lunedì 21 ottobre 2024

«National Gallery 200», al cinema un viaggio intimo ed emozionale tra le opere del museo londinese

Era il 1824 quando il collezionista e banchiere russo John Julius Angerstein vendeva trentotto dipinti della sua collezione - principalmente opere d’arte italiane e fiamminghe, tra cui spiccava la grande pala d’altare «La resurrezione di Lazzaro» di Sebastiano del Piombo - al Parlamento britannico. Nasceva così il primo nucleo della National Gallery di Londra, che trovò dapprima casa in un edificio al n. 100 di Pall Mall per poi spostarsi, nel 1838, nell’attuale sede sul lato nord di Trafalgar Square, progettata dall’architetto William Wilkins e più volte rimaneggiata nel corso dei secoli con interventi di restauro e di ampliamento che hanno visto all’opera, tra gli altri, Edward Middleton Barry e Robert Venturi e che le hanno conferito la dimensione attuale di oltre 46mila metri quadrati, suddivisi in sessantasei gallerie.

Di decennio in decennio, il museo britannico ha arricchito il proprio patrimonio soprattutto grazie al lavoro dei primi direttori, tra i quali si ricordano Charles Lock Eastlake e Frederic William Burton, e a donazioni da parte di privati, che a tutt'oggi rappresentano i due terzi della collezione.

Oggi, a duecento anni dalla fondazione, la National Gallery, con la sua raccolta di oltre duemila e trecento opere, rappresenta il sogno realizzato di re Giorgio IV che voleva dotare il suo Paese di un museo capace di rivaleggiare in magnificenza con il Louvre di Parigi e il Prado di Madrid, ma senza statalizzare le raccolte reali britanniche.
Il museo londinese, guidato dal 2015 da Gabriele Finaldi, offre, infatti, al suo pubblico un viaggio nel mondo dell’arte lungo quasi mille secoli, che spazia dal XIII secolo fino agli inizi del Novecento, e annovera capolavori firmati da maestri del calibro di Bellini, Cézanne, Degas, Leonardo, Raffaello, Rembrandt, Renoir, Rubens, Tiziano, Turner, van Dyck, e Velázquez. La National Gallery è, per esempio, la casa dei «Girasoli» (1888 circa) di Vincent Van Gogh, dello «Stagno delle ninfee» (1899) di Monet, della «Vergine delle Rocce» (1483-1486) di Leonardo da Vinci, della «Battaglia di San Romano» (1440) di Paolo Uccello, della «Cena in Emmaus» (1601) del Caravaggio.

In occasione del bicentenario dalla fondazione, questa storia diventa un film: «National Gallery 200», che sarà nelle sale italiane martedì 22 e mercoledì 23 ottobre nell’ambito della nuova stagione della rassegna «La grande arte al cinema», progetto originale ed esclusivo di Nexo Studios, che a novembre presenterà anche il titolo «Pissarro. Il padre dell’Impressionismo».

Diretto da Ali Ray e Phil Grabsky e prodotto con Exhibition on Screen, il lungometraggio mostra come il potere della grande arte risieda nella sua capacità di comunicare con chiunque, indipendentemente dalle conoscenze storiche e dal background culturale. Dalla guardia di sicurezza al direttore, dal visitatore comune alle celebrità fino ai membri della famiglia reale sono molte le persone che sfilano davanti alla cinepresa dando vita a un discorso corale che non solo dipinge un ritratto, intimo e inedito, della collezione di uno dei musei più importanti del mondo, «scrigno di infinite storie, commoventi, sorprendenti, straordinarie», ma che parla anche di inclusività, soprattutto in un luogo a ingresso gratuito come l’istituzione londinese, perché – come recita il trailer del film – «l’arte è di tutti e tutti hanno da dire qualcosa sull’arte».

Ciascun intervistato ha raccontato l'opera che più gli sta a cuore, secondo il suo punto di vista, spaziando tra capolavori noti a gemme nascoste, da «Pioggia, valore e velocità» (1884) di William Turner a «Gli ombrelli» (1881-1886) di Pierre Auguste Renoir, da «Allegoria del Trionfo di Venere» (1545) del Bronzino al «San Michele trionfa sul demonio» (1468) di Bartolomé Bermejo, ma non solo. 
Tra i tanti, ci faranno così conoscere il loro legame personale con la National Gallery la giornalista Claudia Winkleman, l’attore Michael Palin, al regista Terry Gilliam, la scrittrice Jacqueline Wilson e la principessa Eugenie, che racconta il suo rapporto speciale con la «Madonna della cesta» (1524) del Correggio, «una scena reale e domestica» dalla «natura serena, rilassata ed eterea» che raffigura una madre che si prende cura del proprio figlio.

«Il tentativo dei due registi - si legge nella nota stampa - è quello di incoraggiare il pubblico a guardare coi propri occhi quadri e sculture, senza perdersi dietro la fotografia affrettata e senza rinunciare a creare un contatto personale con l’opera» che si ha di fronte, per capire se questa ha qualcosa da raccontare che possa – in qualche modo – essere connessa alla propria vita.

La rassegna «La grande arte al cinema» proseguirà il 19 e il 20 novembre con «Pissarro. Il padre dell’Impressionismo», film diretto da David Bickerstaff, che rivela allo spettatore il percorso e l'opera del maestro francese attraverso la sua arte e alcuni documenti, come la sua corrispondenza con gli amici e il suo archivio conservato all'università di Parigi, nonché il racconto delle mostre promosse dall'Ashmolean di Oxford e dal Kunstmuseum di Basilea. 
Ma prima sarà la National Gallery di Londra a finire sotto i riflettori, svelandoci non solo i «dietro le quinte» di un grande tempio della cultura internazionale, ma raccontandoci anche come l’arte possa essere una fonte di terapia nei momenti di crisi, uno spunto di ispirazione per il proprio lavoro, una gioia per i propri occhi.

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