giovedì 30 luglio 2020

Raffaello500, due musei virtuali per conoscere il «Divin pittore»

È difficile immaginare lo stupore, la commozione e la tristezza dei romani la sera di venerdì 6 aprile 1520, nei giorni del triduo pasquale, quando nella Città eterna si diffuse la notizia della prematura morte di Raffaello Sanzio.
Le cronache del tempo raccontano addirittura che mentre il pittore spirava nella sua casa capitolina, dopo quindici giorni di «febbre continua e acuta», un terremoto scosse i palazzi vaticani e il cielo si riempì di nuvole scure, come se fosse scomparsa una divinità.
Il racconto, che ha del leggendario, è un leit motiv nella narrazione di tanti intellettuali coevi all’artista, da Marcantonio Michiel a Giovan Paolo Lomazzo, che consideravano Raffaello tanto «divino» da paragonarlo a una reincarnazione di Cristo: come il Signore, il pittore era morto di Venerdì santo e come lui era di una bellezza gentile, con la barba e i capelli lunghi e lisci, scriminati al centro.
A contribuire alla costruzione del mito fu anche l’epitaffio funebre, che orna la tomba al Pantheon, posta sotto l’edicola della Madonna del sasso di Lorenzetto, il cui testo fu per lungo tempo attribuito a Pietro Bembo e ora sembra essere opera di Tebaldeo: «Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci rerum magna parens et moriente mori», ovvero «Qui giace quel Raffaello, da cui, vivo, Madre Natura temette di essere vinta e quando morì, [temette] di morire [con lui]».
Al coro delle lodi si unì, infine, Giorgio Vasari che, nel suo libro «Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri» (1568), offrì un ritratto indimenticabile dell’artista: «Raffaello […] fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni sorte di persone et in qualunche maniera di cose».
Non è difficile capire il motivo di tanta stima. Alla morte prematura, a soli trentasette anni, l’artista era al culmine della sua fama e della sua fortuna. Era conteso da papi e da principi. Vantava l’amicizia di poeti e letterati. Era amato da donne bellissime e lui ne amava una più di tutte, Margherita Luti, la Fornarina, che ritrasse in un dipinto, esempio magistrale della fusione tra dolcezza e sensualità. Stava per realizzare una delle massime aspirazioni intellettuali del suo tempo, quel Rinascimento che guardava all’antichità come un’epoca di perfezione. Con papa Leone X, come documenta una lettera del 1519 conservata all’Archivio di Stato di Mantova (e attualmente in mostra alla Scuderie del Quirinale), Raffaello stava, infatti, lavorando a un grande progetto di ricostruzione grafica della Roma antica, purtroppo rimasto incompiuto.
Ma l’artista era anche il pittore «divino», il «principe delle arti», che dipingeva ritratti delicati e pieni di grazia, dalla composizione armonica ed equilibrata, dove il ritmo e la misura traevano ispirazione dalla classicità. Con la sua arte aveva messo in scena un mondo che sembrava non esistere se non in una dimensione platonica, metafisica. Le sue donne, ma anche e soprattutto le sue Madonne, erano, infatti, -per usare un’espressione del pittore tedesco Anton Raphael Mengs nel Settecento- «bellezze della ragione e non degli occhi», tanto erano perfette, così idealizzate da non apparire umane o da sembrare impossibile che avessero un modello reale di riferimento. Si pensi allo «Sposalizio della Vergine» (1504), alla «Madonna del cardellino» (1505-1506), alla «Belle Jardinière» (1507), alla «Madonna del diadema blu» (1511), alla «Sacra famiglia sotto la quercia» (1518) o alla «Madonna della seggiola» (1513-1514), solo per fare qualche esempio.
Gli uomini ritratti -papi, cardinali, nobili del tempo-, invece, erano più simili a loro stessi sulla tela che non nella realtà e questo era frutto di una raffinata capacità introspettiva dell’artista, in grado di cogliere i sentimenti, l’anima di chi aveva di fronte. Ne è prova, tra i tanti, il ritratto di papa Giulio II, databile al 1511, del quale colpisce la melanconica pensosità.
Cinquecento anni dopo il mito di Raffaello rivive alle Scuderie del Quirinale, dove fino al 30 agosto sono state riunite centoventi delle sue opere, tra cui quadri simbolo come la «Fornarina» (1520 circa), la «Velata» (1516 circa), la «Madonna del Granduca» (1504 circa), il «Ritratto di Leone X» (1518), il «Ritratto di Baldassare Castiglione» (1514-1515), l’«Estasi di Santa Cecilia» (1514 circa) della Pinacoteca di Bologna e la «Madonna della Rosa» (1518 circa) del Prado.
Ma, in questi mesi di distanziamento sociale e di contingentamento degli ingressi nei musei, l’artista viene celebrato anche on-line non solo dal museo romano con il progetto «Raffaello - Oltre la mostra», ma anche da Musement, piattaforma digitale per la prenotazione di attività turistiche e di biglietti per attrazioni ed eventi, che ha voluto festeggiare l’anniversario raffaellesco con la creazione di un museo virtuale.
Comodamente seduti davanti al proprio laptop, tablet o smartphone si potrà viaggiare tra undici Paesi e trenta città alla scoperta di un centinaio di opere di Raffaello, tra capolavori e gemme poco conosciute al grande pubblico, compresi gli affreschi, dalla «Madonna di casa Santi» alla «Scuola di Atene», nella Stanza della Segnatura in Vaticano.
Per partire non serve allacciare la cintura di sicurezza o acquistare un biglietto aereo, basta, infatti, un semplice clic per ritrovarsi ai Musei vaticani di Roma, al Louvre di Parigi, alla Galleria degli Uffizi di Firenze, al Prado di Madrid o al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.
Il museo virtuale permette di ingrandire le opere, ma anche di scoprirne le dimensioni o il periodo di realizzazione, così da confrontarle con lavori coevi.
Anche sulla piattaforma BricksLab, che ospita contenuti editoriali per la didattica, è presente un progetto virtuale dedicato al «Divin pittore»: Raffaello VR, che focalizza l’attenzione su ventidue opere dell’artista e ne racconta la vita offrendo informazioni, guide e approfondimenti utili.
I contenuti creati da Skylab Studios e che si possono trovare all’interno del museo virtuale sono di vario tipo, pensati sia per gli adulti ma anche per i più piccoli: attraverso la tecnica del morphing, i protagonisti dei quadri diventano cartoni animati che raccontano la loro storia. Non solo interattività, quindi, ma anche inclusività: all’interno di Raffaello VR è prevista, infatti, anche una sezione dedicata ai non udenti con delle videoguide LIS. Ciascun contenuto del museo, grazie all’integrazione con BricksLab, può essere utilizzato per costruire la propria didattica e realizzare lezioni e percorsi.
Un’occasione, dunque, interessante quella offerta da Musement e da BricksLab per approfondire la propria conoscenza del pittore urbinate, della cui arte Giorgio Vasari scriveva: «pare che spiri veramente un fiato di divinità nella bellezza delle figure e nella nobiltà di quella pittura, la quale fa maravigliare chi intensissimamente la considera come possa un ingegno umano, con l’imperfezione di semplici colori, ridurre con l’eccellenzia del disegno le cose di pittura a parere vive».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Raffaello Sanzio, La scuola di Atene, 1509-1511 circa. Affresco, cm 500 x 770. Città del Vaticano, Musei vaticani; [fig. 2] Raffaello Sanzio, Madonna di Casa Santi, 1498. Affresco, 97x 67 cm. Urbino, casa natale di Raffaello; [fig. 3] Raffaello, Ritratto di Alessandro Farnese, 1511. Olio su tela, 132 x 86 cm. Napoli, Museo nazionale di Capodimonte; [fig. 4] Raffaello, Angelo (frammento della Pala Baronci), 1500-1501. Olio su tavola trasportata su tela, 55 x 77 cm. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo; [fig. 5] Raffaello, Profeta Isaia, 1511-1512. Affresco, 250 x 155 cm. Roma, Sant'Agostino

Informazioni utili
www.musement.com/it/museo-virtuale-raffaello
www.scuderiequirinale.it/pagine/raffaello-oltre-la-mostra

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