Federico Barocci,
Giuseppe Maria Crespi,
Rembrandt van Rijn e
Vitale da Bologna: sono questi gli artisti selezionati per la
mostra «Morandi e l’antico» che, in occasione dei cinquant’anni dalla morte del maestro bolognese, focalizza l’attenzione sul suo rapporto con l’arte del passato, scegliendo di introdurre nel percorso espositivo del
Museo Morandi di Bologna alcuni capolavori di autori che hanno operato tra il Trecento e il Settecento.
Il rinnovato allestimento, visitabile fino al 17 maggio, va di pari passo con gli importanti prestiti legati all'imminente apertura al
National Museum of Modern and Contemporary Art di Deoksugung della mostra su Giorgio Morandi promossa in occasione delle celebrazioni per i centotrent'anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Corea e che, dal 19 novembre al 25 febbraio, vedrà protagonista il «pittore delle bottiglie» della prima personale a lui dedicata nel Paese asiatico.
Per Giorgio Morandi l’osservazione degli antichi non era solo studio accademico e parte integrante della pratica che accompagna ogni formazione artistica. Si trattava soprattutto di una traiettoria per collegarsi a quella linea ideale che congiungeva
Piero della Francesca a
Paul Cézanne attraverso
Chardin e
Camille Corot. L'artista era assiduo visitatore della Pinacoteca cittadina, dove non si stancava di osservare le tele di
Guido Reni e del
Guercino o i dipinti di
Giuseppe Maria Crespi, di cui possedeva alcune opere nella sua collezione privata. Ma amava anche le tavole dei Primitivi ed era un fine conoscitore della pittura bolognese delle origini fino a conservare per sé tre frammenti attribuiti da
Roberto Longhi allo
Pseudo Jacopino di Francesco.
Quando non entrava in una chiesa della sua città per ammirare le pale d’altare, il maestro emiliano era a Firenze, Padova, Roma, Venezia o a mostre e biennali, dove aveva occasione di confrontarsi con i francesi
Renoir,
Monet e
Courbet.
Ma l’occhio del grande artista e la sua eccezionale capacità percettiva si manifestavano ancor prima nella conoscenza e nella profonda comprensione degli artisti attraverso le sole riproduzioni in bianco e nero. Oltre a Cézanne, Giorgio Morandi scoprì la pennellata lenta di Chardin, la nitidezza dell’immagine di
Vermeer, i paesaggi immensi di Corot, cui si aggiungono i fondamentali esempi di Seurat e Rousseau.
L'artista non ebbe meno interesse nei confronti di
Rembrandt,
considerato un maestro assoluto dell'arte incisoria. È, infatti, a lui che il pittore bolognese si ispirò per diventare uno fra i più grandi incisori all’acquaforte di tutti i tempi, tecnica che insegnò ininterrottamente all'Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1930 al 1956.
Il progetto espositivo rilegge il percorso di Giorgio Morandi, analizzandone i temi e le stagioni che hanno caratterizzato la sua attività artistica. Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente dal maestro bolognese, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, che ben si sposa con le due opere di arte antica scelte per il nuovo allestimento, studiato dall’
Istituzione Bologna Musei, in collaborazione con la
Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Bologna, Ferrara, Forlì/Cesena, Ravenna e Rimini e la
Pinacoteca nazionale.Lungo il percorso si trova così la tela «Giocatori di dadi» di
Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747),un’opera del 1740 conservata al Museo Davia Bargelini e comparsa per la prima volta nelle fonti nel 1920 grazie all’interessamento del critico
Matteo Marangoni, la cui essenzialità della fattura e il vibrare dei chiari sui toni fondi, ma colorati la rendeva degna dell’ammirazione di Giorgio Morandi.
Nella stessa sezione sono, poi, visibili due lavori di
Vitale da Bologna (notizie dal 1330 al 1359): le tempere su tavola «Sant'Antonio Abate e San Giacomo Maggiore» (1345-50 ca.) e «San Pietro benedicente un donatore con veste da pellegrino» (1345-50 ca.), per lungo tempo credute parti di un polittico al cui centro avrebbe dovuto trovarsi la «Madonna col Bambino», detta «Madonna dei Denti», ora al museo Davia Bargellini, che il pittore bolognese celebrò in una lettera all'amico
Cesare Brandi del marzo 1939: «[...]Oggi sono stato in Municipio a vedere i due laterali del trittico di Vitale. Sono veramente stupendi; molto più belli, almeno per me, della parte centrale della Galleria Bargellini...».
Il percorso espositivo dedica, quindi, una bella sezione all'incisione, nella quale sono accostate diciannove acqueforti morandiane, tra le quali «Natura morta con pane e limone» (1921) e «Il giardino di via Fondazza» (1924), a due opere di Rembrandt (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669) e Federico Barocci (Urbino, 1535 – 1612). Del primo artista è esposto «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», un'opera grafica appartenuta all'artista bolognese, nella quale il maestro olandese riuscì a far emergere la figura scura dalla penombra dello sfondo, modulando con cura i diversi volumi del corpo in toni e semitoni. Di Barocci è, invece, esposta un'«Annunciazione» (1584–1588), nella quale il maestro urbinate sperimenta per la prima volta il nuovo processo delle morsure replicate, caratterizzato da una copertura a cera, mezzo fondamentale per creare profondità prospettica e diverse intensità di chiaroscuro.
L’utilizzo sulla stessa lastra di tecniche diverse quali il tratteggio, il reticolo e il puntinato consente all’artista di raggiungere esiti altissimi, e di risolvere il problema del rapporto forma – luce – spazio, graduando l’intensità del segno e ottenendo così inediti valori tonali.
Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
l tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di
Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da
Jean-Michel Folon. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Rembrandt van Rijn (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669), «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», 1658. Acquaforte, bulino e puntasecca su rame, 80 x 157 mm. Istituzione Bologna Musei - Casa Morandi; [fig. 2] Giorgio Morandi, «Natura morta con pane e limone», 1921 (V.inc.13). Acquaforte su rame. Istituzione Bologna Musei - Museo Morandi; [fig. 3] Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747), «Giocatori di dadi», 1740 ca.. Olio su tela, 58 x 46,5 cm. Museo Davia Bargellini, Bologna; [fig. 4] Giorgio Morandi, «Natura morta», 1963 (V.1323). Olio su tela. Istituzione Bologna Musei | Museo Morandi; [fig. 5] Federico Barocci (Urbino, 1535–1612), «Annunciazione», 1584–1588. Acquaforte e bulino, 438 x 313 mm. Pinacoteca Nazionale, Bologna; [fig. 6] Giorgio Morandi,«Natura morta con panneggio a sinistra», 1927 (V.inc.31).Acquaforte su zinco. Collezione privata
Informazioni utili
«Morandi e l’antico: Vitale da Bologna, Barocci, Rembrandt e Crespi». Museo Morandi @ Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 17 maggio 2015.