la prima volta la celebre scenografia ideata dall’artista per «Le chant du Rossignol», il balletto ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen, musicata da Igor Strawinskij. La scenografia fu commissionata a Depero nel 1916 da Sergej Pavlovič Djagilev, impresario dei Balletti Russi, ma venne realizzata solo nel 2000 quando il teatro Massimo di Palermo decise di proporre lo spettacolo e costruì quadri scenici e costumi partendo da materiali originali deperiani.
Ricco è anche il programma delle grandi mostre che verranno proposte durante il 2017 dal Mart, confermando l’impegno del museo sui fronti della ricerca e della qualità della proposta. La primavera porterà, per esempio, a Rovereto la grande e attesa mostra «Grazia Toderi e Orhan Pamuk. Words and stars» (dal 2 aprile al 2 luglio 2017), a cura di Gianfranco Maraniello, nella quale il premio Nobel per la letteratura 2006 dialogherà con la nota artista contemporanea sulle affinità esistenti tra ingenue domande metafisiche e la gioia di guardare le stelle.
L’estate sarà, invece, dedicata alla mostra «Un’eterna bellezza - Capolavori dell’arte italiana nel primo Novecento» (dal 2 luglio al 5 novembre 2017), realizzata in collaborazione con la Fundación Mapfre di Madrid. L’idea di classicità e la ricerca di un canone volti a creare una nuova modernità sono i due temi che faranno da filo conduttore alla rassegna, a cura di Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari. Sempre nei mesi estivi sarà possibile vedere una mostra su Armando Testa (dal 22 luglio al 15 ottobre 2017), il più importante pubblicitario italiano del secolo scorso, a cura di Gianfranco Maraniello.
Mentre durante l’autunno il Mart proporrà, in collaborazione con il Madre di Napoli, la prima retrospettiva italiana su Carlo Alfano, per la curatela di Denis Isaia e Gianfranco Maraniello, e una mostra, a cura di Alberto Salvadori, sulla breve e densa esperienza creativa di Francesco Lo Savio.
L’anno si chiuderà con una grandiosa esposizione internazionale, che accompagnerà i visitatori nel 2018: «Realismo Magico: l'arte italiana tra metafisica e nuova oggettività 1920-1930» (3 dicembre 2017 – 4 marzo 2018), a cura di Gabriella Belli, Valerio Terraroli e Alessandra Tiddia.
La promozione del territorio sarà, invece, centrale nella sede della Galleria civica di Trento, dove peraltro viene portata avanti l’attività dell’Adac, l’Archivio degli artisti attivi in Trentino.
Una prima mostra sulle pratiche architettoniche e artistiche degli anni Settanta a Trento è quella curata insieme a Campomarzio. Con «Almanacco 70», l’istituzione culturale narra il territorio e la sua storia più recente, mettendo in campo una sinergia con un giovane collettivo indipendente il cui nome ha superato da tempo i confini provinciali per giungere fino alla Biennale di Architettura di Venezia. La seconda mostra, «Legno | Lën | Holz», a cura di Gabriele Lorenzoni, porterà a Trento le rinomate sculture lignee degli artisti regionali più rilevanti attualmente attivi nell’area dolomitica, con una particolare attenzione alla scuola gardenese, che per quantità e qualità non ha pari in Europa. Chiude l’anno la prima personale di Jacopo Mazzonelli, curata da Margherita de Pilati e da Luigi Fassi.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Christiane Löhr, Zusammentreffen (Incontro), 2003, semi di edera e semi di caglio, Panza Collection, Mendrisio. Photo: Alessandro Zambianchi - Simply .it, Milano; [fid. 2] Menabò originale di Documento Sud n. 5, 1960, Mart, Archivio del '900, fondo Martini; [fig. 3] Felice Casorati Ritratto di Renato Gualino, 1923-1924 olio su compensato, 97 x 74,5 cm Istituto Matteucci, Viareggio
Informazioni utili
www.mart.trento.it
A quattordici anni dalla sua inaugurazione, si rende necessario un restyling della struttura per migliorarne gli standard museali e la qualità della fruizione; il lavoro sarà eseguito ancora una volta da Mario Botta, che, progettando il museo, ne ha definito la forte identità architettonica.
Grande spazio nella programmazione avranno soprattutto le collezioni permanenti, che permettono di attraversare centocinquanta anni di storia dell’arte, dalla fine del XIX secolo a oggi, attraverso opere di autori quali Alberto Burri, Lucio Fontana, Pietro Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz e Salvatore Scarpitta.
In questo quadro si preannunciano focus tematici sulle opere provenienti dalle raccolte di Alessandra Allaria, Panza di Biumo e Gemma De Angelis Testa che fanno parte e entreranno a far parte del patrimonio museale dell’istituzione roveretana.
La prima collezione, quella di Alessandra Allaria, porterà con sé un nucleo significativo di lavori firmati da Mario Sironi (dal 5 marzo all’11 giugno 2017); mentre la mostra «Collezione Panza di Biumo. La materia della forma» (dal 2 aprile 2017) permetterà una miglior messa a fuoco della scuola minimalista e concettuale attraverso la presentazione di opere come «43 Drawings» (1971-1972) di Hanne Darboven, «Wall Drawing No.152» (1973) di Sol LeWitt e «An Eleven Day Wandering Walk. Australia» (1982) di Hamish Fulton, solo per fare qualche esempio. La collezione di Gemma De Angelis Testa permetterà, invece, di confrontarsi con artisti come Fischli & Weiss, Adrian Paci e Mark Leckey.
All’interno della politica di valorizzazione del patrimonio museale, risultano chiaramente centrali la figura di Fortunato Depero e la Casa d’arte futurista a lui intitolata, che sarà anche essa oggetto di interventi tecnici volti ad aumentare gli standard museali. L’opera dell’artista trentino verrà promossa con particolare attenzione nella programmazione roveretana, ma anche in grandi mostre organizzate altrove come la monografica «Depero il Mago» alla Fondazione Magnani Rocca (18 marzo – 2 luglio 2017) o l’esposizione «Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia» ai Musei San Domenico di Forlì (11 febbraio- 18 giugno 2017).
A Casa Depero è, invece, visibile per la prima volta la celebre scenografia ideata dall’artista per «Le chant du Rossignol», il balletto ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen, musicata da Igor Strawinskij. La scenografia fu commissionata a Depero nel 1916 da Sergej Pavlovič Djagilev, impresario dei Balletti Russi, ma venne realizzata solo nel 2000 quando il teatro Massimo di Palermo decise di proporre lo spettacolo e costruì quadri scenici e costumi partendo da materiali originali deperiani.
Ricco è anche il programma delle grandi mostre che verranno proposte durante il 2017 dal Mart, confermando l’impegno del museo sui fronti della ricerca e della qualità della proposta. La primavera porterà, per esempio, a Rovereto la grande e attesa mostra «Grazia Toderi e Orhan Pamuk. Words and stars» (dal 2 aprile al 2 luglio 2017), a cura di Gianfranco Maraniello, nella quale il premio Nobel per la letteratura 2006 dialogherà con la nota artista contemporanea sulle affinità esistenti tra ingenue domande metafisiche e la gioia di guardare le stelle.
L’estate sarà, invece, dedicata alla mostra «Un’eterna bellezza - Capolavori dell’arte italiana nel primo Novecento» (dal 2 luglio al 5 novembre 2017), realizzata in collaborazione con la Fundación Mapfre di Madrid. L’idea di classicità e la ricerca di un canone volti a creare una nuova modernità sono i due temi che faranno da filo conduttore alla rassegna, a cura di Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari. Sempre nei mesi estivi sarà possibile vedere una mostra su Armando Testa (dal 22 luglio al 15 ottobre 2017), il più importante pubblicitario italiano del secolo scorso, a cura di Gianfranco Maraniello.
Mentre durante l’autunno il Mart proporrà, in collaborazione con il Madre di Napoli, la prima retrospettiva italiana su Carlo Alfano, per la curatela di Denis Isaia e Gianfranco Maraniello, e una mostra, a cura di Alberto Salvadori, sulla breve e densa esperienza creativa di Francesco Lo Savio.
L’anno si chiuderà con una grandiosa esposizione internazionale, che accompagnerà i visitatori nel 2018: «Realismo Magico: l'arte italiana tra metafisica e nuova oggettività 1920-1930» (3 dicembre 2017 – 4 marzo 2018), a cura di Gabriella Belli, Valerio Terraroli e Alessandra Tiddia.
La promozione del territorio sarà, invece, centrale nella sede della Galleria civica di Trento, dove peraltro viene portata avanti l’attività dell’Adac, l’Archivio degli artisti attivi in Trentino.
Una prima mostra sulle pratiche architettoniche e artistiche degli anni Settanta a Trento è quella curata insieme a Campomarzio. Con «Almanacco 70», l’istituzione culturale narra il territorio e la sua storia più recente, mettendo in campo una sinergia con un giovane collettivo indipendente il cui nome ha superato da tempo i confini provinciali per giungere fino alla Biennale di Architettura di Venezia. La seconda mostra, «Legno | Lën | Holz», a cura di Gabriele Lorenzoni, porterà a Trento le rinomate sculture lignee degli artisti regionali più rilevanti attualmente attivi nell’area dolomitica, con una particolare attenzione alla scuola gardenese, che per quantità e qualità non ha pari in Europa. Chiude l’anno la prima personale di Jacopo Mazzonelli, curata da Margherita de Pilati e da Luigi Fassi.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Christiane Löhr, Zusammentreffen (Incontro), 2003, semi di edera e semi di caglio, Panza Collection, Mendrisio. Photo: Alessandro Zambianchi - Simply .it, Milano; [fid. 2] Menabò originale di Documento Sud n. 5, 1960, Mart, Archivio del '900, fondo Martini; [fig. 3] Felice Casorati Ritratto di Renato Gualino, 1923-1924 olio su compensato, 97 x 74,5 cm Istituto Matteucci, Viareggio
Informazioni utili
www.mart.trento.it
giovedì 16 febbraio 2017
«Lo schermo dell’arte», a Venezia tre giorni tra cinema e creatività
«Lo schermo dell’arte», film festival fiorentino diretto da Silvia Lucchesi, ritorna a Venezia. Da giovedì 2 a domenica 5 marzo il teatrino di Palazzo Grassi ospiterà, per il quarto anno consecutivo, la rassegna che indaga le relazioni esistenti tra cinema e arte contemporanea. Dieci i film d’artista e i documentari in agenda a cominciare dal lungometraggio «Eva Hesse» di Marcie Begleiter, in cartellone alle ore 18 di giovedì 2 marzo.
Il film ricostruisce la storia dell’artista americana, figura fondamentale nella definizione dell’estetica minimalista, attraverso i diari, la corrispondenza con l’amico e mentore Sol LeWitt e le testimonianze di artisti che la conobbero e la frequentarono come Carl Andre, Robert e Sylvia Mangold, Richard Serra e Dan Graham. Ne emerge la figura di una donna forte che, con la sua tenacia, è stata capace di lasciare un segno indelebile a New York, in un ambito dominato da artisti pop e minimalisti di sesso maschile.
La sua breve carriera -Eva Hesse morirà di tumore all'età di 34 anni- è stata contrassegnata da una produzione complessa nella quale la pittura è contraddistinta non come una superficie bidimensionale, ma come objets trouvés fatti di materiali di vario tipo come corde, spago, fili, gomma e vetroresina che si protendono nello spazio dell’osservatore. Le sue sculture realizzate in lattice, fibra di vetro e plastica hanno contribuito alla nascita del minimalismo degli anni ’60 e ’70 e hanno influenzato una nuova generazione di artisti.
La programmazione proseguirà, alle ore 20, con le proiezioni dei film «A Brief Story of Princess X» di Gabriel Abrantes e «Ismyrne» del duo artistico libanese composto da Joana Hadjithomas e Khalil Joreige. Il primo film racconta la storia dell’eccentrica e altezzosa principessa Marie Bonaparte, pronipote di Napoleone, che fu scrittrice, psicoanalista e pioniera della libertà sessuale. Di lei rimane la nota opera «Principess X» (1916), firmata da Costantin Brâncuși, ovvero una testa ovoidale leggermente inclinata e dal collo lungo che termina in un busto pieno, dall’ambiguo significato: una sinuosa forma fallica in bronzo specchiante. Il secondo film indaga, invece, sui concetti di identità e appartenenza raccogliendo le parole della poetessa e artista Etel Adnan.
Venerdì 3 marzo, dalle ore 18, il teatrino di Palazzo Grassi ospiterà due proiezioni. Si incomincerà con il documentario «Hockney» di Randall Wright, ritratto dell’artista britannico David Hockney, esponente negli anni Sessanta della pittura Pop britannica, conosciuto anche per le sperimentazioni figurative tramite l’uso di Polaroid, fax, iPhone e iPad. Seguirà la visione di «Where is Rocky II? », nuova opera del premio Oscar francese Pierre Bismuth, narrazione in bilico tra diversi generi cinematografici, basata sulla ricerca ossessiva di un finto masso dipinto e in seguito nascosto nel Mojave Desert da Ed Ruscha nel 1979.
Sabato 4 marzo, sempre alle ore 18.00, il programma è introdotto da «#Artoffline» di Manuel Correa, una riflessione sulle modalità di fruizione on-line delle opere e su come queste abbiano modificato il nostro approccio nei confronti dell’arte. A seguire è in agenda la proiezione di «Sudan», il documentario di Luca Trevisani che racconta l’esistenza dell’ultimo esemplare vivente di rinoceronte bianco settentrionale, attraverso inquadrature lente e ravvicinate che ne descrivono il prezioso corpo come se si trattasse di un’opera d’arte morente. Conclude la serie «Remainder», il primo lungometraggio di finzione firmato da Omer Fast, che riflette sulle oscillazioni tra verità e realtà fittizia, svelando la natura effimera della mente umana, a partire dall’omonimo romanzo di Tom McCarthy.
Il programma si chiuderà domenica 5 marzo con la proiezione di due titoli dedicati al mondo dell’arte contemporanea. Si inizierà con «The Chinese Lives of Uli Sigg» di Michael Schindhelm, che tratta la vicenda del grande collezionista svizzero che per primo si è interessato alla nuove generazioni cinesi. La cinepresa ci accompagnerà nella visita agli atelier di artisti come Ai Weiwei, Wang Guangyi e Fang Lijun, per poi far vedere il cantiere del nuovo progetto per M +, museo progettato da Herzog & de Meuron, che aprirà nel 2019 a Honk Kong, al quale Uli Sigg ha ceduto la maggior parte delle opere di arte cinese contemporanea della sua raccolta.
A chiudere la programmazione sarà, invece, la proiezione di «Don’t Blink Robert Frank», un esclusivo ritratto del celebre fotografo e documentarista americano che per la prima volta accetta di lasciarsi intervistare dalla sua collaboratrice e montatrice Laura Israel. Il film narra della sua vita come artista e, soprattutto, come uomo: le sperimentazioni cinematografiche oltre il documentario, i progetti fotografici, la vita privata, le amicizie e la drammatica perdita della figlia. Ne scaturisce uno straordinario ritratto, poetico e ruvido insieme, assimilabile ai lavori stessi di uno dei più celebri fotografi del nostro tempo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Una scena di «Eva Hesse» di Marcie Begleiter; [fig. 2] Una scena di «Hockney» di Randall Wright; [fig. 3] Una scena di «A Brief Story of Princess X» di Gabriel Abrantes; [fig. 4] Una scena di «The Chinese Lives of Uli Sigg» di Michael Schindhelm
Informazioni utili
«Lo schermo dell’arte». Teatrino di Palazzo Grassi, San Marco 3260 – Venezia. Ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: www.schermodellarte.org o www.palazzograssi.it. Dal 2 al 5 marzo 2017.
Il film ricostruisce la storia dell’artista americana, figura fondamentale nella definizione dell’estetica minimalista, attraverso i diari, la corrispondenza con l’amico e mentore Sol LeWitt e le testimonianze di artisti che la conobbero e la frequentarono come Carl Andre, Robert e Sylvia Mangold, Richard Serra e Dan Graham. Ne emerge la figura di una donna forte che, con la sua tenacia, è stata capace di lasciare un segno indelebile a New York, in un ambito dominato da artisti pop e minimalisti di sesso maschile.
La sua breve carriera -Eva Hesse morirà di tumore all'età di 34 anni- è stata contrassegnata da una produzione complessa nella quale la pittura è contraddistinta non come una superficie bidimensionale, ma come objets trouvés fatti di materiali di vario tipo come corde, spago, fili, gomma e vetroresina che si protendono nello spazio dell’osservatore. Le sue sculture realizzate in lattice, fibra di vetro e plastica hanno contribuito alla nascita del minimalismo degli anni ’60 e ’70 e hanno influenzato una nuova generazione di artisti.
La programmazione proseguirà, alle ore 20, con le proiezioni dei film «A Brief Story of Princess X» di Gabriel Abrantes e «Ismyrne» del duo artistico libanese composto da Joana Hadjithomas e Khalil Joreige. Il primo film racconta la storia dell’eccentrica e altezzosa principessa Marie Bonaparte, pronipote di Napoleone, che fu scrittrice, psicoanalista e pioniera della libertà sessuale. Di lei rimane la nota opera «Principess X» (1916), firmata da Costantin Brâncuși, ovvero una testa ovoidale leggermente inclinata e dal collo lungo che termina in un busto pieno, dall’ambiguo significato: una sinuosa forma fallica in bronzo specchiante. Il secondo film indaga, invece, sui concetti di identità e appartenenza raccogliendo le parole della poetessa e artista Etel Adnan.
Venerdì 3 marzo, dalle ore 18, il teatrino di Palazzo Grassi ospiterà due proiezioni. Si incomincerà con il documentario «Hockney» di Randall Wright, ritratto dell’artista britannico David Hockney, esponente negli anni Sessanta della pittura Pop britannica, conosciuto anche per le sperimentazioni figurative tramite l’uso di Polaroid, fax, iPhone e iPad. Seguirà la visione di «Where is Rocky II? », nuova opera del premio Oscar francese Pierre Bismuth, narrazione in bilico tra diversi generi cinematografici, basata sulla ricerca ossessiva di un finto masso dipinto e in seguito nascosto nel Mojave Desert da Ed Ruscha nel 1979.
Sabato 4 marzo, sempre alle ore 18.00, il programma è introdotto da «#Artoffline» di Manuel Correa, una riflessione sulle modalità di fruizione on-line delle opere e su come queste abbiano modificato il nostro approccio nei confronti dell’arte. A seguire è in agenda la proiezione di «Sudan», il documentario di Luca Trevisani che racconta l’esistenza dell’ultimo esemplare vivente di rinoceronte bianco settentrionale, attraverso inquadrature lente e ravvicinate che ne descrivono il prezioso corpo come se si trattasse di un’opera d’arte morente. Conclude la serie «Remainder», il primo lungometraggio di finzione firmato da Omer Fast, che riflette sulle oscillazioni tra verità e realtà fittizia, svelando la natura effimera della mente umana, a partire dall’omonimo romanzo di Tom McCarthy.
Il programma si chiuderà domenica 5 marzo con la proiezione di due titoli dedicati al mondo dell’arte contemporanea. Si inizierà con «The Chinese Lives of Uli Sigg» di Michael Schindhelm, che tratta la vicenda del grande collezionista svizzero che per primo si è interessato alla nuove generazioni cinesi. La cinepresa ci accompagnerà nella visita agli atelier di artisti come Ai Weiwei, Wang Guangyi e Fang Lijun, per poi far vedere il cantiere del nuovo progetto per M +, museo progettato da Herzog & de Meuron, che aprirà nel 2019 a Honk Kong, al quale Uli Sigg ha ceduto la maggior parte delle opere di arte cinese contemporanea della sua raccolta.
A chiudere la programmazione sarà, invece, la proiezione di «Don’t Blink Robert Frank», un esclusivo ritratto del celebre fotografo e documentarista americano che per la prima volta accetta di lasciarsi intervistare dalla sua collaboratrice e montatrice Laura Israel. Il film narra della sua vita come artista e, soprattutto, come uomo: le sperimentazioni cinematografiche oltre il documentario, i progetti fotografici, la vita privata, le amicizie e la drammatica perdita della figlia. Ne scaturisce uno straordinario ritratto, poetico e ruvido insieme, assimilabile ai lavori stessi di uno dei più celebri fotografi del nostro tempo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Una scena di «Eva Hesse» di Marcie Begleiter; [fig. 2] Una scena di «Hockney» di Randall Wright; [fig. 3] Una scena di «A Brief Story of Princess X» di Gabriel Abrantes; [fig. 4] Una scena di «The Chinese Lives of Uli Sigg» di Michael Schindhelm
Informazioni utili
«Lo schermo dell’arte». Teatrino di Palazzo Grassi, San Marco 3260 – Venezia. Ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: www.schermodellarte.org o www.palazzograssi.it. Dal 2 al 5 marzo 2017.
mercoledì 15 febbraio 2017
Duecento anni di Duprè. Siena e la Contrada dell’Onda celebrano lo scultore
Il 2017 sarà, per Siena, l’anno di Giovanni Duprè. La Contrada capitana dell’Onda, dove l’artista nacque il 1° marzo 1817, ha deciso, infatti, di festeggiarne i duecento anni dalla nascita con una serie di eventi, promossi in collaborazione con il Comune di Siena.
Le celebrazioni si apriranno il 4 marzo con un pomeriggio di studi nella Cripta della Chiesa di San Giuseppe, al quale interverranno Ettore Spalletti, massimo esperto dell’artista, e Carlo Sisi, relatore di un approfondimento dal titolo «Il dibattito in Accademia - La cultura artistica del Duprè».
All’incontro saranno presenti anche Silvestra Bietoletti, la quale traccerà una mappa delle opere senesi dello scultore ondaiolo, e Bruno Santi, già soprintendente delle Belle arti a Siena, che parlerà del Duprè fiorentino e delle sue sculture per la facciata della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Mentre a fare gli onori di casa saranno il priore della Contrada, Massimo Castagnini, e Simonetta Losi, presidente dell’associazione «Policarpo Bandini».
Tra le altre iniziative in programma ci sono, inoltre, una mostra di Amalia Ciardi Duprè, realizzata in collaborazione con l’omonima fondazione , e un concorso di scultura che coinvolgerà gli studenti del liceo artistico «Duccio di Buoninsegna di Siena».
In occasione delle celebrazioni per i duecento anni di Giovanni Duprè, sarà anche possibile visitare il «MOnd», nuovo museo della Contrada ondaiola -ubicato nella cripta della chiesa di San Giuseppe, a pochi passi da piazza del Campo- che conserva la gipsoteca dell’artista toscano e le opere dei suoi discendenti.
Nato a Siena il 1° marzo 1817, al numero 10 della via che oggi porta il suo nome e che gli venne dedicata quando era ancora in vita, Giovanni Duprè si trasferì giovanissimo a Firenze, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti per, poi, iniziare la sua carriera di scultore. A rileggere i suoi «Ricordi autobiografici» ne emerge il ritratto di un personaggio schivo, «modernista saldo come insegnante e maestro», amico di Gioachino Rossini e Tommaseo, ma soprattutto artista scomodo, comunque da discutere, osannato o misconosciuto a seconda delle occasioni o degli schieramenti di parte.
La sua carriera fu improntata allo stile naturalistico; mentre l’opera che gli dette la fama è l’«Abele morente», realizzata nel 1842 e oggi conservata nell’Ermitage di San Pietroburgo.
Le sue sculture sono sparse in varie città d’Europa, da Roma a Torino, da Firenze all’antica capitale degli Zar. La sua fama, che lo portò addirittura a vedersi dedicare una locomotiva in servizio fra Empoli e Siena, gli valse nella sua città l’appellativo di «lustro e decoro dell’arte e del Rione».
Informazioni utili
www.contradacapitanadellonda.com/giovanni-dupre/
Le celebrazioni si apriranno il 4 marzo con un pomeriggio di studi nella Cripta della Chiesa di San Giuseppe, al quale interverranno Ettore Spalletti, massimo esperto dell’artista, e Carlo Sisi, relatore di un approfondimento dal titolo «Il dibattito in Accademia - La cultura artistica del Duprè».
All’incontro saranno presenti anche Silvestra Bietoletti, la quale traccerà una mappa delle opere senesi dello scultore ondaiolo, e Bruno Santi, già soprintendente delle Belle arti a Siena, che parlerà del Duprè fiorentino e delle sue sculture per la facciata della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Mentre a fare gli onori di casa saranno il priore della Contrada, Massimo Castagnini, e Simonetta Losi, presidente dell’associazione «Policarpo Bandini».
Tra le altre iniziative in programma ci sono, inoltre, una mostra di Amalia Ciardi Duprè, realizzata in collaborazione con l’omonima fondazione , e un concorso di scultura che coinvolgerà gli studenti del liceo artistico «Duccio di Buoninsegna di Siena».
In occasione delle celebrazioni per i duecento anni di Giovanni Duprè, sarà anche possibile visitare il «MOnd», nuovo museo della Contrada ondaiola -ubicato nella cripta della chiesa di San Giuseppe, a pochi passi da piazza del Campo- che conserva la gipsoteca dell’artista toscano e le opere dei suoi discendenti.
Nato a Siena il 1° marzo 1817, al numero 10 della via che oggi porta il suo nome e che gli venne dedicata quando era ancora in vita, Giovanni Duprè si trasferì giovanissimo a Firenze, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti per, poi, iniziare la sua carriera di scultore. A rileggere i suoi «Ricordi autobiografici» ne emerge il ritratto di un personaggio schivo, «modernista saldo come insegnante e maestro», amico di Gioachino Rossini e Tommaseo, ma soprattutto artista scomodo, comunque da discutere, osannato o misconosciuto a seconda delle occasioni o degli schieramenti di parte.
La sua carriera fu improntata allo stile naturalistico; mentre l’opera che gli dette la fama è l’«Abele morente», realizzata nel 1842 e oggi conservata nell’Ermitage di San Pietroburgo.
Le sue sculture sono sparse in varie città d’Europa, da Roma a Torino, da Firenze all’antica capitale degli Zar. La sua fama, che lo portò addirittura a vedersi dedicare una locomotiva in servizio fra Empoli e Siena, gli valse nella sua città l’appellativo di «lustro e decoro dell’arte e del Rione».
Informazioni utili
www.contradacapitanadellonda.com/giovanni-dupre/
martedì 14 febbraio 2017
«Uno sguardo dal ponte», Sebastiano Somma racconta l'immigrazione italiana al Manzoni di Busto Arsizio
Ci sono pagine di storia destinate a ripertersi. Non è, infatti, molto lontano il tempo in cui il sogno di un futuro migliore spinse milioni di italiani a cercare fortuna in America. La loro speranza venne tradita dalla realtà dei fatti, che li vide vivere in condizioni disagiate e avere difficoltà a inserirsi in un nuovo contesto socio-culturale. Ce lo ricorda Sebastiano Somma con lo spettacolo «Uno sguardo dal ponte» di Arthur Miller, nella traduzione di Masolino D’Amico e con la regia di Eugenio Maria Lamanna, in cartellone nella serata di giovedì 16 febbraio, alle ore 21, al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio.
La piéce, inserita nel programma della rassegna cittadina «BA Teatro», è il quinto appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea come Stefania e Amanda Sandrelli, Enzo De Caro, Anna Galiena, Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione.
Sul palco per questa nuova produzione teatrale, realizzata con il contributo del Mibac – Ministero per i beni e le attività culturali, saliranno, oltre a Sebastiano Somma, gli attori Sara Ricci e Gaetano Amato, con Cecilia Guzzardi, Edoardo Coen, Maurizio Tesei, Matteo Mauriello e Antonio Tallura. Le musiche portano la firma di Pino Donaggio. Le scene sono firmate da Massimiliano Nocente e i costumi da Ilaria Carannante; mentre il disegno luci è opera di Stefano Pirandello.
Il testo, considerato uno dei capolavori della drammaturgia americana del Novecento, fu scritto nel 1955 e riprende realisticamente una delle pagine più drammatiche del sogno americano vissuto da milioni di italiani approdati nella New York degli anni Cinquanta alla ricerca di un futuro migliore. Lo scrittore americano racconta, infatti, -si legge nella scheda di presentazione dello spettacolo- «la miseria degli immigrati italiani, la loro difficoltà ad adattarsi al nuovo mondo, l’incapacità di comprendere un sistema di leggi che ritengono differente dall’ordine naturale delle cose e, soprattutto, la vacuità del sogno americano: questo porta ad una tragedia annunciata fin dall’inizio, perché quelle condizioni sommate a quei sentimenti, a quelle passioni, non possono portare che ad un unico risultato, un risultato tragico».
Lo spettacolo riprende, nello specifico, il dramma interiore di Eddy Carbone (interpretato da Sebastiano Somma), un immigrato siciliano che vive nella New York degli anni Cinquanta con la moglie Beatrice e la nipote Katerine, accolta in casa dopo la morte della madre come fosse una figlia naturale. Nonostante le asperità economiche, l’idillio familiare procede scorrevolmente fino all’arrivo di due cugini approdati negli Stati Uniti in maniera clandestina: Marco, padre di famiglia desideroso di lavorare, e Rodolfo, un giovane attratto dalle luci di Broadway e dalla delicatezza di Katerine.
L’equilibrio familiare si rompe ed Eddy Carbone prova gelosia per quella giovane nipote che vede crescere ed emanciparsi. «La ama -si legge ancora nella scheda di presentazione dello spettacolo- e la mette al riparo come una ceramica preziosa da non scalfire. Un sogno da coccolare al di là del ponte, sotto un cielo di stelle misto ad un mare dove si naufraga in una voglia di tenerezza».
Sul palcoscenico non si consumerà, però, solo la tragedia di un uomo e dei suoi affetti personali ma anche, e soprattutto, lo scontro fra diverse culture e tradizioni, il dramma dell’emarginazione sociale: temi vivi ieri esattamente come oggi.
La programmazione del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio continuerà nella serata di venerdì 3 marzo, alle ore 21, con Renato Pozzetto che porterà in scena, insieme con un’orchestra di quattro elementi, lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato». Si tratta di un nuovo e originale esperimento teatrale, il cine-cabaret, con il quale il comico lombardo propone «un viaggio dentro tutte le sue più celebri risate con videoproiezioni e commenti, inediti e stralci dei suoi più famosi successi cinematografici, in un percorso artistico che attraversa dieci anni di cabaret, quindici anni di teatro e trent’anni di cinema».
Il costo del biglietto per lo spettacolo «Uno sguardo dal ponte» è fissato ad euro 30,00 per la poltronissima, euro 26,00 (intero) o euro 24,00 (ridotto) per la poltrona, euro 25,00 (intero) o euro 23,00 (ridotto) per la galleria. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio è aperto con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono acquistabili anche on-line sul sito della sala, da poco rinnovato nella grafica e migliorato nell’usabilità grazie alla professionalità dell’azienda Crea Informatica Srl di Milano.
Per maggiori informazioni sulla programmazione della sala è possibile contattare lo 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì e nei giorni di apertura del botteghino) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it.
Informazioni utili
«Uno sguardo dal ponte», con Sebastiano Somma. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio (Varese). Ingresso: poltronissima € 30,00 , poltrona € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto), galleria € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto). Informazioni: tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì e nei giorni di apertura del botteghino) o info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it. Giovedì 16 febbraio 2017.
La piéce, inserita nel programma della rassegna cittadina «BA Teatro», è il quinto appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea come Stefania e Amanda Sandrelli, Enzo De Caro, Anna Galiena, Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione.
Sul palco per questa nuova produzione teatrale, realizzata con il contributo del Mibac – Ministero per i beni e le attività culturali, saliranno, oltre a Sebastiano Somma, gli attori Sara Ricci e Gaetano Amato, con Cecilia Guzzardi, Edoardo Coen, Maurizio Tesei, Matteo Mauriello e Antonio Tallura. Le musiche portano la firma di Pino Donaggio. Le scene sono firmate da Massimiliano Nocente e i costumi da Ilaria Carannante; mentre il disegno luci è opera di Stefano Pirandello.
Il testo, considerato uno dei capolavori della drammaturgia americana del Novecento, fu scritto nel 1955 e riprende realisticamente una delle pagine più drammatiche del sogno americano vissuto da milioni di italiani approdati nella New York degli anni Cinquanta alla ricerca di un futuro migliore. Lo scrittore americano racconta, infatti, -si legge nella scheda di presentazione dello spettacolo- «la miseria degli immigrati italiani, la loro difficoltà ad adattarsi al nuovo mondo, l’incapacità di comprendere un sistema di leggi che ritengono differente dall’ordine naturale delle cose e, soprattutto, la vacuità del sogno americano: questo porta ad una tragedia annunciata fin dall’inizio, perché quelle condizioni sommate a quei sentimenti, a quelle passioni, non possono portare che ad un unico risultato, un risultato tragico».
Lo spettacolo riprende, nello specifico, il dramma interiore di Eddy Carbone (interpretato da Sebastiano Somma), un immigrato siciliano che vive nella New York degli anni Cinquanta con la moglie Beatrice e la nipote Katerine, accolta in casa dopo la morte della madre come fosse una figlia naturale. Nonostante le asperità economiche, l’idillio familiare procede scorrevolmente fino all’arrivo di due cugini approdati negli Stati Uniti in maniera clandestina: Marco, padre di famiglia desideroso di lavorare, e Rodolfo, un giovane attratto dalle luci di Broadway e dalla delicatezza di Katerine.
L’equilibrio familiare si rompe ed Eddy Carbone prova gelosia per quella giovane nipote che vede crescere ed emanciparsi. «La ama -si legge ancora nella scheda di presentazione dello spettacolo- e la mette al riparo come una ceramica preziosa da non scalfire. Un sogno da coccolare al di là del ponte, sotto un cielo di stelle misto ad un mare dove si naufraga in una voglia di tenerezza».
Sul palcoscenico non si consumerà, però, solo la tragedia di un uomo e dei suoi affetti personali ma anche, e soprattutto, lo scontro fra diverse culture e tradizioni, il dramma dell’emarginazione sociale: temi vivi ieri esattamente come oggi.
La programmazione del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio continuerà nella serata di venerdì 3 marzo, alle ore 21, con Renato Pozzetto che porterà in scena, insieme con un’orchestra di quattro elementi, lo spettacolo «Siccome l’altro è impegnato». Si tratta di un nuovo e originale esperimento teatrale, il cine-cabaret, con il quale il comico lombardo propone «un viaggio dentro tutte le sue più celebri risate con videoproiezioni e commenti, inediti e stralci dei suoi più famosi successi cinematografici, in un percorso artistico che attraversa dieci anni di cabaret, quindici anni di teatro e trent’anni di cinema».
Il costo del biglietto per lo spettacolo «Uno sguardo dal ponte» è fissato ad euro 30,00 per la poltronissima, euro 26,00 (intero) o euro 24,00 (ridotto) per la poltrona, euro 25,00 (intero) o euro 23,00 (ridotto) per la galleria. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio è aperto con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono acquistabili anche on-line sul sito della sala, da poco rinnovato nella grafica e migliorato nell’usabilità grazie alla professionalità dell’azienda Crea Informatica Srl di Milano.
Per maggiori informazioni sulla programmazione della sala è possibile contattare lo 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì e nei giorni di apertura del botteghino) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it.
Informazioni utili
«Uno sguardo dal ponte», con Sebastiano Somma. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio (Varese). Ingresso: poltronissima € 30,00 , poltrona € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto), galleria € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto). Informazioni: tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì e nei giorni di apertura del botteghino) o info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it. Giovedì 16 febbraio 2017.
lunedì 13 febbraio 2017
A Nuoro la prima antologica italiana su Berenice Abbott
Sarà il Man di Nuoro ad ospitare la prima grande antologica che il nostro Paese dedica a Berenice Abbott (1917-1991), una delle più originali e controverse protagoniste della storia fotografica del Novecento. L’esposizione, realizzata grazie al contributo della Regione Sardegna e della Fondazione di Sardegna, si intitola «Topografie» e raccoglie ottantadue stampe originali realizzate tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta, che Anne Morin ha suddiviso in tre macrosezioni intitolate «Ritratti», «New York» e «Fotografie scientifiche».
Nata a Springfield, in Ohio, nel 1898, Berenice Abbott si trasferisce a New York nel 1918 per studiare scultura. Qui entra in contatto con Marcel Duchamp e con Man Ray, esponenti di punta del movimento dada. Con quest’ultimo, in particolare, stringe un rapporto di amicizia che la spingerà a seguirlo a Parigi e a lavorare come sua assistente tra il 1923 e il 1926.
Sono di questo periodo i primi ritratti fotografici dedicati ai maggiori protagonisti dell’avanguardia artistica e letteraria europea, da Jean Cocteau a James Joice, da Max Ernst ad André Gide.
Allontanatasi dallo studio di Man Ray per aprire il proprio laboratorio di fotografia –frequentato da un circolo di intellettuali come Jane Heap, Sylvia Beach, Eugene Murat, Janet Flanner, Djuna Barnes e Betty Parson – la Abbott entra in contatto con il fotografo francese Eugène Atget, conosciuto per le sue immagini delle strade di Parigi, volte a catturare la scomparsa della città storica e le mutazioni nel paesaggio urbano.
Per l’artista è un punto di svolta. La fotografa decide di abbandonare la ricerca portata avanti fino a quel momento e di fare propria la poetica del negletto Atget – del quale, alla morte, acquisterà gran parte dell’archivio, facendolo conoscere in Europa e negli Stati Uniti - dedicandosi, da quel momento in poi, al racconto della metropoli di New York.
Tutti gli anni Trenta, dopo il rientro negli Stati Uniti, sono, infatti, dedicati alla realizzazione di un unico grande progetto, volto a registrare le trasformazioni della città in seguito alla grande depressione del 1929. La sua attenzione si concentra sulle architetture, sull’espansione urbana e sui grattacieli che progressivamente si sostituiscono ai vecchi edifici, oltre che sui negozi e le insegne. Il risultato è un volume, tra i più celebri della storia della fotografia del XX secolo, intitolato «Changing New York» (1939), che raccoglie una serie straordinaria di fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche, a esaltare la potenza delle forme e il ritmo interno alle immagini.
Nel 1940 Berenice Abbott diventa picture editor per la rivista «Science Illustrated». L’esperienza maturata nelle strade di New York la porterà a guardare con occhi diversi le immagini scientifiche, che diventano per lei uno spazio privilegiato di osservazione della realtà oltre il paesaggio urbano. In linea con le coeve ricerche artistiche sull’astrazione, l’artista realizza allora una serie di fotografie di laboratorio, concentrandosi sul dinamismo e sugli equilibri delle forme, con esiti straordinari.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Van De Graaff Generator, Cambridge, MA, c.1958 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York; [fig. 2] Nightview, New York, 1932 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York Dorothy Whitney, Paris, 1926 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York Fifth Avenue
Informazioni utili
Topografie. Antologica di Berenice Abbott .Museo Man, via S. Satta, 27- Nuoro. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-20.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00; gratuito per gli under 18 e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 0784.252110. Sito internet: www.museoman.it. Dal 17 febbraio al 21 maggio 2017.
Nata a Springfield, in Ohio, nel 1898, Berenice Abbott si trasferisce a New York nel 1918 per studiare scultura. Qui entra in contatto con Marcel Duchamp e con Man Ray, esponenti di punta del movimento dada. Con quest’ultimo, in particolare, stringe un rapporto di amicizia che la spingerà a seguirlo a Parigi e a lavorare come sua assistente tra il 1923 e il 1926.
Sono di questo periodo i primi ritratti fotografici dedicati ai maggiori protagonisti dell’avanguardia artistica e letteraria europea, da Jean Cocteau a James Joice, da Max Ernst ad André Gide.
Allontanatasi dallo studio di Man Ray per aprire il proprio laboratorio di fotografia –frequentato da un circolo di intellettuali come Jane Heap, Sylvia Beach, Eugene Murat, Janet Flanner, Djuna Barnes e Betty Parson – la Abbott entra in contatto con il fotografo francese Eugène Atget, conosciuto per le sue immagini delle strade di Parigi, volte a catturare la scomparsa della città storica e le mutazioni nel paesaggio urbano.
Per l’artista è un punto di svolta. La fotografa decide di abbandonare la ricerca portata avanti fino a quel momento e di fare propria la poetica del negletto Atget – del quale, alla morte, acquisterà gran parte dell’archivio, facendolo conoscere in Europa e negli Stati Uniti - dedicandosi, da quel momento in poi, al racconto della metropoli di New York.
Tutti gli anni Trenta, dopo il rientro negli Stati Uniti, sono, infatti, dedicati alla realizzazione di un unico grande progetto, volto a registrare le trasformazioni della città in seguito alla grande depressione del 1929. La sua attenzione si concentra sulle architetture, sull’espansione urbana e sui grattacieli che progressivamente si sostituiscono ai vecchi edifici, oltre che sui negozi e le insegne. Il risultato è un volume, tra i più celebri della storia della fotografia del XX secolo, intitolato «Changing New York» (1939), che raccoglie una serie straordinaria di fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche, a esaltare la potenza delle forme e il ritmo interno alle immagini.
Nel 1940 Berenice Abbott diventa picture editor per la rivista «Science Illustrated». L’esperienza maturata nelle strade di New York la porterà a guardare con occhi diversi le immagini scientifiche, che diventano per lei uno spazio privilegiato di osservazione della realtà oltre il paesaggio urbano. In linea con le coeve ricerche artistiche sull’astrazione, l’artista realizza allora una serie di fotografie di laboratorio, concentrandosi sul dinamismo e sugli equilibri delle forme, con esiti straordinari.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Van De Graaff Generator, Cambridge, MA, c.1958 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York; [fig. 2] Nightview, New York, 1932 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York Dorothy Whitney, Paris, 1926 © Berenice Abbott/Commerce Graphics/Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York Fifth Avenue
Informazioni utili
Topografie. Antologica di Berenice Abbott .Museo Man, via S. Satta, 27- Nuoro. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-20.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00; gratuito per gli under 18 e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 0784.252110. Sito internet: www.museoman.it. Dal 17 febbraio al 21 maggio 2017.
venerdì 10 febbraio 2017
Da McCurry ai settant’anni di Magnum: a Brescia è di scena la fotografia
Riflettori puntati sulla fotografia a Brescia. Dal 7 al 12 marzo la città lombarda ospiterà, per iniziativa dei musei cittadini e del Macof, la prima edizione di un photo festival internazionale, destinato a diventare un appuntamento fisso nel calendario. «People» è il tema scelto come filo conduttore della kermesse in cantiere nel 2017, anche grazie alla collaborazione di Silvana editoriale e del Laba, alla cui creatività si devono il logo e l’immagine coordinata del festival. Mostre, workshop, incontri e dibattiti caratterizzeranno il cartellone della manifestazione, articolato in due sedi principali: il Museo di Santa Giulia e il Ma.Co.. Ricco sarà, però, anche il calendario del «fuori festival» che toccherà gallerie e spazi privati, oltre al cinema Eden, dove è in programma la proiezione di un ciclo di film documentari con le biografie dei grandi fotografi.
A tenere a battesimo il festival sarà una prima mondiale da non perdere: la mostra «Leggere» di Steve McCurry, inedita produzione made in Brescia, realizzata con il contributo di Civita Mostre e il progetto di allestimento di Peter Bottazzi, destinata a girare il mondo. L’esposizione è collegata alla fortunata serie di immagini che il fotografo statunitense ha riunito in un magnifico volume, che è anche un best seller del settore a livello mondiale. Ma quelle pubblicate nel libro saranno solo alcune delle foto che popoleranno la più ampia mostra che Steve McCurry proporrà a Brescia sul tema della lettura, realizzata con la curatela di Biba Giacchetti e, per i contributi letterari, di Roberto Cotroneo.
Ma a connotare questa edizione del festival sarà soprattutto la concomitanza con un anniversario di rilievo nella storia della fotografia: i settant’anni dalla fondazione della agenzia internazionale di fotogiornalismo Magnum Photo, che vede al suo interno alcuni tra i più grandi fotografi del mondo. Tre le mostre in agenda, in programma fino al 3 settembre al Museo di Santa Giulia e nella sede della locale Camera di commercio. Si parte, negli spazi del Museo di Santa Giulia, con «Magnum First», che ripropone, per la prima in Italia, oltre ottanta stampe vintage in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Marc Riboud, Inge Morath, Jean Marquis, Werner Bischof, Ernst Haas, Robert Capa ed Erich Lessing, accompagnate dagli scritti degli autori.
Questa mostra è stata fortunosamente ritrovata nel 2006, ancora chiusa nelle sue casse, dopo essere stata dimenticata in una cantina di Innsbruck nel lontano 1956 e riemerge, ora, per la prima volta dopo essere stato restaurato.
Sempre a Santa Giulia ci sarà anche «Magnum - La première fois», rassegna a cura di François Hébel, con i servizi che hanno reso celebri venti conosciuti fotografi Magnum, tramite proiezioni e stampe originali. Inoltre, nella sede della Camera di commercio di Brescia, sarà possibile ammirare per la prima volte le proiezioni di «Brescia Photos», tre reportage su Brescia ed il suo territorio realizzati nel 2003 da tre celeberrimi reporter Magnum: Harry Gruyaert, Alex Majoli e Chris Steele-Perkins.
Non meno affascinanti le numerose proposte espositive del Ma.Co.f (Centro italiano di fotografia), il cui comitato scientifico, presieduto da Gianni Berengo Gardin, ha voluto, coerentemente con il percorso finora individuato privilegiare la fotografia italiana. Due le produzioni del Brescia Photo Festival per due novità assolute: una mostra di circa duecento immagini di Uliano Lucas, sicuramente uno dei testimoni più attenti degli ultimi cinquant’anni della storia della fotografia, e la prima antologia mai realizzata sul lavoro di Caio Mario Garrubba, un omaggio doveroso ad un indiscusso maestro del fotogiornalismo italiano ed internazionale, che non ha avuto ancora riscontri e riconoscimenti adeguati, nonostante le prestigiose collaborazioni con «Life» e «Der Spiegel».
L’esordio di Brescia Photo Festival è anche caratterizzato da un nuovo premio internazionale per la fotografia intitolato a Mario Dondero. La giuria che esaminerà le opere è composta da Gianni Berengo Gardin, Uliano Lucas, Maddalena Dondero, Renato Corsini, Walter Guadagnini e Gianluigi Colin.
Didascalie delle immagini
[Figg. 2 e 3] © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos
Informazioni utili
http://bresciaphotofestival.it/teaser/
A tenere a battesimo il festival sarà una prima mondiale da non perdere: la mostra «Leggere» di Steve McCurry, inedita produzione made in Brescia, realizzata con il contributo di Civita Mostre e il progetto di allestimento di Peter Bottazzi, destinata a girare il mondo. L’esposizione è collegata alla fortunata serie di immagini che il fotografo statunitense ha riunito in un magnifico volume, che è anche un best seller del settore a livello mondiale. Ma quelle pubblicate nel libro saranno solo alcune delle foto che popoleranno la più ampia mostra che Steve McCurry proporrà a Brescia sul tema della lettura, realizzata con la curatela di Biba Giacchetti e, per i contributi letterari, di Roberto Cotroneo.
Ma a connotare questa edizione del festival sarà soprattutto la concomitanza con un anniversario di rilievo nella storia della fotografia: i settant’anni dalla fondazione della agenzia internazionale di fotogiornalismo Magnum Photo, che vede al suo interno alcuni tra i più grandi fotografi del mondo. Tre le mostre in agenda, in programma fino al 3 settembre al Museo di Santa Giulia e nella sede della locale Camera di commercio. Si parte, negli spazi del Museo di Santa Giulia, con «Magnum First», che ripropone, per la prima in Italia, oltre ottanta stampe vintage in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Marc Riboud, Inge Morath, Jean Marquis, Werner Bischof, Ernst Haas, Robert Capa ed Erich Lessing, accompagnate dagli scritti degli autori.
Questa mostra è stata fortunosamente ritrovata nel 2006, ancora chiusa nelle sue casse, dopo essere stata dimenticata in una cantina di Innsbruck nel lontano 1956 e riemerge, ora, per la prima volta dopo essere stato restaurato.
Sempre a Santa Giulia ci sarà anche «Magnum - La première fois», rassegna a cura di François Hébel, con i servizi che hanno reso celebri venti conosciuti fotografi Magnum, tramite proiezioni e stampe originali. Inoltre, nella sede della Camera di commercio di Brescia, sarà possibile ammirare per la prima volte le proiezioni di «Brescia Photos», tre reportage su Brescia ed il suo territorio realizzati nel 2003 da tre celeberrimi reporter Magnum: Harry Gruyaert, Alex Majoli e Chris Steele-Perkins.
Non meno affascinanti le numerose proposte espositive del Ma.Co.f (Centro italiano di fotografia), il cui comitato scientifico, presieduto da Gianni Berengo Gardin, ha voluto, coerentemente con il percorso finora individuato privilegiare la fotografia italiana. Due le produzioni del Brescia Photo Festival per due novità assolute: una mostra di circa duecento immagini di Uliano Lucas, sicuramente uno dei testimoni più attenti degli ultimi cinquant’anni della storia della fotografia, e la prima antologia mai realizzata sul lavoro di Caio Mario Garrubba, un omaggio doveroso ad un indiscusso maestro del fotogiornalismo italiano ed internazionale, che non ha avuto ancora riscontri e riconoscimenti adeguati, nonostante le prestigiose collaborazioni con «Life» e «Der Spiegel».
L’esordio di Brescia Photo Festival è anche caratterizzato da un nuovo premio internazionale per la fotografia intitolato a Mario Dondero. La giuria che esaminerà le opere è composta da Gianni Berengo Gardin, Uliano Lucas, Maddalena Dondero, Renato Corsini, Walter Guadagnini e Gianluigi Colin.
Didascalie delle immagini
[Figg. 2 e 3] © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos
Informazioni utili
http://bresciaphotofestival.it/teaser/
giovedì 9 febbraio 2017
«Le 100 facce della musica italiana» in mostra a Parma
Dalla A di Alessandra Amoroso alla Z di Zucchero, passando per Vasco Rossi e Paolo Conte, Luciano Ligabue e Francesco De Gregori, Mario Biondi e i Negramaro: in questi giorni il mondo della musica italiana è sotto i riflettori non solo a Sanremo, ma anche a Parma.
Nelle sale del Palazzo del Governatore va, infatti, in scena una galleria di ritratti firmati da Giovanni Gastel, uno dei più celebri fotografi italiani al mondo.
Il progetto espositivo, intitolato «Le 100 facce della musica italiana», è stato ideato e realizzato dal team della rivista «Rolling Stone», punto di riferimento della pop culture contemporanea, sotto la supervisione di Denis Curti e con la produzione esecutiva di Ankamoki.
Sguardi profondi, sorrisi luminosi, gesti misurati: con questi cento suoi lavori, Giovanni Gastel racconta ed esprime l’anima e la personalità di ognuno dei personaggi immortalati. Dalla popstar al rapper, dal discografico al gruppo rock, quello che scorre lungo le pareti del Palazzo del Governatore è così un vero e proprio mappamondo artistico del nostro mondo delle sette note. Elisa e Giorgia, due tra le cantanti pop più conosciute, sono, infatti, affiancate in mostra a star dell’hip hop e del rap come Emis Killa, Club Dogo, Fedez, J- Ax e Fabri Fibra e ad autori quali Mogol.
Quello di Giovanni Gastel non è un semplice progetto fotografico ma un vero e proprio atto di amore per la musica italiana, i suoi volti e il suo suono. Dal suo lavoro è, infatti, nato un caleidoscopio di immagini che traducono su pellicola le anime dei musicisti che più hanno segnato la storia contemporanea.
La mostra, della quale rimarrà documentazione in un numero speciale della rivista «Rolling Stone», ha avuto una lunga gestazione. A raccontarla è il curatore Denis Curti: «Gastel ha voluto riprendere tutti i suoi cento soggetti in studio. Ha voluto guardarli negli occhi, parlare con loro ed essere certo che la sua luce a led, progettata per l’occasione, riflettesse negli occhi di ognuno. Ha voluto un segno distintivo e coerente. Ha voluto raccogliere i pensieri sparsi. I sorrisi precari. Ha cercato la fascinazione nella curiosità degli sguardi. E quella luce, alla fine, è diventata la doppia firma di questi ritratti. Le sue fotografie riescono a varcare quell’invisibile linea di confidenza, d’intimità, che appartiene a ognuno di noi».
Le fotografie di Giovanni Gastel catturano così, con uno stile inconfondibile ed elegante, un mondo che lo stesso autore ha voluto raccontare con queste parole: «Dicono che Dioniso girasse per il mondo con un festante carriaggio di musici e cantori in una gioiosa e un po’ ebbra pantomima di invasione del mondo. Ecco, quando la musica italiana è entrata nel mio studio e io ho aperto la porta a quella sorridente brigata di artisti e personaggi, ho subito pensato che Dioniso fosse infine arrivato a invadere anche me. E forse così è stato! La musica è entrata sorridendo e con una quantità di personalità forti e diverse tra loro».
Didascalie delle immagini
[Fig.1] Elisa. © Giovanni Gastel per Rolling Stone; [fig. 2] Negroamaro. © Giovanni Gastel per Rolling Stone.
Informazioni utili
«Rolling Stone e Giovanni Gastel - Le cento facce della musica italiana». Palazzo del Governatore, piazza Giuseppe Garibaldi - Parma. Orari:giovedì-domenica, ore 11.00-19.00; martedì e mercoledì su prenotazioni per gruppi e scolaresche (min.18 pp). Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 4,00 per gruppi e scolaresche, ingresso gratuito per under 6, accompagnatori gruppi scolastici, accompagnatore disabile che presenti necessità, accompagnatore o guida per i gruppi prenotati, giornalisti iscritti all’albo, altre categorie o promozioni per sponsor convenzionati.Informazioni e prenotazione al pubblico: tel. 0521.218035 o info@ankamoki.com. Sito web: www.facebook.com/Parmale100facce/. Fino al 19 marzo 2017.
Nelle sale del Palazzo del Governatore va, infatti, in scena una galleria di ritratti firmati da Giovanni Gastel, uno dei più celebri fotografi italiani al mondo.
Il progetto espositivo, intitolato «Le 100 facce della musica italiana», è stato ideato e realizzato dal team della rivista «Rolling Stone», punto di riferimento della pop culture contemporanea, sotto la supervisione di Denis Curti e con la produzione esecutiva di Ankamoki.
Sguardi profondi, sorrisi luminosi, gesti misurati: con questi cento suoi lavori, Giovanni Gastel racconta ed esprime l’anima e la personalità di ognuno dei personaggi immortalati. Dalla popstar al rapper, dal discografico al gruppo rock, quello che scorre lungo le pareti del Palazzo del Governatore è così un vero e proprio mappamondo artistico del nostro mondo delle sette note. Elisa e Giorgia, due tra le cantanti pop più conosciute, sono, infatti, affiancate in mostra a star dell’hip hop e del rap come Emis Killa, Club Dogo, Fedez, J- Ax e Fabri Fibra e ad autori quali Mogol.
Quello di Giovanni Gastel non è un semplice progetto fotografico ma un vero e proprio atto di amore per la musica italiana, i suoi volti e il suo suono. Dal suo lavoro è, infatti, nato un caleidoscopio di immagini che traducono su pellicola le anime dei musicisti che più hanno segnato la storia contemporanea.
La mostra, della quale rimarrà documentazione in un numero speciale della rivista «Rolling Stone», ha avuto una lunga gestazione. A raccontarla è il curatore Denis Curti: «Gastel ha voluto riprendere tutti i suoi cento soggetti in studio. Ha voluto guardarli negli occhi, parlare con loro ed essere certo che la sua luce a led, progettata per l’occasione, riflettesse negli occhi di ognuno. Ha voluto un segno distintivo e coerente. Ha voluto raccogliere i pensieri sparsi. I sorrisi precari. Ha cercato la fascinazione nella curiosità degli sguardi. E quella luce, alla fine, è diventata la doppia firma di questi ritratti. Le sue fotografie riescono a varcare quell’invisibile linea di confidenza, d’intimità, che appartiene a ognuno di noi».
Le fotografie di Giovanni Gastel catturano così, con uno stile inconfondibile ed elegante, un mondo che lo stesso autore ha voluto raccontare con queste parole: «Dicono che Dioniso girasse per il mondo con un festante carriaggio di musici e cantori in una gioiosa e un po’ ebbra pantomima di invasione del mondo. Ecco, quando la musica italiana è entrata nel mio studio e io ho aperto la porta a quella sorridente brigata di artisti e personaggi, ho subito pensato che Dioniso fosse infine arrivato a invadere anche me. E forse così è stato! La musica è entrata sorridendo e con una quantità di personalità forti e diverse tra loro».
Didascalie delle immagini
[Fig.1] Elisa. © Giovanni Gastel per Rolling Stone; [fig. 2] Negroamaro. © Giovanni Gastel per Rolling Stone.
Informazioni utili
«Rolling Stone e Giovanni Gastel - Le cento facce della musica italiana». Palazzo del Governatore, piazza Giuseppe Garibaldi - Parma. Orari:giovedì-domenica, ore 11.00-19.00; martedì e mercoledì su prenotazioni per gruppi e scolaresche (min.18 pp). Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 4,00 per gruppi e scolaresche, ingresso gratuito per under 6, accompagnatori gruppi scolastici, accompagnatore disabile che presenti necessità, accompagnatore o guida per i gruppi prenotati, giornalisti iscritti all’albo, altre categorie o promozioni per sponsor convenzionati.Informazioni e prenotazione al pubblico: tel. 0521.218035 o info@ankamoki.com. Sito web: www.facebook.com/Parmale100facce/. Fino al 19 marzo 2017.
mercoledì 8 febbraio 2017
Settant’anni di Magnum in cinque mostre
Era il 1947 quando sulla terrazza del Museo d’arte moderna di New York prendeva vita l’agenzia fotografia Magnum. Si andava così concretizzando il progetto messo a punto da Robert Capa durante la guerra civile spagnola e discusso con altri fotografi come Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Seymour e William Vandivert. L’esigenza era quella di salvaguardare il lavoro del fotoreporter, rispettandone dignità professionale, sia dal punto di vista etico che da quello economico.
Attraverso la formula della cooperativa, i fotografi diventavano così proprietari del loro lavoro, prendevano decisioni collettivamente, proponevano autonomamente alle testate i propri servizi e mantenevano i diritti sui negativi, garantendo così una corretta diffusione delle loro immagini.
Alcuni protagonisti di quest’avventura fotografica individuarono specifiche aree geopolitiche e culturali di interesse: Henri Cartier-Bresson scelse l'Asia e grazie a questa scelta compì diversi viaggi in Cina, India, Birmania e Indonesia; David Seymour si concentrò sull'Europa e George Rodger sull'Africa; mentre Robert Capa, dall'America, fu pronto a partire per ogni dove, dai principali teatri di guerra del mondo a luoghi meno noti.
Proprio questo modo di essere al centro dei grandi e piccoli eventi dell’umanità ha creato il mito di Magnum, agenzia che ha, di fatto, connotato e cambiato la percezione della cronaca e della storia del mondo. E ancora oggi Magnum, con le sue sedi a New York, Parigi, Londra e Tokyo, resta, nonostante le innovazioni del mondo dell’informazione, la fonte più autorevole di immagini per chi si occupa di veicolare notizie.
Per commemorare il settantesimo anniversario dalla nascita di questa prestigiosa agenzia fotografica nata da un’idea di Robert Capa, la più storica e la più autorevole nel mondo, l’Italia promuove ben cinque mostre tra Torino, Cremona e Brescia.
Ad aprire le celebrazioni sarà Camera – Centro italiano per la fotografia con la rassegna «L’Italia di Magnum. Da Cartier-Bresson a Pellegrin» (dal 2 marzo al 21 maggio 2017), a cura di Walter Guadagnini e Arianna Visani.
Una carrellata di oltre duecento immagini racconterà eventi grandi e piccoli, personaggi e luoghi dell'Italia dal Dopoguerra a oggi, in un affascinante intreccio di fotografie iconiche e di altre meno note.
Una ventina gli autori in mostra, a partire da Robert Capa, del quale è esposta una serie di fotografie dedicate all’Italia del post-conflitto bellico, e da David Seymour, che nel 1947 riprese i turisti che tornavano a visitare la Cappella Sistina, l’eterna bellezza dell’arte italiana raccontata come il segno della rinascita di un’intera nazione.
Lungo il percorso si troveranno, quindi, le fotografie di Elliott Erwitt dedicate a Roma e alle sue bellezze. René Burri porterà, invece, lo spettatore all’interno della storica mostra di Picasso che si tenne a Milano nel 1953, un evento indimenticabile per la cultura italiana, che tornava a confrontarsi con i grandi miti della contemporaneità. Mentre Herbert List metterà lo spettatore «a tu per tu» con Cinecittà ai tempi che videro la nascita dell'«Hollywood sul Tevere».
Tra gli episodi italiani dei quali renderà conto la mostra torinese ci sono, poi, i funerali di Togliatti ripresi da Bruno Barbey, il trionfo di Cassius Clay alle Olimpiadi del 1960 raffigurato da Thomas Hoepker, le giornate del G8 di Genova negli scatti di Thomas Dworzak,la veglia per la morte di papa Giovanni Paolo II nelle immagini di Paolo Pellegrin.
Le celebrazioni proseguiranno a Cremona, al Museo del violino, dove si terrà la mostra «Life – Magnum. Il fotogiornalismo che ha fatto la storia», a cura di Marco Minuz.
L’esposizione intende analizzare, per la prima volta in assoluto, il rapporto tra l’agenzia fotografica ideata da Robert Capa e il leggendario settimanale «Life», creato nel 1936 da Henry Luce, già editore di «Time», le cui pubblicazione continuarono fino al 1972 e contribuirono a creare un’identità e una cultura nazionale americana.
Tra le serie fotografie che sarà possibile vedere si segnalano quella di Dennis Stock su James Dean, quella di Philippe Halsman con i ritratti di Marylin Monroe, Salvador Dalì e Mohamed Ali, ma anche il racconto che Bruno Barbey offre della guerra del Vietnam e le immagini dello sbarco in Normandia visto attraverso gli occhi di Robert Capa.
A chiudere la carrellata di mostre italiane dedicate alla Magnum è Brescia che, in occasione della prima edizione del Brescia Photo Festival (dal 7 al 12 marzo 2017), ospiterà ben tre esposizioni (tutte aperte fino al 3 settembre 2017).
Si parte, negli spazi del Museo di Santa Giulia, con «Magnum First», che ripropone, per la prima in Italia, oltre ottanta stampe vintage in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Marc Riboud, Inge Morath, Jean Marquis, Werner Bischof, Ernst Haas, Robert Capa ed Erich Lessing, accompagnate dagli scritti degli autori.
Questa mostra è stata fortunosamente ritrovata nel 2006, ancora chiusa nelle sue casse, dopo essere stata dimenticata in una cantina di Innsbruck nel lontano 1956 e riemerge, ora, per la prima volta dopo essere stato restaurato.
Sempre a Santa Giulia ci sarà anche «Magnum - La première fois» con i servizi che hanno reso celebri venti conosciuti fotografi Magnum, tramite proiezioni e stampe originali. Inoltre, nella sede della Camera di commercio di Brescia, sarà possibile ammirare per la prima volte le proiezioni di «Brescia Photos», tre reportage su Brescia ed il suo territorio realizzati nel 2003 da tre celeberrimi reporter Magnum: Harry Gruyaert, Alex Majoli e Chris Steele-Perkins.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Roberto Cavalli. Milan, Italy 2007. © Paolo Pellegrin/Magnum Photos; [fig. 1] Il pittore spagnolo Salvador Dalì. «Dali Atomicus». 1948 © Philippe Halsman/Magnum Photos; [fig. 2] Usa. New York City. 1955. James DEAN haunted Times Square© Dennis Stock/Magnum Photos; [Fig. 3] Roberto Cavalli. Milan, Italy 2007. © Paolo Pellegrin/Magnum Photos; [fig. 4] Steve McCurry: Afghanistan, 2002. © Magnum Photos
Informazioni utili
«L’Italia di Magnum. Da Henri Cartier-Bresson a Paolo Pellegrin». Camera – Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine, 18 – Torino. Orari (Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura): lunedì, ore 11.00 – 19.00; martedì chiuso; da mercoledì a domenica, ore 11.00 – 19.00; giovedì, ore 11.00-21.00. Ingresso: intero € 10,00; ridotto (fino a 26 anni e over 70) € 6,00; gratuito per bambini fino a 12 anni, possessori della Torino+Piemonte Card e iscritti all’Ordine dei giornalisti. Informazioni: camera@camera.to. Sito internet: www.camera.to. Dal 23 marzo fino al 21 maggio 2017.
«Life – Magnum. Il fotogiornalismo che ha fatto la storia». Museo del violino, piazza Marconi - Cremona. Orari: dal lunedì al giovedì, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; dal venerdì alla domenica, dalle ore 10.00 alle ore 19.00. Ingresso: intero € 10,00. Informazioni: cell. 0372.080809 o info@museodelviolino.org. Sito internet: www.museodelviolino.org. Dal 4 marzo all'11 giugno 2017. La mostra è prorogata fino al 2 luglio 2017.
«Brescia Photo Festival». Sito internet: www.bresciaphotofestival.it. Dal 7 al 12 aprile 2017.
Attraverso la formula della cooperativa, i fotografi diventavano così proprietari del loro lavoro, prendevano decisioni collettivamente, proponevano autonomamente alle testate i propri servizi e mantenevano i diritti sui negativi, garantendo così una corretta diffusione delle loro immagini.
Alcuni protagonisti di quest’avventura fotografica individuarono specifiche aree geopolitiche e culturali di interesse: Henri Cartier-Bresson scelse l'Asia e grazie a questa scelta compì diversi viaggi in Cina, India, Birmania e Indonesia; David Seymour si concentrò sull'Europa e George Rodger sull'Africa; mentre Robert Capa, dall'America, fu pronto a partire per ogni dove, dai principali teatri di guerra del mondo a luoghi meno noti.
Proprio questo modo di essere al centro dei grandi e piccoli eventi dell’umanità ha creato il mito di Magnum, agenzia che ha, di fatto, connotato e cambiato la percezione della cronaca e della storia del mondo. E ancora oggi Magnum, con le sue sedi a New York, Parigi, Londra e Tokyo, resta, nonostante le innovazioni del mondo dell’informazione, la fonte più autorevole di immagini per chi si occupa di veicolare notizie.
Per commemorare il settantesimo anniversario dalla nascita di questa prestigiosa agenzia fotografica nata da un’idea di Robert Capa, la più storica e la più autorevole nel mondo, l’Italia promuove ben cinque mostre tra Torino, Cremona e Brescia.
Ad aprire le celebrazioni sarà Camera – Centro italiano per la fotografia con la rassegna «L’Italia di Magnum. Da Cartier-Bresson a Pellegrin» (dal 2 marzo al 21 maggio 2017), a cura di Walter Guadagnini e Arianna Visani.
Una carrellata di oltre duecento immagini racconterà eventi grandi e piccoli, personaggi e luoghi dell'Italia dal Dopoguerra a oggi, in un affascinante intreccio di fotografie iconiche e di altre meno note.
Una ventina gli autori in mostra, a partire da Robert Capa, del quale è esposta una serie di fotografie dedicate all’Italia del post-conflitto bellico, e da David Seymour, che nel 1947 riprese i turisti che tornavano a visitare la Cappella Sistina, l’eterna bellezza dell’arte italiana raccontata come il segno della rinascita di un’intera nazione.
Lungo il percorso si troveranno, quindi, le fotografie di Elliott Erwitt dedicate a Roma e alle sue bellezze. René Burri porterà, invece, lo spettatore all’interno della storica mostra di Picasso che si tenne a Milano nel 1953, un evento indimenticabile per la cultura italiana, che tornava a confrontarsi con i grandi miti della contemporaneità. Mentre Herbert List metterà lo spettatore «a tu per tu» con Cinecittà ai tempi che videro la nascita dell'«Hollywood sul Tevere».
Tra gli episodi italiani dei quali renderà conto la mostra torinese ci sono, poi, i funerali di Togliatti ripresi da Bruno Barbey, il trionfo di Cassius Clay alle Olimpiadi del 1960 raffigurato da Thomas Hoepker, le giornate del G8 di Genova negli scatti di Thomas Dworzak,la veglia per la morte di papa Giovanni Paolo II nelle immagini di Paolo Pellegrin.
Le celebrazioni proseguiranno a Cremona, al Museo del violino, dove si terrà la mostra «Life – Magnum. Il fotogiornalismo che ha fatto la storia», a cura di Marco Minuz.
L’esposizione intende analizzare, per la prima volta in assoluto, il rapporto tra l’agenzia fotografica ideata da Robert Capa e il leggendario settimanale «Life», creato nel 1936 da Henry Luce, già editore di «Time», le cui pubblicazione continuarono fino al 1972 e contribuirono a creare un’identità e una cultura nazionale americana.
Tra le serie fotografie che sarà possibile vedere si segnalano quella di Dennis Stock su James Dean, quella di Philippe Halsman con i ritratti di Marylin Monroe, Salvador Dalì e Mohamed Ali, ma anche il racconto che Bruno Barbey offre della guerra del Vietnam e le immagini dello sbarco in Normandia visto attraverso gli occhi di Robert Capa.
A chiudere la carrellata di mostre italiane dedicate alla Magnum è Brescia che, in occasione della prima edizione del Brescia Photo Festival (dal 7 al 12 marzo 2017), ospiterà ben tre esposizioni (tutte aperte fino al 3 settembre 2017).
Si parte, negli spazi del Museo di Santa Giulia, con «Magnum First», che ripropone, per la prima in Italia, oltre ottanta stampe vintage in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Marc Riboud, Inge Morath, Jean Marquis, Werner Bischof, Ernst Haas, Robert Capa ed Erich Lessing, accompagnate dagli scritti degli autori.
Questa mostra è stata fortunosamente ritrovata nel 2006, ancora chiusa nelle sue casse, dopo essere stata dimenticata in una cantina di Innsbruck nel lontano 1956 e riemerge, ora, per la prima volta dopo essere stato restaurato.
Sempre a Santa Giulia ci sarà anche «Magnum - La première fois» con i servizi che hanno reso celebri venti conosciuti fotografi Magnum, tramite proiezioni e stampe originali. Inoltre, nella sede della Camera di commercio di Brescia, sarà possibile ammirare per la prima volte le proiezioni di «Brescia Photos», tre reportage su Brescia ed il suo territorio realizzati nel 2003 da tre celeberrimi reporter Magnum: Harry Gruyaert, Alex Majoli e Chris Steele-Perkins.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Roberto Cavalli. Milan, Italy 2007. © Paolo Pellegrin/Magnum Photos; [fig. 1] Il pittore spagnolo Salvador Dalì. «Dali Atomicus». 1948 © Philippe Halsman/Magnum Photos; [fig. 2] Usa. New York City. 1955. James DEAN haunted Times Square© Dennis Stock/Magnum Photos; [Fig. 3] Roberto Cavalli. Milan, Italy 2007. © Paolo Pellegrin/Magnum Photos; [fig. 4] Steve McCurry: Afghanistan, 2002. © Magnum Photos
Informazioni utili
«L’Italia di Magnum. Da Henri Cartier-Bresson a Paolo Pellegrin». Camera – Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine, 18 – Torino. Orari (Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura): lunedì, ore 11.00 – 19.00; martedì chiuso; da mercoledì a domenica, ore 11.00 – 19.00; giovedì, ore 11.00-21.00. Ingresso: intero € 10,00; ridotto (fino a 26 anni e over 70) € 6,00; gratuito per bambini fino a 12 anni, possessori della Torino+Piemonte Card e iscritti all’Ordine dei giornalisti. Informazioni: camera@camera.to. Sito internet: www.camera.to. Dal 23 marzo fino al 21 maggio 2017.
«Life – Magnum. Il fotogiornalismo che ha fatto la storia». Museo del violino, piazza Marconi - Cremona. Orari: dal lunedì al giovedì, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; dal venerdì alla domenica, dalle ore 10.00 alle ore 19.00. Ingresso: intero € 10,00. Informazioni: cell. 0372.080809 o info@museodelviolino.org. Sito internet: www.museodelviolino.org. Dal 4 marzo all'11 giugno 2017. La mostra è prorogata fino al 2 luglio 2017.
«Brescia Photo Festival». Sito internet: www.bresciaphotofestival.it. Dal 7 al 12 aprile 2017.