ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

domenica 29 maggio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 23 al 29 maggio 2022

A Brescia «A tu per tu con Tiziano»: il Polittico Averoldi visto da vicino
È un’esperienza unica e di grande suggestione quella che propone la mostra «A tu per tu con Tiziano», a cura di Davide Dotti, allestita fino al 3 luglio a Brescia, negli spazi della Collegiata dei Santi Nazaro e Celso.
In occasione del quinto centenario dell’arrivo in città del Polittico Averoldi, nel presbiterio della chiesa è stata appositamente allestita una struttura che permette al pubblico di salire a sette metri di altezza e di vedere da una prospettiva inedita e ravvicinata, a solo due metri di distanza, il capolavoro che il bresciano Altobello Averoldi, vescovo di Pola e legato pontificio a Venezia, commissionò nel 1519 al maestro cadorino, una delle pietre miliari del Rinascimento, portatore di numerose innovazioni dal punto di vista estetico e stilistico.
Molto fragile e dunque inamovibile dalla sua sede originaria, l’opera, di solito visibile solo dal basso e a grande distanza, è composta da cinque pannelli dipinti a olio su tavola. Al centro spicca la «Resurrezione di Cristo»: Gesù vittorioso, con il corpo in movimento e in torsione, tiene nella mano destra il vessillo crociato simbolo del trionfo sulla morte. Nel registro superiore è rappresentato l’episodio dell’«Annunciazione» suddiviso in due distinti pannelli. A sinistra, contro un fondo scuro, campeggia l’elegante e luminosa figura dell’arcangelo Gabriele che srotola un filatterio con l’iscrizione «Ave Gratia Plena». A destra appare la Vergine con il capo leggermente chino, che porta la destra al petto in segno di accettazione. La tavola di sinistra del registro inferiore raffigura, invece, i santi patroni Nazaro e Celso in armatura, in compagnia del committente Altobello Averoldi colto in preghiera con le mani giunte. Mentre quella di destra è interamente occupata dalla figura di San Sebastiano, che lo stesso cadorino maestro riteneva «la megliore pictura ch’el facesse mai».
Il percorso espositivo si completa con la visita alla pala dell’Incoronazione della Vergine con i santi Michele Arcangelo, Giuseppe, Francesco d’Assisi e Nicola da Bari e al Padre Eterno, dipinta da Alessandro Bonvicino detto il Moretto che, per l’occasione sarà affiancata dalla predella raffigurante l’adorazione dei pastori, concessa eccezionalmente in prestito dal Museo diocesano di Brescia.
La visione dell’opera di Tiziano, dalla straordinaria qualità pittorica e dalla folgorante potenza espressiva, è organizzata per gruppi di massimo 15 persone a cui verrà fornita un'audioguida; i gruppi saranno accompagnati nel percorso di vista da volontari, secondo una turnazione di 20 minuti; il venerdì e il sabato dalle 10 alle 17:30, la domenica dalle 11 alle 17:30. Ogni giovedì di giugno, alle ore 20:30, la Collegiata dei Santi Nazaro e Celso ospiterà, inoltre, una serie di iniziative collaterali che prevede una conferenza di approfondimento sul polittico Averoldi, accompagnata da un concerto di musica rinascimentale e barocca, a cura della Bach Consort Brescia.
Il pubblico potrà così ammirare particolari di solito difficilmente visibili: la firma e la data apposta da Tiziano sul rocchio di colonna sul quale San Sebastiano poggia il piede destro («Ticianvs Faciebat / MDXXII»), la straordinaria fisicità dell’atletico corpo del Redentore, la dolcezza del profilo della Vergine, i lunghi boccoli dorati che incorniciano il volto dell’angelo annunciante e i numerosi pentimenti dell’artista, individuabili anche ad occhio nudo, quali il cambiamento della posizione delle gambe e del tessuto svolazzante che cinge i fianchi del Cristo. Tutte caratteristiche, queste, che parlano del sublime genio di Tiziano.
Per maggiori informazioni: www.tizianobrescia.it

Emilio Isgrò dona «Cinque Maggio. Minuta cancellata» alla Biblioteca nazionale Braidense
Di quel memorabile «Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore...», che tutti abbiamo studiato a scuola, non resta che l’iniziale «Ei fu…». Poi è un susseguirsi di righe tirate a pennarello e di piccole formiche che vanno a riempire l’intero foglio. La Biblioteca nazionale Braindense di Milano arricchisce la propria collezione di una nuova opera. Il siciliano Emilio Isgrò, classe 1937, ha donato all’istituzione diretta da James Bradburne il suo «Cinque maggio. Minuta cancellata», lavoro che fonde arte e letteratura, esemplificativo di un modo di fare cultura e comunicazione, iniziato nel 1964, che lo ha messo a contatto, tra l’altro, con i grandi scrittori del passato.
Con questa opera, «il maestro delle cancellature», del quale è in fase di realizzazione il catalogo generale dell’opera per la curatela di Bruno Corà con Marzo Bazzini e Scilla Velati Isrò, ha affrontato il manoscritto autografo della celebre poesia di Alessandro Manzoni dedicata a Napoleone, uno dei tesori della Braidense, istituto che accoglie il più importante fondo nazionale dedicato al padre del romanzo «I promessi sposi».
«È la seconda volta – racconta l’artista, tra i maestri della corrente concettuale - che affronto l’opera manzoniana, e devo riconoscere che scalzare Manzoni dal trono del dubbio è più difficile che svuotare Napoleone del suo carisma. Anche per Il Cinque Maggio non poteva che essere così. Mi sono appoggiato al testo così come il compositore si appoggia al libretto, lasciando parlare da sole le parole che la musica rischia di cancellare. È chiaro che l’incipit «Ei fu» l’ho dovuto lasciare nella sua interezza, per accendere l’immaginazione e la memoria del pubblico».
Mentre James Bradburne, soddisfatto di questo prestigioso dono che va a rafforzare la raccolta di documenti manzoniani, sottolinea come «il lavoro di Isgrò – basato sulla cancellazione di parole, immagini e note – non abbia nulla a che vedere con l’«annullamento della cultura». Anzi, è manifestamente il suo opposto. Non è una negazione del passato, ma una sua rispettosa celebrazione – opera di un Boccioni, non di un Marinetti».
L’opera è esposta fino al 2 luglio insieme all’originale del «Cinque Maggio» manzoniano nella Sala Maria Teresa della biblioteca, visitabile con ingresso libero in orario di apertura al pubblico.
Per maggiori informazioni: bibliotecabraidense.org.

Genova, Porta Siberia diventa la «Casa degli Angeli»
Creature alate, arcangeli, serafini e cherubini da secoli popolano l’arte figurativa. Pur essendo arcani ed eterei sono tra i soggetti più effigiati dal mondo dell’arte. Da Giotto a Mantegna, da Raffaello a Rubens, da Tiepolo a Segantini, da Chagall a Warhol, non c’è grande artista della pittura universale che non abbia lasciato il suo inconfondibile segno nella galleria a tema angelico. A questa immaginaria pinacoteca vanno aggiunte le opere realizzate, nell’arco degli ultimi quindici anni, per la Iglesia de los Angeles nell’estancia argentina El Milagro, vicino a Salta.
Daniele Crippa, critico d’arte e presidente del Museo del Parco di Portofino, nonché anima creativa di questo progetto di grande importanza per la comunità indigena di tradizioni cristiane, ha coinvolto numerosi pittori e scultori conosciuti nel corso del suo lavoro invitandoli a realizzare un’opera raffigurante un angelo. «Più di cinquecento artisti italiani, da Gillo Dorfles a Giosetta Fioroni, fino a Elio Marchegiani e Mimmo Paladino, hanno risposto all’invito – racconta il curatore. Ciascuna immagine è stata, poi, trasferita da maestranze del luogo in piastrelle delle dimensioni di cm 20 x 20 per decorare le pareti di tutta la chiesa».
I disegni realizzati per il luogo di culto argentino sono attualmente esposti nella mostra «La casa degli Angeli», allestita nelle sale di Porta Siberia al Porto Antico di Genova.
L’allestimento accompagna il visitatore in un viaggio teso ad approfondire l’importanza dei messaggeri divini nella cultura contemporanea. La collettiva, accompagnata dal volume «Angeli & Artisti nella Iglesia de los Angeles» pubblicato da Bellavite Editore, è stata concepita come un work in progress: alle opere esposte se ne andranno, infatti, ad aggiungere di nuove, realizzate per l’occasione. È previsto, infatti, che per decorare interamente le pareti dell’Iglesia de Los Angeles servano 1820 piastrelle.
«Sottolineare il culto degli angeli e la loro importanza nella pittura e nelle varie forme espressive - raccontano gli organizzatori - significa anche celebrare l’amicizia che nasce dal sapersi tutti amati e protetti dai custodi delle nostre vite. Grazie al ruolo fortemente iconico che hanno nell’immaginario di tutti in tutto il mondo, indipendentemente dalla cultura di appartenenza, queste figure inviano ancora oggi note di fratellanza».
Per maggiori informazioni: www.iglesiadelosangeles.com.

A Firenze «I riflessi dell’esistenza» Di Zanbagh Lotfi
È una sorta di diario «scritto» a tocchi di pennello e con un insolito gioco di colori quello che l’artista iraniana Zanbagh Lotfi, classe 1976, presenta alla Crumb Gallery di Firenze nella mostra «I riflessi dell’esistenza».
Figlia del lockdown e di un periodo di solitudine e di grandi cambiamenti, l’esposizione toscana, aperta fino al 24 settembre, presenta una ventina di opere, di diversi formati, nei quali molto spesso protagonista è la stessa artista, raffigurata in un autoritratto. «Fumo una sigaretta», «My land my soul», «Qui passa una tempesta», «Come i fiori appassiti» sono solo alcuni dei titoli dei lavori esposti, nati – racconta Zanbagh Lotfi nel saggio «Pinocchio nel ventre della balena, messaggi (colorati) da un mondo nascosto» di Rory Cappelli - da «un’autoriflessione, in cui mi guardavo letteralmente come in una sorta di specchio».
Le immagini si sovrappongono in composizioni dense e potenti dove il colore gioca un ruolo fondamentale. Ed è proprio il colore con cui l’artista si confronta di più: negli anni, la sua pittura è sempre stata quasi monocromatica, dominata dal contrasto tra il bianco e il nero per arrivare progressivamente a toni più sfumati. In questi dipinti, invece, i verdi, i rosa, i viola, i gialli, i blu, gli arancioni, le tinte fosforescenti sono entrati in modo prepotente, portandola ad usare anche tecniche diverse come, ad esempio, l’olio. Tra le campiture cromatiche affiorano o si nascondono oggetti e figure umane, che raccontano anche il passato di Zanbagh Lotfi a Teheran, dove si è laureata in pittura e illustrazione, prima di venire a studiare all’Accademia di Belle arti di Firenze.
«Mi piace sporcare la tela e poi iniziare a dipingere sulle macchie di colore, cercando di creare un ordine tra tutte le cose che ho messo lì sopra – racconta l’artista a proposito del suo lavori. Ogni volta è una sfida con me stessa. Non so mai se riesco a finire, a volte un quadro non riesco a vincerlo, altre volte ci riesco dopo due anni, altre volte ancora in una notte si risolve tutto».
Per maggiori informazioni: www.crumbgallery.com.

«Una storia nell’arte», in mostra a Foligno la collezione di Alvaro Marchini
Più di settanta opere raccontano negli spazi del Ciac – Centro italiano arte contemporanea di Foligno «Una storia nell’arte», in bilico «tra impegno e passione»: quella di Alvaro Marchini, uomo dal forte credo politico che fu comandante partigiano, medaglia d’argento della Resistenza e cofondatore della società che editò «l’Unità», organo del Partito comunista, ma anche imprenditore di successo e gallerista con La Nuova Pesa. Il progetto espositivo, presentato negli scorsi mesi anche all’Accademia nazionale di San Luca a Roma, si avvale della curatela di Fabio Benzi, Arnaldo Colasanti, Flavia Matitti e Italo Tomassoni e del coordinamento di Gianni Dessì.
Il visitatore può ammirare, tra le altre, opere di Giacomo Balla, Georges Braque, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Filippo De Pisis, René Magritte, Pablo Picasso, Giorgio Morandi e Renato Guttuso continuando, poi, con i lavori contemporanei di Carla Accardi, Luca Maria Patella, Cesare Tacchi, Mimmo Jodice, Enrico Castellani, Stefano Di Stasio, Felice Levini, Vettor Pisani, Maurizio Mochetti e Salvo. Tra i nuclei più importanti in mostra c’è una significativa raccolta di disegni di George Grosz, Otto Dix e Scipione. Particolarmente rara è, inoltre, l’esposizione dell’opera su tavola «Senza titolo» di Gino De Dominicis, facente parte della mostra che lo stesso artista realizzò nel 1996 nella galleria La Nuova Pesa, quando, oltre ad altre opere, espose l’installazione «L’Appeso». Altrettanto rara è l’opera «Senza titolo» di Jannis Kounellis, un olio su tela, metallo e coltello del 2013.
La mostra offre, dunque, un racconto del rapporto tra Alvaro Marchini e l’arte, che lo porta a collezionare e ad aprire nel 1959 a Roma la galleria La Nuova Pesa, con sede, prima in via Frattina e dall’autunno 1961, in via del Vantaggio. L’esperienza ricca e complessa nasce come tentativo cruciale di annodare e promuovere un’idea di possibile prassi estetica all’insegna della figurazione. La prima stagione della galleria, tra il 1959 e il 1976, vede coinvolto un gruppo di artisti e intellettuali, da Antonello Trombadori a Renato Guttuso, da Corrado Cagli a Pier Paolo Pasolini, da Alberto Moravia a Carlo Levi, legati ad Alvaro Marchini da amicizia, oltre che da una familiarità culturale e ideologica. Anche Simona e Carla, le due giovani figlie di Alvaro, partecipano attivamente alla gestione della galleria. Chiusa La Nuova Pesa nel 1976, Alvaro Marchini continua l’attività imprenditoriale e collezionistica sino alla morte, avvenuta il 24 settembre 1985. Un mese dopo la figlia Simona, quasi a lenirne la perdita, apre una nuova galleria nella stessa città e con lo stesso nome, ma nuovo indirizzo, via del Corso. In un’ideale continuità sentimentale, si avvia a farsi testimone del proprio tempo sino a giungere ai nostri giorni.
Per maggiori informazioni: www.ciacfoligno.it.

sabato 21 maggio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 16 al 22 maggio 2022

Torino, sedici illustratori raccontano l’Europa e i suoi valori fondanti
Libertà, fratellanza, uguaglianza, inclusione, cultura, pace, ambiente: sono questi alcuni dei valori fondanti dell’Unione europea che, in occasione del Comitato interministeriale per gli Affari esteri, diventano opere d’arte. Sedici grandi illustratori italiani, sette donne e nove uomini, già ampiamente affermati a livello internazionale, hanno, infatti, realizzato altrettante illustrazioni originali per un progetto artistico, coordinato dalla Fondazione Torino Musei, che anima alcuni luoghi identitari della storia sabauda.
«Europa. L’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli», questo il titolo della mostra, prende avvio da Palazzo Madama, edificio che, con i suoi duemila anni di storia, interpreta come pochi altri l’identità europea: nel 1861 fu, infatti, sede del primo Senato del Regno d’Italia e cent’anni più tardi ospitò la firma della Carta sociale europea. Le opere evocano, poi, la storia di Torino, culla del Risorgimento e dell’indipendenza nazionale, ma anche città da sempre multiculturale e quella del Piemonte, regione del positivismo nelle scienze e nella ricerca, dall’agricoltura alla tecnica. Questi argomenti sono stati trattati da Matteo Berton, Francesco Bongiorni e Riccardo Guasco.
Il progetto espositivo, in programma fino al 30 giugno, crea, quindi, alcune «stazioni illustranti» in città: «dai portici di piazza San Carlo, ove Carlo Alberto volle porre l’omaggio monumentale a colui che fece della città la sede di governo, l’Emanuele Filiberto che rinfodera la spada dopo la battaglia di San Quintino, - racconta Giovanni Villa - alla via Po, l’asse porticato dal centro di comando alla grande piazza delle esercitazioni militari». Camilla Falsini interpreta la libertà, Elisa Seitzinger il rispetto della dignità umana, Andrea Serio l’uguaglianza, Anna Parini la democrazia, Gianluca Folì la scienza e Irene Rinaldi il rispetto dei diritti umani. Ci sono, poi, la fraternità illustrata da Lucio Schiavon, il lavoro da Ale Giorgini, la cultura da Emiliano Ponzi, la pace da Bianca Bagnarelli, l’ambiente da Marina Marcolin, lo stato di diritto da Francesco Poroli e l’inclusione da Giulia Conoscenti.
La mostra, per il suo alto valore educativo e civico, diverrà anche un percorso didattico per gli istituti comprensivi di Torino e del Piemonte, oltre a essere organicamente strutturata in un progetto espositivo veicolato in ogni provincia e proposto agli istituti italiani di cultura all’estero. L’evoluzione del progetto prevede, dunque, che da una mostra «di piazza» si passi a una mostra itinerante, che vedrà il coinvolgimento di diversi luoghi del territorio per raccontare i grandi valori dell’Europa attraverso l’arte.
La presentazione del progetto avverrà sabato 21 maggio al Salone Internazionale del Libro 2022 nello Spazio Città di Torino (padiglione 1, D 102). Interverranno Ale Giorgini, Elisa Seitzinger, Andrea Serio e Giovanni Carlo Federico Villa, direttore di Palazzo Madama.
Per maggiori informazioni: www.fondazionetorinomusei.it

Didascalie delle immagini: 1. Camilla Falsini, Libertà; 2. Lucio Schiavon, Fratellanza; 3. Andrea Serio, Uguaglianza 

Pistoia, a Palazzo de’ Rossi un nuovo percorso espositivo per le «Collezioni del Novecento»
Si intitola «Collezioni del Novecento» il nuovo percorso espositivo che Pistoia Musei ha appena inaugurato nella sua sede di Palazzo de’ Rossi. Galileo Chini, Andrea Lippi, Eloisa Pacini, Pietro Bugiani, Egle Marini e Marino Marini, Fernando Melani, Gualtiero Nativi, Mario Nigro, Umberto Buscioni e Roberto Barni sono i nomi di alcuni degli artisti in mostra, tutti attivi nella città toscana nel corso del secolo scorso e negli ultimi anni, il cui lavoro offre una panoramica rappresentativa dell’epoca a loro coeva.
Seppur non esaustiva, la selezione ordinata da Annamaria Iacuzzi, conservatrice delle collezioni del Novecento per Pistoia Musei, si configura come estremamente significativa, per qualità e quantità delle opere esposte, in parte presenti nelle collezioni museali grazie a un accordo di comodato firmato nel 2018 con la Fondazione Caript e Intesa Sanpaolo.
Attraverso questo nuovo percorso espositivo è possibile leggere il variegato contesto storico e sociale, con le sue tensioni che travalicano i confini provinciali, documentando come Pistoia sia stata pronta e reattiva a confrontarsi con la realtà e i contesti internazionali. Gli artisti in mostra erano, infatti, animati dallo spirito del tempo in cui vivevano: mossi da un’autentica ispirazione, infiammati dalle istanze politiche dei loro giorni, in linea con le ricerche artistiche del momento, spesso in rotta con i metodi accademici e certi conservatorismi.
L’attuale allestimento si connota, inoltre, per alcune importanti novità. Pistoia Musei ha stilato un comodato con il Liceo artistico «Policarpo Petrocchi» per l’esposizione del gruppo scultoreo «Scioperanti» di Andrea Lippi, che si fa eco delle lotte sociali per il lavoro, tema centrale nel Novecento, proponendo spunti di riflessione sull’attualità. Mentre la grande opera in pietra «Pomona» di Marino Marini, dal 1981 nell’atrio dell’antico Palazzo dei Vescovi, è ora allestita al centro del percorso espositivo di Palazzo de’ Rossi, a sottolineare il ruolo di riferimento dello scultore per le varie generazioni artistiche.
In occasione della mostra, sono state anche acquisite una composizione di Eloisa Pacini Michelucci, due dipinti di Alfiero Cappellini (una rara testimonianza degli anni Trenta e una del 1954), un nucleo di opere di Giorgio Ulivi e alcune sculture di Valerio Gelli, rappresentative del suo percorso artistico.
Il percorso espositivo è arricchito da una Camera di espansione, ricavata nel vano delle scale sotterranee del palazzo e destinata a ospitare materiali documentari e multimediali o piccole sezioni espositive di approfondimento, come per esempio le opere di «In visita». Quest’ultimo è un progetto a cadenza semestrale, in programma dal prossimo autunno, che prevede l’esposizione temporanea di una o più opere del Novecento, di ambito nazionale e internazionale, in un’ottica di relazione con opere o artisti della collezione permanente.
In occasione del nuovo percorso espositivo, sono state aperte zone dell’edificio un tempo non accessibili al pubblico, proposte ai visitatori come luoghi di benessere e relax, fortemente permeati dall’arte, a partire dalla Terrazza Grandonio.
Per informazioni: www.pistoiamusei.it

 [Fotografie: Ela Bialkowska – OKNO studio]

«Settantadue nomi - Italian Garden», una scultura in ceramica di Marco Bagnoli per Montelupo Fiorentino
Era il 2016 quando il Comune di Montelupo Fiorentino inaugurava «Materia prima», un percorso espositivo all’aperto dedicato alla ceramica d’autore che, negli anni, ha visto la presenza in città di artisti quali Ugo La Pietra, Loris Cecchini, Hidetoshi Nagasawa, Fabrizio Plessi, Lucio Perone, Gianni Asdrubali, Bertozzi & Casoni e altri ancora.
Venerdì 20 maggio, si scrive una nuova pagina di questa storia con l’inaugurazione, nel parco che circonda la Villa medicea dell'Ambrogiana, dell’opera site-specific «Settantadue nomi - Italian Garden» di Marco Bagnoli, con cui il Museo della ceramica di Montelupo ha vinto l’edizione 2020 di Italian Council, programma di promozione internazionale dell’arte italiana promosso dalla Direzione generale creatività contemporanea del Mic.
L’opera, sorta nell’immaginario dell’artista nel 2010 dopo un viaggio in Iran, «è costituita – si legge nella presentazione da settantadue vasi in ceramica smaltata blu, verde e rame a terzo fuoco; uno solo, al centro, è invece smaltato di rosso. Il vaso originario era asimmetrico, e dalla rotazione dei suoi profili si sono generati gli attuali altri settantadue vasi, che poggiano sul terreno secondo lo schema a quinconce»: gruppo di cinque unità, di cui quattro sono vertici di un quadrato e la quinta è il suo centro.
L’opera ha anche una componente sonora, generata dagli stessi vasi, che intonano le parole del poeta persiano Rumi: «Ed io chiesi: ‘Che cosa fare del mio cuore?’. / Lui disse: ‘Dimmi che cosa contiene’. / Ed io risposi: ‘Dolore ed amarezza’. / Lui mi disse: ‘Tienilo così com’è. La ferita è il punto da dove la Luce entrerà in te’». Il canto, scomposto e ricomposto in un apposito mixaggio, è eseguito dalle voci dei settantadue artigiani, tutti provenienti da manifatture locali, che hanno prodotto i vasi e da quanti hanno collaborato a vario titolo alla costruzione dell’opera.
Per l’occasione è stato prodotto un video d’arte a cura di Ela Bialkowska e Giulia Lenzi, con la coreografia di Catherine Galasso, che racconta la complessa genesi del lavoro. Il filmato verrà presentato la sera stessa dell’inaugurazione, alle ore 21, nell’ambito della rassegna «Buongiorno ceramica» e sarà, poi, proiettato anche al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (29 giugno), al Museo della ceramica di Montelupo Fiorentino (15 luglio) e al Magazzino Italian Art a Cold Spring (18 agosto), per fare tappa, in seguito, nelle città della rete Aicc - Associazione italiana delle città della ceramica.
Per maggiori informazioni: www.marcobagnoli.it | www.museomontelupo.it.


 [Fotografie: Ela Bialkowska – OKNO studio]
 
Venezia, una nuova stagione di concerti all’Auditorium «Lo Squero» della Fondazione Giorgio Cini
C’è un posto a Venezia dove si può vivere un’esperienza più unica che rara: assistere a un concerto «a bordo d’acqua». È «Lo Squero», auditorium sull’isola di San Giorgio Maggiore, vincitore nel 2017 del Premio Torta per la sua architettura, le cui pareti in vetro si affacciano sul verde e sull’azzurro della Laguna veneta. In questo spazio di duecento posti, che fu alla metà dell’Ottocento un’antica officina per la riparazione delle imbarcazioni ed è stato trasformato dalla Fondazione Giorgio Cini in una vetrina per la musica di qualità, sabato 27 maggio si inaugura una nuova stagione di concerti.
Il ricco calendario, che spazierà dalla classica al jazz, vede riconfermate le collaborazioni già avviate negli anni precedenti con Asolo musica - Amici della musica (appuntamenti il 4, 11 e 18 giugno; 9 luglio; 10 e 24 settembre; 8 e 22 ottobre; 12 e 26 novembre; 10 e 17 dicembre) e «Le dimore del quartetto», con la loro rassegna «Arcipelago». Mentre è nuova la partnership con Veneto Jazz, che ha studiato quattro appuntamenti per le quinte naturali de «Lo Squero», nei quali si esibiranno il trio di Pasquale Mirra, Enzo Favata e Mirko Cisilino (25 giugno), il quartetto del contrabbassista Federico Marchesano (2 luglio) e, in seguito, i protagonisti di due speciali appuntamenti del «Venezia Jazz Festival Fall edition» (15 e 29 ottobre).
Ad aprire il ricco programma saranno, venerdì 27 maggio, il Quartetto Kleio e il violista Nikolas Altieri con un concerto di brani di Schubert, Golijov e Brahms. L’appuntamento fa parte della quarta edizione del ciclo intitolato «Arcipelago», che coinvolge eccellenti giovani gruppi da camera insieme a solisti e vuole essere una tappa importante nel loro percorso di crescita attraverso un periodo di residenza e studio alla Fondazione Cini, per perfezionare brani in nuove formazioni e sviluppare nuove progettualità. Nei prossimi mesi «Arcipelago» vedrà in scena anche il Cuarteto Iberia e Claudio Laureti alla viola (24 giugno), il Quartetto Agate ed Eleonora Testa al violoncello (30 settembre) e il Quartetto Karski e Fabrizio Buzzi al contrabbasso (28 ottobre).
Per maggiori informazioni: www.cini.it.

«The Spiritheque», la storia di Campari e l’arte in mostra a Sesto San Giovanni
Da vetrina virtuale a mostra reale: The Spiritheque - Behind the stories Beyond the spirits» approda al museo Campari di Sesto San Giovanni, nel Milanese.
Nato nel 2019, il progetto editoriale e artistico ospita, oggi, trentaquattro storie illustrate e animate realizzate grazie alla collaborazione con autori e illustratori provenienti da tutto il mondo, che raccontano «luoghi e persone, misteri e suggestioni» legati alle marche del gruppo.
L’esposizione milanese, aperta fino al 31 maggio, mette in luce, nello specifico, il lavoro di dieci autori e illustratori, provenienti da tutto il mondo, che hanno interpretato, ognuno con il proprio estro creativo, le storie di cinque marchi famosi del settore beverage: Aperol, Campari, Grand Marnier, Appleton Estate e Cynar.
Allestite all’interno di una project room temporanea, le opere d’arte esposte, stampate su carta Fine Art, rappresentano i brand del gruppo Campari secondo una prospettiva fresca, che unisce il talento di autori come Francesco Muzzopappa, Eleonora Gomez de Teran, Alessandro Gemignani, Bryan Levandowski, Vincenza Iovinella alle suggestioni visive degli illustratori Marianna Tomaselli, Taj Francis, Roberta Maddalena Bireau, Ale+Ale e Laurent Meriaux.
«La prima declinazione fisica di ‘The Spiritheque’ conferma la naturale multicanalità di questo progetto editoriale: i visitatori potranno infatti apprezzare come l’originale anima digitale di queste opere lasci spazio a un’innovativa forma di artisticità nella loro trasposizione fisica - commenta Enrico Bocedi, corporate communications director di Campari Group -. Grazie a questo ulteriore passo, ‘The Spiritheque’ si inserisce a pieno titolo nel solco tracciato da Davide Campari e rinnova lo storico rapporto tra Campari Group e il mondo dell’arte e della cultura, in modo sempre innovativo e contemporaneo».
La mostra è ingresso libero, con prenotazione obbligatoria. All’indirizzo corporate.communications@campari.com. Per maggiori informazioni: https://www.camparigroup.com/it/spiritheque

«Mitico», la Galleria Continua veste d’arte quattro hotel del marchio Belmond
«Hotel di lusso in iconiche destinazioni»: si presenta così, sul suo sito Internet, il marchio londinese Belmond, che in Italia è proprietario di alberghi in luoghi dal fascino intramontabile come Portofino, Taormina, Venezia, Firenze e la Costiera amalfitana. Per la stagione 2022, la catena alberghiera britannica ha deciso di regalare una coccola in più ai suoi clienti e di portare l’arte contemporanea nel giardino di quattro suoi hotel. È nato così «Mitico», progetto che si avvale della collaborazione di una delle più importanti gallerie di arte contemporanea a livello internazionale: la Continua.
A segnare il debutto dell’iniziativa è stata, nei giorni del pre-opening della cinquantanovesima Biennale d’arte, un’installazione dell’indiano Subodh Gupta ai giardini Casanova del Cipriani di Venezia. Accuratamente selezionata dal curatore Hervé Mikaeloff, l’opera esposta, visibile fino al prossimo 19 novembre, si intitola «Cooking The World» ed è una grande casa modellata da migliaia di pentole, padelle e utensili. Questi oggetti, scartati dai loro possessori precedenti, testimoniano storie e narrazioni individuali di un’utilità passata.
Alla tappa veneziana è seguita, il 17 maggio, l’inaugurazione dell’installazione «Window & Ladder» dell'argentino Leandro Erlich a Firenze, nella scenografica Villa San Michele. Quest'opera su larga scala, che rappresenta un gradino che conduce a una vera finestra, intende sfidare e manipolare il concetto di realtà degli spettatori. L’artista presenta nella culla del Rinascimento, tra le mura del Cenacolo storico, anche «The Cloud», opera composta da numerose lastre di vetro fluttuanti nella quale realtà e illusione si fondono. I due lavori vanno a comporre il progetto espositivo «Viewing the World», visibile fino al 7 novembre.
Sempre in Toscana, ma al Castello di Casole, Belmond accoglie, dal 18 maggio al 14 novembre, Michelangelo Pistoletto con il progetto «Loving the World», quattro sculture in bronzo, intitolate «Accarezzare gli alberi (l'Etrusco)» che sono state concepite pensando a questo edificio del X secolo splendidamente restaurato e ai suoi dintorni, dove la civiltà etrusca ha messo radici per la prima volta.
Il progetto di Belmond proseguirà il 25 maggio con l’inaugurazione di «Colouring tre World», che porterà tra le colline di Taormina, nel Grand Hotel Timeo, l'artista Pascale Marthine Tayou e la sua opera «Les Routes du Paradis», il percorso della felicità, un sentiero colorato che conduce attraverso gli oltre due ettari di giardini della proprietà al magnifico teatro greco del III secolo.
Al centro del progetto «Mitico» c’è, dunque, la celebrazione dell’arte di vivere in tutte le sue accezioni: cucinare, dipingere, osservare, provare gratificazione, usanze universali che plasmano la nostra società.
Per informazioni: https://www.belmond.com/it/.

Nella foto: Subodh Gupta, Cooking The World 2017, utensili in alluminio, acciaio, cavo, legno, cucina, dimensioni variabili - Cipriani, Belmond Hotel, Venezia, 2022 - Foto di: Marco Valmarana Courtesy: l'artista e Galleria Continua.  

«Dubbi su carta», una mostra per il nuovo video del rapper Marracash
Ci sarà anche una mostra a festeggiare l’uscita di «Dubbi», il video dell’omonima canzone di Marracash, uno dei maggiori esponenti della scena rap italiana, contenuta all’interno dell’album «Noi, loro, gli altri», già triplo platino. Martedì 24 maggio, dalle ore 10 alle ore 18, lo spazio no profit Assab One di Milano ospiterà, per una sola giornata, le immagini realizzate per l’occasione da Tarik Berber, disegnatore bosniaco nato a Banja Luka (Bosnia Erzegovina) nel 1980, formatosi all’Accademia delle Belle Arti di Firenze e oggi attivo a Milano. L’appuntamento è promosso dalla Collezione Ramo ed è curato da Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Milano Drawing Week e della sezione Disegni della fiera torinese Artissima.
Per il video di «Dubbi», in uscita il 23 maggio, Tarik Berber ha realizzato un’animazione a partire da 2500 disegni fatti a mano, ovvero 12 disegni per ogni secondo di animazione, immergendosi in un lungo periodo di lavoro, intenso e meditativo, affinché i movimenti del disegno seguissero il ritmo delle parole, con un approccio quasi matematico. Ciò che ne risulta è un’animazione intensa, in cui il rapporto fra parole, ritmo e immagini viene magistralmente orchestrato.
«Un corpo maschile dalla linea pulita cammina, nero su bianco, ha le idee chiare, poi arrivano i problemi, - racconta Irina Zucca Alessandrelli a proposito del lavoro - la linea si riempie di piccoli segni, che si ammassano sul suo profilo. Sopraggiungono i pensieri, come lunghi filamenti, linee pulsanti che si diramano verso l’esterno. L’immagine della riunione di famiglia è subito sostituita dall’iconica scultura di Alberto Giacometti, il suo uomo che cammina, il simbolo della solitudine nelle criticità esistenziali…».
Per maggiori informazioni: www.collezioneramo.it.

Firenze: dalla Galleria alla Biblioteca, due giorni di visite guidate a Palazzo Medici Riccardi 
Palazzo Medici Riccardi
, la casa fiorentina di Lorenzo il Magnifico, ha una storia stratificata e ricca, che trova specchio nelle sue architetture, tutte in relazione fra loro, quasi a manifestare i diversi momenti e periodi che l’hanno caratterizzata. Fra queste, un posto speciale è riservato a due ambienti gemelli, generatisi durante l'importante fase di interventi riccardiani: la Galleria degli specchi e la Libreria. Entrambe le sale - una inserita nel percorso museale, l’altra nella Biblioteca Riccardiana - sono state affrescate da Luca Giordano sulla volta e arricchite di opulenti stucchi, arredi e decori barocchi. Nelle sale vicine, anch'esse affrescate sul finire del Seicento, trova posto la Biblioteca Moreniana, un vero e proprio tesori per bibliofili e appassionati, che ospita il fondo librario costituito dall'erudito collezionista Domenico Moreni e poi incrementato da Pietro Bigazzi.
Per restituire continuità a questi luoghi, alle loro decorazioni e alle loro funzioni, la Città Metropolitana di Firenze e la Biblioteca Riccardiana, in collaborazione con Mus.E, propongono al pubblico due appuntamenti speciali. 
Lunedì 23 maggio
, alle ore 14:30 e alle ore 16, si terranno delle visite guidate che, prendendo il via dal nucleo originario del palazzo, il cortile delle colonne, proseguiranno tra le sale del percorso museale e giungeranno, infine, alla Biblioteca Riccardiana. Qui, eccezionalmente, sarà possibile accedere alla speculare Libreria (attuale sala studio) grazie a uno dei passaggi celati dagli armadi intagliati e dorati, per approfondirne la storia, apprezzarne la raccolta e concludere il percorso con gli altrettanto preziosi ambienti e fondi librari.
Le visite, rivolte a giovani e adulti, avranno il costo di 2,00 euro per i residenti della Città Metropolitana di Firenze e di 4,00 euro per tutti gli altri, a cui andrà aggiunto il biglietto di ingresso a Palazzo Medici Riccardi (10,00 euro per l’intero; 6,00 euro per il ridotto riservato ai ragazzi tra i 18 e i 25 anni e agli studenti universitari).
L’ingresso è da via Cavour 1. Le visite dureranno 1 ora e 15. I posti sono limitati ed è obbligatoria la prenotazione. Per informazioni e prenotazioni, è possibile chiamare lo 055.2760552 o scrivere a info@palazzomediciriccardi.it.
Per maggiori informazioni: www.musefirenze.it.

Lucca art fair, al via la VI edizione
Torna Lucca Art Fair, la fiera d’arte moderna e contemporanea in programma fino al 22 maggio nella nuova e prestigiosa sede del Real Collegio. Trentotto gallerie parteciperanno a questa sesta edizione, che vede alla direzione Paolo Batoni. Il format della kermesse è stato rinnovato e quest’anno debutta la nuova sezione «Spotlight», incentrata sull’arte di metà XIX secolo e inizio del XX, con uno speciale dedicato ai contemporanei del passato. 
Il progetto espositivo, presentato al piano terra del Real Collegio, ospiterà le prime rappresentazioni sul vero – con i Macchiaioli in particolare – per arrivare fino alle Avanguardie storiche di inizio ‘900, offrendo l’occasione di focalizzare un periodo tra i più prolifici dell’Ottocento italiano. Al piano superiore la «Main Section» e «Art Projects», sezioni costituite da gallerie consolidate e di ricerca nel panorama italiano e internazionale, ospiteranno una selezione di opere tra il periodo, post-bellico e contemporaneo. Completa l’offerta espositiva «Independent», la nuova sezione dedicata principalmente a project space. Tra gli eventi collaterali, spicca «Museum Partner», il nuovo progetto espositivo volto alla valorizzazione delle collezioni d’arte presenti nei musei civici toscani. Sarà il Museo Giovanni Fattori di Livorno a dare l’avvio, negli spazi del Real Collegio di Lucca, con «Nascita di una collezione», mostra che ripercorre le vicende dell’acquisizione della collezione del Museo Fattori
La mostra sarà composta da una selezione inedita di 22 disegni e stampe del rivoluzionario caposcuola dei «pittori della macchia», Giovanni Fattori e dell’universo di amici, artisti. 
 In questa sesta edizione si conferma nuovamente l’appuntamento per le visite guidate come occasione di scambio e avvicinamento al mondo del collezionismo. A curare i percorsi sarà Francesca Baboni. Infine, tra i progetti in città, sarà presente lo spazio Art Tracker, dedicato a due artisti under 35: Erika Pellici e Marco Rossetti, selezionati tra i finalisti del Combat Prize 2021 per rappresentare uno spaccato sulla giovanissima arte italiana. La mostra curata da Elisa Muscatelli, giovane curatrice under 35, sarà ospitato nella vicina Casermetta di Santa Croce. Il progetto, intitolato «Punti di incontro», parte da una riflessione sulla terra di origine e sull’erranza, un movimento duplice, spaziale e mentale, che non permette la stasi in un unico luogo. 
 Per maggiori informazioni: www.luccaartfair.com.

sabato 14 maggio 2022

#notizieinpillole, le mostre da vedere a Bologna

Volge al termine «Arte Fiera», la kermesse mercantile più longeva d’Italia, che per la sua quarantacinquesima edizione ha portato a Bologna centoquarantadue gallerie, 103 nella Main Section e 39 nelle tre sezioni curate e a invito. Sabato 14 maggio l’intera città fa festa con la «Art City White Night», una notte bianca all’insegna dell’arte con oltre duecento proposte, molte a ingresso gratuito, che coinvolgeranno musei, fondazioni, spazi istituzionali e gallerie indipendenti della città. Tra gli appuntamenti da non perdere ci sono quelli del «Main Program» di «Art City» come la bella personale di Italo Zuffi al Mambo (nella fotografia), che chiude domenica 15 maggio, o il progetto di Tino Sehgal per piazza Maggiore. Ma sono tante le mostre da vedere in città in occasione della «Art City White Night» o, perché no, nelle prossime settimane, durante un fine settimana all’insegna della cultura e delle bellezze di Bologna. Dalle «Folgorazioni figurative» di Pier Paolo Pasolini alle provocazioni in forma di fotografia di Oliviero Toscani, senza dimenticare l’omaggio a Lucio Dalla, vi proponiamo una selezione di dieci mostre da vedere in città. L'intero ventaglio delle proposte espositive può essere scoperto consultando il sito https://www.culturabologna.it

A Bologna le «Folgorazioni figurative» di Pier Paolo Pasolini
Fu nell’autunno del 1941 a Bologna, in una piccola aula universitaria di via Zamboni 33, che Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975) si innamorò dell’arte. Il merito fu di un insegnante speciale: Roberto Longhi (Alba, 28 dicembre 1890 – Firenze, 3 giugno 1970). Il critico d’arte piemontese aveva un modo tutto suo di leggere i dipinti. Proiettava sullo schermo dell’aula i vetrini che riproducevano le immagini di alcuni particolari delle opere d’arte analizzate. Partiva così da un viso, una mano, un lembo di stoffa per ricostruire lo stile dell’artista e le fasi del suo percorso.
«I fatti di Masaccio e Masolino» erano l’argomento di studio di quell’anno accademico, che plasmò lo sguardo di Pier Paolo Pasolini e che lasciò una traccia indelebile nella sua anima, pronta a riemergere negli anni Sessanta e Settanta in tanti suoi film. I capolavori dell’arte medievale e rinascimentale rivivono, infatti, nel cinema dell’intellettuale bolognese; sono riferimento visivo costante delle sue inquadrature e sono anche protagonisti di tableaux vivant, quadri viventi.
Lungo un percorso cronologico che va dall’esordio del 1961 con «Accattone» a «Salò» del 1975, film uscito postumo, la Cineteca di Bologna prova a raccontare questo aspetto dell’arte di Pier Paolo Pasolini nella mostra «Folgorazioni figurative», a cura di Marco Antonio Bazzocchi, Roberto Chiesi e Gian Luca Farinelli. Fotografie di scena, riproduzioni di capolavori della storia dell’arte, parole di PPP e sequenze di film compongono il percorso espositivo, allestito fino al prossimo 16 ottobre nei nuovi spazi espositivi del Sottopasso di piazza Re Enzo.
Ogni pellicola dell’intellettuale bolognese è «la costruzione – racconta Marco Antonio Bazzocchi - di una bellezza che saccheggia ampie zone dell’arte italiana ed europea».
L’armonia compositiva di Giotto che per primo porta la terza dimensione in pittura, la drammaticità di El Greco, i colori corposi e vividi di Pontormo, le forme eleganti di Piero della Francesca, i rossi di Rosso Fiorentino, la ricchezza narrativa del fiammingo Pieter Brueghel, la luce e la ruvidezza espressiva del Caravaggio convivono nei film dell’artista bolognese, disegnando «una storia dell’arte in forma di cinema».
I rimandi sono numerosi e, di «folgorazione» in «folgorazione», si giunge all’ultimo capitolo del percorso espositivo e anche della vita di Pier Paolo Pasolini. Siamo nell’ottobre del 1975, un mese prima della morte. Il giovane fotografo Dino Pedriali realizza una serie di ritratti dell’intellettuale bolognese. In uno di questi, il regista di «Mamma Roma» e «Medea» sta disegnando a carboncino un ritratto di Roberto Longhi, il suo maestro della visione. Pasolini sembra voler chiudere il cerchio della sua avventura intellettuale pagando il giusto debito al maestro. 
Per maggiori informazioni: www.cinetecadibologna.it. (annamaria sigalotti)

Nelle immagini: 1.Pasolini sul set di Teorema 1968 © Cineteca di Bologna / Angelo Novi ; 2. Rosso Fiorentino Deposizione 1521 Olio su tavola, 201x341 Pinacoteca e Museo Civico, Volterra Per gentile concessione della Pinacoteca Civica di Volterra ; 3. La ricotta, episodio da Ro.Go.Pa.G. 1963 Still da restauro  

«Anche se il tempo passa», a Bologna una mostra su Lucio Dalla
«Noi la vita la annusiamo in tutti i posti / Ma lei passa senza neanche un ciao / Oppure vola come i ladri sopra i tetti / Se ci provi non la puoi fermare». Era il 2011 e, nell’album «Questo è amore», Lucio Dalla raccontava in musica la precarietà della nostra vita. Il titolo di quella canzone, «Anche se il tempo passa», è lo stesso della mostra-evento allestita fino al 17 luglio al Museo civico archeologico di Bologna, prima tappa di un importante percorso nazionale che, nei prossimi mesi, toccherà Roma, Napoli e Milano.
A dieci anni dalla scomparsa e in vista dell’ottantesimo dalla nascita, che si ricorderà nel 2023, la Fondazione Lucio Dalla ripercorre - attraverso una ricca selezione di materiali, molti dei quali inediti, e con l’aiuto del curatore Alessandro Nicosia - l’intero percorso umano e artistico di quel «folletto» libero e geniale dagli interessi molteplici, che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica, dello spettacolo e della cultura.
«La dotta e la grassa» Bologna, città creativa della musica Unesco, era la casa di Lucio Dalla e, all’ombra delle due torri, in molti conservano un ricordo personale di quel cantautore, volato via troppo presto, «che sapeva dare musicalità alle parole e un sentimento alle note» e che ci ha lasciato in dono canzoni indimenticabili, una vera e propria colonna sonora alla nostra vita, da «L’anno che verrà» «a «Caruso», da «4 marzo 1943» a «Piazza Grande».
Ma Lucio Dalla, con la sua acuta curiosità, non è stato solo un cantautore e un musicista, è stata anche un attore cinematografico, uno scrittore, un regista teatrale, un amante dello sport, un appassionato di motori, uno showman televisivo, uno scrittore, un collezionista e un gallerista con la sua «No code». «Lucio era, dunque, – ricorda Vincenzo Mollica - «musica, cinema, canzoni, teatro, danza, opera lirica, pittura, letteratura. Era tutto quello che sognava di essere, tutto quello che voleva essere. Era un coltivatore diretto dell’avventura umana. Era un cercatore affamato di poesia che sapeva trovare comunque sia. Era un funambolo del pensiero».
Tutti questi aspetti rivivono nella mostra bolognese in un percorso espositivo, articolato in dieci sezioni, che mette insieme foto, cimeli, testi autografi, quaderni di appunti, abiti di scena, dichiarazioni dell’artista e degli amici, gli amati cappelli e l’indimenticabile clarinetto. Al Museo civico archeologico c’è, dunque, tutto l’«universo Dalla», con quella «sostenibile leggerezza dell’essere» che non dimenticheremo mai.
Per maggiori informazioni: www.mostraluciodalla.it. (annamaria sigalotti)

 
A Bologna una mostra per gli ottant’anni di Oliviero Toscani, il «situazionista» della fotografia
È il 1973 e Oliviero Toscani, allora già noto per i suoi servizi sulla scuola di Barbaiana e sulle contestazioni studentesche del Sessantotto, scatta la prima delle sue tante immagini destinate a fare scandalo, quella con il primo piano del fondoschiena di Donna Jordan, inguainata in un paio di short in jeans su cui campeggia la scritta «Chi mi ama, mi segua». La fotografia fa il giro del mondo e le polemiche infuriano come mai prima era successo intorno a una pubblicità. La magistratura ordina la rimozione dei manifesti; Pier Paolo Pasolini, sulla prima pagina del «Corriere della Sera», si schiera, profeticamente, a favore del fotografo. È l’inizio di un nuovo modo di comunicare i brand e la società dei consumi.
Cinquant’anni dopo Oliviero Toscani non ha perso la sua voglia di provocare e il suo spirito caustico, quello che, negli anni, ha dato vita a tante altre campagne pubblicitarie che hanno scosso l’opinione pubblica attraverso affissioni e pagine di giornali. Impossibile non pensare al bacio sexy tra un prete e una suora del 1992, ai cuori di «White/Black/Yellow» del 1996 o al manifesto «No-Anorexia» del 2007, tre campagne per «United Colors Of Benetton», il marchio di abbigliamento che, negli anni, ha permesso al fotografo di usare il mezzo pubblicitario per parlare dei problemi del mondo: il razzismo, l’Aids, la religione, la guerra, la violenza, il sesso, l’anoressia, la pena di morte.
Queste immagini, insieme a un altro centinaio di fotografie, compongono il percorso della mostra «Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista», a cura di Nicolas Ballario, allestita fino al 4 settembre a Bologna. Nelle sale di Palazzo Albergati è possibile conoscere anche un volto meno noto del fotografo. Sono esposte, per esempio, le immagini realizzate durante la formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, sotto la guida di un maestro del colore quale Johannes Itten.
Ci sono decine di ritratti a grandi protagonisti del Novecento quali Mick Jagger, Lou Reed, Carmelo Bene e Federico Fellini. Sono visibili le immagini patinate realizzate per le riviste di moda che mettono in risalto la bellezza di Monica Bellucci, Claudia Schiffer e non solo. Non mancano, e non poteva essere diversamente, le fotografie del progetto «Razza umana», con il quale Oliviero Toscani ha dato vita al più grande archivio fotografico esistente sulle differenze morfologiche e sociali dell’umanità.
In contemporanea Palazzo Albergati ospita la mostra «Photos», un viaggio nella storia della fotografia, dal 1902 al 2005, attraverso una settantina di opere, selezionate da Cristina Carrillo de Albornoz e provenienti dalla collezione di Julián Castilla, presentata per la prima volta in Italia. Alfred Stieglizt, Man Ray, Henri Cartier-Bresson, Vivian Meier, Robert Capa, André Kertèsz, Alberto Korda e Robert Doisneau, nonché fotografi spagnoli come Carlos Saura, Ramón Masats, Oriol Maspons, Isabel Muñoz, Cristina García Rodero o Chema Madoz sono i protagonisti indiscussi del percorso espositivo, con i loro memorabili scatti entrati ormai nell’immaginario collettivo come fermo-immagine del secolo scorso. Per maggiori informazioni: www.palazzoalbergati.com | www.arthemisia.it. (annamaria sigalotti)

Didascalie delle immagini: 1.Oliviero Toscani United Colors of Benetton 1991 ©olivierotoscani ; 2. Oliviero Toscani Jesus Jeans 1973 ©olivierotoscani ; 3. Oliviero Toscani United Colors of Benetton 1996 ©olivierotoscani  

In mostra a Bologna «Concerning Dante», un progetto di Jacopo Valentini sulla «Divina Commedia»
La portata culturale della «Divina Commedia» di Dante Alighieri ha travalicato, nel corso dei secoli, una sfera prettamente letteraria arrivando a influenzare vari aspetti della società, anche grazie a una vasta tradizione di trasposizioni visive. Parte da questa considerazione il progetto «Concerning Dante - Autonomous Cell» di Jacopo Valentini (Modena, 1990), vincitore del concorso «Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere» per la sezione under 35, in mostra fino al prossimo 18 settembre al Museo civico archeologico di Bologna.
Il progetto fotografico, esposto per la curatela di Carlo Sala, si configura come un viaggio attraverso l’Italia nei luoghi visitati dal «sommo poeta» o raccontati nelle pagine del suo capolavoro.
La narrazione visiva si snoda attorno a tre posti simbolici e a tre celebri illustrazioni del testo dantesco, intrecciando le bocche vulcaniche dei Campi Flegrei, la Pietra di Bismantova e il Delta del Po – interpretati come i varchi che conducono a «Inferno», «Purgatorio» e «Paradiso» – alle riletture figurative della Divina Commedia firmate da Federico Zuccari, Alberto Martini e Robert Rauschenberg.
Jacopo Valentini sé approcciato a queste interpretazioni, cartina tornasole dell’evoluzione della società nel corso dei secoli e del suo rapporto con aspetti cruciali come la religione e il potere, con la tecnica dello still life.
Il percorso parte, cronologicamente, con il «Dante Istoriato» di Federico Zuccari (1539-1609), composto da ottantotto disegni a matita nera e rossa o ad acquarello realizzati tra il 1586 e il 1588, che l’artista ambienta tra le vedute laviche di Lanzarote e i fumi delle solfatare dei Campi Flegrei, creando una analogia visiva tra finzione e realtà.
Il secondo contributo preso in considerazione risale, invece, al 1900 ed è quello in bilico tra simbolismo ed espressionismo di Alberto Martini (1876-1954) per le edizioni Alinari, di cui un corpus di 298 opere è conservato alla Pinacoteca di Oderzo. Mentre la terza presenza autoriale è quella dell’artista statunitense Robert Rauschenberg (1925-2008) che, sul finire degli anni Cinquanta, perfezionò la tecnica del «transfer a solvente» lavorando sulle immagini fotografiche delle riviste del tempo, poi riprese a matita e acquerello. La sua rilettura del capolavoro dantesco è un pretesto per parlare dell’attualità; tra i suoi personaggi compaiono, per esempio, John Kennedy e Richard Nixon.
Tra le varie nature morte realizzate da Jacopo Valentini spicca anche una fotografia che ritrae la prima edizione de «La Divina Mimesis» di Pier Paolo Pasolini, un tentativo incompiuto di riscrittura della Commedia uscito postumo nel 1975, che all’interno della mostra è una sorta di omaggio al grande scrittore di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Per informazioni: www.museibologna.it/arteantica.

Didascalie delle immagini: 1.Jacopo Valentini from the series Concerning Dante (A. Martini, (Paradiso XXIX), Fondazione Oderzo Cultura, Treviso ; 2. Jacopo Valentini from the series Concerning Dante (R. Rauschenberg, (Inferno XXXI), Palazzo Roncale, Rovigo; 3. Jacopo Valentini from the series Concerning Dante (Purgatorio III), Gallerie degli Uffizi, Firenze Courtesy Galleria Antonio Verolino, Modena & Podbielski Contemporary, Milano  
 
Art City Bologna, Carlos Garaicoa e la sua «rete di colori» per l’oratorio San Filippo Neri
Crea una relazione viva con il settecentesco spazio dell’Oratorio San Filippo Neri di Bologna, luogo carico di memoria e di storia distrutto durante la Seconda guerra mondiale e ristrutturato negli anni Novanta, l’installazione site specific del cubano Carlos Garaicoa (L’Avana, 1967), a cura di Maura Pozzati, inserita tra i «Main Project» dell’edizione 2022 di «Art City», programma di iniziative speciali promosso in occasione di Arte Fiera.
Il percorso espositivo, realizzato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna con la Galleria Continua, riflette le tematiche care all’artista, come la ricerca sullo spazio urbano e architettonico.
La mostra, aperta fino al 15 maggio (da mercoledì 11 a venerdì 13 maggio dalle 11 alle 19; sabato 14 maggio dalle 11 alle 23; domenica 15 maggio dalle 11 alle 20; ingresso libero), si compone di vari momenti che si intrecciano tra loro. Da una parte ci sono le sculture di grandi dimensioni che ricordano le impalcature e i ponteggi dell’edilizia, ricoperte da reti colorate simili a quelle di sicurezza, una chiara allusione ai lavori di ristrutturazione nelle città; dall’altra la musica. Una composizione, scritta da Esteban Puebla e interpretata da Mahé Marty, anima lo spazio, mentre una versione musicale più dinamica accompagnerà una video-animazione di Pablo Calatayud dal titolo «Oratorio», ultimo elemento dell’installazione multimediale.
«Strutture che ricordano le impalcature per l’edilizia sono coperte da maglie illuminate per poter rivivere uno spazio che ha vissuto una storia di violenza, che vorrei potere rivendicare ed espandere. Mi attrae l’idea di approcciare la storia dell’Oratorio di San Filippo Neri, ricordare la sua penosa distruzione e la sua bella ricostruzione, usando l’elemento dell’impalcatura metallica e le reti, che avranno dunque un nuovo significato, rispetto al ruolo di semplici materiali da costruzione» afferma Carlos Garaicoa,
Anche la musica vivrà di momenti distinti ma capaci di dialogare tra loro: il pezzo musicale centrale deriva dal passato classico e barocco dello spazio, attraversa l’orrore della guerra mondiale e del fascismo, fino ad arrivare alla malattia e alla disillusione della vita contemporanea. L’organo dell’Oratorio San Filippo Neri, che in alcune giornate di apertura della mostra sarà suonato dal vivo, accompagnerà con le sue note l’animazione video, per portare uno sguardo più contemporaneo alla storia di questo edificio, attraverso una vera e propria energia cinetica, generata dall’intreccio delle luci, dei colori e dei suoni.
Per informazioni: fondazionedelmonte.it.

«No, Neon, No Cry», al Mambo una storia «disordinata» della galleria neon di Bologna
Cinquantadue artisti per un viaggio alla scoperta di una fucina di talenti nata all’ombra della Basilica di San Petronio: è questo ciò che propone «No, Neon, No Cry», mostra a cura di Gino Gianuizzi, in programma fino al 4 ottobre nella Project Room del MAMbo – Museo d’arte moderna di Bologna, contenitore tematico che accoglie, ricostruisce, racconta e valorizza le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo.
Attraverso i lavori di Maurizio Cattelan, Cuoghi Corsello, Eva Marisaldi, Marco Samorè, Luca Vitone, Francesco Voltolina e molti altri ancora, l’esposizione tenta una narrazione della complessa, sfaccettata, «disordinata» storia della galleria neon.
Nata nel 1981 «senza un programma, senza strategia, senza budget e senza obiettivi predeterminati», la realtà bolognese è stata «un laboratorio permanente, una comunità per artisti, critici e curatori e un luogo di formazione per tutte le persone che vi hanno collaborato». Dal suo archivio risultano oltre tre-cento mostre all’attivo, alle quali si sono aggiunte nel tempo numerosissime attività collaterali, collabo-razioni e iniziative esterne.
Questa immensa mole di materiali ha posto una sfida al curatore, da sempre anima della galleria, che si è chiesto come approcciarsi alla magmatica attività ultra quarantennale di neon per raccontarla attraverso una mostra. Meglio limitarsi al progetto strettamente documentale o, all’opposto, tentare un impossibile «best of» degli artisti e delle opere che vi hanno trovato accoglienza? Gino Gianuizzi ha fatto ricorso alla formula della wunderkammer: lo spazio della Project Room è così abitato da un ac-cumulo visivo in cui inoltrarsi con circospezione tentando di decifrare i singoli lavori e di ricondurli agli artisti.
Sebbene sia volutamente escluso l’approccio sistematico e ancor di più il percorso cronologico, in mostra sono rintracciabili testimonianze dei diversi momenti che neon ha vissuto nel tempo. Il racconto espositivo spazia dalla Bologna post ’77, momento caratterizzato da un rapporto privilegiato con Francesca Alinovi, ai decenni successivi, con l’organizzazione di mostre come «Nuova Officina Bo-lognese» (1991, Galleria d’arte moderna, Bologna) e «Soggetto/soggetto. Una nuova relazione nell'ar-te di oggi» (1994, Castello di Rivoli, Torino), per giungere alla nascita di neon>campobase e alle esperienze milanesi di neon>projectbox e neon>fdv, spazi moltiplicatori di re-lazioni e di collaborazioni, con una nuova spinta alla ricerca in cui si affaccia l’ultima generazione di artisti e curatori, le cui attività si chiudono nel 2011.
Per maggiori informazioni: www.mambo-bologna.org

Foto di Ornella De Carlo


«La memoria del futuro», Mario Ramous tra arte e poesia
Poeta, latinista, italianista, critico d’arte, direttore editoriale, cultore del bello e ricercatore della «perfezione»: le molte sfaccettature di Mario Ramous (Milano, 18 maggio 1924 - Bologna, 8 luglio 1999) sono raccontate fino al 4 settembre a Bologna, negli spazi di Palazzo Accursio, attraverso un percorso espositivo, curato da Maura Pozzati e Michele Ramous Fabj, che tratteggia l’affresco di una stagione culturale italiana, quella dal secondo Dopoguerra, prospera e forse irripetibile.
Manoscritti di poesie e traduzioni, disegni pubblicitari inediti, spartiti musicali, articoli di critica e rari volumi degli anni Sessanta e Settanta documentano i molteplici linguaggi e gli incontri amicali che l’intellettuale bolognese intrattenne con grandi nomi del ’900, come Pietro Bonfiglioli, Pirro Cuniberti, Francesco Flora, Marino Marini, Giorgio Morandi, Concetto Pozzati, Sergio Romiti, Gianni Scalia, Emilio Scanavino, Mario Sironi, Adriano Spatola.
La mostra, intitolata «La memoria del futuro. Mario Ramous un intellettuale a Bologna, dal dopoguerra agli anni Novanta», allinea anche edizioni a tiratura limitata, di cui lo studioso bolognese è stato curatore e autore, tra «Il libro delle odi. Versioni da Orazio» (1962), con dodici litografie di Bruno Cassinari, e «Programma n°» (1966), con alcune sue poesie e sei litografie di Emilio Scanavino.
Non mancano lungo il percorso espositivo opere d’arte di pregio appartenenti alla collezione personale di Mario Ramous, a partire da «Piatti» (1915), un disegno di Giorgio Morandi, segno dell’amore che il poeta e scrittore d’arte aveva per il pittore bolognese, tanto da dedicargli uno dei suoi testi d’arte più bello e intenso: il saggio «I disegni di Giorgio Morandi» (1949). Sono, poi, visibili la tecnica mista «Forma e campionario» (1965) di Rodolfo Aricò, un mobile bar con disegno di Pirro Cuniberti e il grande olio «Omaggio a Carpaccio» di Concetto Pozzati (1964), opera che «sancisce il passaggio dall’informale giovanile alla fase dialettica dell’ironia e della bifrontalità tipiche della pop art».
Il progetto espositivo, ideato in occasione della pubblicazione di alcune poesie inedite dello studioso confluite nel volume «Archivio21. Poesie 4660/29», sarà corredato da un convegno di studi «Prima e ‘Dopo la critica’ (… bisogna spendere molte parole | tutte le parole | (e non basteranno). Mario Ramous (poeta, latinista, studioso, critico d’arte, direttore editoriale), un lungo itinerario nella cultura italiana del Novecento», in agenda venerdì 18 maggio, anniversario della nascita dello studioso.
L’intero progetto – racconta Michele Ramous Fabj - «vuole fare incontrare nuovamente vecchi amici, vuol provare a raccontare quegli anni a chi non li ha vissuti, vuole restituire i tanti aspetti di Mario Ramous e di tutti gli intellettuali che hanno illuminato Bologna per un’intensa stagione, vuole gettare uno sguardo sul passato nella consapevolezza che la memoria è ciò che ci permette di costruire il futuro».
Per informazioni: www.museibologna.it/arteantica | www.scriptamaneant.com.

Nelle foto: 1. Ritratto di Ramous; 2. Copertina del volume dedicato a Giorgio Morandi pubblicato da Edizione d’Arte Licinio Cappelli nel 1949 quale primo quaderno della collana d’arte contemporanea italiana “Documenti”, diretta da Mario Ramous 500 esemplari ; 3. Bruno Cassinari tempera a colori su carta, cm 41 × 54, 1966 Da questa tempera è stata tratta una litografia per il volume Dal libro di Catullo Collezione privata  

Bologna, in mostra al Padiglione de l’Esprit Nouveau le tante anime creative di Giulia Niccolai
Fotografa, poetessa, traduttrice, narratrice, curatrice di riviste, monaca buddista: i mille volti di Giulia Niccolai (Milano, 21 dicembre 1934 - Alassio, 22 giugno 2021) (vanno in scena a Bologna in occasione di «Art City», il cartellone di eventi promosso dal Comune in occasione della quarantacinquesima edizione di Arte Fiera.
Al Padiglione de l’Esprit Nouveau, gioiello architettonico che replica fedelmente l'edificio ideato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret per l'Esposizione universale di Parigi del 1925, il pubblico può ripercorrere le tappe salienti della vita professionale dell’intellettuale lombarda tramite documenti, fotografie, testi, registrazioni e opere provenienti dall’archivio Maurizio Spatola, dalla Fondazione Echaurren-Salaris, dalla Biblioteca italiana delle donne di Bologna e da archivi privati.
«Perché lo faccio perché. La vita poetica di Giulia Niccolai»
, questo il titolo della mostra, è curata da Allison Grimaldi Donahue e Caterina Molteni e sarà visibile fino al prossimo 5 giugno. Accanto ai materiali d’archivio, una performance di Giulia Crispiani, un laboratorio di scrittura e una lettura di Allison Grimaldi Donahue, una video-intervista di Bes Bajraktarević e un progetto filmico di Sergio Racanati e Manuela Gandini si propongono come strumenti per riflettere oggi sul lascito intellettuale e artistico della Niccolai.
Già fotografa negli anni Cinquanta, l’intellettuale lombarda si afferma come poetessa concreta, visiva e sonora tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Ottanta partecipando in modo attivo a esperienze chiave per il rinnovamento del linguaggio poetico del tempo come il Gruppo 63, la rivista «Tam Tam», la casa editrice Geiger e il Dolce Stil Suono).
La sua ricerca poetica, visiva e sonora di questi anni si distingueva per un particolare utilizzo del nonsense e della giocosità. Traduttrice e intermediaria per numerosi poeti e poetesse straniere, oltreché redattrice in riviste di settore, la Niccolai si è distinta per una posizione partecipante ma spesso tenuta ai margini della storia ufficiale, diventando una figura essenziale ma non adeguatamente riconosciuta nei circuiti di arte e poesia.
Nel corso della mostra sono previsti una serie di appuntamenti aperti al pubblico: la lettura collettiva «Giulia Niccolai e la sua poesia» (13 maggio, ore 18:30), la lettura performata «Il gesto/The gesture» con Allison Grimaldi Donahue (14 maggio, ore 18), la performance «se io fossi in te se tu fossi in me» di Giulia Crispiani (14 maggio, ore 19), i workshop «Facciamo - Because Because Because» (14 e 28 maggio, ore 15-16:30), una lettura di Gian Paolo Roffi (5 giugno, ore 16:30).
Per ulteriori informazioni: artcity.bologna.it - www.mambo-bologna.org.

Nelle foto: Perché lo faccio perché. La vita poetica di Giulia Niccolai | Veduta di allestimento della mostra presso Padiglione de l’Esprit Nouveau, Bologna | Nell’ambito di ART CITY Bologna 2022 |Foto Valentina Cafarotti e Federico Landi - Migliorare con l’età MCE Stories | Courtesy Istituzione Bologna Musei


«Fresco», Davide D’Elia in mostra al Museo Davia Bargellini di Bologna
Passato e presente, pittura accademica e «gesto» pittorico convivono in «Fresco», la prima personale di Davide D’Elia (Cava de’ Tirreni, 1973) a Bologna. Promossa nell’ambito di Art City, l’esposizione mette in mostra al Museo Davia Bargellini otto quadri in plexiglas realizzati dall’artista campano durante un precedente intervento site specific operato nel 2018 sugli affreschi del Salone delle feste del Palazzo Atti-Pensi di Todi, dimora cinquecentesca che si erge al centro della piazza principale della città umbra. Questi lavori vengono riproposti, dal 13 maggio al 25 settembre, all’interno del museo bolognese, in relazione ai dipinti e alle sculture commissionate dal mecenatismo dei Bargellini, tra le famiglie bolognesi che hanno ricoperto importanti cariche nel Senato cittadino.
Per realizzare il ciclo «Fresco» a Todi, Davide D’Elia non è intervenuto direttamente sugli affreschi ma vi ha apposto delle strutture in plexiglas appositamente progettate. Ciò gli ha consentito di stendere campiture di pittura «iris blue» celando talvolta gli elementi organici del paesaggio, talvolta le architetture nell'intento di far emergere la costruzione dei dipinti degli affreschi sottostanti. Una volta rimossi dagli affreschi, gli otto quadri sono diventati pitture astratte - o «assolute», come le definisce l'artista - su cui si è conservata la traccia dell’indagine compositiva creando un discorso tra «pittura assente» e «pittura presente».
La mostra, a cura di Elisa Del Prete, è completata a Bologna da due nuovi interventi site specific, «Zero» e «Zero1», realizzati su due dipinti della collezione del Museo Davia Bargellini, entrambi dal titolo «Paesaggio con figure» di Vincenzo Martinelli (fine sec. XVIII). Le due opere, nel momento in cui lasceranno il luogo in cui sono stati create per essere esposte altrove, attiveranno a loro volta un processo di traslazione portandosi dietro il contesto primario. La visita propone, inoltre, un’esperienza di realtà virtuale grazie alla quale il visitatore si fa testimone della simultaneità dell’opera ricongiungendo il ciclo alla sua fonte originaria e mettendo così in dialogo spazi tra loro geograficamente distanti.
Per informazioni: www.museibologna.it/arteantica | www.artcity.bologna.it.

Nelle immagini:  Davide D’Elia, Fresco, 2022. Installation view della mostra. Museo Davia Bargellini, Bologna. photo © M3S Roma


BOOMing: a Bologna c’è anche la fiera dell’«arte emergente»

25 gallerie
, 3 sezioni tematiche, 3 special project, 5 talk, una mostra off e, poi, visite guidate, premi, performance: sono questi i numeri della seconda edizione di BOOMing - Contemporary Art Show, la fiera sull’arte emergente in programma a Bologna, al Binario centrale di DumBO, da giovedì 12 (dalle ore 20 alle ore 24) a domenica 15 maggio (13 maggio, ore 16.00 - 24.00 | 14 maggio, ore 15.00 - 24.00 | 15 maggio, ore 11.00 – 20.00).
Prodotto da Doc Creativity e diretto da Simona Gavioli, l’evento mercantile si articola in tre sezioni. In «Arena» si vedrà una selezione di opere e gallerie chiamate specificatamente a interpretare il concetto di «querencia», dal verbo «querer», che indica quel luogo così carico di amore e forza dove un toro, durante la corrida, riesce a ricaricarsi per uscirne più vigoroso e combattivo che mai, metafora perfetta della rinascita post-pandemica.
«FeminisMAS» concentrerà, invece, l’attenzione sui femminismi e sul ruolo delle donne ancora sottorappresentate nel sistema e nel mercato dell’arte. Mentre «Afuera» proporrà un focus sull’attualità dell’arte urbana, attraverso un percorso tra opere di Banksy, Keith Haring, Shepard Fairey e Jef Aerosol, ma anche di artisti più contemporanei come Eron, Corn79, Ericailcane, Andrea Casciu, 108, Kiki Skipi e Laurina Paperina.
Al Binario centrale di DumBO è prevista anche una «Special Area», dove la Fondazione Rocco Guglielmo presenterà «Moon», un’anteprima del progetto dedicato alla luna come rappresentazione della divinità femminile, a cura di Simona Caramia e Simona Gavioli, in programma nei prossimi mesi al Museo Marca di Catanzaro. Alla luna è dedicata anche l’installazione partecipativa del duo Antonello Ghezzi: i visitatori potranno, con l’ausilio di un tapis roulant, camminare insieme fino ad azzerare la distanza che ci separa dal satellite.
Durante l’evento mercantile verrà, inoltre, lanciata la prima edizione del «Premio Sustainability Art Giorgio Morandi», rivolto ad artisti under 40 impegnati sul tema delle emergenze ambientali. Il prescelto, dopo una residenza nei luoghi cari all’artista emiliano, restituirà la sua opera entro la fine dell’anno 2022 per un evento appositamente organizzato al Grand Hotel Majestic già Baglioni.
BOOMing avrà anche un evento off a Palazzo Bentivoglio con la mostra «Toccami», a cura di Simona Gavioli, ispirata al genio di Bruno Munari e alla celebre frase «Vietato non Toccare». Aron Demetz, Gonçalo Mabunda, Massimiliano Pelletti, Alex Pinna, Antonio Tropiano, Antonio Violetta e Zeroottouno sono stati invitati a riflettere sul nostro bisogno di esperienza tattile, acuito dal periodo pandemico e dalla tensione sempre maggiore al virtuale.
Per ulteriori informazioni: www.boomcontemporaryart.com.