giovedì 3 dicembre 2020

Un dicembre d’arte fuori dai musei: Venezia si illumina con le luci d’artista di Fabrizio Plessi, a Roma i separè anti-Covid incontrano la fotografia

L’arte è più forte del Coronavirus. In questo secondo lockdown delle mostre e dei musei, la cultura non arriva solo a domicilio grazie al Web e agli strumenti social, ma invade anche le vie delle grandi città. Giochi di luce firmati da grandi interpreti dell’arte internazionale animeranno, per esempio, i centri storici di Torino e Venezia in occasione dell’imminente Natale.
La città sabauda ha, infatti, da poco riacceso le sue tradizionali «Luci d’artista»: ventisei installazioni, quattordici nel centro città e dodici nelle circoscrizioni, che portano la firma di autori del calibro di Daniel Buren, Joseph Kosuth, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Alfredo Jaar, Mario Merz e molti altri ancora. 
Venezia risponde a questo evento tradizionale, che si rinnova per il ventitreesimo anno consecutivo, con due progetti nuovi di zecca, entrambi incentrati sulla luce, simbolo di rinascita e di speranza.
Dal 5 al 31 dicembre, il ponte di Rialto, punto nevralgico di commerci e di scambi che unisce le due sponde del Canal Grande, si illuminerà grazie a un gioco di proiezioni e dissolvenze, teso a raccontare alcune pagine significative della storia della città, attraverso opere e progetti di artisti e architetti quali Carpaccio, Jacopo de’ Barbari, Antonio Ponte, Vincenzo Scamozzi e il Canaletto.
La struttura in pietra d’Istria del ponte diventerà così un vero e proprio schermo cinematografico dove più volte nell’arco della serata, dall’imbrunire a tarda notte, scorrerà una selezione di immagini selezionate dallo Studio Etra Comunicazione di Alessandro Toso Fei, che in questo modo ha voluto introdurre i festeggiamenti per i milleseicento anni dalla fondazione di Venezia.
In piazza San Marco sarà, invece, possibile vedere un albero di luce dorata firmato da Fabrizio Plessi, artista di fama internazionale che nello stesso luogo, sulle grandi finestre dell’Ala napoleonica del Museo Correr, quelle rivolte verso la Basilica di San Marco, ha proposto nei mesi passati l’opera «L’età dell’oro».
L’installazione site specific, visibile dal 4 dicembre al 6 gennaio, si configura come un faro luminoso, composto da oltre ottanta moduli di un metro per cinquanta centimetri, che, prendendo la forma di un albero della vita, uniscono simbolicamente terra, acqua e cielo, interpretando il senso più profondo del Natale.
Ma in questo fine anno tanto diverso dal solito, l’arte entra anche nei locali pubblici. L’emergenza sanitaria per il Covid-19 ha portato Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti a ideare una mostra molto particolare per il loro locale: il Necci dal 1924 di Roma, in via Fanfulla da Lodi, 68, strada cara a Pier Paolo Pasolini
Il 7 dicembre inaugurerà la rassegna «Andava tutto bene», realizzata in collaborazione con l’Archivio Dufoto. Si tratta di una selezione di sedici fotografie inedite degli anni Sessanta, che ritraggono attori, cantanti e intellettuali come Federico Fellini, Silvana Mangano, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Catherine Spaak, Giorgio Gaber e Sergio Endrigo
Questi scatti sono stati collocati sopra le barriere anti-contagio e lì vi rimarranno -raccontano dal bar-ristorante capitolino, nel cuore del quartiere Pigneto- «fino a che il Covid ci separerà».
Le immagini scelte sono state realizzate in caffè e ristoranti, luoghi di straordinaria vivacità, veri fulcri di una stagione, quella della «Dolce vita», che segnò un’autentica rinascita sociale e culturale.
Questa esposizione non vuole, dunque, essere solo un modo alternativo di pensare le barriere anti contagio, ma anche un’occasione per riflettere sul valore della socialità e sui suoi luoghi, un invito a ricordare (per un futuro prossimo) l’importanza primaria dell’incontro dei corpi e dello scambio di idee.
Le fotografie sono state stampate volutamente in grande formato, su supporti autoportanti di centoquaranta per settanta centimetri, per dare il più possibile l’impressione di condividere il tavolo con icone della cultura, facendo colazione o pranzo con commensali speciali.
«A questi pannelli - raccontano ancora Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti - è destinata una funzione importante, di compagnia, di estetica e di diffusione di una bellezza che dura e durerà per sempre. E in un momento buio come quello che stiamo attraversando, un concetto come la bellezza, porta in sé un potere salvifico inestimabile». Questa mostra racconta, dunque, che il bello salva e che c'è ancora vita e arte oltre gli schermi del computer. Fuori. Tra le vie della città. 

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