ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
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mercoledì 16 marzo 2022

VN 360°: il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna si visita on-line

Continua il percorso dell’Istituzione Bologna Musei per rendere fruibile on-line il proprio patrimonio storico-artistico. Dopo il Museo internazionale e biblioteca della musica, il Museo civico medievale e il Museo per la memoria di Ustica, un’altra sede comunale si apre alla tecnologia immersiva virtuale, VN 360,°con l’intento di offrire agli utenti contenuti digitali che vadano a integrare l’esperienza di visita fisica. Questa volta a sbarcare sul Web è il Museo del patrimonio industria-le, il cui percorso virtuale, ideato dallo studio di comunicazione Veronesi Namioka, consente di accedere virtualmente agli spazi espositivi, situati all’interno della fornace da laterizi Galotti costruita nel 1887, e di conoscere la storia produttiva della città di Bologna dal tardo Medioevo alla fabbrica 4.0.
Come nella realtà, la visita prende avvio al piano terra, dove si viene accolti dalla ricca collezioni di stampi in gesso degli anni Venti e dalle forme monumentali del forno Hoffmann, cuore della fornace, in cui – fino agli anni Sessanta del ‘900 – avveniva la delicata fase di cottura delle terrecotte.
All'interno del forno si entra nella Bologna del XIX secolo, una città che vive una profonda crisi economica legata alla fine dell’industria tessile e che cerca nuove strade produttive. La voce narrante dell’economista David Ricardo ricorda il dilagare della povertà in città, mentre le voci di Giovanni Aldini e Luigi Valeriani, docenti universitari, rimandano alle loro volontà testamentarie che condurranno alla nascita della prima scuola tecnica cittadina nel 1844, ancora oggi attiva come una delle più antiche scuole tecniche d’Italia e d’Europa.
La tecnologia virtuale consente di visualizzare in alta risoluzione modelli, strumentazione scientifica e macchine funzionanti provenienti dall’Istituto Aldini Valeriani che raccontano la storia e lo sviluppo del-la città nel corso del XIX secolo nonché gli apparati di lettura come pannelli e didascalie.
Spostandosi all'esterno del forno, sotto le arcate del portico, è possibile attivare alcuni video e vedere in funzione macchine e prototipi risalenti agli anni 1940-1960: dosatrici e confezionatrici per dadi da brodo Corazza, confezionatrici per carta Cassoli e per caramelle Acma.
Il percorso prosegue al secondo piano dove un tempo avveniva la fase di essiccazione delle argille e che oggi ospita la sezione dedicata all'antica Bologna dell'acqua e della seta. Modelli ed exhibit ci immergono nella suggestiva città dei canali e delle ruote idrauliche.
Due video sottotitolati per persone sorde, attivabili lungo il percorso, mostrano la complessità del si-stema idraulico e il viaggio del velo di seta da Bologna a Venezia lungo il canale Navile. Un terzo video mostra il funzionamento del mulino da seta alla bolognese, tecnologia raffinata e insuperata dal XV al XVIII secolo.
La segnaletica virtuale che guida i percorsi conduce, quindi, alla sezione dedicata al moderno di-stretto industriale bolognese. Le riprese a 360 gradi visualizzano la complessità del distretto mostrando le macchine da pasta, le macchine automatiche e le motociclette. I video attivabili in remoto illustrano il funzionamento delle macchine, le innovazioni, la diffusione delle tecnologie e delle capacità competitive.
Il ruolo giocato dalla formazione tecnica nell'affermazione industriale della città viene ripercorso nello spazio legato alla Scuola Officina, parte integrante dell'educazione tecnica impartita per prima nell'Istituto Aldini Valeriani. Il tecnigrafo, gli strumenti di fucina, il tavolo da aggiustaggio, gli apparati iconografici storici e il video «Testa punta contropunta» costituiscono gli ingredienti di questa par-te del tour che si conclude scendendo al primo piano nella Fabbrica del Futuro. Questo spazio ha le caratteristiche di un laboratorio interattivo e multimediale e documenta le linee di sviluppo che stanno modificando l’ambiente e l’assetto produttivo e organizzativo delle aziende del nostro territorio. Le stazioni che lo compongono, dalla realtà virtuale alla robotica, consentono di visualizzare i processi produttivi di un sistema in continuo aggiornamento e di valorizzare le potenzialità del settore industriale bolognese.
Un’ultima sezione, che si modificherà nel tempo, è dedicata alla mostra temporanea «Moto bolognesi degli anni 1950-1960», in cui oltre trenta motociclette testimoniano la sorprendente vivacità produttiva e la grande cura sia tecnica, nella meccanica e nella ciclistica, che estetica. Tra le principali produttrici di moto spiccano F.B Mondial, Ducati, Moto Morini e Demm.
La nuova esperienza virtuale restituisce una visione a 360° del percorso di visita e rinnova la vocazione del museo a luogo vivace, polifunzionale e interattivo, frequentato dagli addetti ai lavori, ma anche da appassionati, turisti e bambini.
La scelta di arricchire il tour immersivo con numerosi video e narrazioni interattive persegue l’idea di uno strumento attrattivo e funzionale per molteplici obiettivi: approfondire le tematiche affrontate, fornire spunti per progetti educativi, lasciare ai visitatori la scelta di riprendere in un secondo momento le suggestioni e i temi del museo.
Dal confronto e dall'attiva collaborazione tra il Museo del patrimonio industriale e lo studio Veronesi Namioka, guidato da Fuyumi Namioka e Silvia Veronesi, ha preso vita il progetto VN 360°. Il percorso virtuale è, dunque, il risultato della fusione tra competenze storico-culturali e tecnologie digitali di ultima generazione, che consentono di integrare l’offerta espositiva del museo fisico con esperienze emotive e multimediali virtuali, in stretta sinergia con la competenza dello staff del museo che ha curato la parte dei contenuti informativi selezionando contributi audio e video per accompagnare il racconto per immagini.
La regia dello Studio Veronesi Namioka ha restituito la complessità delle fonti e degli strumenti di visita impiegati in museo, utilizzando riferimenti grafici e segnaletica che permettono di identificare i contenuti informativi del percorso, consentendo, ai potenziali pubblici, di percorrere virtualmente gli spazi del museo, guidati da più mappe virtuali nella fruizione degli oggetti esposti, suscitando così l’intenzione di pianificare, per approfondirne la conoscenza, una prossima visita fisica al museo, o viceversa, di ritornare virtualmente a visitarne le sale, dopo la visita, da casa.

Informazioni utili
Link percorso virtuale VN 360°: http://informa.comune.bologna.it/iperbole/media/Virtual-Tour-Museo-del-Patrimonio-Industriale/

martedì 21 dicembre 2021

Bologna, un viaggio in 3D tra i tesori del Museo medievale

Chi varca le porte del quattrocentesco Palazzo Ghisilardi – Fava, uno dei più pregevoli edifici rinascimentali di Bologna con la grandiosità dei suoi ambienti e la bellezza dei suoi affreschi, che nel Cinquecento videro al lavoro i tre Carracci, i fratelli Annibale (1560-1609) e Agostino (1557-1602) e il loro cugino Ludovico (1555-1619), si trova immerso in un’atmosfera di altri tempi. Raffinati manufatti, preziosi capolavori di Jacopo della Quercia, Francesco del Cossa, Vincenzo Onofri e altri ancora, oggetti unici – tra statuaria, manufatti lapidei, codici miniati, bronzi, armi, avori e vetri – offrono la possibilità di compiere un affascinante viaggio a ritroso nel tempo, regalando ai visitatori una visione di quello che era la città felsinea tra l’VIII e il XVI secolo.
Da qualche settimana, le porte di Palazzo Ghisilardi – Fava, dal 1985 sede del Museo civico medievale, possono essere varcate anche on-line, entrando nella versione tridimensionale, immersiva e interattiva dell’edificio di via Manzoni 4, nel centro storico della città, attraverso il collegamento presente al sito web https://museocivicomedievalebologna.publicsicc.com.
Dalla partnership tecnica tra l'Istituzione Bologna Musei e Publics ICC, start-up attiva nell’ambito della ideazione e realizzazione di software e soluzioni innovative volte alla fruizione del patrimonio artistico-culturale, è nato, infatti, 3D Art Xp, un nuovo percorso virtuale a libera accessibilità in grado di trasportare il visitatore direttamente all’interno degli spazi del museo, riprodotto fedelmente nella sua configurazione architettonica e nell’ordinamento del suo patrimonio, per un’esperienza di visita completa e dinamica grazie all'integrazione tra innovative tecnologie digitali 3D e contenuti audiovisivi. Si amplia così l'offerta informativa sul patrimonio storico-artistico del capoluogo emiliano con l’intento di rendere il pubblico più consapevole e desideroso di avvicinarsi per la prima volta alle collezioni del Museo civico medievale o di tornare a visitarle da un diverso punto di vista.
L’utilizzo di tecnologia laser a luce strutturata ha permesso di realizzare scansioni reali in alta risoluzione di tutti gli ambienti espositivi nella loro interezza, liberamente percorribili su qualsiasi tipo di device. Muovendosi all'interno dei quattro piani in cui si articola la planimetria virtuale, l’utente può esplorare lo space 3D ruotando il modello con qualsiasi angolazione a 360° per apprezzare il layout e il modo in cui ogni ambiente è correlato rispetto all'intero spazio. L’inserimento di punti di interesse dinamici tridimensionali (hotspot) consente, inoltre, un accesso veloce ad approfondimenti di carattere tecnico, storico e artistico attraverso contenuti audiovisivi di storytelling, realizzati con la consulenza scientifica dello staff del museo.
A dare il benvenuto, accogliendo idealmente il visitatore nel cortile di Palazzo Ghisilardi, è il direttore Massimo Medica, che ne ripercorre la complessa stratificazione storica, definendolo «un museo nel museo», per il radicamento nel tessuto urbano e il sedimento di accumulo plurisecolare di cui porta testimonianza. L’edificio accoglie, per esempio, una delle venti torri gentilizie di epoca medioevale, quella «dei Conoscenti», e ingloba anche reperti di epoca romana e notevoli resti murari in selenìte della Rocca imperiale che i Bolognesi distrussero nel 1115 all'indomani della morte di Matilde di Canossa, durante il processo di affermazione dell’autonomia comunale.
L'esperienza di visita si articola in sette percorsi tematici introdotti da brevi contrappunti narrativi in forma di clip, visibili anche sul canale YouTube di Publics Icc, che illuminano alcuni dei principali aspetti storici e storico-artistici di Bologna durante il Medioevo. «Una bussola giuridica per l’Europa: la Scuola bolognese dei Glossatori», «Bonifacio VIII e la lotta eterna tra Bologna e Ferrara», «Fondere l’immaginazione: l’arte del bronzo», «Un marchio per leggere la storia: i sigilli», «La società dei tornei: l’aristocrazia che guerreggia», «La micro scultura in avorio: lavori certosini e dettagli preziosi», «La ceramica artistica nel Medioevo» sono i capitoli che il visitatore può percorrere come in un avvincente romanzo storico, immergendosi nell’atmosfera di una cultura artistica di eccezionale vitalità espressiva, quella della Bologna medievale, tra la sua cospicua popolazione di glossatori e di studenti provenienti da ogni parte della Cristianità latina per frequentare l'eccellente Studium, patria medievale del diritto, e dentro le botteghe artistiche e librarie, che affermarono la città come centro preminente della produzione di manoscritti a sud delle Alpi.
Ai percorsi tematici è collegato un catalogo tridimensionale di quarantacinque manufatti artistici che permette di apprezzare dettagli e caratteristiche non visibili a occhio nudo, grazie a un processo di scansione con scanner mobili a luce strutturata, in grado di acquisire contemporaneamente forme e texture, e la riproduzione 3D con software di modellazione di ultima generazione. I pezzi selezionati sono rappresentativi della varietà delle collezioni del museo, tra i più iconici e prestigiosi che ne identificano il patrimonio ma anche tra i meno noti. La procedura di consultazione del modello prevede le principali modalità di interazione: movimento lineare, rotazione, variazione del punto di vista e la consultazione di una scheda descrittiva con le caratteristiche specifiche di ogni oggetto.
A ideale completamento del percorso virtuale 3D Art Xp, rimane consultabile sul portale www.storiaememoriadibologna.it lo scenario tematico dedicato al Lapidario, che consente una passeggiata virtuale nella raccolta di quarantuno manufatti lapidei, «fogli di pietra» in cui sono incise vicende pubbliche e private sullo sfondo della vita quotidiana bolognese tra Alto Medioevo e XVII secolo.

Informazioni utili

mercoledì 26 maggio 2021

«Platea dell’umanità», la nuova mostra della Galleria Poggiali di Firenze è virtuale e in presenza

Era il 2001 quando il critico e curatore svizzero Harald Szeemann (Berna, 11 giugno 1933 – Tegna, 18 febbraio 2005) firmava la sua seconda Biennale di Venezia. L’ambizione di quella mostra, che focalizzava l’attenzione su oltre centodieci artisti provenienti da una cinquantina di Paesi, era di mettere in scena se non proprio tutta l'umanità, almeno una fetta rappresentativa di essa, raccontando così le diversità e le contraddizioni del mondo in cui viviamo.
Il pubblico diventava - per stessa ammissione di Harald Szeemann - «spettatore, protagonista e misuratore delle cose»; si confrontava con temi di attualità come l’aborto, l’eutanasia, la clonazione, la violenza, la guerra, l’immigrazione e l’ecologia, ovvero tutto ciò che faceva, e tuttora fa parte, dello spettacolo della vita.
Non a caso il titolo di quella edizione della Biennale strizzava l’occhio al mondo del teatro. Era «Platea dell’umanità».
Con quella mostra, Harald Szeemann consegnava alla storia opere come «L’Ecce Homo» di Mark Wallinger e «La nona ora» di Maurizio Cattelan, riproponendo ai visitatori, in apertura del percorso espositivo, anche un lavoro significativo come «The End of the Twentieth Century» di Joseph Beuys, una distesa di rocce di basalto sparse sul pavimento in modo apparentemente casuale, che davano vita a una grigia foresta di segni fossili che improvvisamente ostruivano la via, costringendo a pensare.
A vent’anni di distanza, la Galleria Poggiali di Firenze guarda a quell’importante evento espositivo, che con «Dappertutto» del 1999 ha cambiato per sempre il volto della Biennale di Venezia, per la sua nuova mostra estiva, che si intitola appunto «Platea dell’umanità».
Punto di partenza della rassegna, in programma fino al 31 luglio e visibile anche tramite virtual tour all’indirizzo www.galleriapoggiali.com/it/virtual-exhibition, è una dichiarazione di Joseph Beuys secondo cui «ogni uomo è artista», frase, questa, con la quale il maestro tedesco intendeva riaffermare il concetto di «arte totale» e riportare l’esperienza creativa alla quotidianità, in una ricerca di valori e di significati universali. L’uomo, con le sue infinite possibilità, diventa così artefice del proprio destino, creatore di un nuovo Rinascimento. Questo è il messaggio che ci lasciano anche le trentacinque opere e i venti artisti selezionati per la mostra fiorentina alla Galleria Poggiali.
Il percorso espositivo si apre con un lavoro di Fabio Viale in marmo bianco e pigmenti, «Door Release» (2021), e con un «Paesaggio artificiale» (2019) di Goldschmied & Chiari, un’opera realizzata fotografando in studio fumogeni colorati e associandoli con vetro e superficie specchiante in un processo poeticamente e tecnicamente alchemico e performativo. Nella stessa sala è esposto anche un lavoro di Claudio Parmiggiani, «Senza titolo» (2021), nel quale fumo e fuliggine su tavola raccontano l’evanescenza delle farfalle, l’attimo, apparentemente etereo e fugace, che si fa eterno grazie alla creatività di un artista.
Tre opere della serie «Snakes and Drumroll» (2021) e il colorato olio su tela «Pietas» (2021) raccontano poi, sempre in apertura del percorso espositivo, la recente ricerca di Francesca Banchelli, giovane artista toscana convinta della necessità dell’opera come epifania ed evento gnoseologico imprescindibile all’evoluzione della specie umana. 
Nella mostra grande spazio ha, inoltre, il medium fotografico con opere come «Awakened» (2007) di David Lachapelle e «I pilastri della terra» (2020) di Virginia Zanetti, esposti nella seconda sala accanto ad «Aereo» (2020) di Fabio Viale, o come i tre scatti di Luigi Ghirri dedicati all’Emilia Romagna, collocati lungo il corridoio accanto ai lavori di Slater Bradley e Grazia Toderi, già protagonisti alla galleria Poggiali della mostra «Making Time» nel 2019.
Nella sala successiva, sono visibili una carta di Eliseo Mattiacci, «Stella Africa» (1983) di Gilberto Zorio, un lavoro in cera su vetroresina di Domenico Bianchi e un’opera in fumo e fuliggine su tavola di Claudio Parmiggiani, una delocazione di tre metri che ha per soggetto la celebre libreria, proposta al Maxxi di Roma in una declinazione avvolgente di ventidue tavole a formare un’intera sala senza soluzione di continuità.
Insieme a queste opere a parete, appartenenti all’Arte povera, trova posto nella stessa stanza un altro lavoro di Claudio Parmiggiani, l’opera «Senza titolo» (2019), consistente in un’arpa di metà Settecento con farfalle, presentata anche nella prima mostra dell’artista in un museo statunitense, tenutasi nel 2019 al Frist Art Museum di Nashville.
L’artista, che ha materializzato poeticamente l’assenza e il passaggio del tempo, facendo depositare la fuliggine su tavola, ma anche confrontandosi con l’opera di Giorgio Morandi, come documentano le sue bottiglie bianche su sfondo grigio del 2020, dialoga nella stanza successiva con Enzo Cucchi, uno dei protagonisti della Transavaguardia, autore di una serie dedicata a Vincent Van Gogh.
La parte finale della galleria fa luce sul ritorno alla pittura del finire degli anni Novanta con opere di Luca Pignatelli, Manfredi Beninati, Giovanni Frangi e Marco Fantini, che rimandano al nostro passato leggendolo con occhi nuovi.

Informazioni utili
Platea dell’umanità. Galleria Poggiali, via della Scala, 35/Ar – Firenze.  Ingresso libero. Orari: dal lunedì al sabato, ore 10-13 e ore 15-19, domenica su appuntamento. Ingresso libero. Tour virtuale all’indirizzo: www.galleriapoggiali.com/it/virtual-exhibition. Informazioni: tel. +39.055.287748 o info@galleriapoggiali.com. Sito internet: www.galleriapoggiali.com. Fino al 13 luglio 2021. 

mercoledì 19 maggio 2021

«Time Out»: una mostra virtuale su Robert Breer, il pioniere del cinema sperimentale

Si può visitare anche on-line la mostra personale «Time Out», a cura di Vincenzo de Bellis e Micola Brambilla, che la Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano dedica a Robert Breer( Detroit, Michigan, USA, 1926 – Tucson, Arizona, USA, 2011), pioniere nelle tecniche di animazione e tra gli autori più innovativi nel cinema sperimentale.
Dai primi anni Cinquanta del Novecento al 2011, anno della morte, l’artista americano ha sempre eluso etichette formali, stilistiche e concettuali, focalizzandosi su una ricerca libera, ma allo stesso tempo estremamente coerente. Ha portato avanti sperimentazioni diverse, dalla pittura astratta al Fluxus, dal Pop al Minimalismo, senza però mai legarsi definitivamente ad alcuno di questi movimenti.
Attraverso la selezione di più di sessanta opere, la mostra esplora i principali temi che percorrono l’arte di Robert Breer, dalla pratica pittorica a quella filmica, per dare, infine, spazio a una corposa selezione di disegni e sculture.
In questo modo la rassegna, che ritorna visitabile in presenza dal 7 maggio per i possessori del Coronapass  e che è stata prorogata al 17 luglio, esplora l’approccio formale e concettuale con cui l’artista si è confrontato per oltre sessant’anni, celebrando l’eterogeneità che caratterizza la sua ricerca. La tensione che emerge tra immagine in movimento e immagine statica rivela una costante riflessione sulla possibilità di catturare il tempo, confondendo i confini tra rappresentazione astratta e figurata, movimento e staticità, oggetto e soggetto, nell’intento di mettere alla prova i limiti della nostra percezione.
La mostra virtuale permette di vedere l'intero corpus di opere in mostra a Bolzano, ma anche di approfondirne i contenuti con le audioguide in triplice lingua - italiano, inglese e tedesco -, realizzate dal personale di mediazione che opera all'interno del museo. Per l'occasione, inoltre, è stata pubblicata un'intervista video tra Vincenzo de Bellis, direttore artistico e curatore della fondazione, e Nathalie Boutin, della galleria gb agency, con base a Parigi, che svela interessanti retroscena sulla vita e sull'opera dell'artista sperimentale. Nella mostra virtuale è presente anche un estratto di un minuto del film «Form Phases IV» (1954), considerato uno dei più importanti dell'artista, e un contributo audio della co-curatrice Micola Brambilla.
Figlio di un ingegnere della Chrysler Corporation, Breer inizialmente studia ingegneria per passare poco dopo alla facoltà di arte della Stanford University (California), di cui è uno dei primi studenti. Trascorre gli anni Cinquanta a Parigi, dove sviluppa una geometria visiva ispirata al neo-plasticismo di Piet Mondrian (1872-1944), ma allo stesso tempo profondamente innovativa e orientata all’idea di uno «spazio elastico».
I dipinti esposti, tra cui «Time Out» (1953) – da cui è tratto il titolo della mostra – «Three Stage Elevator» (1955) e «Composition aux trois lignes» (1950), rivelano un’interpretazione dell’astrazione che si distanzia dalla purezza formale di Mondrian, a favore di elementi irregolari e linee fluttuanti che alludono al movimento.
Poco dopo l’esordio come pittore Breer elabora – a partire dal suo primo film «From Phases I» (1952) – l'idea di un cinema che consista in una sequenza di molteplici immagini, estranee l'una dall'altra, che sia diretta conseguenza dell’idea di movimento presente nei suoi dipinti. Attraverso la sperimentazione con varie tecniche di animazione tra cui i flipbook (di cui cinque esemplari sono esposti in mostra), Breer realizza il desiderio di dare fisicità al movimento in modo che questo sia vissuto in tempo reale dallo spettatore.
In film come «Recreation» (1956), «A Man and His Dog Out for Air» (1957), «69» (1968), «Fuji» (1974) e «Swiss Army Knife With Rats and Pigeons» (1980), lo spettatore è bombardato da oscillazioni di linee, colori, lettere, forme astratte e immagini che saltano e lampeggiano, appaiono e scompaiono, creando quella che Breer definiva «un’aggressione della retina».
Con l’iniziale aiuto di Jean Tinguely (1925 - 1991), Breer comincia a realizzare negli anni Cinquanta una serie di «pre-cinematic objects». Espone prima a Parigi, poi a New York negli anni Sessanta, i «Mutoscopes». Questi dispositivi cinematografici rudimentali presentano una sequenza di singole immagini disposte su un rullo e – fatti scorrere alla velocità desiderata – mostrano allo spettatore la fenomenologia del movimento che si rivela nella sua origine e nel suo sviluppo.
A partire dagli anni Sessanta Breer inizia la produzione di un altro importante corpus di opere, i «Floats», sculture di diverse dimensioni, materiali e forme, che come descritto nel titolo della serie, fluttuano nello spazio. Esse sono la rappresentazione tridimensionale delle forme astratte e anti-narrative che caratterizzano la sua precedente ricerca pittorica e soprattutto cinematografica. Queste forme semplici – che sembrano alludere con ironia al Minimalismo – si muovono liberamente nello spazio, a una velocità quasi impercettibile e cambiano traiettoria in caso di collisione.
L’ambiente circostante si aggiorna e si modifica continuamente, mentre le forme si scontrano e cambiano direzione. Opere come «Switz» (1965), «Borne» (1967), «Porcupine» (1967), «Float» (1970) e «Tambour» (1972) circondano lo spettatore, come fossero presenze animate e, rivelando gradualmente il proprio movimento, agiscono sulla percezione dell’istante e della presenza dei nostri corpi nello spazio fisico che ci circonda.
Una selezione di numerosi disegni racconta lo studio attento e meticoloso che l’artista dedica alla composizione e alla creazione di un sistema di associazioni nella fase che precede la realizzazione di film e sculture. I disegni offrono così allo spettatore la possibilità di esplorare ogni possibile interazione tra forme e colori e di soffermarsi a osservare quei dettagli che nei film scorrono troppo veloci per essere colti.
Le diverse anime che compongono l’opera di Robert Breer sono raccolte in mostra con l’intento di celebrare la profondità e la complessità di una ricerca visionaria e di raccontare un’indagine costante sul concetto di tempo, che – come suggerisce il titolo della mostra – vive sospeso, al limite tra il reale e l’astratto, tra la fissità e il movimento, tra la magia del fenomeno e l’assoluto.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Robert Breer, Three Stage Elevator, 1955. Huile sur toile, encadrée / Oil on canvas, framed / Olio su tela, incorniciato. 153 x 116 x 3,5 cm.
Signé et daté au dos / Signed and dated at the back / Firmato e datato sul retro. Courtesy Kate Flax, gb agency, Paris; [fig.2] Robert Breer, Float, 1970, Sculpture motorisée / Motorized sculpture / Scultura motorizzata. Coque en résine, moteur, roues et batterie / Resin coating, motor, wheels and battery / Rivestimento in resina, motore, ruote e batteria. 183 (h) x 180 cm (diam). Courtesy Kate Flax, gb agency, Paris; [fig. 3] Robert Breer, Borne, 1966-67. Sculpture motorisée / Motorized sculpture / Scultura motorizzata. Polystyrène peint, roues, moteur / Painted styrofoam, wheels, motor / Polistirolo verniciato, ruote, motore. 142 x 18 x 18 cm. Pièce unique / Unique piece / Pezzo unico. Courtesy Kate Flax, gb agency, Paris; [fig. 4] Robert Breer, Tucson #1, 2009. Sculpture motorisée / Motorized sculpture / Scultura motorizzata. 45 x 27,5 x 33,5 cm. Pièce unique / Unique piece / Pezzo unico. Courtesy Kate Flax, gb agency, Paris; [fig. 5] Robert Breer, Float, 1972. Sculpture motorisée / Motorized sculpture / Scultura motorizzata. Résine, peinture, bois, moteur, roues et batteries / Resin, paint, wood, motor, wheels and battery / Resina, vernice, legno, motore, ruote e batteria. 50 (h) x 100 (diam) cm. Pièce unique / Unique piece / Pezzo unico. Courtesy Kate Flax, gb agency, Paris

Informazioni utili 
«Time Out». Mostra persona di Robert Breer.Fondazione Antonio Dalle Nogare, Rafensteiner Weg, 19 – Bolzano. Informazioni: tel. 0471.971626. Sito internet: fondazioneantoniodallenogare.com. Orari d'apertura: da martedì a giovedì su prenotazione, venerdì, ore 17.00 - 19.00 con visita guidata gratuita alle ore 18.00, sabato 10.00 - 18.00 con visita guidata gratuita alle ore 11.00. Per accedere al museo è necessario essere in posso del coronapass. Tutte le info in merito al coronapass sono reperibili al link https://www.provincia.bz.it/sicurezza-protezione-civile/protezione-civile/corona-pass.aspLa mostra sarà visibile anche in presenza fino al 17 luglio 2021 

lunedì 17 maggio 2021

Da Photology una mostra on-line su Gianfranco Gorgoni, il fotografo della Land art

Ha fotografato buona parte dell’arte del secondo Novecento. Ci ha lasciato scatti memorabili di Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Keith Haring e John Chamberlain. Gianfranco Gorgoni (Roma, 24 dicembre 1941 – New York, 11 settembre 2019), fotografo abruzzese scomparso prematuramente nel settembre 2019, è al centro della nuova mostra virtuale di Photology, galleria che lo scorso 2 settembre, in risposta alla pandemia da Covid, che rende sempre più difficile la programmazione nei luoghi della cultura, ha lanciato la sua nuova piattaforma 3D, con un sistema di navigazione semplice e intuitivo che permette agli utenti di muoversi all’interno di uno spazio virtuale, ma allo stesso tempo del tutto realistico. I lavori esposti nei virtual tour di Photology possono essere ingranditi, guardati nei dettagli e visti da varie angolazioni; i testi, i contributi video e gli apparati informativi sono inseriti nel contesto espositivo per una omogeneità di informazione.
«Gorgoni Art U.S.A.»
, questo il titolo della nuova esposizione, è un doveroso omaggio a Gianfranco Gorgoni, artista del quale ricorre quest’anno l’ottantesimo anniversario della nascita e che nel corso del 2021 sarà celebrato dal Nevada Museum of Art con un focus sulle sue opere legate alla Land Art, al centro nel 2019/2020 anche del progetto «Photology Air», il primo parco per l’arte contemporanea fotografica in Sicilia, aperto nel 2018 a Noto all’interno della Tenuta Busulmone.
Nato a Roma nel 1941 nel 1986, all’età di ventisette anni, Gianfranco Gorgoni si trasferisce negli Stati Uniti, a New York, e da qui inizia, immortalando sulla pellicola gli spettacoli dei teatri sperimentali contemporanei come l’Open Theatre e il Living Theatre, il suo «corpo a corpo» col mondo della fotografia, con particolare attenzione alle nuove dinamiche sociali americane legate al mondo dei giovani e dell’arte.
Autore di immagini memorabili, la sua attività di foto-giornalista internazionale lo porta a lavorare nelle aree più a rischio del mondo: Iran, Iraq, Nicaragua, Libano, Pakistan, India, Afghanistan, Isole Faulkland, Giappone e Cina. Collabora con diversi magazine internazionali, quali «L’Espresso», il «New York Times», «Life», «Newsweek», che ne hanno riconosciuto l’unicità delle sue fotografie, capaci di immortalare le figure più rappresentative del secolo scorso, dal presidente Jmmy Carter a papa Karol Wojtyla, da Fidel Castro a Salvador Allende.
Nel 1969 Gianfranco Gorgoni attraversa l’America coast-to-coast a bordo di una vecchia Pontiac acquistata per 99 dollari e realizza un reportage sulle comuni hippies. Sulla via del ritorno decide di fermarsi a Woodstock in occasione del concerto rock più famoso della storia. Lì scatta, sul palco, delle foto indimenticabili, come quella a Jimi Hendrix, che finiscono sul mensile tedesco «Twen» e su «L’Espresso».
Importantissimo nella sua vita è l’incontro con il gallerista newyorkese Leo Castelli, che gli permette di conoscere e lavorare con gli artisti americani più importanti del XX secolo, come Andy Warhol, Richard Serra, Keith Haring, Robert Rauschenberg e James Rosenquist.
Leo Castelli affianca Gianfranco Gorgoni anche nel suo progetto sulla nuova avanguardia, che lo porterà a diventare il principale testimone del movimento della Land Art negli sconfinati paesaggi dei deserti non antropizzati americani, espressione del disagio degli artisti nei confronti dell’artificialità e della commercializzazione dell’arte, nonché dell’esigenza rivoluzionaria verso una nuova forma d’arte che porta alla scoperta e all’accettazione del non possesso dell’opera prodotta.
Nel 1976 fonda con altri fotografi l’Agenzia Contact, mentre nel 1985 esce il suo libro «Cuba Mi Amor», con una prefazione scritta da Gabriel Garcia Marquez e un testo di Fidel Castro.
A partire dalla fine degli anni Sessanta, Gianfranco Gorgoni immortala i principali artisti della Land Art anche durante l’esecuzione delle loro stesse opere, da Christo a Walter De Maria, da Michael Heizer a Nancy Holt, da Richard Serra a Robert Smithson. La progettazione di lavori monumentali in territori aperti e solitari, idealmente visibili dallo spazio, è spesso realizzata a quattro mani con il fotografo abruzzese, proprio per poter costruire nel modo più efficace possibile una «memoria» fotografica, l’unica traccia concreta di quei lavori performativi effimeri.
Non si può dimenticare in anni più recenti la collaborazione con Ugo Rondinone e altri giovani artisti che rendono Gianfranco Gorgoni una vera e propria icona fotografica della storia dell’arte contemporanea della seconda metà del Novecento.
A questi maestri della Land Art americana, sono dedicate due sezioni della mostra «Gorgoni Art U.S.A.». In particolare, «Special Outdoor Editions» è frutto di un lavoro di ricerca da parte del fotografo abruzzese nel campo dei materiali anti-UV in alta definizione e stampati direttamente su D-Bond. Queste opere dal valore scultoreo per peso e dimensioni possono, quindi, essere esposte, una volta acquisite, anche all’aperto in condizioni metereologiche estreme.
Tra le opere in mostra ci sono quelle dedicate alla celebre «Spiral Jetty» di Robert Smithson, alla «Seven Magic Mountains» di Ugo Rondinone e alla nota «Running Fence» di Christo, una recinzione continua, tesa da Est a Ovest per quasi quaranta chilometri tra alcuni declivi della campagna californiana, a nord di San Francisco.
Nota di pregio va, poi, riservata alla sezione della mostra intitolata «Vintage Prints», che allinea una selezione di stampe uniche e realizzate da Gianfranco Gorgoni al momento dello sviluppo dei negativi in bianco e nero: dalla celebre foto che immortala Keith Haring nell’atto di scavalcare una rete metallica di fronte al Queens Bridge (1985) a quella di Richard Serra che lavora nel magazzino newyorkese di Leo Castelli (1970), senza dimenticare l’immagine di Robert Rauschenberg rilassato nella piscina della casa di Le Corbusier’s (Hamedabad, India 1975) o quella di Andy Warhol sul suo letto o, ancora, la serie «Land Art – Michael Heizer ‘Motorcycle drawing’ Dry Lake» (Nevada 1970), composta da sei fotografie. Il tutto potrà essere visto fino al prossimo 31 maggio

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[Fig. 1] Gianfranco Gorgoni - Ugo Rondinone, Seven Magic Mountains - Sunrise 2016, dry Lake, Nevada 2016-18; [fig. 2] Gianfranco Gorgoni - Ugo Rondinone, Seven Magic Mountains, 2016; [fig. 3] Gianfranco Gorgoni, Jean-Michel Basquiat,  NYC 1983; [fig. 4]  Gianfranco Gorgoni, Andy Warhol on his bed, NYC 1971; [fig. 5] Gianfranco Gorgoni - Christo _ Jeanne Claude, Surrounded Island 1983, Portrait, Biscayne Bay, Miami, Florida, 1983-2018; [fig. 6] Gianfranco Gorgoni, Richard Serra working at Castelli warehouse in Harlem preparing a show for Leo, NYC 1970

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mercoledì 28 aprile 2021

Dal balletto «Pippi Calzelunghe» al tango argentino: Arte Tv celebra la Giornata mondiale della danza

L’incontro tra musica e movimento o, come affermava Federico García Lorca, il «camminare sull’acqua, ma dentro una fiamma» ha una sua giornata internazionale. Dal 1982, grazie a una decisione dell’Unesco, il 29 aprile di ogni anno si celebra la danza, una delle arti più antiche e quella che permette al corpo umano nella sua interezza di esprimersi con un linguaggio universale che non conosce barriere o confini.
In occasione della trentasettesima edizione, Arte Tv, canale culturale europeo presente anche in Italia, propone nove spettacoli di danza da guardare gratuitamente, che celebrano le diverse sfumature di questa disciplina, in un viaggio che spazia dal tango argentino alla performance contemporanea che sfrutta le potenzialità della tecnologia.
In attesa di poter ammirare nuovamente le performance di artisti e ballerini dal vivo e all’interno dei teatri, luoghi che in Italia hanno appena riaperto al pubblico e che hanno avuto poco tempo per organizzare eventi per questa data, la danza può, dunque, essere celebrata da casa.
Tra le proposte di Arte Tv c’è il balletto classico «Pippi Calzelunghe», andato in scena all’Opera di Helsinki e disponibile sulla piattaforma fino al 25 maggio. Il mondo fantasioso e straordinario della forzuta bambina con le trecce rosse e le lentiggini nata dalla penna dell’autrice svedese Astrid Lindgren è raccontato per l’occasione dal ballerino e coreografo svedese Pär Isberg e dalle musiche di Georg Riedel e Stefan Nilsson.
Tra gli spettacoli da vedere su Arte Tv c’è anche un balletto equestre: «Il Requiem di Mozart», disponibile fino al 17 maggio. Bartabas, celebre regista e coreografo di animali francese, e l’Accademia nazionale di Versailles invitano il pubblico a uno spettacolo pieno di poesia, con Marc Minkowski a dirigere l’orchestra «Les Musiciens du Louvre», il coro Salzburger Bachchor e i solisti Genia Kühmeier, Elisabeth Kulman, Julien Behr e Charles Dekeyser.
Dal mondo equestre si passa a quello della boxe con «La pugile innamorata», uno spettacolo musicale dove musica, danza e sport si incontrano tra emozioni, fisicità e ambiguità. Fonte di ispirazione è «La Boxeuse amoureuse», del cantautore francese Arthur H, una canzone del 2017, accompagnata da un videoclip suggestivo nel quale si affrontavano - simbolicamente - la ballerina étoilée Marie-Agnès Gillot e Roschdy Zem. A distanza di tre anni «La Seine Musicale» è stato adibito a ring per accogliere il ‘combattimento’ tra la stessa Gillot e il pugile professionista Souleymane Cissokho, sottolineato dalle note di H.
Altro balletto da non perdere è «Maria de Buenos Aires», un omaggio ad Astor Piazzolla visibile fino al 31 maggio. Lo spettacolo, che porta all’Opera nazionale del Reno di Strasburgo le musiche e le movenze del tango argentino, è diretto e coreografato da Matias Tripodi, affiancato per l’occasione dall’orchestra «La Grossa», diretta da Nicolas Agullo.
«Nomad», disponibile sulla piattaforma fino al 15 ottobre 2022, è, invece, un viaggio danzante nel deserto con Sidi Larbi Cherkaoui. Nato a Praga, il progetto ha ottenuto una fisionomia definitiva al Teatro nazionale della Bretagna di Rennes grazie alla mente visionaria del coreografo belga che ha unito il ritmo dei canti tradizionali delle musiche sufi, interpretate dalla compagnia Eastman, a quello della musica elettronica di Felix Buxton. Lo spettacolo evoca tutti gli elementi tipici di un ambiente tanto inospitale quanto affascinante e in grado di stimolare tra gli uomini aiuto reciproco, spiritualità e ricerca di libertà.
Dalle dune del deserto ci si può spostare virtualmente davanti alle onde del mare con «Acqua alta», spettacolo del duo francese Adrien M e Claire B (Adrien Mondot e Claire Bardainne) in cui poesia ed estetica si mescolano alla realtà virtuale grazie alle performance di realtà aumentata e dove la danza viene proiettata verso il futuro. Visibile sulla piattaforma fino al 6 gennaio 2022, la performance espone le tribolazioni di un uomo e una donna alle prese con l’alta marea e porta in scena un incontro fiabesco, tra danza e animazioni, e all’insegna del rispetto dell’ambiente.
Tra gli spettacoli da vedere su Arte Tv c’è anche, fino al 14 maggio, una rilettura del «Viaggio d’Inverno» di Franz Schubert, coreografato da Christian Spuck. Lo spettacolo, andato in scena nel 2021 all’Opera di Zurigo, si basa sul riarrangiamento del 1993 di Hans Zender (1936-2019), una versione per tenore e piccola orchestra.
Non manca un omaggio alla musica techno con «Work», visibile fino al 6 ottobre, un lavoro del duo tedesco Modeselektor per il suo quinto album pubblicato nell’aprile 2021. Le nuove tracce sono state, infatti, svelate sotto forma di «album visivo». Il film musicale è un’esperienza, un vero e proprio viaggio artistico che fa da palcoscenico alla surreale performance del ballerino statunitense Corey Scott-Gilbert.
Su Arte Tv si può, infine, vedere, fino al 5 febbraio 2022, «Prix de Lausanne 2021 - La finale», la quarantanovesima edizione di uno tra i più prestigiosi premi internazionali: venti i candidati in lizza provenienti da ogni parte del pianeta, ma pochissimi posti a disposizione per poter realizzare il proprio sogno e fare della danza il proprio lavoro.

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lunedì 19 aprile 2021

Samara editions, quando la performance artistica arriva per posta

Ha fatto il suo debutto lo scorso marzo a Oslo, al Festival internazionale di teatro. A fine maggio sarà a Utrecht, allo Spring Festival delle arti performative. Ed è una delle risposte più originali alla chiusura delle sale teatrali e alla necessità di immaginare nuove modalità di connessione tra attori e pubblico in questi lunghi mesi di mancata fruizione degli spettacoli dal vivo, causata dalla pandemia per il Coronavirus. Stiamo parlando del nuovo progetto di Samara editions, ideato dalla curatrice indipendente Eva Neklyaeva, dalla manager e produttrice culturale Lisa Gilardino e da Marco Cendron, art director dello studio di comunicazione Pomo di Milano.
Mentre l’Italia si prepara a riaprire i luoghi della cultura (la data fissata è quella di lunedì 26 aprile), la piattaforma samaraeditions.com, continua a spedire per posta, ai quattro angoli del pianeta, le sue performance in scatola.
Il nuovo format, nato tra Milano e Oslo, è già stato prodotto in oltre trecento esemplari e ha in programma, nel suo primo anno di attività, di diffondere sei performance on demand, tra cui due nuovi lavori di Kate McIntosh e Jenna Sutela.
L’originale progetto, realizzato con il supporto di Kone Foundation e The Finnish Cultural Foundation, è co-prodotto con il Black Box Teater di Oslo, lo Spielart Festival di Monaco di Baviera e il Vooruit Arts Centre di Gand.
A inaugurare la serie – alla quale è abbinato un canale Telegram (@samaraeditions), nato con lo scopo di offrire approfondimenti sulla scena performativa contemporanea attraverso articoli di artisti e curatori – è un lavoro di Chiara Bersani (Lodi, 1984), premio Ubu 2018 come migliore attrice under 35, che si è fatta apprezzare all’ultima edizione della Biennale danza di Venezia, nell’ottobre 2020, con la creazione «Gentle Unicorn».
La sua riflessione sul corpo, che trascende dalla disabilità con cui è nata (una forma medio- grave di osteogenesi imperfetta), ha portato l’artista lodigiana, che oggi vive nel Piacentino, a lavorare con Alessandro Sciarroni, Matteo Ramponi, Rodrigo Garcia, Jérôme Bel, Silvia Gribaudi e molti altri.
Per Samara editions, Chiara Bersani ha dato vita a una nuova collaborazione a quattro mani con la compositrice e ricercatrice sonora Ilaria Lemmo, che in anni recenti ha partecipato agli spettacoli «Il grande male, con tutto il bene» di Davide Grosso e «Frida: un nastro intorno alla bomba», omaggio alla pittrice messicana Frida Kahlo scritto e interpretato dall’attrice Francesca Cassottana. È nato così un lavoro dal titolo «Fionde», accompagnato da un volumetto, tra la poesia e il manuale d'istruzioni, che si compone di tracce sonore da ascoltare e di oggetti che forniscono agli spettatori il necessario per «inventare nuovi rituali», per creare la propria personale performance artistica.
Il percorso è modulato per una persona, una coppia, una comunità, divisa o unita, al di là di ogni confine geografico.
Non vengono fornite altre istruzioni per dare allo spettatore la possibilità di vivere un incontro con l’inaspettato. L’unica cosa certa è che dietro al lavoro, acquistabile a un prezzo promozionale di 23 euro, c’è una riflessione su come vivere il teatro nei giorni della pandemia, in un momento in cui spazi e abitudini culturali ci sono negati. «Durante lo scorso anno, - racconta, a tal proposito, Chiara Bersani - le forme sono mutate, le strutture distorte. La sfera privata è stata riscritta, la solitudine ha cambiato volto e la collettività smarrito i corpi. Celebrazioni e riti sono stati silenziati. I nostri immaginari si sono riempiti di deserti in cui è facilissimo smarrirsi e noi vorremmo solamente accettarlo, abbracciare la vertigine e trovare nuove strategie di orientamento».
L’utilizzo non convenzionale di formati e linguaggi, anche ora che le sale teatrali riaprono, è, dunque, una delle vie per guardare avanti, per scrivere il futuro post-pandemia. Lo racconta bene il progetto di Samara editions: una scatola di sorprese per emozioni tutte da sperimentare. 

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Samara Editions. Photo Alan Chies

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mercoledì 31 marzo 2021

Da Nexo + a VatiVision: piattaforme on demand per l’arte e la cultura

Sarà una Pasqua in zona rossa con i musei, i cinema e i teatri chiusi al pubblico. Come lo scorso Natale mostre e spettacoli saranno, dunque, fruibili unicamente on-line sui siti e sui canali social delle principali istituzioni culturali italiane.

9 mondi, 4 canali dedicati, 40 playlist e 1500 ore di contenuti: nasce Nexo +
Novità di questo inizio di primavera per chi è alla ricerca di concerti, film d’autore, contenuti d’arte, documentari, musica, opera, balletto, teatro, approfondimenti culturali è Nexo+, la piattaforma di contenuti on demand per un tempo libero di qualità ideata da Nexo Digital, la casa di produzione e distribuzione italiana che, negli ultimi anni, ha portato l’arte sui grandi schermi dei nostri cinema.
Lanciata lo scorso 10 marzo, Nexo + offre, attualmente, oltre millecinquecento ore di contenuti, suddivise in nove mondi da esplorare. Si spazia dalle biografie dei grandi personaggi del passato alla musica sinfonica e pop in scena nei più importanti teatri del mondo, dai film premiati dal pubblico e dalla critica alla storia del nostro Paese, dai balletti con danzatori icone dei tempi recenti agli eventi on stage, senza dimenticare la sezione «Current» con al centro le infinite sfaccettature del presente raccontate in una selezione di documentari italiani e internazionali sui grandi temi del mondo in cui viviamo: sostenibilità, diversity e diritti civili.
Nei prossimi mesi su Nexo + si parlerà anche di fotografia, fashion, masterclass e formazione, design, architettura e sport. Sono, inoltre, state pensate delle Playlist; al momento sono circa una quarantina quelle on-line e tra queste c’è «Le signore delle arti», una selezione di documentari e film dedicati a grandi attrici, pittrici e donne della cultura, realizzata in occasione della mostra allestita a Milano, nelle sale di Palazzo Reale, sulle grandi artiste del Cinquecento e Seicento, attualmente fruibile on-line attraverso una serie di visite guidate.
Inoltre, con cadenza mensile, tutti gli utenti registrati riceveranno il «Monthly Magazine» con tutte le indicazioni circa le novità della piattaforma. Tra queste, al momento, ci sono quattro costellazioni, quelle di Elisabetta Sgarbi, Far East Film Festival, Feltrinelli Real Cinema e Scuola Holden, vere e proprie mappe per orientarsi nel nostro presente, che spesso percorrono percorsi meno battuti.
Ideata come in «una piazza in cui ci si incontra più che in un rifugio esclusivo, Nexo + si propone – affermano dallo staff della piattaforma - come un luogo in cui il proprio tempo diventa uno spazio per la mente, dove nutrire le proprie passioni e dove scoprirne di nuove». L’intento è quello di stimolare la partecipazione attiva degli utenti offrendo «un luogo che promuove la curiosità, tutela le differenze, amplifica il sapere, il divertimento, l'emozione».

Dalla serie su Salvador Dalì allo spettacolo su Beethoven di Alessandro Baricco: le prime proposte di Nexo + per «un tempo libero di qualità»
Tra i primi spettacoli disponibili sulla piattaforma Nexo + c’è «Ludwig Van Beethoven | 5 cose da sapere sulla sua musica», di e con Alessandro Baricco, realizzato per il teatro Comunale di Ferrara, che vede in scena anche la pianista Gloria Campaner, particolarmente apprezzata per la sua versatilità, e i trenta giovanissimi musicisti dell’Orchestra Canova, tutti under 25, diretti dall’altrettanto giovanissimo Enrico Saverio Pagano. È, inoltre, possibile vedere, dallo scorso 27 marzo, il docu-film «Il terremoto di Vanja» di Vinicio Marchioni, che parte dal capolavoro «Zio Vanja» di Anton Čechov e conduce gli spettatori nella provincia italiana distrutta dal terremoto, a dieci anni dal sisma che ha colpito L’Aquila e a tre da quello di Amatrice, riportando l’attenzione sulle persone che ancora oggi combattono contro i danni subiti da quei tragici eventi. 
Grazie al dialogo ideale tra Marchioni e Čechov - a cui ha prestato la voce Toni Servillo – all’alternanza dei luoghi e delle situazioni filmate ora a colori, ora in bianco e nero e ai contributi di Andrej Končalovskij, Gabriele Salvatores e Fausto Malcovati, il film prende per mano lo spettatore e lo conduce in un molteplice viaggio, che è «un atto d’amore, verso il teatro, la letteratura e gli esseri umani che resistono».
Per gli appassionati della musica classica sono, invece, visibili i concerti dell’ultima edizione del Festival Salisburgo, quella del centenario. Tra le chicche si segnalano: tre esibizioni con i Wiener Philharmoniker, condotti da Nelsons, Thielemann e Dudamel; il concerto del pianista russo-tedesco Igor Levit con le ultime tre sonate per pianoforte di Beethoven; i recital di Juan Diego Flórez e quello della soprano bulgara Sonya Yoncheva; il concerto con Martha Argerich e il violinista Renaud Capuçon.
Mentre per gli amanti del cantautorato italiano c’è il documentario «Note di viaggio» di Andrea Longhin e Claudio Spanu, che raccolta la raccolta di Francesco Guccini composta da canzoni scelte dallo stesso cantautore insieme a Mauro Pagani, reinterpretate dalle grandi voci della musica italiana come, tra gli altri, Elisa, Ligabue, Giuliano Sangiorgi, Nina Zilli, Malika Ayane, Samuele Bersani, Luca Carboni, Zucchero, Fiorella Mannoia, Roberto Vecchioni, Vinicio Capossela e Gianna Nannini.
Il catalogo di Nexo + contempla, al momento, anche tre belle proposte per gli amanti della pittura e della storia antica: dal documentario «Il catalogo Goering - una collezione di arte e sangue» di Laurence Thiriat e con François Gonce (sulle oltre cinquemila opere accumulate dal numero due del Terzo Reich nella sua residenza di Carinhall) alla mini-serie «Salvador Dalì – La ricerca dell’immortalità» del regista David Pujol, senza dimenticare i sedici episodi di «Mille e una notte in Egitto» di Ernesto Pagano e Sandro Vannini, un lungo, appassionato viaggio lungo il Nilo tra geroglifici, gioielli, cucina, arte, navi, agricoltura, mobilio, moda, superstizioni, piramidi, dinamiche familiari, animali, musica, feste.

Tra le novità di VatiVision i film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» e «Un luogo, una carezza»

Mentre tutto tace sul fronte di «ItsArt, il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte», tanto voluto dal ministro Dario Franceschini, un’offerta culturale trasversale arriva anche da VatiVision, «la Netflix del Vaticano», piattaforma on-demand disponibile dallo scorso 8 giugno, nata dalla sinergia tra la società di produzione cinematografica «Officina della comunicazione» e «Vetrya», azienda di Orvieto leader nel settore della tecnologia.
«Cultura, arte e fede. Ovunque. Con te» è lo slogan di presentazione scelto, che spiega chiaramente i fili conduttori dell’offerta, il cui catalogo è in costante aggiornamento. La vita dei santi e dei papi, i luoghi sacri, i miracoli, la storia della Chiesa sono gli argomenti più trattati nei film e nei documentari presenti sulla piattaforma, ma non mancano proposte per gli amanti della pittura, della scultura e dei musei nelle sezioni «Vite per l’arte e nell’arte» ed «Elevarsi nell’arte». Tra i titoli disponibili ci sono: «Leonardo – Cinquecento» di Francesco Invernizzi, film uscito nelle sale in occasione dei cinquecento anni dalla morte del genio vinciano; il documentario «Botticelli – Inferno», per la regia di Ralph Loop, viaggio nella rappresentazione botticelliana dei gironi danteschi, fra gli Uffizi, gli archivi del Vaticano, Londra, Berlino e la Scozia; «Frida. Viva la vida» di Giovanni Troilo, racconto di un’icona del femminismo contemporaneo tra interviste esclusive, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e opere; «Hokusai dal British Museum» di Patricia Wheatley, primo film inglese dedicato al grande pittore giapponese della fine del Settecento. 
Tra le novità c’è il film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» di Jordan River, uscito lo scorso 25 novembre in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne promossa dall'Onu. Il docu-film, con l’attrice Angela Curri, ripercorre la storia della pittrice seicentesca, la prima donna a essere ammessa in un’Accademia di disegno e ad avere una propria bottega, la cui figura è stata a lungo legata alla storia dello stupro ad opera del pittore Agostino Tassi, che si concluse con un doloroso processo pubblico.
Da poco disponibile è anche il film «Un luogo, una carezza» del regista Marco Marcassoli, che racconta le fasi di realizzazione della chiesa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII a Bergamo, simbolo non solo di dolore o di sconfitta, ma anche casa capace di accogliere e ridare la vita. «Due importanti artisti internazionali, Stefano Arienti e Andrea Mastrovito, affiancati dal maestro vetraio Lino Reduzzi e dall’architetto Pippo Traversi, hanno lavorato insieme – si legge nella presentazione - per rendere speciale questo luogo di contemplazione e consolazione: un vero e proprio spazio di luce capace di offrire ristoro dinanzi alle difficoltà o alle sofferenze che sono inevitabilmente legate a una struttura ospedaliera». Fede, preghiera e vissuto si aprono così al racconto della bellezza in un film che la Cei ha inserito nel sussidio pastorale per la Quaresima e la Pasqua e che è per tutti, fedeli e non, una «contro-meditazione» sugli eventi di quest’ultimo anno, sulle immagini del Covid impresse nella nostra memoria, a partire da quella con la lunga colonna di mezzi militari con a bordo i feretri delle vittime,  sul dolore e sul senso di precarietà.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sonya Yoncheva, Cappella Mediterranea. Leonardo Alarcon, Festival di Salisburgo 2020; [figg. 2 e 3] Frame del film «Mille e una notte in Egitto» di Ernesto Pagano e Sandro Vannini; [fig. 4] Locandina del film «Il catalogo Goering - una collezione di arte e sangue» di Laurence Thiriat ; [fig. 5] Un frame del film «Salvador Dalì – La ricerca dell’immortalità» del regista David Pujol; [fig. 6] «Il terremoto di Vanja» di Vinicio Marchioni; [fig. 7] Locandina del film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» di Jordan River; [figg. 8 e 9] Un frame del film  «Un luogo, una carezza» del regista Marco Marcassoli

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mercoledì 3 marzo 2021

«Dear you», nella cassetta postale le lettere d’artista del Mambo di Bologna

«Caro amico, ti scrivo così mi distraggo un po’ / E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò…». Era il 1978 e Lucio Dalla, nel brano «L’anno che verrà», celebrava il piacere della scrittura epistolare. Oggi, con i social e le piattaforme di messaggistica sempre più imperanti nella nostra vita, abbiamo perso l’abitudine di prendere in mano carta e penna per mettere nero su bianco i nostri pensieri. A riscoprire il piacere della corrispondenza attraverso la spedizione postale è il Mambo di Bologna con il progetto «Dear you», a cura di Caterina Molteni, la cui identità visiva è firmata da Mattia Pajè.
Dopo aver esplorato nel 2020 la dimensione digitale, come molti musei in Italia colpiti dalla pandemia, l’istituzione felsinea si sposta, dunque, verso un medium più tradizionale con l’intento di accrescere le potenziali interazioni con il pubblico, dandogli e dandosi la possibilità di creare un rapporto tangibile con le opere, che sebbene non avvenga nello spazio espositivo non rinuncia a una fisicità non mediata dal digitale.
«Dear you» nasce da una riflessione sui confini e sulle potenzialità dello spazio intimo. Considerando le attuali condizioni di semi-isolamento a cui la popolazione mondiale è costretta, il progetto si sofferma sull'intimità non solo come sofferta solitudine, ma come luogo di una possibile e vitale auto-determinazione.
«Dear you» intende, dunque, osservare l’indagine introspettiva e il suo esercizio come spazio di trasformazione, concependo l’identità come una dimensione in divenire, possibile fonte di importanti rivoluzioni politiche e sociali, ma anche emotive e sentimentali.
Il progetto ideato da Caterina Molteni si propone, nello specifico, di rivalutare condizioni ed esperienze emotive come la fragilità e l'emotività, esaltandone gli elementi generativi. Incita a nuove forme di amore, erotismo, amicizia e lealtà, riflettendo su possibili risorse emotive e fisiche capaci di espandere il nostro spettro di auto rappresentazione e di desiderio personale e collettivo.
Questa particolare tipologia di mostra si struttura tramite sei interventi di artiste e artisti internazionaliHamja Ahsan (Londra, 1981), Giulia Crispiani (Ancona, 1986), Dora García (Valladolid, 1965), Allison Grimaldi Donahue (Middletown, 1984), David Horvitz (Los Angeles, 1982) e Ingo Niermann (Biefeled, 1969), che sono accomunati da una pratica fortemente legata alla poesia, alla scrittura e alla performance
La corrispondenza postale è la forma di comunicazione e di ricezione delle opere prescelta per il progetto.
Concepiti come poesie, brevi racconti, istruzioni per atti performativi e come dispositivi relazionali, i lavori che verranno realizzati dialogheranno con la dimensione creatrice del linguaggio, guardando alla lettura come un’esperienza trasformativa.
Allo stesso tempo, le artiste e gli artisti riflettono su temi di fondamentale rilevanza nella nostra contemporaneità come la perdita di contatto fisico e le relative ripercussioni sulla vita emotiva, la diminuzione della vita sociale condivisa e la necessità di creare nuove strategie di relazione e di cura, al di là dell’esperienza digitale.
«Dear you» richiama espressamente la corrispondenza amorosa per accentuare il forte intimismo innescato dalla ricezione di una lettera. In particolare si vuole sottolineare come la corrispondenza postale sia capace di alimentare dinamiche di cura grazie alla capacità di trasformare una voce lontana in qualcosa di tangibile e prossimo.
Il progetto permette, inoltre, la comunicazione e fruizione di opere d’arte fisiche oltre i confini geografici nazionali oggi bloccati e fortemente regolamentati dalle restrizioni imposte dalla pandemia globale, favorendo così lo scambio di idee e di gesti di attenzione.
Il Mambo invita il suo pubblico a partecipare e diventare lo «you» destinatario di questa corrispondenza artistica.
Per ogni iscrizione, che ha un costo di 20,00 euro per il biglietto intero e di 12,00 euro per i titolari di Card Cultura, «Dear you» prevede la spedizione di sei lettereuna per ogni artista coinvolto. Ogni busta conterrà un’opera in forma di lettera e un testo di accompagnamento sul progetto. È previsto l’invio di una lettera ogni due settimane, indicativamente tra marzo e maggio.
È Incluso nell’iscrizione un biglietto d’accesso alle collezioni del MAMbo del quale usufruire entro il 2021.
L’adesione a «Dear you» avviene tramite iscrizione online dal sito del MAMbo (www.mambo-bologna.org) fino al 14 marzo.
Durante la registrazione sarà richiesto l’indirizzo di spedizione al quale verranno recapitate le lettere.
Il progetto si apre, inoltre, alla possibilità di promuovere la formula della lettera sospesa: chiunque (privati, aziende, istituzioni) può acquistare dei pacchetti di abbonamenti e, fornendo la lista completa degli indirizzi, mandarli a gruppi di persone, associazioni, strutture assistenziali e istituti scolastici.
Con questa opportunità, così come accade con le mostre temporanee ospitate negli spazi del museo, sarà possibile strutturare insieme al Dipartimento educativo Mambo attività didattiche legate a ciascuna opera. Grazie a questa formula, saranno forniti al personale scolastico strumenti effettivi per laboratori didattici da svolgere in classe in concomitanza con la ricezione delle singole lettere.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alexa Karolinski e Ingo Niermann, Oceano de amor, 2019. Video still; [fig. 2] David Horvitz, Letters sent by David Horvitz to Ruth Wolf-Rehfeldt. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [fig. 3] David Horvitz, Lessons, 1 ottobre 2020 – 31 maggio 2021. Nassauischer Kunstverein, Wiesbaden, 2020. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [figg. 4 e 5] Dora García, EXILE, 2014 – in corso. Veduta di allestimento dell’installazione presso Witte de With Art Center (ora Melly Art Center), Rotterdam. Foto di Dora García; [fig. 6] Giulia Crispiani

Informazioni utili
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna, tel. +39.051.6496611 | Sito internet: www.mambo-bologna.org | Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna  | Instagram: @mambobologna | Twitter: @MAMboBologna | YouTube: MAMbo channel