venerdì 25 luglio 2025

Carlo Scarpa e il Museo Correr, quando esporre è un’arte

È stato «un artigiano della materia», un poeta del dettaglio, un architetto che ha saputo unire la tradizione italiana alla modernità, senza mai tradire l’anima storica dei luoghi, mettendo, anzi, al primo posto la dimensione spirituale del progetto, quel quid unico che va oltre la funzionalità e l’estetica per generare un’esperienza emotiva, in un alternarsi continuo di pace, inquietudine, mistero, silenziosa meditazione e bellezza. Lo provano i tanti progetti disegnati per la «sua» Venezia, dall’ingresso della Fondazione Querini Stampalia, dove l’acqua diventa parte integrante dello spazio, all’innovativo allestimento per il negozio Olivetti in piazza San Marco, con la scala centrale quasi sospesa nel vuoto, senza dimenticare il Giardino delle sculture nel Padiglione centrale della Biennale, un angolo zen con una sinfonia di curve sinuose in cemento e una copertura in legno a sbalzo che ricorda lo scafo di una barca.
Lo documenta anche la mostra «Il Correr di Carlo Scarpa 1953-1960», allestita fino al 19 ottobre nella Sala delle Quattro Porte, per la curatela di Chiara Squarcina e Andrea Bellieni. Si tratta di un’occasione di studio, documentazione e censimento dei materiali originali usati dal progettista veneto nei suoi due interventi alle Procuratie nuove, il nobile edificio rinascimentale che domina il lato sud di piazza San Marco, in vista del futuro riallestimento del museo.

Fotografie d’epoca e arredi originali
– teche, vetrine, il celebre cavalletto per dipinti, supporti, snodi e incastri – raccontano un approccio radicalmente nuovo nel modo di esporre l’arte, che diventa modello esemplare della linea italiana nella museografia, elegante e innovativa, ispirata al razionalismo internazionale.

Carlo Scarpa (Venezia, 1906 - Giappone, Sendai, 1978) opera in due differenti occasioni all’interno del Correr: nel 1952–53 è attivo nelle sale di Storia veneziana al primo piano, in occasione della riapertura dopo la lunga interruzione bellica; nel 1959–60 lavora nella Quadreria al secondo piano, che custodisce importanti capolavori della pittura veneziana e italiana del Rinascimento.
La sua visione di restyling si fonda sull’ascolto del contesto, sulla valorizzazione dei materiali, sull’equilibrio tra luce, forma e funzione. Questo metodo prevede un posizionamento dell’opera meditato e accurato, tale da generare «risonanze» significative, talvolta sorprendenti o persino rivelatrici, nella sua interazione con lo spazio e il resto della collezione.

Per quando riguarda il primo intervento, le sale vengono semplicemente ripulite nelle pareti bianche e nei soffitti lignei. Carlo Scarpa vi inserisce pochi ma incisivi elementi museografici originali: teche che espongono le toghe dei senatori e procuratori accanto ai ritratti a figura intera degli stessi patrizi veneziani; pannelli per i vivaci scudi ottomani delle guerre di Morea, disposti in file alte accanto al busto del vittorioso Francesco Morosini. Particolarmente riuscite appaiono anche soluzioni espositive come le appensioni di antichi stendardi su fondi in tessuto grezzo o i sostegni per i monumentali fanali da galera, tra cui quello triplice della capitana di Morosini, realizzati con raffinata complessità e proporzionati con giustezza agli oggetti storici esposti.

Più radicale è il secondo intervento, che avviene in ambienti ormai privi di configurazioni significative precedenti (a eccezione della sala centrale, lasciata nella sua essenzialità).
Le superfici delle stanze, trattate con calce rasata, esaltano il ruolo della luce, quella naturale, diffusa dai balconi su piazza San Marco o filtrata da moderne veneziane industriali nelle finestre interne.
Con l’occhio di un curatore più che di un architetto, Carlo Scarpa posiziona i dipinti su cavalletti in palissandro ad angolo retto rispetto alle pareti, come se fossero tornati negli studi degli artisti.
Vengono, inoltre, progettate piccole sale dedicate: il cubicolo per la «Pietà» di Cosmè Tura; quello per le «Due dame veneziane» di Carpaccio; o ancora la saletta rivestita in travertino per il «Cristo morto sostenuto dagli angeli» di Antonello da Messina, dove la luce riverbera calda, dorata, in armonia con quella interna al dipinto, esposto su un supporto inclinato per accogliere al meglio l’illuminazione, grande protagonista dell’intero progetto di riallestimento.

La mostra al Correr non celebra, dunque, solo il lavoro di Carlo Scarpa, uno dei grandi maestri del Novecento, ma offre anche spunti di riflessione sull'evoluzione del concetto di museo e sull'importanza della sua progettazione. Con l'architetto veneziano gli allestimenti vanno a creare un'opere d'arte totale, dove contenuto e contenitore dialogano costantemente. Accade a Venezia, ma anche al Museo di Castelvecchio a Verona, al Museo Gypsotheca Antonio Canova a Possagno, al Palazzo Abatellis di Palermo, ma non solo. È una vera e propria rivoluzione per la museografia del XX secolo, tanto che negli anni Settanta lo storico dell’arte francese André Chastel scriveva di Carlo Scarpa: «Molti di coloro che viaggiano in Italia lo conoscono senza saperlo: è il più grande allestitore di mostre d’arte lì e forse in tutta Europa».

Informazioni utli
Il Museo Correr di Carlo Scarpa. Museo Correr San Marco 52 - 30124 Venezia. Orari: aperto tutti i giorni; dal 1° aprile al 31 ottobre, 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00); dal 1° novembre al 31 marzo: 10.00 – 17.00 (ultimo ingresso ore 16.00). Speciali aperture serali: fino al 30 settembre 2025, ogni venerdì e sabato apertura fino alle 23.00 (ultimo ingresso ore 22.00). Per informazioni sul costo dei biglietti o per altre notizie sulla visita alla mostra si rimanda alla pagina https://correr.visitmuve.it/. Fino al 19 ottobre 2025

Nessun commento:

Posta un commento