ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 31 marzo 2021

Da Nexo + a VatiVision: piattaforme on demand per l’arte e la cultura

Sarà una Pasqua in zona rossa con i musei, i cinema e i teatri chiusi al pubblico. Come lo scorso Natale mostre e spettacoli saranno, dunque, fruibili unicamente on-line sui siti e sui canali social delle principali istituzioni culturali italiane.

9 mondi, 4 canali dedicati, 40 playlist e 1500 ore di contenuti: nasce Nexo +
Novità di questo inizio di primavera per chi è alla ricerca di concerti, film d’autore, contenuti d’arte, documentari, musica, opera, balletto, teatro, approfondimenti culturali è Nexo+, la piattaforma di contenuti on demand per un tempo libero di qualità ideata da Nexo Digital, la casa di produzione e distribuzione italiana che, negli ultimi anni, ha portato l’arte sui grandi schermi dei nostri cinema.
Lanciata lo scorso 10 marzo, Nexo + offre, attualmente, oltre millecinquecento ore di contenuti, suddivise in nove mondi da esplorare. Si spazia dalle biografie dei grandi personaggi del passato alla musica sinfonica e pop in scena nei più importanti teatri del mondo, dai film premiati dal pubblico e dalla critica alla storia del nostro Paese, dai balletti con danzatori icone dei tempi recenti agli eventi on stage, senza dimenticare la sezione «Current» con al centro le infinite sfaccettature del presente raccontate in una selezione di documentari italiani e internazionali sui grandi temi del mondo in cui viviamo: sostenibilità, diversity e diritti civili.
Nei prossimi mesi su Nexo + si parlerà anche di fotografia, fashion, masterclass e formazione, design, architettura e sport. Sono, inoltre, state pensate delle Playlist; al momento sono circa una quarantina quelle on-line e tra queste c’è «Le signore delle arti», una selezione di documentari e film dedicati a grandi attrici, pittrici e donne della cultura, realizzata in occasione della mostra allestita a Milano, nelle sale di Palazzo Reale, sulle grandi artiste del Cinquecento e Seicento, attualmente fruibile on-line attraverso una serie di visite guidate.
Inoltre, con cadenza mensile, tutti gli utenti registrati riceveranno il «Monthly Magazine» con tutte le indicazioni circa le novità della piattaforma. Tra queste, al momento, ci sono quattro costellazioni, quelle di Elisabetta Sgarbi, Far East Film Festival, Feltrinelli Real Cinema e Scuola Holden, vere e proprie mappe per orientarsi nel nostro presente, che spesso percorrono percorsi meno battuti.
Ideata come in «una piazza in cui ci si incontra più che in un rifugio esclusivo, Nexo + si propone – affermano dallo staff della piattaforma - come un luogo in cui il proprio tempo diventa uno spazio per la mente, dove nutrire le proprie passioni e dove scoprirne di nuove». L’intento è quello di stimolare la partecipazione attiva degli utenti offrendo «un luogo che promuove la curiosità, tutela le differenze, amplifica il sapere, il divertimento, l'emozione».

Dalla serie su Salvador Dalì allo spettacolo su Beethoven di Alessandro Baricco: le prime proposte di Nexo + per «un tempo libero di qualità»
Tra i primi spettacoli disponibili sulla piattaforma Nexo + c’è «Ludwig Van Beethoven | 5 cose da sapere sulla sua musica», di e con Alessandro Baricco, realizzato per il teatro Comunale di Ferrara, che vede in scena anche la pianista Gloria Campaner, particolarmente apprezzata per la sua versatilità, e i trenta giovanissimi musicisti dell’Orchestra Canova, tutti under 25, diretti dall’altrettanto giovanissimo Enrico Saverio Pagano. È, inoltre, possibile vedere, dallo scorso 27 marzo, il docu-film «Il terremoto di Vanja» di Vinicio Marchioni, che parte dal capolavoro «Zio Vanja» di Anton Čechov e conduce gli spettatori nella provincia italiana distrutta dal terremoto, a dieci anni dal sisma che ha colpito L’Aquila e a tre da quello di Amatrice, riportando l’attenzione sulle persone che ancora oggi combattono contro i danni subiti da quei tragici eventi. 
Grazie al dialogo ideale tra Marchioni e Čechov - a cui ha prestato la voce Toni Servillo – all’alternanza dei luoghi e delle situazioni filmate ora a colori, ora in bianco e nero e ai contributi di Andrej Končalovskij, Gabriele Salvatores e Fausto Malcovati, il film prende per mano lo spettatore e lo conduce in un molteplice viaggio, che è «un atto d’amore, verso il teatro, la letteratura e gli esseri umani che resistono».
Per gli appassionati della musica classica sono, invece, visibili i concerti dell’ultima edizione del Festival Salisburgo, quella del centenario. Tra le chicche si segnalano: tre esibizioni con i Wiener Philharmoniker, condotti da Nelsons, Thielemann e Dudamel; il concerto del pianista russo-tedesco Igor Levit con le ultime tre sonate per pianoforte di Beethoven; i recital di Juan Diego Flórez e quello della soprano bulgara Sonya Yoncheva; il concerto con Martha Argerich e il violinista Renaud Capuçon.
Mentre per gli amanti del cantautorato italiano c’è il documentario «Note di viaggio» di Andrea Longhin e Claudio Spanu, che raccolta la raccolta di Francesco Guccini composta da canzoni scelte dallo stesso cantautore insieme a Mauro Pagani, reinterpretate dalle grandi voci della musica italiana come, tra gli altri, Elisa, Ligabue, Giuliano Sangiorgi, Nina Zilli, Malika Ayane, Samuele Bersani, Luca Carboni, Zucchero, Fiorella Mannoia, Roberto Vecchioni, Vinicio Capossela e Gianna Nannini.
Il catalogo di Nexo + contempla, al momento, anche tre belle proposte per gli amanti della pittura e della storia antica: dal documentario «Il catalogo Goering - una collezione di arte e sangue» di Laurence Thiriat e con François Gonce (sulle oltre cinquemila opere accumulate dal numero due del Terzo Reich nella sua residenza di Carinhall) alla mini-serie «Salvador Dalì – La ricerca dell’immortalità» del regista David Pujol, senza dimenticare i sedici episodi di «Mille e una notte in Egitto» di Ernesto Pagano e Sandro Vannini, un lungo, appassionato viaggio lungo il Nilo tra geroglifici, gioielli, cucina, arte, navi, agricoltura, mobilio, moda, superstizioni, piramidi, dinamiche familiari, animali, musica, feste.

Tra le novità di VatiVision i film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» e «Un luogo, una carezza»

Mentre tutto tace sul fronte di «ItsArt, il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte», tanto voluto dal ministro Dario Franceschini, un’offerta culturale trasversale arriva anche da VatiVision, «la Netflix del Vaticano», piattaforma on-demand disponibile dallo scorso 8 giugno, nata dalla sinergia tra la società di produzione cinematografica «Officina della comunicazione» e «Vetrya», azienda di Orvieto leader nel settore della tecnologia.
«Cultura, arte e fede. Ovunque. Con te» è lo slogan di presentazione scelto, che spiega chiaramente i fili conduttori dell’offerta, il cui catalogo è in costante aggiornamento. La vita dei santi e dei papi, i luoghi sacri, i miracoli, la storia della Chiesa sono gli argomenti più trattati nei film e nei documentari presenti sulla piattaforma, ma non mancano proposte per gli amanti della pittura, della scultura e dei musei nelle sezioni «Vite per l’arte e nell’arte» ed «Elevarsi nell’arte». Tra i titoli disponibili ci sono: «Leonardo – Cinquecento» di Francesco Invernizzi, film uscito nelle sale in occasione dei cinquecento anni dalla morte del genio vinciano; il documentario «Botticelli – Inferno», per la regia di Ralph Loop, viaggio nella rappresentazione botticelliana dei gironi danteschi, fra gli Uffizi, gli archivi del Vaticano, Londra, Berlino e la Scozia; «Frida. Viva la vida» di Giovanni Troilo, racconto di un’icona del femminismo contemporaneo tra interviste esclusive, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e opere; «Hokusai dal British Museum» di Patricia Wheatley, primo film inglese dedicato al grande pittore giapponese della fine del Settecento. 
Tra le novità c’è il film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» di Jordan River, uscito lo scorso 25 novembre in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne promossa dall'Onu. Il docu-film, con l’attrice Angela Curri, ripercorre la storia della pittrice seicentesca, la prima donna a essere ammessa in un’Accademia di disegno e ad avere una propria bottega, la cui figura è stata a lungo legata alla storia dello stupro ad opera del pittore Agostino Tassi, che si concluse con un doloroso processo pubblico.
Da poco disponibile è anche il film «Un luogo, una carezza» del regista Marco Marcassoli, che racconta le fasi di realizzazione della chiesa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII a Bergamo, simbolo non solo di dolore o di sconfitta, ma anche casa capace di accogliere e ridare la vita. «Due importanti artisti internazionali, Stefano Arienti e Andrea Mastrovito, affiancati dal maestro vetraio Lino Reduzzi e dall’architetto Pippo Traversi, hanno lavorato insieme – si legge nella presentazione - per rendere speciale questo luogo di contemplazione e consolazione: un vero e proprio spazio di luce capace di offrire ristoro dinanzi alle difficoltà o alle sofferenze che sono inevitabilmente legate a una struttura ospedaliera». Fede, preghiera e vissuto si aprono così al racconto della bellezza in un film che la Cei ha inserito nel sussidio pastorale per la Quaresima e la Pasqua e che è per tutti, fedeli e non, una «contro-meditazione» sugli eventi di quest’ultimo anno, sulle immagini del Covid impresse nella nostra memoria, a partire da quella con la lunga colonna di mezzi militari con a bordo i feretri delle vittime,  sul dolore e sul senso di precarietà.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sonya Yoncheva, Cappella Mediterranea. Leonardo Alarcon, Festival di Salisburgo 2020; [figg. 2 e 3] Frame del film «Mille e una notte in Egitto» di Ernesto Pagano e Sandro Vannini; [fig. 4] Locandina del film «Il catalogo Goering - una collezione di arte e sangue» di Laurence Thiriat ; [fig. 5] Un frame del film «Salvador Dalì – La ricerca dell’immortalità» del regista David Pujol; [fig. 6] «Il terremoto di Vanja» di Vinicio Marchioni; [fig. 7] Locandina del film «Artemisia Gentileschi, pittrice guerriera» di Jordan River; [figg. 8 e 9] Un frame del film  «Un luogo, una carezza» del regista Marco Marcassoli

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martedì 30 marzo 2021

Tre virtual tour per il progetto ravennate «Dante. Gli occhi e la mente»

È visibile anche sul Web il progetto «Dante. Gli occhi e la mente», che riunisce le tre mostre promosse dal Comune di Ravenna e organizzate dal Mar - Museo d'arte della città e dalla Biblioteca classense, in occasione del settimo centenario della morte di Dante Alighieri.
In un momento storico così particolare e difficile, che ha reso inagibili tanti luoghi di cultura su tutto il territorio nazionale, in molti non si sono fermati, ma anzi hanno lavorato intensamente per portare mostre e collezioni museali nelle case degli italiani e non solo.
Punta sull’offerta digitale anche la città di Ravenna che, in collaborazione con Zeranta Edutainment Srl, ha dato vita a una piattaforma con tre virtual tour, che permettono di visionare ben sette ambienti virtuali a 360°, oltre un centinaio di opere e circa sessanta contenuti multimediali tra interviste, piccoli documentari e un divertente video musicale pop, che contiene un brano composto ed eseguito per l’occasione dal cantautore e teatrante Ivan Talarico. La popolarità dei versi di «Dante, il sommo poeta dal naso importante, persona volgare e talvolta scostante», come recita con ironia l’incipit della canzone, viene ripercorsa, con questo contributo, attraverso la citazione di brani di noti cantautori, da Antonello Venditti e Fabrizio De Andrè, che si solo fatti suggestionare dalla storia di Paolo e Francesca, a Luciano Ligabue e Daniele Silvestri, che hanno preso a prestito il verso «nel mezzo del cammin di nostra vita», senza dimenticare Francesco Gabbani, Franco Battiato e Gianluca Grignani. Il video fa parte del percorso promozionale di «Un’epopea pop», la mostra curata da Giuseppe Antonelli, professore di linguistica all’Università di Pavia, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo 4 settembre al Mar - Museo d’arte della città.
Dalle illustrazioni di Gustav Dorè alle figurine dei dadi Liebig, dall’«Inferno» di Topolino alla pubblicità della Magnesia San Pellegrino, dalle monete ai francobolli, il virtual tour racconta la fortuna dell’Alighieri e della sua «Commedia» in un viaggio che spazia dal Trecento ai giorni nostri. Nel video iniziale Giuseppe Antonelli spiega, infatti, che il poeta era già famoso ai suoi tempi e, a conferma di questa tesi, riporta un episodio tramandato nelle «Trecentonovelle» di Franco Sacchetti, nel quale si racconta di Dante che, passeggiando per Firenze, sente prima un fabbro poi un asinaio cantare pezzi del suo libro. E tutte e due le volte si arrabbia: col primo perché «tramestava i versi suoi, smozzicando e appiccando»; col secondo perché, «quando avea cantato un pezzo, toccava l’asino, e diceva: Arri».
Intrecciato alla mostra, il Mar propone un percorso d’arte contemporanea, a cura di Giorgia Salerno, con una selezione di opere di artisti contemporanei scelte in attinenza concettuale a riferimenti danteschi con temi guida come le anime, la figura femminile, il sogno, il viaggio e la luce. Edoardo Tresoldi, Richard Long, Kiki Smith e Robert Rauschenberg sono solo alcuni degli artisti che sarà possibile incontrare nel virtual tour, che si chiude con «Stella-acidi» di Gilberto Zorio, uno tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera.
Un’altra mostra non ancora allestita, ma che si può già in parte visitare on-line, è «Le arti al tempo dell’esilio», a cura di Massimo Medica, direttore dei Musei civici di arte antica di Bologna, in programma dal 24 aprile al 4 luglio nella Chiesa di San Romualdo. Brevi interventi audio spiegano alcune delle preziose opere trecentesche che comporranno il percorso espositivo, a partire dal «Polittico di Badia» di Giotto - importante prestito delle Gallerie degli Uffizi - che l'artista realizzò per l'altare maggiore della Badia Fiorentina, chiesa vicina all'allora abitazione di Dante a Firenze, e che, con ogni probabilità, il poeta ebbe modo di vedere durante la sua realizzazione. Cimabue, Arnolfo di Cambio, Giovanni e Nicola Pisano sono gli altri artisti documentati nella mostra virtuale, che si chiude con la visita a 360° del ciclo di affreschi per Santa Chiara in Ravenna, attribuito a Pietro da Rimini.
Sul portale, realizzato con la consulenza di Jader Giraldi e la produzione multimediale di Flatmind Videoproduction, è possibile vedere anche la mostra «Inclusa est flamma. Ravenna 1921: Il secentenario della morte di Dante», a cura di Benedetto Gugliotta, attualmente allestita nel Corridoio Grande della Biblioteca Classense. Libri, manifesti, fotografie, dipinti, manoscritti e numerosi oggetti d'arte offerti come omaggio a Dante e alla città che fu il suo «ultimo rifugio» raccontano l'amore degli italiani verso quello che viene considerato il padre della nostra lingua. A scandire il percorso ci sono diversi Albi di firme della Tomba di Dante e della Classense, con autografi di visitatori illustri, ma anche di comuni cittadini. 
Lungo il percorso espositivo sono presenti, inoltre, il manifesto realizzato da Galileo Chini per il seicentenario e i sacchi in tela di juta, contenenti foglie di alloro in omaggio a Dante, donati da Gabriele D'Annunzio e decorati da Adolfo De Carolis con il motto «Inclusa est flamma» («la fiamma è all'interno»). Sul portale non manca, infine, una testimonianza dei lavori di restauro alla Tomba di Dante, con un intervento di Maurizio Tarantino, il direttore della Biblioteca Classense, che racconta come il titolo del progetto ravennate sia ispirato a un verso del canto XXVII del «Paradiso»: «pigliare occhi, per aver la mente», ovvero catturare l'attenzione attraverso lo sguardo dello spettatore per averne il pensiero.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] [Fig. 1] Galileo Chini, Dante, 1921, manifesto per il secentenario della morte di Dante Alighieri. È esposta nella mostra «Dante. Gli occhi e la mente. Inclusa est flamma. Ravenna 1921: il Secentenario della morte di Dante», Biblioteca Classense; [fig. 2] Virtual tour della mostra «Un’epopea pop»; [fig. 3] Giotto, «Polittico di Badia», tempera su tavola, 142x337cm, 1300 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi; [fig. 4] Maestro della Croce 434, «San Francesco riceve le stimmate», tempera e oro su tavola, 81x51cm, 1250 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi; [fig. 5] Virtual tour della mostra «Le arti al tempo dell’esilio» 
 
Informazioni utili
Per accedere alla piattaforma: www.mar.ra.it/dante-vitual-tour-2021

lunedì 29 marzo 2021

«Foresta M9», a Mestre seicento essenze arboree e duecento alberi per un’installazione green

Querce, carpini, farnie, oppi, olmi campestri, frassini, ciliegi, sanguinelle, noccioli, cornioli, sambuchi, frangole, biancospini, ligustri, rose canine, prugnoli e lantane: sono quasi seicento le essenze arboree scelte per la mostra, a cura di Luca Molinari e Claudio Bertorelli, che segna la ripartenza di M9 – Museo del Novecento a Mestre. Centoottanta alberi, alti fino a quattro metri, vanno a comporre una vera e propria foresta, un’oasi di pace e serenità, che sovrasta con la sua chioma la variegata vegetazione sottostante, tipica del sottobosco, con altezze tra i trenta e i quaranta centimetri, suggellando da un lato l’emblematico significato di risveglio, ripresa e rinascita, e celebrando dall’altro il forte legame con le radici della città lagunare e il territorio che le fa da cornice. L’installazione è riflessa sulle pareti del terzo piano del museo, grazie all’applicazione di una pellicola a specchio, sottolineando così il rapporto che unisce il territorio veneto ai suoi boschi e, nello stesso tempo, raccontando il fascino paesaggistico di un territorio che ha pochi eguali in Italia.
Quella foresta temporanea nel cuore di M9, luogo emotivo ed essenziale nella sua semplicità, vuole, dunque, essere anche una testimonianza della grande attenzione e lungimiranza del comprensorio veneziano, che, già dai tempi della Serenissima, rivolge la propria attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. «Da almeno due decenni la terra veneta – ricordano, a tal proposito, i curatori - è teatro di pratiche di paesaggio finalizzate a rifondare, entro il 2050, il suo arcipelago di foreste, almeno fino alle dimensioni dei gloriosi tempi veneziani: 7.000 ettari di rovereti di pianura necessari alla flotta per mare, pari all’1% della superficie estesa. Tutto è cominciato grazie a comunità locali che hanno deciso di prendersi cura dei luoghi abitati, consapevoli e responsabili nei confronti delle generazioni future».
«Foresta M9. Un paesaggio di idee, comunità e futuro»
– questo il titolo della mostra a Mestre - non è, dunque, solo una suggestiva installazione temporanea, ma anche un dispositivo di orientamento culturale e politico per restituire senso a un territorio che è insieme urbano e rurale. L’esposizione vuole, inoltre, essere un gesto tangibile per le sue comunità di riferimento; per questo motivo, a conclusione della mostra, sette comuni di medie e grandi dimensioni della pianura veneta - Concordia Sagittaria, San Donà di Piave, San Stino di Livenza, Venezia, Padova, Treviso e Cessalto - riceveranno in dono da M9 alcuni degli alberi che animano l’installazione, per rinvigorire o dare avvio ad altrettante foreste che arricchiranno il territorio. Mentre le piante più giovani saranno donate, a fine mostra, ai cittadini per un collettivo guerrilla gardening che diffonda l'arte di coltivare la biodiversità, nel proprio giardino o nel proprio quartiere.
L’idea di questo dono nasce da un’idea vincente, che dovrebbe essere centrale nel fare di molti, se non di tutti noi: «gli alberi -raccontano ancora i curatori - non sono un ornamento alla moda, non lavano il nostro senso di colpa e l'indifferenza, ma sono nostri compagni di viaggio, vivono con noi, sono più di noi e ci ricordano che tutti apparteniamo a un mondo che sta soffrendo troppo e che merita conoscenza, cura e amore».
L’esperienza green di «Foresta M9» non si esaurirà con la mostra, ma prevede anche un «semestre verde» di laboratori e incontri, che si muove nel solco della vocazione ecosostenibile con cui il Polo M9, laboratorio permanente del contemporaneo ideato nel 2018, è stato progettato da Matthias Sauerbruch e Louisa Hutton. Nei prossimi mesi saranno, dunque, approfonditi i temi dell’Agenda 2030 dell’Onu per l’ambiente, organizzati laboratori e iniziative per bambini e ragazzi, con visite e letture dedicate agli alberi, giungendo all’inaugurazione della prima mostra satellite dedicata ai grandi alberi della storia italiana.
La presentazione di «Foresta M9», avvenuta rigorosamente in streaming secondo le disposizioni vigenti in materia di contrasto alla diffusione del Coronavirus e delle sue varianti, è stata anche l’occasione per far conoscere «M9 Impatto Zero», il progetto greentech, eseguito da RnB4culture, che intende rendere il complesso veneto il più grande museo italiano a impatto energetico zero. Il progetto si avvia in questi giorni con l’installazione di un nuovo grande impianto fotovoltaico sui tetti degli edifici del distretto M9, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità energetica entro il prossimo triennio. «L'impianto - raccontano dal museo - porterà a una espansione della potenza da 80 a 270 kW. RnB4culture sta realizzando l'intervento con 995 metri quadri di pannelli solari senza impatto visivo, con una produzione totale attesa di 6,4 milioni di kWh».
L’installazione sarà aperta al pubblico appena le condizioni legate alla situazione pandemica lo renderanno possibile, ma può già essere vista on-line grazie a una serie di appuntamenti. Si spazia dai «Forest sound» (il prossimo ci sarà venerdì 23 aprile, alle ore 21), concerti nella natura diffusi sui canali social di M9, agli incontri della rassegna «Il mio 900 in verde» (lunedì 29 marzo con Daniele Zovi, mercoledì 31 marzo con Giustino Mezzalira e lunedì 5 aprile con Maurizio Dissegna), dalle attività per i più piccoli (giovedì 1°, 8, 15 e 22 aprile) alle quattro lezioni (sabato 3, 10, 17 e 24 aprile) in streaming di yoga con Laura Lena. Foresta M9 ci offre così una pausa virtuale a contatto con la natura e ci regala un piccolo, ma significativo, attimo di pace dell’anima, «un'esperienza sensoriale e culturale unica – racconta Luca Molinari - in un momento in cui tutti noi siamo stati costretti nelle nostre case».

Didascalie delle immagini
Le fotografie sono di Alessandro Scarpa. Si ringrazia per le immagini lo studio associato di giornalisti BonnePresse di Milano

Informazioni utili
L’installazione sarà aperta al pubblico non appena le condizioni legate alla situazione pandemica lo renderanno possibile. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.m9museum.it

venerdì 26 marzo 2021

Una nuova identità visiva per l’Asolo art film festival. Ola Niepsuj firma l’immagine guida dell’edizione 2021

Dagli anni Settanta racconta il meglio della produzione cinematografica legata ai film sull’arte e sulle biografie degli artisti. Stiamo parlando dell’Asolo art film festival, nato nel 1973 quale distaccamento della Biennale d’arte di Venezia su impulso della critica e saggista Flavia Paulon e patrocinato all’epoca da Unesco. Per la trentanovesima edizione, in agenda dal 24 al 27 giugno (pandemia permettendo), la manifestazione, che vede alla direzione artistica Thomas Torelli, si rinnova e trova a Sarmede, il «paese della fiaba», un’altra eccellenza veneta, la sua nuova identità visiva.
Alla selezione dell’immagine ha, infatti, preso parte la Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia e in particolare il suo presidente Umberto di Remigio, che ha messo a disposizione dell’Asolo art film festival, una rosa di opere ricevute nell’ultimo biennio da autori di tutto il mondo.
La scelta è caduta su un disegno dell’artista e illustratrice polacca Ola Niepsuj, scelto da Thomas Torelli per esprimere visivamente il tema del festival 2021: «Fai della tua vita un’opera d’arte».
L’immagine selezionata è stata, poi, elaborata graficamente da Saglietti.Branding+Digital di Torino.
«In questa raffigurazione – spiega il direttore del festival - ho riconosciuto quei sentimenti di allegria e speranza che dovranno accompagnare noi e le generazioni future nei prossimi decenni, fondamentali per creare quel futuro che tutti auspichiamo in cui possa rinascere un nuovo umanesimo e una coscienza maggiore di comunità come genere umano, non ‘proprietario’ del pianeta terra, ma ‘appartenente’ al sistema pianeta terra».
In questa immagine troviamo vari elementi che conducono verso questo auspicio. Ci sono tre figure che rappresentano: il nostro passato con un adulto, il nostro presente con un bambino e la natura con un cane, tutti rivolti verso destra, che guardano avanti, quindi, verso il futuro.
Sono vicini, formano un gruppo, una comunità, ma l’adulto, a differenza del bambino e del cane, raffigurati in cammino, è fermo, come a volerli accompagnare con lo sguardo verso il futuro, come a dire «andate avanti, io mi fermo qui, non voglio portare i miei errori nel futuro».
L’adulto disegnato con la testa piccola, quasi a simboleggiare il suo dolore per gli errori commessi, spinge il bambino, con la testa enorme, piena di idee rivoluzionarie, e il suo cane, a vivere le loro vite come opere d’arte.
A coronare il tutto abbiamo il sole, logo storico del festival, simbolo eterno di rinascita e speranza che rende tutto colorato, come in una sorta di nuova primavera che porterà a un’estate di pace e armonia.
Lo stile grafico dell’immagine è chiaramente di ispirazione futurista richiamando ancora una volta quella speranza nel futuro e nel cambiamento, sebbene basata su presupposti e strumenti decisamente diversi, che animò i primi decenni del XX secolo.
«Asolo Art film festival 2021 – spiega ancora Thomas Torelli - lancia così un messaggio di opposizione all’omologazione e alla cupezza del periodo, attraverso la spinta creativa che l’arte infonde in tutti gli individui. Invita a credere nella forza creativa che alberga in ognuno di noi e che attraverso la spinta catartica dell’arte può emergere facendoci trovare la nostra vera via». 

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giovedì 25 marzo 2021

Buon compleanno, Dams. A Bologna mostre, spettacoli e incontri per i cinquant’anni del corso di laurea che mette in cattedra l’arte

Ci sono idee che fanno la storia. È il caso della felice intuizione avuta negli anni Settanta del grecista Benedetto Marzullo, membro del Consiglio superiore di pubblica istruzione e grande amante del teatro, al quale si deve la nascita del Dams di Bologna, il corso di laurea in discipline delle arti, della musica e dello spettacolo che portò a insegnare sotto le Torri personalità del calibro di Umberto Eco, Renato Barilli, Luciano Anceschi, Gianni Polidori, Luigi Squarzina, Thomas Maldonato, Paolo Monti, Giuliano Scabia, Carlo Volpe, Roberto Leydi, Gianni Celati, Furio Colombo e molti altri.
Era il 1971 e chi voleva fare della cultura il suo lavoro aveva finalmente un ateneo dove studiare e specializzarsi. Ma non fu facile dare vita, all’interno della Facoltà di lettere e filosofia di Bologna, a quel laboratorio di sperimentazione, di utopia e di critica culturale che metteva in cattedra la creatività in ogni sua forma. Nell’Italia che viveva tutte le tensioni politiche ed economiche dei cosiddetti «anni di piombo», quella sfida visionaria «non aveva - affermò, tempo dopo, lo stesso Benedetto Marzullo - precedenti, ma solo avversari», sia all’interno della gloriosa Alma Mater Studiorum, che si avvicinava ai novecento anni di storia, sia in città, dove per molto tempo gli studenti del Dams vennero visti come un gruppo di scapestrati e «caciaroni», poco dediti allo studio, «da evitare assolutamente – ricorda Cristian Tracà -, come inquilini per i proprietari e come coinquilini per i ‘veri studenti’, la futura classe dirigente».
Ma il mondo, si sa, è di chi ha il coraggio di credere nei propri sogni e gli stereotipi e i pregiudizi, le etichette appiccicate velocemente e distrattamente, sono fatte solo per ingannare la mente.
Quei giovani intellettuali che riempivano a dismisura l’Aula Magna per ascoltare Umberto Eco in un pirotecnico assolo che mischiava semiotica e letteratura, cinema e fumetto, o che, con il drammaturgo Giuliano Scabia, coloravano Bologna lanciando in cielo piccole mongolfiere erano destinati a diventare la classe dirigente di un settore che, purtroppo, è ancora oggi la Cenerentola dell’economia italiana, quello dell’industria culturale, ma anche ad affermarsi nel giornalismo, nella televisione e persino in politica. Sui banchi del Dams si sono, infatti, seduti il musicista Paolo Fresu, la giornalista Milena Gabanelli, lo scrittore e saggista Pier Vittorio Tondelli, il fumettista Andrea Pazienza, il cantautore Roberto «Freak» Antoni, il regista Carlo Mazzacurati, il conduttore Patrizio Roversi, il politico Gianni Cuperlo e una schiera di ragazzi e ragazze con l’ambizione di diventare attori, registi, compositori, artisti, pubblicitari, curatori, drammaturghi, musicisti.
Talento, passione e sensibilità, talvolta voglia di andare controcorrente e di sfidare i limiti, ma anche rigore, disciplina e impegno: era questo che si insegnava, e tuttora si insegna, al Dams di Bologna, un progetto che è stato, poi, «esportato» in più parti d’Italia, da Torino a Firenze, da Roma a Palermo.
Da quel 1971 che vide nel capoluogo emiliano la nascita del primo corso di laurea in discipline delle arti, della musica e dello spettacolo sono passati cinquant’anni; per festeggiare questo importante traguardo è stato organizzato un lungo e ricco calendario di appuntamenti culturali, on-line e in presenza: incontri, dialoghi con ex alunni, mostre, una laurea honoris causa, convegni, spettacoli e, pandemia permettendo, una festa lunga tre giorni – dal 18 al 20 giugno – in piazza Maggiore e in diversi luoghi del centro storico.
«Smettere di evolverci: l’unica cosa che non impareremo mai»
è lo slogan scelto dall’agenzia creativa The Big Now/mcgarrybowen, con BAM! Strategie culturali, per pubblicizzare questa iniziativa, ribattezzata «Dams50», che raccoglie una trentina di eventi, a partire da una serie di live-streaming attraverso la pagina Facebook e YouTube di DAMSLAb/LaSoffitta, con professionisti passati dai banchi dell’ateneo bolognese. Fra le testimonianze in programma ci sarà, giovedì 25 marzo, quella del curatore e critico d'arte contemporanea Massimiliano Gioni, in conversazione con Roberto Pinto; mentre mercoledì 31 sarà Chiara Alessi a parlare di cultura materiale, di design e della sua ormai celebre rubrica #designinpigiama, insieme con Anna Rosellini e Francesco Spampinato.
Molto ricco è anche il programma di aprile e maggio: in agenda ci sono gli incontri con l’attore e regista Toni Servillo (laureato ad honorem nel 2015), il giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi, il regista Romeo Castellucci, il trombettista Paolo Fresu, il giornalista Riccardo Iacona e il cantautore Giovanni Lindo Ferretti, ma anche gli appuntamenti in absentia dedicati alla memoria di Tondelli, Pazienza, «Freak» Antoni e Mazzacurati.
Il cartellone prevede anche tre progetti espositivi. Si inizierà il 24 aprile, al Museo della musica in Strada Maggiore, con «No Dams! 50 anni di Corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo»: fotografie, articoli di giornale, documenti ufficiali e filmati storici, materiali provenienti da archivi pubblici e privati, tessono la trama di un avvincente racconto, iniziato nel 1971 e ancora in corso, che si avvale dell’allestimento immersivo progettato dall’architetto Eric Lapierre. Dal 29 aprile è, invece, in programma, in SalaBorsa, una mostra di Mimmo Paladino sui suoi disegni dedicati alla grande letteratura universale, da Omero a Collodi, da Dante a Manzoni, preludio alla laurea ad honorem che sarà conferita all’artista il 14 maggio al teatro Comunale di Bologna. A corollario, per le vie del centro storico, in giugno, sarà, infine, possibile imbattersi nel progetto di public art ideato appositamente per «Dams50», che presenterà delle video-installazioni architettoniche realizzate da ex studenti dell’ateneo bolognese. Le sedi di Palazzo Marescotti-Brazzetti (via Barberia 4), del Complesso di Santa Cristina (piazzetta Morandi) e del DAMSLab (piazzetta Pasolini) verranno rispettivamente «accese» da tre interventi di Tommaso Arosio, Apparati Effimeri e Riccardo Benassi, mentre le sedi storiche di via Guerrazzi, Strada Maggiore e l’Ospedale dei Bastardini saranno oggetto di un intervento di Elisa Seravalli a partire dai materiali d’archivio esistenti.
Di un ex alunno, ovvero di Ambrogio Lo Giudice, è anche il docu-film «Andate a lavorare», realizzato per l’occasione, che ripercorre, in bilico tra finzione e realtà, la straordinaria avventura del Dams.
Non mancheranno, poi, appuntamenti teatrali: da un laboratorio con Marco Martinelli (attualmente previsto per i giorni dal 20 al 29 aprile) a una lectio magistralis di Giuliano Scabia. Completerà il cartellone un progetto dedicato a Torgeir Wethal, storico attore dell’Odin Teatret, a cura di Teatro Ridotto - Casa delle culture, che prevede, tra l’altro, dialoghi con Eugenio Barba, Roberta Carreri e Iben Nagel Rasmussen (2 maggio), oltre alla presentazione di «Fiori per Torgeir» (3 e 4 maggio), spettacolo che parla di lutto e di dolore, raccontando come la morte di una persona cara ci cambi per sempre e come la gratitudine per ciò che è stato è la chiave di volta per guardare al futuro. «Non sono la stessa che ero prima della morte di Torgeir, e mai tornerò ad esserlo - racconta Roberta Carreri, autrice e attrice dello spettacolo -. Ma sono ancora capace di cantare e di sorridere, accompagnata dalla sua assenza per il resto del mio cammino. Si dice che si muore due volte. La seconda è quando si viene dimenticati. Io non voglio che Torgeir sia dimenticato». Memoria e futuro si incontrano, dunque, in questo spettacolo così come nell’intero cartellone di «Dams50», un invito ad evolversi, guardando alla storia passata senza nostalgia, - racconta Giacomo Manzoli, direttore del Dipartimento delle arti al Dams - ma con un po’ orgoglio». 

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mercoledì 24 marzo 2021

«Murano in focus»: tre fotografi e tre sguardi complementari e diversi sull’«isola del vetro»

È tutto pronto per la riapertura a Punta Conterie, l’hub frutto dell’impegno e della visione di Alessandro Vecchiato e Dario Campa nato due anni fa nel cuore di Murano, l’isola simbolo della tradizione vetraria a livello internazionale. Dopo lo slittamento dovuto all’emergenza sanitaria per il Covid-19, la realtà muranese dedicata alla valorizzazione della cultura del progetto, della creatività internazionale e dell’enogastronomia contemporanea torna ad accogliere i visitatori in «InGalleria», mentre bisognerà ancora attendere per la proposta food and wine
Sabato 10 aprile verrà aperta anche la mostra «Murano in focus», che ha avuto un’anteprima on-line nella giornata di sabato 27 marzo, dalle ore 10, sui canali Instagram e Facebook di Punta Conterie. L'esposizione avrà un'inaugurazione ufficiale in presenza nella giornata di sabato 8 maggio, giorno nel quale, dalle ore 11:00 alle ore 18:00, sarà possibile incontrare gli autori. 
Ideata da Roberta Orio, l'esposizione nasce dalla volontà di documentare attraverso un fermo immagine fotografico – un tempo chiamato reportage, fotografia industriale, still-life – l’attuale identità di Murano attraverso le immagini che «l’isola del vetro» è capace di provocare. Tre fotografi, tre sguardi complementari, tre soggetti diversi caratterizzano il progetto espositivo, il terzo organizzato dalla realtà veneta dopo «Lino Tagliapietra. Glasswork» e «Vetro e disegno».
Luigi BussolatiMassimo Gardone e la stessa Roberta Orio sono i protagonisti della mostra, che si snoderà, fino al prossimo 13 agosto, al primo piano di Punta Conterie.
Luigi Bussolati
 (Parma, 1963), chiamato a rappresentare le architetture industriali – che sono i luoghi di lavoro di chi ha costruito la fortuna artistica e commerciale di quest’isola – suona le corde dello strumento che più gli è congeniale, e attraverso il suo peculiarissimo uso della luce ci restituisce delle immagini che, pur mantenendo un loro grande peso concreto, ci appaiono come realtà sospese, mondi sconosciuti e al tempo stesso rivelati finalmente nella loro interezza.
L’artista emiliano, che per lungo tempo si è dedicato al reportage sociale e alla fotografia di scena per varie produzioni cinematografiche e teatrali, così racconta il suo lavoro per Punta Conterie: «Ho visitato e fotografato numerose industrie ma non ero mai stato in una fonderia del vetro e la prima impressione è stata quella di entrare in un laboratorio alchemico di grandi dimensioni, collocato in un tempo indefinito.… Come in antiche cerimonie d’iniziazione mi sono lasciato guidare ed ispirare dal mistero del fuoco, dalla sua potenza generativa e numinosa, ho attraversato e guardato questi spazi cercando di trasferire lo stupore di chi ancora non sa e che assiste ad una rivelazione».
Mentre Massimo Gardone, fotografo genovese di nascita e triestino d’adozione, prosegue a Murano la sua ricerca creativa sul mare e gli orizzonti, ispirata da Hiroshi Sugimoto. L'artista racconta così mondi immaginari portandoci dentro i suoi «Orizzonti», facendoci sognare immersi negli oceani per poi proiettarci in prospettive costruite da riflessi; infine sceglie un particolare e lo amplifica giungendo a farlo divenire quasi la cupola di una «Cattedrale». Il suo lavoro, stampato su una superficie specchiante, porta lo spettatore dentro l’immagine, permettendogli così di mettere in atto un proprio personale sguardo sulla poetica dell’opera. 
A proposito della sua opera esposta a Punta Conterie il fotografo racconta: «Voglio celebrare la maestosità di queste piccole architetture di vetro. …nel racconto del dettaglio ci sono storie non sempre visibili al primo sguardo, bisogna cercare tra le pieghe, nelle bolle, nelle striature, solo scavando nell’anima profonda di questi oggetti unici e irripetibili si può cercare di raccontare una storia che da sempre fa il giro del mondo e poi ritorna sull’Isola».
Il lavoro di Roberta Orio, punto di unione tra queste due letture – e «ponte» tra due mondi – concentra, infine, la sua visione nelle tracce di chi questa isola la vive perché ci abita, perché ci lavora, ci passa del tempo della propria vita, e restituisce segni, parti, sezioni del modo che Murano oggi rappresenta. Le sue immagini si pongono quali icone rappresentative di realtà diverse ma unite da un unico filo conduttore, porte da aprire per accedere a vie di futuri possibili. Dietro al reportage si nascondono – per stessa ammissione dell’artista - tre domande: «Murano senza il vetro che cos’è? Esiste? Qual è la sua identità oltre la materia?».
Coordinato da Alessandro Vecchiato — anima artistica di Punta Conterie — «Murano in focus» presenta complessivamente ventuno lavori allestiti in tre isole tematiche, anticipate da tre gigantografie nell’area di ingresso dell’originale hub muranese, che consentiranno ai visitatori di addentrarsi dietro le quinte del progetto attraverso una selezione di immagini del making of dei tre fotografi. Bussolati, Gardone e Orio spalancano così tre finestre su Murano; ci regalano immagini che svelano pensieri e suggestioni di un’isola votata alla tradizione vetraria.

Per saperne di più

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Luigi Bussolati; [figg. 4 e 5] Roberta Orio; [fig. 6] Massimo Gardone

Informazioni utili
Murano in focus. Punta Conterie, Fondamenta Giustinian, 1 - Murano (Venezia). InGalleria Art Gallery: aperta dal martedì alla domenica, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; ingresso libero. Informazioni: tel. +39.041.5275174 o info@puntaconterie.com. Sito internet: www.puntaconterie.com. Instagram: @puntaconteriemurano. Facebook: @puntaconteriemurano. Pinterest: @puntaconterie. Preview on-line: sabato 27 marzo 2021, dalle ore 10, sui canali Instagram e Facebook di Punta Conterie. Presentazione stampa: sabato 10 aprile 2021, alle ore 11, in presenza e in diretta streaming sulla pagina Facebook di Punta Conterie. Opening: sabato 10 aprile 2021, dalle ore 11 alle 18. Dal 10 aprile al 13 agosto 2021. 

martedì 23 marzo 2021

Premio 10:26, le arti visive ricordano la strage del 2 agosto 1980

Fa ripartire idealmente le lancette dell’orologio della stazione di Bologna, ferme alle 10:25 del 2 agosto 1980, il Premio 10:26.
Il contest, rivolto a giovani studenti europei ed extraeuropei fino ai 26 anni, è istituito dalla Fondazione Bottega Finzioni con il patrocinio dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e il sostegno di Gruppo Cer Gas, Orteco Srl e Eurotre Srl.
Obiettivo del premio, al quale si potrà partecipare fino al 25 aprile, è di ricordare la vita, le passioni e i sogni delle vittime della strage del 2 agosto 1980, cercando di riallacciare simbolicamente i fili e i percorsi spezzati quel giorno, e facendoli proseguire attraverso la facilitazione di percorsi di studio e ricerca. Non a caso sull’immagine guida del contest si legge la scritta: «guardare avanti, per non dimenticare».
La call è aperta a tutti coloro che abbiano un progetto originale in ambito culturale, scientifico e artistico: dalle opere d’arte a progetti di ricerca, testi e saggi.
Per la prima edizione, il Premio 10:26 assegnerà una borsa di studio dal valore di 3.000 euro e dieci premi in buoni da 250 euro. L’ambito disciplinare per i progetti di ricerca sarà indicato di anno in anno da parte di Fondazione Bottega Finzioni, onlus che si occupa di narrativa con una sua scuola di scrittura e una casa di produzione per fiction televisive e documentari, e dell’Associazione 2 agosto 1980, che individueranno congiuntamente una commissione costituita da membri esperti della materia selezionata.
L’ambito disciplinare per il 2021 riguarda la storia dell’arte e le produzioni nell'ambito delle arti visive.
La commissione di valutazione, composta da Davide Domenici (antropologo e archeologo), Elena Pirazzoli (storica) e Francesca Tancini (storica dell’arte), selezionerà il progetto ritenuto più originale e significativo tra tutti quelli inviati.
I concorrenti (singoli o gruppi, scuole o classi, maggiorenni e minorenni) dovranno inviare il loro progetto di ricerca in formato Pdf all'indirizzo info@bottegafinzioni.com entro il 25 aprile. Il bando completo è disponibile al link https://bit.ly/2Q62nVG.
La premiazione dei vincitori avverrà lunedì 2 agosto, durante la cerimonia di commemorazione delle vittime della strage. Il luogo e l’orario della stessa verranno comunicati a tempo debito a tutti i partecipanti.
Non è la prima volta che a Bologna si utilizza il linguaggio dell’arte come strumento per commemorare la strage del 2 agosto 1980, il più grave attentato terroristico avvenuto in Italia nel Secondo dopoguerra, il cui drammatico bilancio fu di ottantacinque morti, oltre duecento feriti e una quantità incalcolabile di dolore, con cui la città convive ancora oggi per la mancanza di risposte certe sui mandanti e sui motivi dell'attentato. Nel 2017 si utilizzò, per esempio, il linguaggio del teatro con «Cantiere 2 Agosto», iniziativa che vide ottantacinque narratori, sparsi in vari luoghi della città, raccontare la storia di chi era scomparso per sempre in una calda e afosa mattinata d’estate.
Mentre nel 2018 si tenne il concerto «Sinfonia di soccorsi» e l’anno successivo fu organizzato lo spettacolo teatrale «Un'altra vita», monologo di Matteo Belli. Nel 2020, invece, è stato inaugurato un progetto di arte pubblica, dal titolo «Lost and found 1980-2020», che anima le strade di Bologna e di altre città emiliane -al momento Parma, Reggio, Modena e Rimini-, con le opere del Collettivo FX, di Alessandro Canu, di PsikoPlanet, di Guerrilla Spam e di Zamoc (nelle foto i vari progetti). Adesso sono chiamati in causa i giovani che hanno sentito solo parlare della strage di quarant’anni fa; la Fondazione Bottega Finzioni li invita a ridare vita alle passioni e ai sogni delle vittime, riallacciando simbolicamente i fili e i percorsi spezzati quel giorno.
Il passato cede così il testimone al presente attraverso storie quotidiane uniche, ma identiche a tante altre, perché quel sabato – come ricorda Daniele Biacchessi nel libro «Un attimo, vent’anni» - nella sala d'aspetto di seconda classe della stagione di Bologna «vi era chi leggeva, alcuni bimbi che correvano sotto gli occhi orgogliosi dei loro genitori, boy scout accampati in un angolo, un signore che osservava il tabellone ... storie di gente comune, di vita quotidiana, in una stazione come tante altre ...». Storie che tante volte abbiamo visto e vissuto tutti noi prima della pandemia, nel caotico via vai di uno scalo ferroviario, in attesa di un treno per una trasferta di lavoro, per un viaggio verso una località di mare o per un sospirato ritorno a casa.

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lunedì 22 marzo 2021

«Primo vere», sei gallerie e quindici giovani artisti per Firenze e il suo «nuovo Umanesimo»

Sei gallerie d’arte contemporanea
e quindici giovani artisti per un progetto che vuole parlare di rinascita culturale, proprio nei giorni dell’equinozio di primavera, la stagione simbolo dei nuovi inizi: si potrebbe riassumere così il progetto «Primo vere», nato da un’idea di Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento di Firenze, in programma da ieri, domenica 21 marzo, al 24 aprile, salvo restrizioni e limiti di apertura dovuti all’emergenza sanitaria per il Coronavirus.
Frittelli, Il Ponte, La Portineria, Poggiali, Santo Ficara e Secci sono i sei spazi che si sono messi in rete per dimostrare la vivacità culturale di Firenze, non solo culla del Rinascimento, ma anche vero e proprio laboratorio del contemporaneo per tanti giovani che, negli ultimi anni, hanno deciso di risiedere o di gravitare stabilmente nella città toscana e qui vivere esperienze formative e intercettare l’interesse degli operatori del settore. 
Gli artisti selezionati sono: Jessica Fillini, Veronica Greco, Melissa Morris, Gianluca Tramonti, Regan Wheat (Galleria Frittelli); Jacopo Buono, Matteo Coluccia, Stefano Giuri (Galleria Il Ponte); Marco Mazzoni (Galleria La Portineria); Francesca Banchelli, Irene Lupi, Virginia Zanetti (Galleria Poggiali); Davide D’Amelio, Gabriele Mauro (Galleria Santo Ficara); Max Mondini (Galleria Secci).
«Primo vere» - il cui titolo rinvia all’esordio editoriale, appena sedicenne, di Gabriele D’Annunzio con un libro di poesie - vuole così puntare i riflettori sul talento creativo in un momento tanto difficile come quello che stiamo vivendo, nel quale sono fortemente penalizzati proprio i più giovani e chi si occupa di arte e di cultura. Per un intero mese quindi, ogni galleria presenterà il lavoro di uno o più artisti, coordinati dalla supervisione scientifica da Sergio Risaliti, con l’intento di «ribadire – si legge nella brochure di presentazione - il concetto di sistema, sfatando luoghi comuni che vedono Firenze come città di perenni Guelfi e Ghibellini, città museo, luogo ostile alla sperimentazione più radicale».
L’ideatore di questa mostra diffusa, Sergio Risaliti appunto, afferma che «Primo vere» è «un tassello importante per la ripartenza di Firenze nel cambiamento e nell’orbita di una politica culturale che riconosca nei cittadini, e nei giovani in particolare, i protagonisti della rinascita, e nell’arte il volano storicamente necessario per la costruzione di un nuovo umanesimo, che non viva e coltivi il desiderio di bellezza in una sola direzione, il passato».
Della stessa opinione è l'Amministrazione comunale fiorentina. «L’idea di un progetto che metta insieme le gallerie d’arte della città e ovviamente una comunità di giovani artisti, alcuni affermati, altri emergenti, è un’idea vincente - ha  dichiarato, a tal proposito, l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi -. Lo è per tanti motivi e lo sarebbe anche fuori dal momento difficile che stiamo vivendo. Chiaramente l’idea che questo avvenga nel mezzo di una crisi pandemica rende questo progetto ancora più speciale. Mai come in questo momento la comunità di artisti, curatori, operatori della cultura si è dimostrata attiva nel non spengere la luce, nel tenere viva quella fiammella straordinaria della proposta e della produzione di cultura che aiuta ad attraversare un periodo. La cultura, l’accesso al patrimonio culturale, anche contemporaneo, anche quello degli artisti di oggi, è un bene preziosissimo che non può essere tolto alle nostre vite».
Un altro importante intervento a favore del progetto è stato quello di Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle arti del disegno e già Soprintendente del Polo museale fiorentino, che ha dichiarato: «L'iniziativa mette a punto un modello innovativo di collaborazione tra pubblico e privato, che va nella direzione - a mio avviso quanto mai opportuna per rivitalizzare il tessuto culturale della città e del territorio - di disseminare un'offerta di incontri con l'arte varia, molteplice, distribuita. Sembra cucita su misura per quel pubblico di visitatori indipendenti e curiosi, anche e specialmente locali, che da sempre ci impegniamo a sensibilizzare e ad attirare».
La proposta espositiva è delle più varie. Si passa dal lavoro sulla memoria collettiva di Irene Lupi a quello sulle piccole cose della quotidianità di Gianluca Tramonti, dalle opere ad inchiostro Bic di Veronica Greco ai dipinti elegiaci di Regan Wheat, dalle sculture di Max Mondini alle riflessioni in bilico tra analogico e digitale di Jessica Fillini, dalle griglie pittoriche di Melissa Morris alla performance «Piton de la Furnaise» di Matteo Coluccia, senza dimenticare le ricerche di Marco Mozzoni, Davide D’Amelio, Stefano Giuri, Gabriele Mauro, Jacopo Buono, Francesca Banchelli e Virginia Zanetti: modi differenti per dire che l’arte è viva e che si può ripartire dalla creatività per colorare di nuove energie il nostro futuro, per disegnare un «nuovo Umanesimo».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Virginia Zanetti, I Pilastri della Terra, 2020, tecnica stampa su carta baryta e Dibond, cm 100x150; [fig.2] Max Mondini, Intradosso, 2021, stampa Inkjet, struttura in legno, calcestruzzo, cm 430x110x80; [fig. 3] Gianluca Tramonti, Deviazione fuorilegge, 2020, striscione su stendino, misure variabili, circa cm 180x50x90 (altezza da terra), striscione cm 210 h x 120; [fig. 4] Irene Lupi, Guido Lisi, 2017, foto alluminio Dibond cm 165x110 sonoro 6’41” mp4 

Informazioni utili 
Primo vere - Mostra collettiva e diffusa. Varie gallerie d’arte, Firenze. Sedi espositive: Frittelli, via Val di Marina 15, tel. 055.410153, info@frittelliarte.it, http://www.frittelliarte.it | Il ponte, via di Mezzo 42/b, tel. 055.240617, info@galleriailponte.com, www.galleriailponte.com | La portineria, viale Eleonora Duse, 30, tel. 348 5655831, info@laportineria.art, www.laportineria.art/ | Poggiali, via della Scala 35/a, tel. 055.287748, info@galleriapoggiali.com, www.galleriapoggiali.com | Santa Ficara, via Arnolfo, 6L, tel. 055.2340239, info@santoficara.it, www.santoficara.it | Eduardo Secci, piazza Carlo Goldoni, 2, tel. 055.661356, gallery@eduardosecci.com,www.eduardosecci.com.  Ingresso libero. Fino al 24 aprile 2021.  

venerdì 19 marzo 2021

Svizzera, ad aprile riapre il Monte Verità. Michelangelo Pistoletto, Joseph Beuys ed Elisàr von Kupffer tra i protagonisti della nuova stagione culturale

Negli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento il versante svizzero del Lago Maggiore diventò destinazione privilegiata di un gruppo di solitari anticonvenzionali, che trovarono nel Canton Ticino un terreno fertile in cui piantare una sorta di società hippie ante litteram. Il territorio del Monte Monescia, sopra Ascona, rappresentava, infatti, per questi pensatori emancipati l’antitesi a un mondo industrializzato, un santuario per lo spirito, dove dedicarsi all’amore libero, al vegetarismo, ai bagni di sole, al nudismo e alla psicanalisi.
I fondatori giunsero da ogni dove: Henry Oedenkoven da Anversa, la pianista Ida Hofmann dal Montenegro, l’artista Gusto Gräser e il fratello Karl Gräser dalla Transilvania. 
Unite da un ideale comune, queste persone fondarono sulla montagna svizzera, ribattezzata Monte Verità, un'organizzazione sociale basata su un sistema cooperativo e autarchico, che vedeva teosofi, riformatori, anarchici, comunisti, socialdemocratici, psicoanalisti, scrittori e artisti, alcune tra le menti più brillanti di tutta Europa, vivere lavorando giardini e campi, costruendo capanne in legno, rilassandosi tra le bellezze della natura, che interpretavano simbolicamente come un'opera d’arte ultima.
Negli anni, il Monte Verità vide approdare figure come Hermann Hesse o il coreografo Rudolf von Laban, le danzatrici Mary Wigman e Isadora Duncan, gli artisti Hugo Ball, Hans Arp, Marianne von Werefkin e Alexej von Jawlensky.
Nel 1920, dopo che i fondatori emigrarono in Brasile, al Monte Verità seguì un breve periodo bohémien, che durò finché il complesso venne acquistato come residenza dal barone von der Heydt, banchiere dell’ex imperatore Guglielmo II e uno dei maggiori collezionisti di arte contemporanea ed extra-europea. il Monte Verità visse così una seconda straordinaria stagione culturale.
La costruzione di un albergo in stile Bauhaus fu affidata all'architetto Emil Fahrenkamp, progettista dell’edificio Shell di Berlino. Grazie alla costruzione dell’albergo, molti maestri del Bauhaus abitarono la collina. Tra di loro ci furono Gropius, Albers, Bayer, Breuer, Feiniger, Schlemmer, Schawinksy o Moholy-Nagy, tutti sedotti e affascinati dal magnetismo di un luogo dove – come disse Ise Gropius – «la nostra fronte sfiora il cielo…».
Nel 1964, alla morte del barone Eduard von der Heydt, il Monte Verità diventò, per lascito testamentario, proprietà del Cantone Ticino, che lo trasformò in un luogo per manifestazioni culturali, una realtà poliedrica che è insieme un albergo, un ristorante, una piattaforma per convegni del Politecnico di Zurigo e un centro per esposizioni e incontri dedicati all'arte, alla filosofia, alla letteratura e all'attualità.
«Gli ultimi dodici mesi - racconta Nicoletta Mongini, responsabile culturale della Fondazione Monte Verità - sono stati complessi anche per la programmazione delle proposte per il pubblico. La nostra bussola è sempre rimasta puntata sul dialogo, sull’incontro e sullo scambio con le persone che, prima possibile, potranno tornare a frequentare il Monte Verità. Le riflessioni e gli stimoli che in questo ultimo anno hanno coinvolto tutti hanno consolidato la nostra consapevolezza di essere in un luogo dove natura, interiorità, spiritualità, arte e bellezza sono stati principi fondativi e mai abbandonati».
Anche se l’anno in corso presenta ancora molte incognite, giovedì 1° aprile il Monte Verità ritornerà ad accogliere nuovamente il pubblico con un appuntamento speciale, atteso dallo scorso anno: tornerà alla luce il «Chiaro mondo dei beati», il grande polittico circolare di Elisàr von Kupffer (1872-1942) esposto nel Padiglione Elisarion, che suggella il completamento del complesso museale dopo un importante restauro ritardato dalla pandemia.
Il grande dipinto panoramico, con ottantaquattro figure nude e vagamente aureolate, qui e là ornate di fiori o nastri, immerge il visitatore nella poetica di un artista unico nel suo genere, inserito nel contesto della collina asconese grazie alla lungimiranza e alla visione del celebre curatore Harald Szeemann.
A seguire, nel mese di maggio, tornerà il momento dedicato a «Giardini in arte», rassegna simbolo della stretta unione tra arte e natura, che caratterizza l’attività di Monte Verità sin dalla sua nascita. Protagonisti di questa edizione quattro artisti italiani e svizzeri – Francesca Gagliardi, Marco Cordero, Johanna Gschwend e Moritz Hossli – che, dopo una residenza nell’estate 2020, presenteranno una serie di lavori ispirati agli umori e l'identità del luogo.
Partendo da trine e ricami, Francesca Gagliardi realizzerà scudi in bronzo e alluminio, allegoria di una femminilità forte e volitiva, e una scultura monumentale a forma di rossetto, feticcio totemico che allude alla fragilità della bellezza e alla caparbia fermezza femminile. Marco Cordero presenterà, invece, un calco della celebre roccia affacciata sul Lago Maggiore, uno dei punti magnetici del Monte Verità, e quello di una parete di pietra, prelievo semantico di una porzione di natura. Inoltre, nella biblioteca del barone von der Heydt, l’artista modificherà lo spazio con volte di libri cuciti, scavati, scolpiti, mattoni di un’architettura di carta. Mentre Johanna Gschwend e Moritz Hossli proporranno un video del dialogo aperto tra il lavoro di Gagliardi e Cordero e l’ambiente circostante, documentando il loro avvicinamento allo spirito originale del Monte Verità. Infine, con l’installazione «Monte», Johanna Gschwend inviterà il visitatore a deporre piccoli pezzi di corteccia su un nastro mobile, partecipando alla costruzione di un piccolo cumulo, allegoria del monte e della sua genesi.
Sempre a maggio il Monte Verità ospiterà una nuova versione del «Terzo Paradiso» di Michelangelo Pistoletto, un’opera che è la perfetta espressione del concetto di infinito e di incontro tra natura e artificio che verrà realizzata con le pietre della collina.
Mentre a luglio Fabrizio Dusi porterà sul Monte Verità un nucleo di opere site-specific: neon, ceramiche e forme in alluminio con parole-simbolo ispirate ai temi iconici dell'ideale monteveritano del paradiso anarchico come «Liberi», «Anarchy» e «Utopia», oltre a immagini evocative di un ritorno allo stato di natura. 
Nel cuore del parco la coppia «Eva e Adamo» si ricollegherà al ciclo pittorico «Giardino dell’Eden» nella sala congressi: una narrazione di circa sette metri con scene tipiche della vita della colonia, fra girotondi, danze, bagni di sole, con un evidente rimando visivo al «Il chiaro mondo dei beati» del Padiglione Elisarion. Alcune di queste opere entreranno a far parte del patrimonio della Fondazione Monte Verità.
Ad agosto, inoltre, il «Cabaret Voltaire» si trasferirà al Monte Verità per un fine settimana di performance e letture sceniche con artisti internazionali, tornando alle origini del filo ideale che univa Zurigo e Ascona alla nascita del movimento Dada.
Nonostante le incertezze e le necessarie limitazioni, il programma 2021 comprenderà anche appuntamenti di riflessione e di approfondimento, in presenza e on-line: dall’omaggio a Joseph Beuys nel centenario dalla sua nascita agli incontri dedicati a figure femminili di Casa Anatta, come la baronessa Saint Léger, Olga Fröbe Kapteyn e Charlotte Bara.
Tornerà al Monte Verità anche Stefania Mariani, con una passeggiata teatrale nella natura, in cui lo spettatore sarà protagonista di un’esperienza immersiva. Un calendario, dunque, ricco quello messo in cantiere per il 2021, un altro anno che sarà caratterizzato dal turismo di prossimità e da un'estate all'insegna delle bellezze naturali. 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Esercizio di euritmia sul Monte Verità, 1904. Al centro, Raphael Friedeberg (con cappello), poi da s. a d. Henri Oedenkoven e Ida Hofmann, Anni Pracht, Cornelius Gabes Gouba e  Mimi Sohr. Sullo sfondo, Casa Selma. Courtesy Fondazione Monte Verità e Fondo Harald Szeemann; [fig. 2] Rudolf von Laban con le sue allieve, tra le quali Mary Wigmann, Ascona, 1914. Fondo Suzanne Perrottet. (in particolare, da sinistra: Totimo, Suzanne Perrottet, Katja Wulff, Maja Lederer, Betty Baaron Samoa e Rudolf von Laban), Fotografia di Johann Adam Meisenbach. Courtesy Fondazione Monte Verità e Fondo Harald Szeemann; [fig. 3] Fabrizio Dusi. Vaso; [fig. 4] Francesca Gagliardi. Corona; [fig. 5] Marco Cordero. Cora; [figg. 6 e 7] Elisàr von Kupffer, Il Chiaro Mondo dei Beati, particolare

Informazioni utili 
Fondazione Monte Verità, Strada Collina, 84 – Ascona (Svizzera), tel. +41917854040, fax +41917854050, info@monteverita.org. Sito internet: www.monteverita.org