giovedì 28 maggio 2020

Beni culturali e digitale: il Covid-19 e le nuove modalità di fruizione del museo

Come il Covid-19 ha cambiato e cambierà il nostro modo di approcciarci al mondo dell’arte? Risponde anche a questa domanda la ricerca promossa dall'Osservatorio innovazione digitale nei beni e attività culturali della School of Management del Politecnico di Milano, presentata mercoledì 27 maggio, nell’ambito del convegno on-line «Dall’emergenza nuovi paradigmi digitali per la cultura».
In base allo studio, durante i lunghi mesi del lockdown, il livello di interesse degli italiani per le attività culturali in streaming o sul Web è aumentato. Lo testimonia l’aumento degli utenti che seguono le pagine social dei musei: la crescita maggiore si è registrata nel mese di marzo su Instagram (+7,2%), seguito da Facebook (+5,1%) e Twitter (+2,8%); un ulteriore incremento c’è stato in aprile, rispettivamente dell’8,4%, 3,6% e 2,4%. A parte pochi casi, il livello di interazione è, però, rimasto stabile.
Va, inoltre, segnalato che secondo il monitoraggio effettuato dalla School of Management del Politecnico di Milano, durante la «Fase 1» dell’emergenza, il livello di attività on-line da parte dei musei è significativamente aumentato e, in particolar modo, il numero di post sui canali social media è quasi o più che raddoppiato su tutti i canali nelle mese di marzo 2020, mantenendosi su valori elevati anche nel mese di aprile.
«Prima dell’emergenza sanitaria si potevano distinguere in modo relativamente nitido due percorsi: da un lato l’esperienza di visita on-site (talvolta supportata da strumenti digitali); dall’altro l’utilizzo degli strumenti on-line per attrarre e preparare il pubblico alla visita in loco, oppure ex-post per proseguire il rapporto con l’istituzione visitata, soprattutto tramite i social media, su cui è attivo il 76% dei musei» -ha dichiarato Michela Arnaboldi, responsabile scientifico dell’Osservatorio innovazione digitale nei beni e attività culturali-. «Se con i musei aperti il digitale ha rappresentato un complemento all’esperienza di visita (nelle sue molteplici sfaccettature), con la chiusura delle istituzioni culturali il digitale si è rivelato lo strumento necessario per poter offrire contenuti culturali. Questo ha portato inevitabilmente ad un uso diverso del canale on-line, social media in primis ma anche siti web, che sono divenuti da strumenti di comunicazione e di preparazione alla visita, quali erano fino ad ora, strumenti di vera e propria erogazione di contenuto».
A questo proposito va ricordato che l’85% dei musei ha un sito web, relativo alla singola istituzione o all’interno di altri siti, come quello del Comune. Qui si trovano informazioni su orari, biglietti, attività e percorsi di visita, ma durante il lockdown l’attività è aumentata (si pensi all’esperienza della collezione Peggy Guggenheim con le sue lezioni di storia on-line o a quella dei Musei civici veneziani, per rimanere sempre in Laguna, con le curiosità sulle opere delle proprie collezioni).
Per quanto riguarda l’esperienza di visita on-site, dall’indagine svolta su un campione di quattrocentotrenta musei, monumenti e aree archeologiche italiani, si osserva come le audioguide (32%), QR-code (31%) e installazioni interattive (28%) siano gli strumenti di supporto alla visita più diffusi. È importante anche contestualizzare questi dati rispetto alle infrastrutture disponibili: sempre dall’indagine emerge come ancora il 51% dei musei non sia dotato di wi-fi.
La ricerca, alla sua terza edizione, ha dimostrato, inoltre, che, prima del lockdown, circa l’86% dei ricavi dei musei derivava ancora dalla vendita di biglietti d’ingresso in loco e che l’investimento in sistemi di ticketing (presente solo nel 23% dei casi), di gestione delle prenotazioni e di controllo degli accessi era indicato come priorità per il futuro solo dal 6% delle istituzioni. Inoltre, tra i musei che hanno un sistema di controllo accessi (93%) prevaleva lo stacco del biglietto d’ingresso (71%), rispetto a sistemi automatizzati come lettori di codici a barre (11% su carta e 6% su display) e tornelli o varchi contapersone (7%). Questi dati sono inevitabilmente destinati a variare con l’emergenza sanitaria per il Covid-19, tenuto conto delle indicazioni fornite dal Comitato tecnico-scientifico per la riapertura dei musei e dei luoghi di cultura in Italia, che prevedono, tra l’altro, il contingentamento degli ingressi, la prenotazione via Web della propria visita e sistemi di controllo di quanto avviene all’interno dell’istituzione culturale.
Il periodo di lockdown ha portato, inoltre, a una rivalutazione dell’esperienza digitale. A inizio 2020 solo il 24% delle istituzioni culturali aveva redatto un piano strategico dell’innovazione digitale (il 6% come documento dedicato e il 18% all’interno di un più generale piano strategico).
Anche se va precisato che negli ultimi due anni l’83% dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane aveva investito in innovazione digitale, concentrandosi prevalentemente su servizi di supporto alla visita in loco (48%) e catalogazione e digitalizzazione della collezione (46%).
Dalla ricerca emerge un altro dato interessante, che riguarda le persone e le attività di comunicazione del museo: attualmente il 51% dei musei non si avvale di nessun professionista, interno o esterno, con competenze legate al digitale. Il restante 39% dispone di competenze interne e ricorre a consulenti esterni per la gestione del digitale, ma solo il 12% ha un team dedicato composto da più persone.
Il convegno ha anche dato l’opportunità di riflettere sul futuro dei musei, su cui la crisi generata dall’emergenza sanitario avrà un impatto negativo sia sul numero dei biglietti staccati sia sulla possibilità di ottenere finanziamenti pubblici. Eleonora Lorenzini, direttore dell’Osservatorio innovazione digitale nei beni e attività culturali, ha spiegato che sarà importante per il futuro concentrarsi su fonti di ricavo alternativo. In particolare, è interessante soffermare l’attenzione su servizi come la vendita di immagini per finalità di ricerca, riproduzione e commerciali (già offerti dal 32% dei musei) e sui servizi di abbonamento per l’accesso a servizi tramite sito web e applicazione (2%). Questi ultimi, in particolare, sono tra i modelli che ultimamente sono stati proposti per ottenere introiti legati all’attività online dei musei. Diversi esponenti dell’ecosistema culturale, infatti, hanno sostenuto la necessità di studiare forme di abbonamento o biglietto più ricche di quelle attualmente a disposizione, che contemplino l’accesso a itinerari e percorsi tematici, in cui l’integrazione on-line-on-site permetterà di tornare più volte al museo e accedere a contenuti sul web on demand.
«Il contesto attuale si presenta particolarmente favorevole per sperimentazioni sia da parte delle istituzioni culturali che da parte del pubblico che manifesta interesse verso nuovi approcci, con preferenza verso quelli a maggior grado di interazione.» -ha concluso Eleonora Lorenzini- «Sebbene non possiamo ancora sapere con certezza quanto e in che modo questo contesto muterà vista la mancanza di paradigmi di riferimento, possiamo affermare che la flessibilità, la capacità di reinventarsi e di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie rispondendo alle esigenze del pubblico saranno essenziali in un futuro più prossimo di quanto ci aspettavamo».

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