In questo luogo, definito dalle fonti coeve il «tinello de’ li gentil’ homini», è stato allestito, per essere visibile per tutto l’autunno e per buona parte dell’inverno, il progetto d’arte contemporanea «Lavinia», a cura di Salvatore Lacagnina, con opere site specific degli artisti Ross Birrell & David Harding, Monika Sosnowska, Enzo Cucchi, Gianni Politi, Piero Golia e Virginia Overton. Il titolo della rassegna – che prevede anche performance, letture, laboratori e attività didattiche, orchestrate secondo una narrazione unitaria – è un omaggio alla pittrice manierista Lavinia Fontana, tra le prime artiste riconosciute nella storia dell’arte, presente nella collezione Borghese dai primi del Seicento.
Proposto con l’intento di valorizzare i restauri appena terminati che hanno interessato la volta interna, con le cornici in stucco e l’affresco centrale del pittore urbinate Archita Ricci, nonché i pilastri danneggiati da infiltrazioni d’acqua e la scala semicircolare di accesso al padiglione, il progetto espositivo «aspira – nelle intenzioni del curatore, esplicitate in una nota stampa - a entrare silenziosamente nella vita quotidiana. Si rivolge a chi passeggia nel parco, evitando qualsiasi forma di auctoritas. Mette in discussione le nozioni di arte pubblica e di tradizione, il rapporto fra arte e architettura, apre al potenziale dello storytelling».
A scendere in campo per il restauro, nello spirito dei mecenati di un tempo, è stata, in occasione dei centotrenta anni dalla sua fondazione, l’azienda Ghella, colosso multinazionale nel campo delle costruzioni con oltre seimila dipendenti in quindici Paesi e in quattro continenti quali Oceania, Europa, America ed Estremo Oriente, che intende farsi promotrice di nuovo modello di sviluppo, più sostenibile e orientato al benessere collettivo.
La cura scientifica e l’effettiva realizzazione dell’intervento conservativo, che nei prossimi anni interesserà anche il ripristino dell’emiciclo e della sua pavimentazione in cotto, portano, invece, la firma, rispettivamente, della Sovrintendenza capitolina ai Beni culturali e di R.O.M.A. Consorzio.
L’edificio costituiva lo scenografico fondale di uno dei viali laterali del parco e risultava ben visibile a tutti gli ospiti che si recavano in visita dal cardinale Scipione Borghese.
Attraverso un percorso ombroso si accedeva tramite una scala a doppia rampa all’invaso del padiglione, delimitato – scriveva sempre Jacomo Manilli, nel 1650 - da alti muri ricoperti d’edera, «tappezzeria proporzionata all’habitazione del Dio Bacco».
L’originaria sontuosità del complesso è testimoniata dalle fonti letterarie del tempo - tra le quali il libro «Villa Borghese fuori di Porta Pinciana», scritto nel 1700 da Domenico Montelatici - che ricordano la presenza di due sfingi egizie poste ai lati della rampa di accesso all’invaso, oggi alla Ny Carlsberg Gliptotek di Copenaghen, di una fontana rustica incassata nel sottoscala con una statua di divinità fluviale, di cui restano oggi alcuni «tartari» dell’originaria scogliera, e di otto grandi uccelli in peperino, collocati a coronamento della copertura, opera dei fratelli scalpellini Agostino e Belardino Radi, insieme a Lorenzo Malvisti. Lungo il perimetro dell’invaso erano poste due tavole marmoree destinate a «credenza e bottiglieria», mentre al centro della loggia era collocato un grande tavolo di marmo bianco, anch’esso realizzato dai fratelli Radi e da Lorenzo Malvisti, su cui erano stati praticati degli incavi, in cui scorreva acqua per mantenere fresche le bevande nei bicchieri. Per stupire ulteriormente i commensali era stato, infine, montato un congegno meccanico sul soffitto, che consentiva di riversare una pioggia di petali profumati sugli ospiti al termine del convito.
L’interno, al quale il restauro ha tolto la patina grigia del tempo, era riccamente ornato grazie a vari interventi e a differenti artisti. A tal proposito, tra il 1612 e il 1613 è attestata la presenza in cantiere dello scalpellino Vincenzo Soncino. Al 1617 risale, invece, la realizzazione della decorazione a stucco dei pennacchi e della cornice ovale dell’affresco sulla volta, riferibile ai fratelli Marcantonio e Pietro Fontana, in associazione con Santi Fiamberti; i due mastri muratori e stuccatori era attivi nei medesimi anni in diversi altri cantieri legati alla committenza della famiglia Borghese, tra cui la cappella Paolina al Quirinale, la chiesa di San Crisogono e l’Uccelliera.
Nello stesso anno arrivò alla Loggia dei Vini anche il pittore urbinate Archita Ricci, attivo in quel periodo nella chiesa di San Sebastiano fuori le Mura e in diversi altri cantieri di committenza della famiglia Borghese. Porta la sua firma il «Convito degli dei», affresco realizzato tra il 1617 e il 1618, che ripropone l’iconografia tradizionale con le divinità dell’Olimpo sedute intorno a una tavola in marmo imbandita. «A capotavola, sulla sinistra della scena, - racconta Sandro Santolini nella scheda di restauro - siedono Giove e Giunone, figure purtroppo quasi del tutto scomparse, con il coppiere Ganimede, che porge loro il vino. Seguono Plutone, Apollo, Diana, Mercurio, figura oggi completamente perduta, Marte e Venere con Cupido. Completano la scena i tre amorini in volo che versano vino e gettano fiori sulla tavola».
Secondo la descrizione di Domenico Montelatici, fondamentale per la ricostruzione iconografica degli affreschi, il pittore aveva realizzato non solo «il convito degli dei, entro un ovato abbellito intorno da festoni di stucco di gentil lavoro», ma anche, sulle pareti tra gli archi, «nove Muse di natural grandezza con Istromenti musici nelle mani». Questi ultimi affreschi, così come quelli nelle vele con gli emblemi araldici della famiglia Borghese, l’aquila e il drago, sono quasi totalmente andati persi. In fase di restauro, racconta ancora Sandro Santolini, le superfici sono state così «tinteggiate a calce e successivamente patinate ad acquerello per armonizzarle con il conteso originale».
Dopo il Giardino delle Erme, viene, quindi, aperto a Roma un altro prestigioso spazio di Villa Borghese: la Loggia dei Vini. «Questo - ha raccontato l’assessore alla Cultura Miguel Gotor - è un importante tassello della riqualificazione del nostro patrimonio storico e artistico, in cui l’arte contemporanea si affianca al restauro di uno spazio pubblico. Con questa riapertura portiamo avanti due delle principali missioni culturali che Roma Capitale ha perseguito con questa amministrazione: la valorizzazione dei luoghi e la promozione culturale».
L’occasione è, dunque, da festeggiare, magari nello spirito del cardinale Scipione Borghese, con un sorbetto di frutta e ghiaccio tritato, come quello all’«arancia e erba cedrina» realizzato per l’occasione dalla gelateria Pellegrino di Roma, un piccolo piacere da assaporare in un luogo di delizia e convivialità del Barocco romano, dove il gusto incontrava, e ancora oggi incontra, l’arte.
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Informazioni utili
Lavinia - Loggia dei Vini a Villa Borghese (Roma). Orari: dal giovedì alla domenica dalle 9:00 alle 19:00 fino alla chiusura della mostra; dalle 9:00 alle 17:00 dal 27 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025. Ingresso gratuito. Informazioni: https://www.sovraintendenzaroma.it/i_luoghi/ville_e_parchi_storici/ville_dei_nobili/villa_borghese. Fino al 26 gennaio 2025