La manifestazione, che dal 1999 gode anche dell'egida della Commissione europea, ritorna in Italia nel prossimo fine settimana, nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 settembre, con un articolato calendario di eventi, una vera e propria festa dell’arte, coordinata dal Ministero della Cultura, che vedrà istituzioni pubbliche e private, fondazioni e associazioni organizzare mostre, installazioni, incontri, laboratori didattici, conferenze, presentazioni, passeggiate tematiche, spettacoli, ma soprattutto visite guidate e aperture straordinarie in orario serale (nei musei statali al costo simbolico di un euro).
Lo slogan europeo dell'edizione 2025 è «Heritage and Architecture: Windows to the Past, Doors to the Future», la cui declinazione italiana è «Architetture: l'arte di costruire», un invito a esplorare il nostro ricco e variegato paesaggio architettonico, anche quello immateriale, legato alle conoscenze e alle tecniche dei singoli individui. Dai monumenti celebri delle città d’arte alle costruzioni meno note delle aree rurali e industriali, il carnet delle proposte è ampio ed è anche un invito a ricercare nei vari edifici «le tracce delle persone che, nel costruirli, trasformarli o demolirli, - si legge nella presentazione - hanno lasciato segni di conoscenze, pratiche culturali e artistiche, credenze religiose, abilità artigianali e agricole, innovazioni tecniche, visioni, idee o ideologie, bisogni e desideri di convivenza».
Dalle visite al Ninfeo delle Fate a Lecce (una delle architetture ipogee più suggestive del Salento) all’apertura serale del Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano, passando per i tanti eventi nelle residenze sabaude del Piemonte (come i Castelli di Racconigi e Moncalieri), l’open day nei cantieri di scavo ad Aquileia (sito archeologico friulano, patrimonio mondiale dell’Unesco) o le passeggiate d’arte al Dorsoduro Museum Mile di Venezia (ovvero alle Gallerie dell’Accademia, a Palazzo Cini, alla Collezione Peggy Guggenheim e a Punta della Dogana – Pinault Collection): sono migliaia le iniziative in agenda, tutte consultabili sul portale del Ministero della Cultura (https://cultura.gov.it/); mentre il calendario europeo è reperibile sul sito https://www.europeanheritagedays.com/.
Vale la pena sottolineare che a Bologna, dove saranno aperti in orario serale tutti i musei civici (tra cui le Collezioni comunali di Palazzo Accursio e il Mambo), faranno il loro debutto nel cartellone delle Giornate europee del patrimonio tre luoghi simbolo della storia cittadina: il trecentesco Palazzo Pepoli, la Torre dell’Orologio e il Padiglione de l’Esprit Nouveau, costruito nel 1977 da Giuliano Gresleri e José Oubrerie nel quartiere fieristico, replicando il progetto originale di Le Corbusier per l'Esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi nel 1925, unico esemplare esistente al mondo del prototipo abitativo ideato dal celebre architetto svizzero.
Interessante è anche il programma messo a punto nelle Marche, dove le Giornate europee del patrimonio faranno da sfondo a due importanti presentazioni, rivolte non solo al pubblico ma anche alla comunità scientifica.
Il Palazzo Ducale di Urbino svelerà per la prima volta il cosiddetto «Codice Santini», prezioso manoscritto su pergamena redatto nel pieno fervore del Rinascimento, che è entrato lo scorso 19 febbraio nelle collezioni museali marchigiane dopo essere stato acquisito dal Ministero della Cultura, per la cifra di 330 mila euro, alla casa d’aste milanese «Il Ponte».
Databile tra il 1480 e il 1530 circa, il prezioso volume, che potrebbe essere stato fonte di ispirazione anche per le ricerche di Leonardo da Vinci, raccoglie oltre un centinaio di studi di strumenti, macchine e sistemi ingegneristici, documentando l’interesse per le discipline matematiche e scientifiche a Urbino, durante le dinastie dei Montefeltro e dei Della Rovere.
L’autore del manoscritto è tuttora sconosciuto, per quanto si presuma possa essere una personalità legata alla cerchia di Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), allievo di Mariano di Jacopo detto il Taccola (1381-1453 ca.), meglio noto come l’Archimede di Siena, e autore dell’«Opusculum de Architectura», che dal 1476 fu al servizio dei Montefeltro, ideando anche i disegni preparatori per le settantadue formelle a composizione del «Fregio dell’Arte della Guerra», recentemente riallestite nelle Soprallogge al piano nobile del Palazzo Ducale di Urbino.
L’autore del manoscritto è tuttora sconosciuto, per quanto si presuma possa essere una personalità legata alla cerchia di Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), allievo di Mariano di Jacopo detto il Taccola (1381-1453 ca.), meglio noto come l’Archimede di Siena, e autore dell’«Opusculum de Architectura», che dal 1476 fu al servizio dei Montefeltro, ideando anche i disegni preparatori per le settantadue formelle a composizione del «Fregio dell’Arte della Guerra», recentemente riallestite nelle Soprallogge al piano nobile del Palazzo Ducale di Urbino.
Tra gli studiosi c’è anche chi ipotizza che l’autore del «Codice Santini» sia, invece, Giovan Battista Commandino, padre del più illustre Federico, nonché autore della Cinta muraria di Urbino, quella tuttora esistente, ideata su incarico di Francesco Maria I della Rovere.
Unico fra i manoscritti urbinati a non essere stato trasferito alla Biblioteca apostolica vaticana nel 1657, rimanendo, dunque, a Urbino per i secoli successivi, tramandato da alcune nobili famiglie locali fino all’ultimo proprietario, il volume, ancora con la sua legatura originale, si presenta in uno stato conservativo eccellente. Al suo interno ci sono disegni di estrema bellezza, testimonianza fondamentale della stagione rinascimentale urbinate, che trovò nella scienza e nella matematica una chiave di lettura per raccontare la bellezza e l’armonia dell’universo.
In linea con gli altri musei statali italiani, nella giornata di sabato 27 settembre la Galleria nazionale delle Marche prolungherà l’orario di apertura e l’ingresso, durante le ore serali (fino alle 22:15, con ultimo accesso alle 21:15), costerà un solo euro.
Unico fra i manoscritti urbinati a non essere stato trasferito alla Biblioteca apostolica vaticana nel 1657, rimanendo, dunque, a Urbino per i secoli successivi, tramandato da alcune nobili famiglie locali fino all’ultimo proprietario, il volume, ancora con la sua legatura originale, si presenta in uno stato conservativo eccellente. Al suo interno ci sono disegni di estrema bellezza, testimonianza fondamentale della stagione rinascimentale urbinate, che trovò nella scienza e nella matematica una chiave di lettura per raccontare la bellezza e l’armonia dell’universo.
In linea con gli altri musei statali italiani, nella giornata di sabato 27 settembre la Galleria nazionale delle Marche prolungherà l’orario di apertura e l’ingresso, durante le ore serali (fino alle 22:15, con ultimo accesso alle 21:15), costerà un solo euro.
Sempre nelle Marche, le Giornate europee del patrimonio faranno da cornice alla presentazione al pubblico, e alla comunità scientifica internazionale, del Cofanetto da Belmonte Piceno, prezioso manufatto d’avorio e d’ambra, risalente a metà del VI secolo avanti Cristo, restituito alla fruizione della collettività dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, dopo gli scavi del 2018 nella necropoli picena di Belmonte (in provincia di Fermo, nelle Marche) e in seguito al successivo intervento di studio e di restauro conservativo nei laboratori della ditta Coobec di Spoleto (in Umbria).
L’importante reperto archeologico - al quale è stata dedicata nel 2024 una monografia in lingua tedesca («Die Rezeption griechischer und etruskischer Kunst in Belmonte Piceno», ISBN 978-3-534-64029-4) dalla casa editrice Philipp von Zabern - Herder/WBG, a cura di Joachim Weidig dell'Università Albert Ludwig di Friburgo - sarà al centro di una mostra al Palazzo Ferretti di Ancona, nel Salone delle feste, in programma da sabato 27 settembre a martedì 26 gennaio 2026. L’esposizione offrirà anche l’occasione per vedere riunite le altre preziose ambre figurate di Belmonte Piceno, in parte già esposte al Man Marche e al Museo archeologico nazionale di Ascoli Piceno.
Il cofanetto, rinvenuto alle spalle di un grande vaso di terracotta, in una sepoltura maschile che era già stata scoperta nel 1910 dall’archeologo Innocenzo Dell’Osso, durante la prima campagna di scavi nella necropoli marchigiana, condensa elevate capacità artistiche e artigianali e messaggi figurativi densi di significati da decifrare.
Realizzato da un artigiano che lavorò a Chiusi, Cortona e forse proprio a Belmonte Piceno tra il 560 e il 540 a.C., dando vita a un nuovo stile artistico che combina elementi greci, etruschi e italici, l’antico manufatto, con ben ventisei secoli di storia alle spalle, presenta un coperchio con quattro sfingi scolpite e traforate, con visi e ali d’ambra. Il contenitore è, invece, realizzato con lastrine di avorio intagliato, sulle quali sono inserite figure in ambra ricche di dettagli incisi sulla superficie retrostante, così da poter essere viste, in origine, attraverso la trasparenza della pietra fossile.
Le immagini della fascia in alto raccontano scene di vita fra figure regali e divinità, con probabili riferimenti anche a una cerimonia matrimoniale. Mentre nella fascia bassa sono rappresentati i «fotogrammi» di antichi miti e racconti epici, con storie dal finale tragico: Perseo e Medusa, Aiace che trasporta il corpo senza vita di Achille, Cassandra ai piedi della statua di Atena con re Priamo e Aiace alle sue spalle.
La presentazione al pubblico è prevista per sabato 27 settembre, alle ore 18, all’auditorium del Man Marche, alla presenza del direttore Diego Voltolini e di Joachim Weidig (responsabile scientifico delle ricerche a Belmonte Piceno), Francesco Belfiori (funzionario archeologo Sabap AP-FM-MC) e Nicola Bruni (funzionario restauratore). A seguire è in programma (dalle 19:30 alle 23:30) l’ingresso, al costo simbolico di un euro, alla mostra con il Cofanetto di Belmonte Piceno, ma anche alle collezioni permanenti del museo.
Realizzato da un artigiano che lavorò a Chiusi, Cortona e forse proprio a Belmonte Piceno tra il 560 e il 540 a.C., dando vita a un nuovo stile artistico che combina elementi greci, etruschi e italici, l’antico manufatto, con ben ventisei secoli di storia alle spalle, presenta un coperchio con quattro sfingi scolpite e traforate, con visi e ali d’ambra. Il contenitore è, invece, realizzato con lastrine di avorio intagliato, sulle quali sono inserite figure in ambra ricche di dettagli incisi sulla superficie retrostante, così da poter essere viste, in origine, attraverso la trasparenza della pietra fossile.
Le immagini della fascia in alto raccontano scene di vita fra figure regali e divinità, con probabili riferimenti anche a una cerimonia matrimoniale. Mentre nella fascia bassa sono rappresentati i «fotogrammi» di antichi miti e racconti epici, con storie dal finale tragico: Perseo e Medusa, Aiace che trasporta il corpo senza vita di Achille, Cassandra ai piedi della statua di Atena con re Priamo e Aiace alle sue spalle.
La presentazione al pubblico è prevista per sabato 27 settembre, alle ore 18, all’auditorium del Man Marche, alla presenza del direttore Diego Voltolini e di Joachim Weidig (responsabile scientifico delle ricerche a Belmonte Piceno), Francesco Belfiori (funzionario archeologo Sabap AP-FM-MC) e Nicola Bruni (funzionario restauratore). A seguire è in programma (dalle 19:30 alle 23:30) l’ingresso, al costo simbolico di un euro, alla mostra con il Cofanetto di Belmonte Piceno, ma anche alle collezioni permanenti del museo.
Didascalie delle immagini
1. Immagine promozionale delle Giornate europee del patrimonio 2025; 2. Aquileia; 3. Ninfeo delle fate, Lecce; 4. Leonardo da Vinci, Ultima cena, 1494-1498. Milano, Santa Maria delle Grazie; 5. Bologna, Padiglione Esprit Nouveau; 6. Codice Santini, Urbino, Galleria nazionale delle Marche; 7. Cofanetto da Belmonte Piceno. Ancona, Palazzo Ferretti
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