venerdì 9 ottobre 2020

Verona, Luigi Carlon svela la sua collezione a Palazzo Maffei

Verona
ha un nuovo punto di riferimento per gli amanti dell’arte. Inaugurato lo scorso febbraio, pochi giorni prima della chiusura di tutti i luoghi di cultura a causa dell’emergenza sanitaria per il Covid-19, Palazzo Maffei, affascinante edificio in stile barocco che si affaccia su piazza delle Erbe, il cui nucleo originario risale al tardo Medioevo e sorge nell’area del Capitolium, è tornato da poco ad accogliere il pubblico.
Scrigno prezioso per le opere della caleidoscopica collezione dell’imprenditore veronese Luigi Carlon, il palazzo è stato sottoposto a un attento intervento di restauro conservativo -curato dallo studio Baldessari e Baldessari, con la direzione dei lavori di Alessandro Mosconi e l’esecuzione della ditta Massimo Tisato.
Il progetto di riqualificazione, oltre alla messa in sicurezza delle parti instabili e al rifacimento degli impianti, ha interessato la facciata, l’imponente scalone di accesso dall’elegante forma elicoidale autoportante, gli stucchi e le pitture murali del primo piano, di impronta classicheggiante, eseguite con ogni probabilità tra il XVIII e il XIX secolo. Dal punto di vista dell’allestimento, -raccontano da Palazzo Maffei- «il percorso è caratterizzato da una scansione di tinte delle pareti dai colori decisi»: blu carta da zucchero intenso per il salone d’ingresso, rosso carico per le prime stanze, ancora blu (ma dalle tonalità calde) per il salotto dall’elegante trama a disegno oro, bianco gesso, quindi, per una stanza dal sorprendente gusto roccaille e ancora bianco, con innesti di fondi neri, per le sale della seconda manica al piano nobile.
All’interno di queste sale trovano posto le oltre trecentocinquanta opere, che spaziano dal Trecento ai giorni nostri, collezionate da Luigi Carlon nel corso della sua vita, in oltre cinquant’anni di ricerca. Si tratta, nello specifico, di quasi duecento dipinti, una ventina di sculture, disegni e un’importante selezione di oggetti d’arte applicata come mobili d’epoca, vetri antichi, ceramiche rinascimentali e maioliche sei- settecentesche, ma anche argenti, avori, manufatti lignei, pezzi d’arte orientale, rari volumi. Il tutto è esposto secondo un’idea museografica di Gabriella Belli, che si è avvalsa per l’occasione dei contributi scientifici di Valerio Terraroli ed Enrico Maria Guzzo.
Nella prima parte del percorso, connotata dagli scenografici affacci su piazza delle Erbe, si è voluto ricreare l’atmosfera di una dimora privata, ma anche il senso di una wunderkammer e di una sintesi tra le arti, con nuclei tematici d’arte antica in cui irrompe all’improvviso il dialogo con la modernità. Ecco così, per esempio, i tagli di un «Concetto spaziale» di Lucio Fontana su fondo rosso, colore simbolo dell’energia vitale, a confronto con preziosi fondi d’oro tre-quattrocenteschi e fogli miniati del XIII e XIV secolo, o ancora la monumentale «Maternità» (1932 – 1933) di Arturo Martini dialogare con soggetti mariani realizzati tra Quattrocento e Cinquecento da artisti come Antonio Badile, Liberale da Verona e Fra’ Girolamo Bonsignori.
Interessante è anche il contrappunto tra le lacerazioni delle «Combustioni» di Alberto Burri e il «Cavaliere disarcionato» di Marino Marini nel bellissimo bronzo «Piccolo miracolo», simboli della condizione di sofferenza in cui versa l’uomo del XX secolo, con le scene di battaglia del pittore veneziano seicentesco Matteo Stom, animate da cavalli abbattuti a terra, soldati disarcionati, nubi scure che sovrastano il campo dove i nemici si fronteggiano, spade che lumeggiano nell’incrociarsi delle lame.
Un cortocircuito emotivo crea anche il raffronto tra le iconografe classiche di dee, eroine e donne mortali con opere novecentesche come la «Medusa» di Lucio Fontana, opera in ceramica del ‘38-’39 con figure distorte e inquietanti, e la straordinaria «Tete di femme» di Pablo Picasso, con cui l’artista spagnolo raffigura nel 1943, con spigolose e drammatiche pennellate nere e grigie, la sua compagna Dora Maar.
Nella seconda parte del percorso espositivo, dedicata al Novecento e all’arte contemporanea, si è, invece, voluta creare una vera e propria galleria museale, nella quale si scorge la passione di Luigi Carlon per il Futurismo e la Metafisica.
Nelle prime sale Umberto Boccioni è in mostra con uno straordinario capolavoro divisionista del 1907 come «Il Canal Grande a Venezia» accanto a Medardo Rosso, Felice Casorati e Carlo Carrà, del quale è possibile ammirare «La donna e l’assenzio (Donna al cafè)» del 1911.
Grande protagonista dell’omaggio al Futurismo è Giacomo Balla, del quale viene esposta, per esempio, l’opera «Compenetrazioni iridescenti n. 1», tratta dalla serie che l’artista realizzò tra ottobre e dicembre del 1912, in Germania, cercando di rendere visibile l’invisibile, ovvero il dinamismo e le rifrazioni luminose. Siamo di fronte a uno dei primi dipinti totalmente astratti del Novecento.
Gino Severini, Ardengo Soffici e Filippo De Pisis traghettano, quindi, il visitatore nelle sale dedicate alle Avanguardie del Novecento, dove trovano posto lavori, tra gli altri, di Mario Sironi, Alberto Savinio, Magritte, Pablo Picasso, George Braque, Giorgio Morandi, Marcel Duchamp.
Il percorso prosegue con l’arte del secondo Dopoguerra, esponendo opere di Afro, Vedova, Fontana, Burri, Tancredi, De Dominicis, Manzoni e molti altri.
«Il saluto dell’amico lontano», dipinto da Giorgio de Chirico nel 1916, un capolavoro metafisico, accompagna il visitatore verso l’uscita. È, questo, un quadro emblematico che racchiude i segreti della biografia dell’artista, i suoi ricordi domestici, ma anche simboli di quell’«oltre» che ha alimentato di sé tutta l’arte del XX secolo. «L’occhio indagatore, al centro della composizione, che osserva e si fa osservare, -raccontano a Verona- è la rappresentazione dello sguardo duplice dell’uomo contemporaneo, pieno di meraviglia per il mondo che lo circonda, ma anche inquieto e incredulo davanti al mistero e all’inganno della vita che sfugge a ogni argomentazione razionale».
Su questi opposti sentimenti si gioca l'intera collezione di Palazzo Maffei, che non vuole essere solo uno spazio espositivo: eventi, incontri, laboratori didattici e iniziative diverse animeranno, infatti, in breve tempo le giornate della casa-museo, che offre anche una biblioteca specialistica su prenotazione e -dalla balconata che sormonta il palazzo- un’impagabile, emozionante vista sulla città e sulle colline circostanti. Un’emozione tra le emozioni suscitate da un percorso che fa incontrare antico e contemporaneo, mettendo sotto i riflettori la passione di un uomo, di un mecenate contemporaneo, per il magico mondo dell’arte.


 Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Sala IX Salotto blu | Tra le opere visibili nella foto, da sinistra a destra: - Giuseppe Capogrossi, Superficie CP/833/A, 1966. Papier collé applicato su tela | - Gerrit Rietveld, Red and Blue Chair | - Josef Albers, Homage to the Square, 1954. Olio su tavola (Foto Paolo Riolzi); [fig. 2] Sala I - Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese… | Sul fondo: - Zenone Veronese, Il ratto di Elena, s.d..Olio su tela; [fig. 3] Sala VI - L'ira funesta. In primo piano al centro: - Marino Marini, Piccolo miracolo, 1951. Bronzo con interventi di pittura grigia a olio. | Tra le opere visibili nella foto, a sinistra: - Alberto Burri, Tutto Nero, 1957. Acrilico, vinavil e combustione su tela; - Antonio Calza (attribuito), Battaglia contro i turchi, s.d.Olio su tela - Marino Marini, Cavallo e cavaliere, 1953. Tempera e tecnica mista su carta | In alto al centro: - Matteo Stom, Battaglia contro i turchi. Olio su tela | A destra: - Leoncillo Leonardi, Racconto rosso, 1963. Terracotta engobbiata e smaltata (Foto Paolo Riolzi); [fig. 4] Scalone elicoidale (Foto Paolo Riolzi); [fig. 5] Maestro veronese, ambito di Bartolomeo, Giolfino e Giovanni Zebellana, Madonna in trono, Secolo XV. Legno policromato e dorato | Lucio Fontana, Conce o spaziale, 1954. Olio rosso e frammenti di vetri colorati incollati su tela (Foto Paolo Riolzi); [fig. 6] Biblioteca (Foto Paolo Riolzi); [fig. 7] Sala d’ingresso (particolare) - Maurizio Nannucci, New Horizons for Other Visions/ New Visions for Other Horizions, 2020. Installazione site specific, neon blu in pasta di vetro (Foto Paolo Riolzi) 

Informazioni utili 
Palazzo Maffei, piazza delle Erbe, 38 - Verona. Orari: dal lunedì al venerdì, ore 10.00 – 18.00; sabato, domenica e festivi, ore 11.00 – 19.00; 1° gennaio, ore 13.00- 19.00; chiuso il martedì e il 25 dicembre. Ingresso: intro € 10,00, rido o € 8,00; tu e le convenzioni e riduzioni sono consultabili sul sito. Informazioni: tel. 045.5118529 o info@palazzomaffeiverona.com. Sito internet: palazzomaffeiverona.com

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