mercoledì 29 luglio 2020

Georges de la Tour, il «Caravaggio francese» che dipingeva la luce e la realtà

La luce esile e tremolante di una candela illumina lo sguardo e i lineamenti di una donna persa nei suoi pensieri. È seduta a uno scrittoio, forse un mobile da toeletta, visto che sul fondo si intravede una spazzola appoggiata all’interno di un contenitore. I capelli lunghi, lisci e scuri sono sciolti disordinatamente sulle spalle e i vestiti appaiono sgualciti, quasi a suggerire l’intimità della scena. Sembra che la giovane stia tracciando un bilancio di ciò che è stato. Stia riflettendo su un passato di cui si pente. La sua mano sinistra è poggiata su un teschio posto sopra un grande libro, forse la Bibbia. I suoi occhi guardano verso uno specchio, che riflette l’immagine del cranio, simbolo del tempo che passa inesorabilmente. Quel lume che lentamente si consuma, lasciando la stanza in penombra, sottolinea anch’esso la fragilità e la natura effimera della nostra vita terrena.
È questa immagine, di potente e suggestiva intensità emotiva, ad aprire il percorso espositivo della mostra «Georges de La Tour: l’Europa della luce», allestita fino al prossimo 27 settembre a Milano, negli spazi di Palazzo Reale, per la curatela di Francesca Cappelletti e Thomas Clement Salomon, e con un comitato scientifico composto da Pierre Rosenberg (già direttore del Louvre), Gail Feigenbaum (direttrice del Getty Research Institute) e Annick Lemoine (direttrice del Musée Cognacq‐Jay). L’opera in questione è la «Maddalena penitente» (1635-1640) della National Gallery of Art di Washington, il cui soggetto raffigurato è una costante non solo nella pittura della prima metà dei Seicento, ma anche nella produzione di Georges de la Tour (Vic-sur-Seille, 1593 ‒ Lunéville, 1652), tanto è vero che della Maddalena esistono almeno altre tre versioni sue, conservate rispettivamente al Louvre di Parigi, al Metropolitan Museum of Art di New York e al Los Angeles County Museum of Art.
Il dubbio è d’obbligo. L’artista originario della Lorena, che per il suo studio sulla luce è stato ribattezzato dalla critica con il titolo di «Caravaggio francese», è, infatti, stato riscoperto solo nel secolo scorso, nel 1915, dallo storico dell’arte tedesco Hermann Voss, che grazie ad alcuni documenti scoperti nell’Ottocento attribuì a un certo Georges Dumesnil de La Tour il dipinto «Il neonato» del Musée des Beaux-Arts di Rennes.
Stimato dai suoi contemporanei, tanto da essere chiamato tra il 1639 e il 1641 alla corte parigina come pittore di Luigi XIII, il re francese che conservava nella sua stanza privata, spogliata di ogni altro quadro, un «San Sebastiano curato da Irene» dell’artista, Georges de la Tour viene presto dimenticato. Le sue tracce, in quella terra di frontiera caratterizzata da guerre e carestie, si perdono già nel XVIII secolo. Alcuni suoi dipinti finiscono nel catalogo di altri pittori, da Velázquez ai fratelli Le Nain, ad anonimi olandesi o fiamminghi.
Le notizie che abbiamo oggi sono ancora poche, lacunose. Sulla sua biografia esistono scarsi documenti. Si sa solo che ebbe undici figli e un gran numero di cani, che comprò e vendette varie proprietà e che aveva un carattere piuttosto burrascoso, arrogante e avido. Mediocri sono anche le notizie sui suoi committenti e sui pagamenti dei suoi lavori. Nulla si sa sulla sua formazione. Qualcuno parla di un tour di iniziazione in Olanda; qualche altro di un viaggio di istruzione in Italia, dove sarebbe venuto in contatto con la lezione caravaggesca. Ma sono solo ipotesi. All’inizio del Novecento, poi, si conoscono solo tre sue opere datate: «Il denaro versato» di Leopoli (1625-1627?) e «La negazione di Pietro» di Nates (1650), entrambi in mostra a Milano, e il «San Pietro e il gallo» di Cleveland (1645). Tutto rimane sfuggente e misterioso. Ma oggi -dopo decenni di ricerche per scovare quadri, disegni preparatori e documenti in tutto il mondo- il catalogo di Georges de la Tour conta quaranta opere e ha ben ragione lo storico Jacques Thuillier a dire che la vicenda dell’artista «rappresenta il trionfo della storia dell’arte, perché non esisterebbe senza la storia dell’arte».
Di questi lavori quindici (più uno attribuito) sono in mostra a Milano, nella prima esposizione che l’Italia dedica al pittore: un evento destinato a rimanere nei libri di storia visto che nel nostro Paese, come lamentava Roberto Longhi nel 1935, «non abbiamo nulla di suo», e che i musei difficilmente fanno uscire dalle proprie sale questi capolavori.
Per agevolare una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, i capolavori del maestro sono affiancati da una ventina di splendide opere di artisti coevi come Paulus Bor, Jan Lievens, Throphime Bigot, Frans Hals, Jan van Bijlert, Gerrit Van Honthorst, (conosciuto in Italia come Gherardo delle Notti), Adam de Coster e Carlo Saraceni.
«La pittura di Georges de la Tour -raccontano gli organizzatori- è caratterizzata da un profondo contrasto tra i temi «diurni», crudamente realistici, che mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo, e i temi «notturni» con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi». È il caso della magnifica «Educazione della Vergine» (New York, Frick Collection, 1650 circa), dove una Maria bambina dal viso di porcellana si avvicina alla madre, con il suo lume in mano, per leggere le preghiere della sera, ma anche del raffinato «Giovane che soffia un tizzone» (Digione, Musée des Beaux‐Arts, 1640 circa), in cui emerge dall’oscurità una figura che gonfia le gote per soffiare, parzialmente illuminata da un bagliore rossastro. Una luce fioca illumina anche il quadro «Giobbe deriso dalla moglie» (Epinal, Musée départemental d’Art ancien e contemporain, 1650 circa), dove una donna maestosa ed elegante si rivolge con un gesto interrogativo al marito, nudo e con gli occhi lucidi di pianto, chiedendogli perché abbia ancora fede in Dio, con tutti i mali che sta patendo. Di argomento religioso è anche «La negazione di Pietro» (Nantes, Musée des Beaux‐Arts,1650), in cui Georges de la Tour fonde il racconto del tradimento dell'apostolo con la scena profana di una partita a dadi tra le guardie.
Da osservare con attenzione lungo il percorso espositivo sono anche «La rissa tra musici mendicanti» (J. Paul Getty Museum, 1625‐1630 circa), con il suo crudo e drammatico realismo, e «Suonatore di Ghironda col cane» (Musée du Mont‐de‐Piété di Bergues, 1622‐ 1625), il dipinto più grande a noi pervenuto di Georges de la Tour, con la sua violenta carica innovativa nella resa dei soggetti popolari, irrintracciabile nella pittura francese del tempo.
A chiudere il percorso espositivo è un altro quadro che ci parla, come la Maddalena dell’incipit, di luce e di solitudine: il «San Giovanni Battista nel deserto» di Vic‐sur-Seille, il paese natale di de la Tour, con il volto chino a guardare l’agnello che sta ai suoi piedi, con la testa colma di dubbi e di domande alle quali non sa dare risposta. È un quadro denso di silenzio in cui la luce assume connotazioni sacre. È fiaccola che accompagna i nostri passi, è chiarore che ci rassicura anche quando pensiamo che tutto sia perso.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Georges de La Tour, Maddalena penitente, 1635 - 1640. Olio su tela, 113 x 92,7 cm. National; [fig. 2] Georges de La Tour (studio), Educazione della Vergine, 1650 ca. Olio su tela, 83,8 x 100,3 cm. The Frick Collection, New York, Stati Uniti; [fig. 3] Georges de La Tour, Giovane che soffia su un tizzone, 1640 ca. Olio su tela, 61 × 51 cm. Musée des Beaux-Arts Digione, Francia; [fig. 4] Georges de La Tour, Giobbe deriso dalla moglie, 1650 ca.Olio su tela, 145 x 97 cm. Musée départemental d'Art ancien et contemporain
Epinal, Francia; [fig. 5] Georges de La Tour

San Giovanni Battista nel deserto, 1649 ca. Olio su tela, 81 × 101 cm. Musée départemental Vic-sur-Seille, Francia; [fig. 6]  Georges de La Tour, La negazione di Pietro, 1650. Olio su tela, 120 x 161 cm. Musée d'arts de Nantes, Francia

Informazioni utili
Georges de La Tour: l’Europa della luce.Palazzo Reale, piazza Duomo, 12 - Milano. Orari: dal giovedì alla domenica, dalle 11.00 alle 19.30 con apertura serale il giovedì sino alle 22.30 (ultimo ingresso un’ora prima). Ingresso: intero € 14,00, ridotto da € 12,00 a € 6,00. Informazioni: palazzorealemilano.it | latourmilano.it (sito ufficiale della mostra). Note: la prenotazione è obbligatoria - anche per le categorie gratuite -   presso Vivaticket tel. 02 92897755 o sul sito https://mondomostreskira.vivaticket.it/ È possibile prenotarsi anche poco prima della visita, purché sia rispettata la capienza consentita in ciascuna fascia oraria. Al momento non è possibile prenotare visite per gruppi o scolaresche | Per chi è già in possesso di prenotazione va richiesto il voucher al sito https://shop.vivaticket.com/ita/voucher. | L’audioguida è inclusa nel biglietto in forma di app da scaricare negli store Apple e Google inserendo il titolo della mostra. Modalità di accesso: la prenotazione è obbligatoria ed è necessario il preacquisto (la biglietteria in sede è chiusa) | Presentarsi a Palazzo Reale all’orario prenotato, sono consentiti non più di 5 minuti d’anticipo | È necessario indossare la mascherina e sanificare le mani con le soluzioni igienizzanti presenti, per accedere ad ogni area del Palazzo. | All'ingresso verrà rilevata la temperatura corporea. Se il valore è pari o superiore a 37,5 gradi non sarà consentito l’accesso. Fino al 27 settembre 2020

Nessun commento:

Posta un commento