ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 11 aprile 2014

«Mex Pro», l’arte messicana si mostra a Trieste

L’arte contemporanea del Messico trova casa a Trieste. In occasione del centoquarantesimo anniversario dall’apertura delle prime relazioni diplomatiche tra l’Italia e il Paese sudamericano, l’associazione culturale Gruppo 78 lancia il progetto «Mex Pro». Due i segmenti principali nei quali l’iniziativa espositiva si articola: la mostra «Circa 2000» e l’installazione «2.501 Migrantes» dell’artista Alejandro Santiago.
La prima rassegna -curata da Maria Campitelli, con la collaborazione di Manolop Cocho, Fernando Galvez de Aguinaga e Gerardo Traeguez- porterà ottantasette artisti messicani provenienti dalla collezione di Josè Pinto Mazal nella splendida location delle Scuderie del Castello di Miramare, luogo particolarmente significativo per quanto riguarda le relazioni tra Trieste e il Paese sudamericano relativamente alla vicenda di Massimiliano d'Austria che andò a morire oltre oceano dopo essersi costruito a Chapultepec, nel cuore di Città del Messico, una dimora sul modello della magione friulana.
La collezione di Mazal, composta da una ricca selezione di opere realizzate tra il 1980 e il 2013, si attiene a una pluralità di tendenze. Appaiono, infatti, tutti i generi consacrati, secondo un paradigma messicano che tende di preferenza al racconto complesso, prediligendo in ogni caso un’intensa, debordante figuratività. Si spazia così dal paesaggio al ritratto, dal nudo al realismo sociale, dalla tendenza primitiva a tematiche sacre come il citazionismo arcaico e surreale.
Molti degli artisti che esporranno a Trieste a partire da lunedì 14 aprile, e per tutta la primavera e l’estate, vantano curricula internazionali e hanno frequentato la prestigiosa Scuola nazionale d’arte Esmeralda di Città del Messico. Va detto che su tutte le tendenze artistiche esplose in Europa e approdate, poi, nel Paese latinoamericano, s’inserisce -ineludibile, sotteso o dichiarato- un imprinting tipicamente messicano, un legame con le culture passate, con le civiltà precolombiane degli Aztechi e dei Maya, che incombono con le loro straordinarie vestigia e che parlano di grandezza, di tempi favolosi e di incessante produttività.
Vero e proprio perno portante dell’intera iniziativa triestina, che prevede anche numerosi eventi collaterali, sarà l’installazione «2.501 Migrantes» dell’artista Alejandro Santiago: un popolo di statue di terracotta, delle misure variabili dai 120 ai 180 centimetri, che sarà esposto in piazza Unità d’Italia. L’opera, che sarà poi in mostra anche al Berengo Center di Venezia, evoca il dramma eterno della migrazione dei popoli, di cui lo stesso artista si sentiva di far parte.
Alejandro Santiago fu, infatti, egli stesso migrante (quell'uno aggiunto ai duemilacinquecento lo rappresenta) e, una volta ritornato al suo piccolo paese arroccato sulle montagne, lo trovò spogliato di vita umana. La comunità che lo abitava era andata a vivere negli Stati Uniti per garantire la sopravvivenza ai propri congiunti. Erano rimaste solo le donne, i bambini e i vecchi. Mancavano duemilacinquecento persone all’appello: uomini costretti ad abbandonare la propria terra con il sogno di un futuro migliore. Un vero e proprio esercito della disperazione e, allo stesso tempo, della volontà incrollabile, della speranza.
Le duemilacinquecentouno statue di Alejandro Santiago, con la loro presenza e il loro assordante silenzio, vogliono invitare le persone a prendere coscienza di un problema, come quello della migrazione, che interessa sempre più persone e che la politica sembra incapace di risolvere. Basti pensare ai recenti scandali legati ai luoghi d’accoglienza, dove ci sono conclamati casi di violazione dei diritti umani, o alla difficile situazione che sta vivendo Lampedusa.
Il progetto espositivo sarà corredato da una schiera di eventi collaterali, distribuiti in spazi pubblici come il Museo Revoltella o in gallerie private, e tesi a restituire un’immagine a tutto tondo della cultura messicana, anche in settori come la cucina, la lettura e il cinema. Tra le iniziative più interessanti si segnala la mostra «Rostros de la fiesta», che porterà negli spazi del Castello di Miramare una selezione di maschere messicane provenienti dal museo nazionale della maschera di San Luis. Sono, poi, in programma una rassegna di video-arte alla DoubleRoom Gallery, una mostra di Luciana Esqueda alla Stazione Rogers, una rassegna di Alejandro Echeverria alla Lux Art, un omaggio all’arte grafica messicana e, per chiudere, una personale di German Venegas, che unirà opere di pittura con lavori in vetro e che prevede anche una sezione al Berengo Center for Art and Glass di Venezia. Un omaggio, dunque, a tutto tondo nei confronti di una cultura artistica che affascinerà il pubblico con i suoi colori squillanti e con le sue tematiche esotiche.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Graciela Iturbide, «Un Ángel en el Desierto Plata». Gelatina in B/N. 53,3 x 53,5 cm; [fig. 2]Marco Arce, «Cuento de los pájaros» (polittico di quattro parti), 2003. Olio, cm 58 x 58 x ; [figg. 3 e 4] Alejandro Santiago, installazione «2.501 Migrantes»

Informazioni utili
«Mex Pro. Ponte internazionale di arte contemporanea Italia -Messico».  Trieste, sedi varie. 
Mostre principali: Circa 2000- 90 artisti messicani,Scuderie del Castello di Miramare - Trieste. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Dal 15 aprile al 15 settembre 2014; 2501 Migrantes - macro installazione di 2500 sculture di terracotta di Alejandro Santiago. Piazza Unità d'Italia, Trieste. Dal 20 novembre 2014.   
Catalogo: disponibile in mostra (edizione trilingue in italiano, spagnolo e inglese). Informazioni: Gruppo78, gruppo78trieste@gmail.com, tel./fax 040.567136, mob. +39.339.8640784. 

giovedì 10 aprile 2014

«All is New in Art», otto lezioni tra arte e nuove tecnologie

È dedicata all’analisi delle prospettive introdotte dalle nuove tecnologie in ambito culturale e imprenditoriale il progetto «All is New in Art», promosso dalla Regione Lazio e dalla Fondazione Pastificio Cerere come piattaforma di partenza per le attività di Cinta - Centro italiano nuove tecnologie e arte, un osservatorio rivolto alle nuove forme di comunicazione e alle novità in campo formativo nei settori della cultura e dell’imprenditoria.
Otto le lezioni in programma, a cura di Marcello Smarrelli, che vedranno al tavolo dei relatori, tra gli altri, Marco Delogu, Pippo Ciorra, Domenico Quaranta, Lorenzo De Rita, Alberto Iacovoni, Massimo Coen Cagli e Luigi Capello.
Ad aprire gli incontri -rivolti a studenti universitari, neolaureati e persone interessate ad ampliare la propria formazione- sarà la conferenza «Osservazione. Per una visione del ritratto in fotografia», in programma giovedì 10 aprile alla Fondazione Pastificio Cerere, realtà nata nel 2004 con l’intento di realizzare e promuovere progetti formativi e programmi di residenze dedicati a giovani artisti e curatori, insieme a un ricco programma di mostre, conferenze, workshop e studio visit.
Marco Delogu, direttore artistico di Fotografia – Festival Internazionale di Roma, parlerà ai presenti di come le nuove tecnologie abbiano modificato il nostro modo di scattare immagini.
In un momento in cui tutti fotografano, ritraggono e si auto-ritraggono, cosa rimane del genere accademico del ritratto, sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento?: è la domanda che fa da filo conduttore all’incontro, al quale prenderanno parte anche lo storico dell’arte Matteo Lafranconi, la curatrice di mostre Valentina Tanni e il fotografo Alessandro Giuliani.
La lezione, a ingresso gratuito (previa prenotazione), si aprirà con un’introduzione su quei fotografi che sentono il ritratto come esigenza personale, ossia quella di fotografare il conosciuto o indagare il conoscibile: la New York di Leonard Freed, gli americani di Paul Fusco, la famiglia di Bernard Plossu, le maghe di Graciela Iturbide, la gang di Finsbury Park di Don McCullin, il cafè di Anders Petersen, il Central Park di Tod Papageorge e la Sardegna di Pablo Volta.
Questa prima parte sarà indispensabile per contestualizzare e leggere le opere di artisti che, attraverso alcune pratiche nate dall'uso quotidiano delle nuove tecnologie come ad esempio quella dello screenshot, secondo cui si fotografa quanto succede sul monitor– traducono l'attività fotografica coniugandola con il mondo digitale. Saranno, quindi, illustrati gli esempi dell’artista canadese Jon Rafman, con il progetto «The Nine Eyes of Google Street View», e dell’artista greco Miltos Manetas con «BlackBerry Paintings».
Le lezioni -che si articoleranno in laboratori e momenti di approfondimento teorico, i cui video verranno raccolti sul sito www.cintarte.it- proseguiranno con un appuntamento sull’arte contemporanea e l’impresa, a cura di Marcello Smarrelli (giovedì 8 maggio, ore 9); si continuerà, quindi, con un incontro dal titolo «Vitruvio nel XXI secolo: ars utilitas comunicatio» che vedrà Pippo Ciorra, senior curator al Maxxi, parlare delle relazioni tra architettura e nuove tecnologie (giovedì 12 giugno, ore 9). Sarà, poi, la volta di Domenico Quaranta (giovedì 10 luglio, ore 9), docente, critico, curatore e direttore artistico del Link Art Center, che racconterà come gli strumenti dell'information technology si relazionino, dagli anni Sessanta ad oggi, con il mondo dell’arte.
Lorenzo De Rita proporrà, invece, l’incontro «Una tranquilla giornata di lavoro». L’11 settembre, per il direttore del Soon Institute, sarà un giorno come un altro. Andrà al lavoro, aprirà il suo computer, farà telefonate, invierà e-mail, navigherà su internet, farà qualche chiacchierata su Skype, riceverà colleghi e amici e probabilmente s’inventerà qualcosa di nuovo. Ma, a differenza degli altri giorni, Lorenzo De Rita farà tutto questo non nella stanza del suo studio di Amsterdam, ma di fronte alla platea di «All is New in Art». Un’occasione unica, questo incontro, per capire dall’interno il mondo della comunicazione e dei new media e conoscere come lavora e pensa un inventore con interessi che vanno dall’editoria sperimentale all’educazione innovativa, dalla costruzione di nuove forme di comunicazione all’ideazione di nuovi linguaggi.
Toccherà, quindi, ad Alberto Iacovoni, coordinatore culturale di Ied Roma, raccontare la profonda trasformazione subita dagli oggetti di design con l’evoluzione delle nuove tecnologie nell’incontro «Dalla pietra alla nuvola» (giovedì 9 ottobre, ore 9). Seguirà un incontro con Massimo Coen Cagli sul fundraising culturale (giovedì 13 novembre, ore 9), mente, in chiusura del programma,  Luigi Capello parlerà delle imprese creative (giovedì 11 dicembre, ore 9). Un progetto, dunque, interessante quello della Fondazione Pastificio Cerere per comprendere quali nuove sfide attendono il sistema dell’arte e il mondo della cultura.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3] Fondazione Pastificio Cerere di Roma 

Informazioni utili
«All is New in Art». Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 - Roma. Ingresso gratuito. Informazioni: Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 - Roma, info@pastificiocerere.it o tel./fax 06.45422960.  
Quando: gli incontri si svolgono il secondo giovedì di ogni mese, da aprile a dicembre, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00.
A chi: studenti universitari (è previsto il riconoscimento di crediti formativi per gli studenti del Dipartimento di Storia dell'arte e spettacolo della Sapienza di Roma e dello Ied – Istituto europeo di design di Roma), neolaureati, e tutti coloro che intendono ampliare la propria formazione.
Come: Ogni incontro prevede una classe di 50 persone e sarà possibile prenotarsi fino ad esaurimento posti scrivendo a info@cintarte.it
Social Media: hastag #cintarte e #allisnewinart
fb: Fondazione Pastificio Cerere
tw: @FondCerere
ig: fondazionepastificiocerere
La lezione sarà disponibile, nei giorni successivi sul sito cintarte.it.
Dal 10 aprile all'11 dicembre 2014. 

mercoledì 9 aprile 2014

Torino, Caravaggio va in visita da Ettore Spalletti

Caravaggio arriva a Torino con uno dei suoi più straordinari capolavori e la Galleria d’arte moderna gli riserva un’accoglienza speciale. Da giovedì 10 aprile il percorso espositivo della mostra «Ettore Spalletti Un giorno così bianco, così bianco» sarà arricchita da una celebre opera del maestro seicentesco della luce: la tela «Ragazzo morso dal ramarro», proveniente dalla Fondazione Longhi di Firenze.
Non è la prima volta che il museo piemontese mette in dialogo l’antico con il contemporaneo: negli ultimi cinque anni sono stati accostati, lungo il percorso espositivo, Mario Merz e Antonio Fontanesi, Giorgio Morandi e Fausto Melotti, Antonio Canova e Marina Abramović, Giorgio De Chirico e Pierre-Auguste Renoir.
Il dipinto ad olio del Caravaggio, del quale esiste anche una versione conservata alla National Gallery di Londra, è stato realizzato tra il 1595 e il 1596, e raffigura il dolore sordo e lo spavento di un giovanetto per l’inatteso morso di un ramarro, nascosto tra i fiori, i frutti e gli oggetti della natura morta raffigurata.
La forte contrazione del volto e il rigore plastico del ragazzo dipinto, accostato da alcuni al «David» di Michelangelo, attenuano il tono elegiaco proprio di altre opere giovanili caravaggesche ed evidenziano una maggiore violenza espressiva e mimetica che Mina Gregori collega «con le ricerche sulle reazioni psico-fisiche, sia del riso che del dolore», approfondite in Lombardia nel Cinquecento e sollecitate anche da Leonardo.
Punto di contatto tra l’opera di Michelangelo Merisi e quella di Ettore Spalletti è l’uso dell’elemento luminoso.
Il chiarore diffuso e intenso e le sfumature di bianco, rosa e azzurro che caratterizzano il lavoro del maestro di Cappelle sul Tavo vengono stravolte da una sorta di inversione, un coup de théâtre espositivo che si avvale di un allestimento raccolto e che enfatizza la potenza della luce fuori campo del quadro «Ragazzo morso dal ramarro», proveniente da una finestra chiaramente riflessa sulla caraffa.
La luce come espressione della quiete e della pace interiore che caratterizza l’opera di Ettore Spalletti viene, dunque, contrapposta alla visione del Merisi, per cui l’elemento luministico è un mezzo per esaltare la forza e la drammaticità delle emozioni.
La mostra torinese, parte di un ampio omaggio che coinvolge anche il Maxxi di Roma e il Madre di Napoli, si propone di ricostruire l’atmosfera dello studio del maestro pescarese. L’intento non è quello di riprodurre fisicamente lo spazio in sé quanto di trasmettere la poetica dell’artista ricreando l’energia che si respira in quell’ambiente.
Ettore Spalletti vive emotivamente i suoi luoghi: qui trascorre le sue giornate, e lo studio, al pari della sua casa, è a tutti gli effetti un rifugio protetto, un punto di osservazione privilegiato del mondo circostante, in cui nasce la sua personale riflessione e interpretazione dell’essenza delle cose che lo circondano. È il luogo che accoglie i pensieri da cui nascono le sue opere, fedeli compagne di vita. La convivenza con esse è continua e persistente: non si riduce al momento creativo o al lungo periodo di lavorazione durante il quale l’artista sceglie con cura i materiali, studia e controlla la trasformazione dei pigmenti e l’effetto finale dei colori.
Le opere che popolano lo studio abbracciano un arco temporale molto ampio che va dagli anni ’80 ad oggi, ma convivono armoniosamente abitando lo stesso spazio fisico, in una dimensione temporale sospesa. Sono loro che accolgono l’artista ogni giorno in maniera nuova, inaspettata a seconda delle luci o della collocazione, sempre diversa, con cui vengono disposte nello spazio, in una costante ricerca di ordine e di equilibrio perfetto.
Per ricreare l’atmosfera di queste stanze sono state scelte dalla Gam di Torino venticinque tele, tra le quali sarà possibile vedere un’opera proveniente da una importante collezione privata belga, «Coppa» del 1982, e un disegno a mano libera del 1981, presentato in anteprima nazionale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Michelangelo Merisi da Caravaggio, «Ragazzo morso dal ramarro», 1595-1596. Olio su tela, cm 65,8 cm × 52,3. Fondazione Longhi, Firenze; [fig. 2]  Ettore Spalletti, «Salle des départs, Garches», 1996. Foto: Attilio Maranzano; [fig. 3] Ettore Spalletti, «Fontana», 2004. Foto: Attilio Maranzano

Informazioni utili 
«Ettore Spalletti Un giorno così bianco, così bianco». Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino, tel. 011 4429518; segreteria, tel. 011 4429595. Sito web: www.gamtorino.it. Fino al 15 giugno 2014.