mercoledì 24 settembre 2025

Nell’inferno di Gaza con Samar Abu Elouf. In Gallura una mostra fotografica della vincitrice del «World Press Photo Of The Year»

«Mentre la sua famiglia fuggiva da un attacco israeliano, Mahmoud si è voltato indietro per incitare gli altri ad andare avanti. Un'esplosione gli ha reciso un braccio e mutilato l'altro. La famiglia è stata evacuata in Qatar, dove, dopo le cure mediche, Mahmoud sta imparando a giocare con il suo telefono, a scrivere e ad aprire le porte con i piedi. Il sogno di Mahmoud è semplice: vuole avere delle protesi e vivere la sua vita come qualsiasi altro bambino». Inizia così la didascalia dell’immagine scattata nel 2024 dalla fotogiornalista palestinese Samar Abu Elouf per il quotidiano «The New York Times» - «Mahmoud Ajjour, Aged Nine» -, insignita lo scorso aprile del «World Press Photo Of The Year», prestigioso riconoscimento sulla fotografia documentaria, giunto al suo settantesimo anniversario, al centro di una mostra internazionale itinerante che, in questi giorni, si può vedere nel nostro Paese all’Accademia Albertina di Torino (fino all’8 dicembre), al MuA di Sinnai – Cagliari (fino al 12 ottobre) e alla Fondazione Banca popolare di Lodi a Lodi (dal 27 settembre al 26 ottobre).

La forza di questa fotografia, con una calda luce obliqua dal taglio caravaggesco che illumina dolcemente il volto malinconico di un bambino con gli occhi persi nel vuoto e i moncherini delle braccia che fuoriescono da una canottiera bianca, sta nella sua capacità di raccontare una storia universale, quella delle cicatrici visibili e invisibili che segnano l’infanzia di chi vive in un paese in guerra, attraverso una dolorosa vicenda individuale, testimonianza concreta delle tante storie che si celano dietro ai numeri dei bollettini bellici e alle statistiche dei rapporti diffusi dagli operatori umanitari e dagli osservatori indipendenti dell’Onu.
Il toccante ritratto di Mahmoud Ajjour, lontano dall’iconografia del dolore gridato e proprio per la sua forza silenziosa ancora più potente nell’affermare il valore della fotografia non solo come strumento di memoria storica ma anche come viatico per smuovere la coscienza civile, è tra i lavori esposti nella mostra «Gaza When Emotions Suffocate» («Gaza, quando le emozioni vengono soffocate»), aperta fino al 12 ottobre a Palau (Sassari), in Gallura, nell'ambito della XXIX edizione del festival internazionale «Isole che parlano», promosso dall'associazione «Sartitudine» e diretto dai fratelli Paolo e Nanni Angeli.

Negli spazi del Cineteatro Montiggia una sessantina di immagini ripercorrono il lavoro di Samar Abu Elouf, la neovincitrice del «World Press Photo Of The Year», collaboratrice del quotidiano «The New York Times», dell’agenzia di stampa Reuters e del giornale locale «Al Ghaidaa», il cui racconto sulle conseguenze intergenerazionali del conflitto israelo-palestinese, con un’attenzione particolare al punto di vista delle donne e dei bambini, è stato premiato anche con il «George Polk Award» nel 2023, l’«Unicef Photo Of The Year» nel 2024 e l’«Anja Niedringhaus Courage in Photojournalism Award», sempre nel 2024.
Attraverso le sue immagini, Samar Abu Elouf, che dal dicembre 2023 vive in esilio forzato in Qatar con i suoi quattro figli, dopo la distruzione della sua casa a Gaza City, non racconta solo ciò che sta succedendo nel territorio palestinese che si affaccia sulla costa orientale del Mar Mediterraneo, ma ci offre anche il punto di vista di chi quella devastazione e quel dolore li ha vissuti e li ha subiti sulla propria pelle, dovendo dire addio a parte della sua famiglia.

Con uno sguardo intimo, profondo e coinvolgente, la fotogiornalista quarantaduenne, che in passato ha documentato eventi significativi per il territorio palestinese come le proteste del 2018-2019 e il conflitto del maggio 2021, ci mette, dunque, di fronte agli occhi le asprezze della guerra, con svariate immagini, tra cui quelle del servizio pubblicato dal quotidiano «The New York Times», nel novembre 2024, con il titolo «Out of Gaza». Volti che guardano terrorizzati il cielo durante i bombardamenti israeliani, scorci di palazzi sventrati dai missili, macerie, semplici interni domestici che custodiscono il dolore di chi ha dovuto abbandonare la propria casa, corpi avvolti in sudari bianchi e riconoscibili solo per i nomi scritti in arabo, ritratti di persone - sfollate a Doha - con gravi danni permanenti e invalidanti mutilazioni scorrono lungo le pareti del Cineteatro Montiggia. Ogni scatto è un invito a trasformare il nostro sguardo in consapevolezza e in responsabilità, a riconoscere il peso umano delle guerre che seguiamo da lontano, nella sicurezza delle nostre case, davanti a uno schermo televisivo o uno smartphone.

Con questa sua personale in Sardegna, Samar Abu Elouf ci restituisce anche il volto della Striscia di Gaza prima del 7 ottobre 2023, ovvero nei mesi antecedenti al vile attacco di Hamas nei kibbutz, con più di milleduecento vittime, e ai successivi bombardamenti ai luoghi del vivere quotidiano dei gazawi, la crudele e spropositata risposta all'attacco terroristico islamista da parte del Governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Da allora, in ventidue mesi, i continui attacchi di Israele hanno causato tra la popolazione civile palestinese circa 65mila morti, di cui 20mila bambini, e più di 165mila feriti: una vera e propria carneficina accompagnata dallo sfollamento di massa del territorio e dal blocco degli aiuti umanitari con la conseguente carestia di cibo, di acqua e di tutti i beni primari, comprese le medicine e i dispositivi sanitari.
Seppure già prima del 7 ottobre 2023 la Striscia Gaza era «la più grande prigione a cielo aperto del mondo», dove i palestinesi subivano con fatalità il proprio destino di incolpevoli reclusi, il territorio era pieno di colore e di vita. Lungo le pareti scorrono immagini di ragazzi che giocano sulla spiaggia, di bambini che saltano fuori e dentro le onde del mare, di persone che festeggiano un compleanno o che praticano il loro sport preferito. Non si tratta solo di ricordi. Si tratta di un inno alla speranza. Samar Abu Elouf sogna, infatti, che i colori e le piccole gioie del quotidiano tornino ad animare il suo Paese, la Palestina. Sogna di non essere condannata all’esilio perpetuo, ma di rimpatriare nella sua Gaza, una città finalmente in pace.

 Informazioni utili
«Gaza When Emotions Suffocate» - Mostra personale di Samar Abu Elouf. Cineteatro Montiggia, via Nazionale 113 (Loc. Montiggia) - Palau (Sassari). Orari: dal martedì alla domenica, dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 20:00. Ingresso gratuito. Informazioni: Associazione Sarditudine, via Nazionale 113, 07020 Palau, tel. +39 379 1657637 - infoisole@tiscali.it. Sito web: https://www.isolecheparlano.it. Fino al 12 ottobre 2025

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