ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 31 marzo 2022

Riapre a Venezia il Teatro Verde, gioiello architettonico della Fondazione Giorgio Cini

Era il luglio 1954 quando a Venezia, sull’isola di San Giorgio Maggiore, veniva inaugurato, con il testo sacro «Resurrezione e vita», il Teatro Verde, uno scenografico anfiteatro all’aperto che fonde insieme la solennità della architettura teatrale classica antica e la grazia preromantica di quella agreste, elemento fondamentale nella vita teatrale dei secoli che vanno dal '500 al '700.
Progettato dall’architetto Luigi Vietti (1903-1998) ispirandosi ai «teatri di verzura» che ornavano le ville venete della terraferma, la struttura della Fondazione Giorgio Cini, che ha per quinte il verde e il blu della laguna veneta e per soffitto il cielo, ha ospitato, negli anni, spettacoli complessi e sontuosi. Si sono succeduti sul palco il Teatro di Atene con l'«Ecuba» di Euripide e l'«Edipo Re» di Sofocle, il Théàtre populaire de France con il «Don Juan» di Molière e la «Ville» di Claudel, la Compagnia di Annie Ducaux con la «Bérénice» di Racine e quella dell'Oxford Playhouse con «Il sogno di una notte di mezza estate» di Shakespeare. Sono andati in scena anche spettacoli di «Nô» giapponesi, danze sacre tibetane, coreografie Maori e classici italiani come «La Moscheta» di Ruzzante, il «Campiello» di Carlo Goldoni e «L'amore delle tre melarance» di Carlo Gozzi, nonché appuntamenti lirici, dall'«Arianna» di Benedetto Marcello alla «Serva padrona» di Pergolesi, passando per la «Carmen» di Bizet.
Il cartellone, sempre di qualità, non ha mai oscurato la bellezza dello spazio che ha avuto tra i suoi estimatori anche l’attrice Katerine Hepburn. Fu lei a definire, negli anni Cinquanta, l’anfiteatro veneziano, che si trova nella porzione meridionale del bosco sull’isola di San Giorgio Maggiore, come «il teatro più bello del mondo». Non si può darle torto: le siepi di ligustro collocate sugli schienali delle sedute in pietra, gli alberi che fanno da quinte, il mare che fa da fondale e gli oltre millecinquecento posti a sedere fanno di questo palco, fortemente voluto dall’illuminato mecenate Vittorio Cini, un vero e proprio gioiello.
Da sempre esposto all’aggressività dell’ambiente lagunare e alle acque alte (la parte che si trova sotto il palcoscenico - contenente camerini, servizi, locali tecnici, depositi e la fossa dell’orchestra - è collocata a una quota inferiore rispetto al medio mare), il Teatro Verde ha avuto bisogno nel corso del tempo di svariati restauri. Il più consistente di questi riammodernamenti si è tenuto nel 1999 e ha visto in campo la Biennale di Venezia, che nel luglio dello stesso anno ha riaperto lo spazio, dopo venticinque anni di chiusura, con lo spettacolo «Parabola» di Carolyn Carlson. Nel 2016 anche il Fai – Fondo per l’ambiente italiano si è interessato, con la campagna «I luoghi del cuore», alle sorti del teatro veneziano organizzando delle visite guidate per la cittadinanza.
Infine, nel 2021 è iniziato un nuovo restauro che ha riportato alla luce l’architettura, valorizzandone tutte le qualità dei materiali costruttori, la struttura botanica circostante, le spazialità e gli straordinari scorci paesaggistici. L’intervento, a cura della Fondazione Cini, è stato reso possibile grazie alla partnership con Cartier, maison da sempre attenta alle eccellenze culturali.
Per l’occasione è stato organizzato con l’Uia - Università internazionale dell’arte un cantiere didattico curricolare per la pulitura delle sedute in marmo, con trattamento biocida, allo scopo di riportare alla luce la qualità dei marmi impiegati, valorizzando i materiali e le cromie. Sono state messe, inoltre, in atto la rimessa in sicurezza delle scale di accesso, operazioni di consolidamento del palco e lavori di cura, sostituzione e potatura del verde, per restituire alla vista gli straordinari scorci lagunari.
Parallelamente a questa serie di interventi, la Fondazione Cini sta sviluppando innovativi progetti culturali per la conoscenza e la valorizzazione della struttura, attraverso lo studio della documentazione d’archivio presente all’Istituto per il teatro e il melodramma, mediante la digitalizzazione di fotografie e documenti e attivando anche specifici progetti artistici per la fruizione innovativa dello spazio.
In attesa di nuovi restauri, in programma per i prossimi anni, il Teatro Verde riapre al pubblico in occasione di Homo Faber Event 2022 (homofaber.com), iniziativa culturale dedicata all’eccellenza dei mestieri d’arte contemporanei, in programma dal 10 aprile, mentre a partire dal 20 maggio potrà essere visitato attraverso una serie di visite guidate (informazioni e biglietti su visitcini.com).
In occasione dell’apertura di aprile, sarà possibile vedere un’anticipazione del film site specific, prodotto dalla Fondazione Cini nell’ambito del centro di eccellenza ARCHiVe. «La maschera del tempo» (le ultime due immagini sono due still da video), questo il titolo del progetto curato da Ennio Bianco, è un’opera audiovisiva creata da Mattia Casalegno in quattro atti, intitolati rispettivamente la «Storia», gli «Spettacoli», il «Presente» e il «Futuro». Ispirata alle vicende e alla architettura del Teatro Verde, l’opera parte dall’idea di teatro inteso come luogo di finzione e rappresentazione e si colloca all’intersezione tra natura e cultura, indagando sulle relazioni e tensioni che uniscono l’ambiente naturale, l’uomo e le sue tecnologie.
Per quest'opera l'artista ha collaborato Factum Foundation partner istituzionale di ARCHiVe che, con un avanzato utilizzo dei droni per la fotogrammetria, ha fornito il completo rilievo 3D del Teatro Verde. Mentre il sound è affidato al compositore elettronico e sound designer Maurizio Martusciello in arte Martux_m. Partendo dalle collezioni e dai fondi negli archivi storici musicali della Fondazione Cini, i due artisti hanno affrontato un percorso produttivo in cui audio e video si fondono in un unico meta-linguaggio espressivo, che mette al centro il tema della sostenibilità ambientale. Venezia scrive così un ulteriore tappa del suo Rinascimento culturale, che sta vedendo il restauro e la valorizzazione di molti spazi che hanno fatto la storia della città.

Informazioni utili 

mercoledì 30 marzo 2022

Arriva al cinema il documentario «Tintoretto. L’uomo che uccise la pittura»

«La sua opera è immensa include ogni cosa, dalla natura morta fino a Dio; è un enorme arca di Noè; io mi sarei trasferito a Venezia soltanto per lui!». Così Paul Cézanne parlava del Tintoretto (Venezia 1518/1519 - ivi 1594), al secolo Jacopo Robusti, «il furioso» della pittura a cavallo tra Manierismo e Barocco, che ha scritto un’importante pagina della storia dell’arte con il suo tratto drammatico e deciso, con gli inebrianti giochi di luce, con il sofisticato uso del colore, con gli azzardi compositivi e prospettici che lo hanno fatto definire da Jean Paul Sartre «il primo cineasta della storia».
Al maestro veneziano, che seppe unire la potenza del disegno di Michelangelo alla tavola del Tiziano, è dedicato il film «Tintoretto. L’artista che uccise la pittura», nelle sale italiane dall’11 al 13 aprile, dopo la selezione ufficiale in importanti rassegne internazionali come il Fifa di Montrèal in Canada e il Beirut Art Film Festival.
Co-prodotto da Kublai Film, Videe, ZetaGroup, Gebrueder Beetz Filmproduktion, in collaborazione con la rete televisiva franco-tedesca Arte, il documentario, che si avvale della regia di Erminio Perocco e delle musiche di Carlo Raiteri e Teho Teardo, verrà presentato in anteprima nei prossimi giorni al Cinema Mexico di Milano (4 aprile), al Cinema Eden di Roma (6 aprile) e al Multisala Rossini di Venezia (8 aprile).
Il film conduce gli spettatori nei luoghi che videro muoversi e operare Tintoretto, nella Venezia del Cinquecento, rievocando le atmosfere del tempo, le luci della città vibrante sull’acqua e i colori dei preziosi pigmenti che giungevano nella Serenissima come in nessun altro luogo e di cui il Robusti, figlio di un tintore, sapeva servirsi con straordinaria maestria.
Irrequieto e caparbio, determinato nella costruzione della propria carriera, Tintoretto volle contrapporsi allo stile e alle mode del tempo, giungendo per primo a sfaldare la pennellata, a usare il non finito, imponendo prospettive diverse all’interno di uno stesso quadro, soluzioni inattese e audaci che - coniugando le esperienze della pittura, della scultura e dell’architettura - diedero vita a narrazioni complesse, storie che si svolgono dinnanzi agli occhi dello spettatore fino ad assorbirlo e a renderlo parte delle stesse.
Come un regista cinematografico ante litteram, l’artista è stato capace di trasporre in pittura l’azione scenica e la forza espressiva dei movimenti dei corpi. Lo evidenzia bene il documentario grazie a fascinosi tableux vivant.
Tintoretto ha infranto le regole della pittura e come tutti gli innovatori ha saputo conquistare gli artisti che sono venuti dopo di lui, da Rubens a El Greco, da Jackson Pollock a Emilio Vedova.
Il film di Erminio Perocco prova a raccontarne la modernità e lo spirito rivoluzionario, carpendone i pensieri e lo stile, inquadrandone il contesto storico e politico, ma anche presentando contributi di importanti studiosi e guest star: Robert Echols (curatore dell’ultima grande mostra a Venezia sull’artista), Roland Krischel, Antonio Manno, Stefania Mason, Gabriele Matino, Miguel Falomir (direttore del Prado di Madrid), Fabrizio Gazzarri, Mario Infelise, Roberto Mazzetto, Luciano Pezzollo e Jorge Pombo.
La macchina da presa va alla ricerca dei lavori, drammatici e coinvolgenti, dell’artista per tutta Venezia, in un viaggio che spazia dagli edifici pubblici alle chiese, fino a Palazzo Ducale, cuore del potere e del governo cittadino. Dal potente e rivoluzionario «San Marco libera lo schiavo» (1548) alla «Presentazione della Vergine al Tempio» (1551 – 1556), realizzata per la Madonna dell’Orto, dalla monumentale «Crocefissione» (1565), della Scuola Grande di San Rocco, alla strabiliante e gigantesca tela con il «Paradiso »(1588) per la Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo del Doge, sono tante le opere che raccontano il genio del Tintoretto, l’artista che Giorgio Vasari definiva «il più terribile cervello che mai abbia avuto la pittura».

Informazioni utili
«Tintoretto. L’artista che uccise la pittura». Genere: Documentario biografico | Durata: 86' | Regia: Erminio Perocco | Musiche: Carlo Raiteri e Teho Teardo | Fotografa: Giovanni Andreota | Montaggio: Mateo Trevisan | Anno di uscita: 2022 | Produttore: Kublai Film; ZDF / arte; Gebruder Beetz; Videe Spa; Zeta Group Nei cinema italiani dall’11 al 13 aprile 2022 Anteprime: Milano - 4 aprile, ore 21.30 - Cinema Mexico - Via Savona, 57 - Informazioni per acquisto biglietti: www.cinemamexico.it, tel. 02.4895 1802 | Roma – 6 aprile, ore 21.00 - Cinema Eden, Piazza Cola di Rienzo- Informazioni per acquisto biglietti: https://eden.efc.18tickets.it, tel. 06.3612449 | Venezia - 8 aprile, ore 21.00 - Multisala Rossini - San Marco 3997 - Informazioni: tel. 041.2417274

lunedì 28 marzo 2022

Venezia, Palazzo Diedo diventa un centro d’arte contemporanea

Avrà una nuova vita Palazzo Diedo, prestigioso edificio settecentesco di Venezia, nel sestiere di Canareggio, costruito nei primi del 1700 dall’architetto Andrea Tirali e affrescato al suo interno da artisti locali quali Francesco Fontebasso e Costantini Cedini. Questi spazi - con un passato prima da scuola elementare e poi, fino al 2012, da Tribunale di sorveglianza – sono stati messi in vendita dalla Cassa Depositi e Prestiti e ora diventeranno un polo di arte contemporanea. L’idea è del filantropo Nicolas Berggruen, fondatore dell’omonimo istituto di ricerca con sedi a Los Angeles e Pechino, attivo nelle politiche internazionali e nelle sfide globali del XXI secolo, e membro dei consigli internazionali per la Tate di Londra, il Museum of Modern Art di New York, la Fondation Beyeler di Basilea e il President’s International Council for The J. Paul Getty Trust di Los Angeles, nonché esponente di una storica famiglia dell'arte europea del Novecento, che ha donato la sua collezione con oltre un centinaio di opere di Pablo Picasso (e non solo) alla Nationalgalerie di Berlino. 
Quello di Nicolas Berggruen non è un nome nuovo per Venezia: un anno fa il miliardario parigino, con residenza americana e tedesca, aveva, infatti, acquisito nella città lagunare, per farne la sede europea della Berggruen Arts & Culture, Casa dei Tre Oci, celebre palazzo neogotico sull’isola della Giudecca, noto agli amanti dell’arte per aver organizzato, negli anni, mostre fotografiche di artisti del calibro di David LaChapelle, Helmut Newton e Lewis Hine.
Attualmente in fase di restauro, sotto la supervisione dell’architetto veneziano Silvio Fassi, Palazzo Diedo inizierà la sua nuova vita nei giorni della cinquantanovesima edizione della Biennale di Venezia (dal 23 aprile al 27 novembre, con pre-apertura dal 20 al 22 aprile). Durante l’intervento conservativo dell’edificio, che sarà completato nel 2024, verrà avviato un progetto di residenza d’artista. A essere stato invitato è l’americano-olandese Sterling Ruby, classe 1972, che il 20 aprile presenterà «A Project in Four Acts», una struttura in rilievo che si appoggia sulla facciata del palazzo e che rimarrà esposta fino a novembre 2022. «L’installazione che ho immaginato – racconta l’autore - cambierà con l’edificio, esprimendo e anche commentando che cosa significa lavorare per un palazzo con una lunghissima storia, e riflettendo in modo diretto, concreto, le tradizioni della creazione di arte e artigianato che sono parte integrante di Venezia». 
La prima fase di «A Project in Four Acts» durerà, dunque, fino a novembre; Sterling Ruby allestirà, poi, altre due installazioni esterne tra la fine del 2022 e la tarda primavera del 2023, avvolgendo la struttura man mano che si trasforma. La fase finale del progetto comprenderà, invece, una residenza che si concluderà con una mostra a Palazzo Diedo, nell’ambito dell’inaugurazione ufficiale prevista per la primavera del 2024, nei giorni della sessantesima Biennale d'arte.
Sotto la direzione artistica del veneziano Mario Codognato, già capo curatore del Madre di Napoli e oggi direttore della Anish Kapoor Foundation, con sede in un altro edificio storico di Venezia, l’appena restaurato Palazzo Manfrin, la Berggruen Arts & Culture in Canareggio accoglierà, quindi, mostre, installazioni, simposi e un programma di residenze d’artista.
«Un’arte che parla al pubblico, che ci induce a pensare in modo diverso e che innesca discussioni» è quella che Mario Codognato vuole portare a Palazzo Diedo e nella città lagunare, sempre più crocevia mondiale di idee e di creatività. Oltre alla Berggruen Arts & Culture e alla Anish Kapoor Foundation, altre istituzioni culturali stanno, infatti, approdando in Laguna in questi ultimi mesi. È il caso della Fondazione dell’Albero d’Oro, capeggiata dal finanziere francese Gilles Etrillard, che ha riaperto e restaurato Palazzo Vendramin Grimani, e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che ha acquistato da Cassa Depositi e Prestiti l’isola di San Giacomo in Paludo per farne un polo d’arte contemporanea. Venezia vive, dunque, un nuovo Rinascimento culturale.

Didascalie delle immagini
1. Palazzo Diedo, sede di Berggruen Arts & Culture, situato a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, rio di Santa Fosca. Foto © Alessandra Chemollo, courtesy Berggruen Arts & Culture; 2.  Palazzo Diedo, sede di Berggruen Arts & Culture, situato a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, rio di Santa Fosca. Foto © Alessandra Chemollo, courtesy Berggruen Arts & Culture. Portale di collegamento al lungomare laterale, ornato da colonne ioniche, trabeazione a fasce inclinate e timpano centrale in pietra d'Istria, sormontato da sculture in gesso e legno; 3. Palazzo Diedo, sede di Berggruen Arts & Culture, situato a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, rio di Santa Fosca. Foto © Alessandra Chemollo, courtesy Berggruen Arts & Culture. Soffitto della sala laterale anteriore del piano nobile di Palazzo Diedo con affreschi del XVIII secolo con grandi figure allegoriche, circondate da putti e amorini, Imeneo con divinità dell'Olimpo di Costantino Cedini, 1795

domenica 27 marzo 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 21 al 27 marzo 2022

A Lugano la mostra-mercato Younique – Fine Craft Art & Design
Il design e l’alto artigianato artistico vanno in scena a Lugano. Il 26 e il 27 marzo le affascinanti sale neoclassiche di Villa Ciani, dimora ottocentesca affacciata sul Lago Ceresio, ospiteranno la terza edizione di «YouNique – Fine Craft Art & Design», rassegna ideata e curata da Andrea Peri e Sonia Gaffuri di Target Management.
Ai visitatori verrà offerto un percorso espositivo di altissimo livello in cui il «saper fare», ovvero il genio creativo che dialoga con la manualità, verrà indagato in tutte le sue accezioni più esclusive e preziose, spaziando dall’artigianato artistico all’arte tout court, senza dimenticare il design.
In mostra ci saranno manufatti di svariate tipologie: ceramiche, mosaici, sculture, alta sartoria da uomo e da donna, raffinate calzature, tessuti realizzati a telaio, preziosi gioielli, ricami, arredamento e accessori. Al secondo piano di Villa Ciani sarà, inoltre, possibile trovare una selezione di prodotti di design del brand Higold, accompagnata da opere d’arte di giovani creativi rappresentati da Hysteria Art Gallery e da pezzi unici di design selezionati da Tid -Theinteriordesign.it. In fiera sarà, inoltre, presente una vetrina espositiva dedicata alla Toscana e all’isola d’Elba, special guest di questa edizione.
Durante la due giorni luganese, oltre ad ammirare e acquistare manufatti d’alto artigianato, i visitatori potranno anche osservare dal vivo i più abili maestri artigiani, artisti e designer mentre danno vita alle loro creazioni. Un’esperienza unica, questa, che permette di comprendere appieno cosa significhi essere un maestro d’arte che custodisce storia e tradizioni.
Quest’anno verrà inaugurata anche la prima edizione del «YouNique Craftsmanship Award», un premio per l’espositore che avrà interpretato al meglio la filosofia della mostra-mercato elvetica.
Infine, la fiera ospiterà anche la mostra «Sono tazza di te! 100 smashing women designer», organizzata dall’associazione DcomeDesign e curata da Anty Pansera, storica e critica del design e delle arti applicate e Compasso d’Oro alla carriera, e Patrizia Sacchi, designer della comunicazione. Dopo il successo ottenuto durante l’ultima Design Week, la mostra presenta una selezione di pezzi già esposti a Milano e le creazioni di venti donne «artiere» residenti in Svizzera, che hanno risposto alla sfida di realizzare una tazza da collezione.
L’intero ricavato della vendita delle tazze «made in Svizzera» sarà devoluto all’associazione «Anna dai Capelli Corti» per il progetto «Return to work after cancer», uno studio sulle problematiche del processo di reinserimento lavorativo di giovani donne affette da tumore in giovane età.
Per maggiori informazioni: https://younique-experience.com/.

Giornate Fai di primavera, settecento luoghi da visitare «con il cuore in Ucraina»
200 luoghi di culto, 170 palazzi e ville,40 castelli, 55 borghi, 23 aree archeologiche, 7 biblioteche, 13 teatri, 25 siti di archeologia industriale, 9 mulini, 2 orti botanici, 1 albero monumentale e molto altro ancora: sono questi i numeri della trentesima edizione delle Giornate Fai di primavera, evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico italiano, in programma sabato 26 e domenica 27 marzo.
Oltre 700 luoghi solitamente inaccessibili o poco conosciuti, in 400 città e 20 regioni, apriranno le porte al pubblico con l’obiettivo non solo di regalare una pausa di bellezza, ma anche di invitare il pubblico a concentrarsi sul significato e sul ruolo del patrimonio culturale, che è insieme specchio della nostra identità e testimonianza della nostra storia e del nostro vivere civile.
I monumenti - ce lo ricorda, in questi giorni, la guerra in Ucraina, con l’immagine simbolo del Cristo della cattedra armena di Lepoli portato in salvo – sono «il patrimonio genetico di un popolo», ciò che va protetto e conservato per chi verrà dopo di noi. È così che «un pezzo di cuore» di questa edizione delle Giornate di primavera «è a Kiev»: il Fai esporrà, infatti, i colori della bandiera ucraina nei beni di sua proprietà, ma soprattutto finanzierà il recupero di un’opera d’arte del patrimonio culturale ucraino che sarà individuato non appena cesserà la guerra e sarà avviata la ricostruzione del Paese. Inoltre, per sancire la vicinanza al popolo ucraino, sabato 26 marzo sarà aperta alle visite la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Roma, piccola e antico luogo di rito ucraino-bizantino affacciato su piazza Madonna dei Monti (nella prima fotografia), oggi sede dell’Esarcato Apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia.
Sempre a Roma saranno visitabili il Casino dell’Aurora Ludovisi, che deve il suo nome allo straordinario soffitto affrescato da Guercino nel 1621, e il settecentesco Palazzo Corsini, sede dell'Accademia dei Lincei. A Milano si potrà, invece, vedere l’imponente Palazzo Inps, costruito tra 1929 e 1931 su progetto dell’architetto Marcello Piacentini e riaperto dopo una campagna di restauri nel 2021. A Genova sarà aperto l’estroso Castello Mackenzie, costruito a fine Ottocento dall’architetto Gino Coppedè in stile neogotico e neorinascimentale. Parma svelerà, invece, la Farmacia di San Filippo Neri, nell’antica sede della Congregazione della Carità, nata a inizio Cinquecento e promotrice del primo servizio sanitario territoriale della città. Mentre a Firenze si accederà alla dimora amata da Lorenzo il Magnifico, la Villa Medicea di Careggi, costruita da Michelozzo per volere di Cosimo il Vecchio nel Quattrocento. A Palermo, infine, sarà aperto per l’occasione il «Bunkerino» nel Palazzo di Giustizia (nella seconda fotografia), museo dedicato alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di cui ricorrono i trent’anni dalla morte.
L’elenco completo dei luoghi visitabili, con le modalità di partecipazione e di prenotazione, è disponibile sul sito www.giornatefai.it.  

Boccioni, Klee, Modigliani e Kandinskij: quattro artisti del Museo del Novecento di Milano in Haltadefinizione
Haltadefinizione, tech company di Franco Cosimo Panini Editore, è ritornata al Museo del Novecento di Milano. Nel 2015 aveva digitalizzato in gigapixel il «Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo. Questo gennaio l’attenzione si è spostata sulle opere di alcuni dei più grandi artisti del XX secolo.
Con l’aiuto del partner tecnologico Memooria, sono stati scansionati in gigapixel, così da rivelarne anche lo stato di conservazione, cinque lavori: «Elasticità» (1912) e «Corpo umano» (Dinamismo, 1913) di Umberto Boccioni, il «Ritratto di Paul Guillaume» di Amedeo Modigliani (1916), «Composizione» di Vasilij Kandinskij (1916) e «Wald Bau» di Paul Klee (1919).
Dalla trama della tela al più microscopico tocco di pennello, i visori multimediali consentono di «immergersi» ed esplorare l’immagine delle opere d’arte e vedere anche ciò che a volte, di fronte alle opere originali, l’occhio non potrebbe apprezzare. La possibilità di ingrandimento fino a 40x offre, infatti, nuove opportunità sia per la valorizzazione, sia per la conservazione e lo studio delle opere stesse.
La presenza di vetri conservativi in fase di acquisizione non ha alterato la qualità delle immagini, sono infatti stati raggiunti altissimi livelli di definizione, qualità, dettaglio e fedeltà cromatica.
La possibilità di digitalizzare opere d’arte con vetro museale, climabox o teche consente all’ente di tutelare il dipinto mantenendo condizioni di conservazione ottimali.
Con il gigapixel è possibile ottenere esemplari digitali a elevata risoluzione dei dipinti, tramite l’unione e l’elaborazione di una grande quantità di singoli scatti fotografici a porzioni del medesimo soggetto: l’immagine del «Ritratto di Paul Guillaume» di Modigliani, una delle opere più note dell’artista livornese, è il risultato di 779 scatti per una risoluzione di circa 1100 ppi.
La stessa risoluzione è stata raggiunta per le opere di Boccioni e Kandinskij. Nel caso di «Wald Bau» di Klee è stata, invece, adoperata una tecnica fotografica con focus stacking che permette di mettere a fuoco con una maggiore profondità di campo, realizzando una serie di scatti della stessa inquadratura ognuno su un piano di messa a fuoco diverso in sequenza. Più è alta la risoluzione ricercata maggiore è il numero di scatti. Per l’opera di Klee, infatti, sono stati realizzati ben 1320 scatti per una risoluzione di 2100 ppi, inoltre, la superficie dell’opera è stata mappata anche in 3D.
Per ammirare tutto la bellezza del plasticismo futurista di Boccioni, del lessico inconfondibile di Amedeo Modigliani e Paul Klee, o osservare lo studio di un’opera perduta di Vasilij Kandinskij, «Bild mit zwei roten Flecken», requisita dai nazisti in quanto «arte degenerata», non resta che andare sul sito di www.haltadefinizione.com.

Nelle fotografie: 1. Dettaglio, Vasilij Kandinskij, Composizione, 1916, Acquarello e matita su carta © Haltadefinizione Image Bank; 2. Dettaglio, Umberto Boccioni, Corpo umano (Dinamismo), 1913, Olio su tela © Haltadefinizione Image Bank; 3. Dettaglio, Amedeo Modigliani, Ritratto di Paul Guillaume, 1916, Olio su tela.© Haltadefinizione Image Bank
  
Al Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo due opere per riflettere sulla guerra
L'arte e la cultura possono essere non solo strumenti di conoscenza, ma anche di confronto e di pace. Parte da questa considerazione il nuovo progetto espositivo del Mufoco - Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo, nel Milanese. In un momento storico di estrema tensione, che vede l’ombra della guerra proiettarsi di nuovo sull’Europa, Villa Ghirlanda propone, nel suo ingresso, uno speciale dialogo tra le opere «Shields» (2018) di Paolo Ciregia (Viareggio, 1987) e «Snorkeling» di Cosimo Veneziano (Moncalieri, 1983), entrambe realizzate in Ucraina in anni recenti.
La prima opera, conservata nelle collezioni del museo lombardo, si compone di due fotografie che registrano le «ferite» di entrambe le fazioni coinvolte nel conflitto russo-ucraino del 2014. La trama delle immagini proviene dalla scansione digitale di una piccola porzione di uno scudo antisommossa della polizia ucraina, sottratto dai manifestanti durante gli scontri e utilizzato in seguito contro le stesse forze dell’ordine. Sulla superficie è impressa quindi la somma della battaglia, attraverso una serie di graffi e incisioni, «cicatrici» come memorie di entrambe le parti in conflitto. Il risultato è una composizione astratta, nella quale l’oggetto rappresentato diventa sindone delle ferite della rivoluzione. Il titolo della serie di cui le opere fanno parte, 125, rimanda al numero di persone che sono morte negli scontri di quei giorni.
L’opera «Snorkeling» (2019) di Cosimo Veneziano, che sarà esposta in museo a partire dal 9 aprile, muove, invece, dalla volontà di indagare l’ambiguità dell’idea di monumento in relazione con i rivolgimenti politici e culturali della storia. Il lavoro, vincitore dell’Italian Council 2019, è costituito da due immagini che raffigurano due statue riprodotte in serigrafia su cui l’artista è intervenuto manualmente, velando e nascondendo parzialmente le sagome con stratificazioni di pigmento rosso e giallo.
Il primo dei due monumenti è un’opera dello scultore e compositore piemontese Pietro Canonica (1869-1959), che fu incaricato di realizzare una statua per lo zar Nikolaj Nikolaevič Romanov, installata nel 1912 in piazza Manejnaja a San Pietroburgo e distrutta pochi anni dopo, nel 1917, durante la rivoluzione. Il secondo è, invece, un monumento dedicato a Lenin, realizzato per essere presentato nel padiglione sovietico all’Esposizione universale di New York del 1939. Nel 1946 la statua fu spostata a Kiev, all’epoca unica capitale di una repubblica dell’Urss a non ospitarne una. Sopravvissuta alla caduta dell’Unione Sovietica, venne rimossa solo nel 2015, in seguito al movimento di protesta conosciuto come Euromaidan.
Per maggiori informazioni: www.mufoco.org.

«Women: un mondo in cambiamento», il National Geographic racconta un secolo di storie al femminile
È un viaggio nelle storie ispiratrici, commoventi e straordinarie di donne che hanno superato limiti e avversità, tracciando nuove strade per sé stesse e per gli altri quello che propone la mostra «Women: un mondo in cambiamento», promossa da National Geographic, in programma, dal 1° aprile al 19 giugno, nei cinque centri dello shopping di Land of Fashion: il Franciacorta Village a Rodengo Saiano (Brescia), il Valdichiana Village a Foiano della Chiana (Arezzo), il Mantova Village a Bagnolo San Vito (Mantova), il Palmanova Village ad Aiello del Friuli (Udine) e il Puglia Village a Molfetta (Bari).
L’itinerario espositivo si articola in sei sezioni espositive: Gioia, Bellezza, Amore, Saggezza, Forza e Speranza. Scatto dopo scatto, viene raccontato un secolo di storia e il modo in cui, nei diversi continenti, le donne sono state percepite e trattate, quanto potere hanno (o non hanno) avuto, come hanno affrontato le loro sfide e scoperto nuovi orizzonti.
Le immagini spaziano dalle più semplici situazioni di vita quotidiana alle provocazioni e alle battaglie per i diritti, dalle ballerine di samba che si riversano nelle strade durante il carnevale di Salvador da Bahia alle raccoglitrici di foglie di the in Sri Lanka, dalla maestosità variopinta dell’abito tradizionale caraibico con cui sfilerà la studentessa Wendy Fitzwilliam, eletta miss Universo 1998, all’atto di protesta di una ragazza che si rade il capo sulla scalinata del Campidoglio della West Virginia. Sono, poi, esposti il ritratto di una donna afghana in burqa integrale rosso che trasporta sulla testa una gabbia di cardellini, potente metafora di oppressione, e l’immagine di libertà e armonia di Mary Lengees, una delle prime donne custodi del Reteti Elephant Sanctuary in Kenya, ma non solo.
Il direttore di National Geographic Italia, Marco Cattaneo, così parla del progetto: «Nonostante i molti movimenti che si sono battuti per i diritti delle donne, con le ovvie differenze tra regione e regione, in tutto il mondo le donne soffrono ancora di discriminazioni di varia natura. E sono loro a soffrire di più nelle situazioni di crisi, come ha dimostrato anche la pandemia da SARS-CoV-2. Questa mostra, che abbiamo il piacere di presentare negli spazi dei Village Land of Fashion, vuole essere il racconto di ciò che è cambiato nell’ultimo secolo e una testimonianza di quanto ancora bisogna lavorare per arrivare a una vera parità».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.landoffashion.it

Didascalie delle immagini: 1. India - L’esuberanza dell’Holi, la festività delle polveri colorate, è stata fino a poco tempo fa considerata inappropriata per le vedove. Sfidando gli antichi pregiudizi, le associazioni di sostegno di Vrindavan le hanno invitate a partecipare ai festeggiamenti che si tengono in città. Amy Toensing, 2017; 2.Saggezza - Studentesse ghanesi portano le sedie per la cerimonia di inaugurazione della Maranatha Maternity Clinic. Randy Olson 2007

«Transito al 9no Circulo», Ricardo Garcia racconta il dramma dei niños soldados
Arriva per la prima volta a Milano «Transito al 9no Circulo», progetto dell’artista Ricardo Garcia, protagonista alla 58ma Biennale di Venezia nel Padiglione Venezuela. Quindici lavori su carta, esposti negli spazi della Basilica di San Celso (martedì – domenica, ore 16.00-19.00) per iniziativa di Laq – lartquotidien con il Santuario di Santa Maria dei Miracoli, denunciano l’orrore della guerra e il problema dei «niños soldados», ovvero il pericolo della perdita dei diritti essenziali per i bambini precisati nella «Convenzione sui diritti dell’infanzia», stipulata dall’Unicef il 20 novembre 1989.
L’esposizione, curata da Elisabetta Mero e accompagnata da un testo di Celina Pérez Blanco, sarà inaugurata il 28 marzo, alle ore 18, per rimanere aperta fino al 7 aprile. Parte del ricavato della vendita delle opere sarà devoluto alla Caritas a sostegno delle famiglie ucraine arrivate a Milano.
I lavori in mostra, con volti sofferenti ed emaciati di «bambini soldato», che richiamano alla nostra memoria le figure del periodo blu picassiano, fanno parte di un progetto più ampio, dal titolo «Transito al 9no Circulo», che allude al nono girone dell’«Inferno», nel quale Dante e il poeta Virgilio incontrano i traditori e i fraudolenti, eternamente intrappolati nel ghiaccio. La letteratura universale ha sempre costituito una fonte di ispirazione per l’artista nell’analisi della condizione umana e sociale; la «Divina Commedia» è un punto di riferimento essenziale come avviene anche nella serie «Dante soy yo», presentata al Museo de arte contemporáneo - Mac di Caracas nel 2016.
Ricardo Garcia, la cui arte presenta forti richiami al muralismo messicano di Diego Rivera, osserva con coraggio l’orrore delle guerre che il mondo ha sperimentato e che, purtroppo, sta ancora sperimentando. Focalizza la sua attenzione sul dramma dei civili innocenti, coinvolti nei conflitti, costretti a fuggire e abbandonare le proprie case e famiglie o, addirittura, a combattere e uccidere.
Il pensiero corre immediatamente alla cronaca di questi giorni, agli ultimi eventi che stanno martoriando l’Ucraina. Negli occhi delle figure disperate di Ricardo Garcia, che tanto ricordano le vittime dei «Disastri della Guerra» di Francisco Goya, possiamo ritrovare tutto il dramma dei rifugiati ucraini e di coloro che combattono un conflitto assurdo. «La guerra non si può umanizzare. Si può solo abolire». L’aveva detto Albert Einstein. Gino Strada ne aveva fatto un credo. Ricardo Garcia, con le sue opere alla Basilica di San Celso, lo ricorda a tutti noi.
Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito www.lartquotidien.com. 

Maschere e poesia: arrivano a Milano i Familie Flöz
Fascino, ironia, poesia, malinconia, sogno e ilarità: c’è questo e molto altro negli spettacoli della compagnia berlinese Familie Flöz, nata nel 1994 da un’idea di Hajo Schüler e Markus Michalowski, insieme a un gruppo di studenti di recitazione e mimo della Folkwang- Hochschule di Essen, che oggi vanta con i suoi «spettacoli silenziosi» migliaia di repliche in trentaquattro Paesi di tutto il mondo e numerosi premi ricevuti in più di venticinque anni di attività.
Questa settimana i mimi-attori Andres Angulo,Johannes Stubenvoll e Thomas van Ouwerkerk sono approdati, con le loro grandi maschere e il linguaggio universale dei gesti, a Milano, dove fino al 3 aprile porteranno in scena, al teatro Menotti, il mondo divertente, poetico, magico e carico di umana fragilità che li ha resi non solo apprezzati, ma anche facilmente riconoscibili dal grande pubblico.
La programmazione è iniziata con «Teatro Delusio», uno spettacolo di «teatro nel teatro», in cartellone dal 22 al 24 marzo, che gioca con le innumerevoli sfaccettature del mondo teatrale. Mentre la scena diventa backstage e il backstage è messo in scena, sul palco si rappresentano diversi generi teatrali, dal mondo opulento dell’opera a scene d’amore passionali, e dietro le quinte i tecnici di scena Bob, Ivan e Bernd, tre aiutanti instancabili divisi dal luccicante mondo del palcoscenico solo da un misero sipario, vivono una vita all’ombra della ribalta, fatta di sogni e quotidianità.
«Feste», in cartellone fino al 3 aprile, è, invece, una favola per adulti, senza parole. La storia prende spunto dai preparativi per un matrimonio in una villa sul mare. Nel cortile, tra gag comiche e spunti drammatici, il personale lavora senza sosta per cucinare, preparare, sorvegliare, pulire e riordinare. Tutti fanno del loro meglio perché la festa funzioni a meravigli e ottenere così il rispetto da parte dei ricchi proprietari della casa.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.teatromenotti.org.

Lazio, una primavera di concerti al Museo del saxofono
Sarà l'energia assoluta dello swing mescolata con la musicalità frenetica e ritmica degli anni Cinquanta e Sessanta tra Italia e Stati Uniti ad aprire la stagione primaverile di concerti promossa dal Museo del saxofono di Maccarese. Sabato 26 marzo, alle ore 21:30, i sette musicisti della «Big Night Players» - Francesco Sofia (voce), Andrea Pedroni (sax tenore), Carlo Capobianchi (tromba), Walter Fantozzi (trombone), Paolo Bernardi (pianoforte), Giordano Panizza (contrabbasso) e Marco Della Torre (batteria) – proporranno al pubblico un percorso tra canzoni iconiche quali «That’s amore», «Buonasera, signorina», «Just a gigolò», «Tu vuo’ fa l’americano», «Torna a Surriento», «Carina», «Oh Marie», «Ciao, ciao, bambina», «Sotto il cielo di Roma» e «Mambo italiano».
La programmazione proseguirà domenica 3 aprile con un omaggio al gospel, che vedrà in scena Dimitri Espinoza Grechi al sax tenore e Paolo «Pee Wee» Durante all’organo Hammond.
Sabato 9 aprile è prevista, invece, la presentazione di «Saxophones», il catalogo ufficiale del museo, frutto del grande lavoro di acquisizione, studio e ricerca svolto da Attilio Berni.
L’opera, che si è avvalsa del contributo di prestigiosi esperti internazionali del settore, «include – si legge nella nota stampa - numerose immagini di qualità, approfondimenti e notazioni tecnico-descrittive delle varie metamorfosi dello strumento che si intrecciano con le storie personali degli inventori e dei musicisti che lo hanno imbracciato». A seguire è in programma un concerto del «Classic Jazz Quintet».
Mentre sabato 23 aprile i riflettori saranno puntati sul progetto «Big Block City», ultimo lavoro di Angelo Trane e Andrea Rongioletti composto e realizzato durante il periodo del lockdown, che vedrà in scena anche la cantante Letizia Liberati.
Sabato 7 maggio sarà, dunque, la volta della «Ciribiribin Italian Swing Orchestra» con il concerto «Do You speak Italiano?», un viaggio tra melodie indimenticabili in compagnia delle note di artisti quali Alberto Rabagliati, Bruno Martino, Natalino Otto, Fred Buscaglione, il Trio Lescano e molti altri. Mentre a chiudere la rassegna primaverile sarà, sabato 21 maggio, un quartetto capitanato da Susanna Stivali con un progetto interamente dedicato all’enorme e diversificato lavoro del poeta, scrittore, autore e compositore Chico Buarque de Hollanda.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: https://www.museodelsaxofono.com/

Al via la prima edizione di «Doorscape», il concorso di architettura di Oikos Venezia e Fondazione Querini Stampalia
Si chiama «Doorscape» il concorso internazionale lanciato da Oikos Venezia, azienda leader nella progettazione e design di porte di ingresso di alta gamma, e dalla Fondazione Querini Stampalia, per il sostegno e la diffusione della cultura architettonica dello spazio d’ingresso nelle sue molteplici accezioni, funzioni e collegamenti.
Le iscrizioni al contest - che vede il coinvolgimento, in veste di aziende partner, di Adler, Iseo e Laminam - sono aperte fino al 15 gennaio 2023, sul sito www.doorscape.eu, per architetti, ingegneri, designers, progettisti, creativi e studenti di architettura.
Il progetto deve riguardare lo spazio che precede e segue l’accesso al luogo abitato, rispondendo a due fondamentali parametri: l’architettura d’ingresso è pertinente a un edificio residenziale, di tipo unifamiliare o plurifamiliare; il progetto deve coprire un’area massima di 300 metri quadrati.
Il vincitore ha diritto a un premio in denaro di 10.000,00 € e il progetto verrà esposto, insieme agli altri finalisti, alla Fondazione Querini Stampalia, in occasione della 18. Mostra internazionale di architettura de La Biennale di Venezia. La scelta dello spazio espositivo non è ovviamente casuale: l’area progettata da Carlo Scarpa nel museo veneziano si presta, infatti, per sua natura a un approfondimento sul concetto di spazio, di ingresso e di soglia.
Gli elaborati dei partecipanti saranno valutati e premiati da una giuria internazionale di massimi esperti di settore. La giuria sarà presieduta da Michele De Lucchi & Amdl Circle, un professionista e uno studio di architettura che incarnano l’idea di contaminazione dei saperi. Gli altri giurati saranno: Donatella Calabi (storica delle città), Alessandra Chemollo (fotografa), Emanuele Coccia (filosofo), Luciano Giubbilei (landscape e garden designer) e Eugenia Morpurgo (designer ricercatrice). «Forte della presenza di professionisti che riflettono sugli spazi in modo complementare, la giuria – spiegano gli organizzatori - riflette il carattere dell’intera operazione e i criteri di selezione dei progetti: il contenuto di ciascun progetto in concorso, oltre a dimostrare le competenze tecniche adeguate, non dovrebbe trascurare il taglio culturale che l’intera operazione persegue».
Per maggiori informazioni: www.doorscape.eu.

5 Continents Editions porta in libreria «Maria Lai. Ricucire il dolore. Tessere la speranza»
È uscito in libreria giovedì 24 marzo il volume «Maria Lai. Ricucire il dolore. Tessere la speranza», scritto da Micol Forti, studiosa che dal 2000 dirige la collezione d’arte contemporanea dei Musei vaticani, in occasione della mostra allestita lo scorso anno alla Cantina Antichi Poderi di Jerzu, paese sardo tra le cui case l’artista ha vissuto da bambina insieme alla sua famiglia. A pubblicare il libro, disponibile in lingua italiana e inglese, è la 5 Continents Editions di Milano, che ha in catalogo anche i volumi «Maria Lai. Legarsi alla montagna» (2021), «Maria Lai. I luoghi dell’arte a portata di mano. Quattro mazzi di carte per argomentare sul fare arte, leggere l’arte, ridefinire l’arte» (2021), e «Maria Lai. Tenendo per mano il sole» (2019).
Il libro propone un racconto inedito del percorso artistico di Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013) che, a partire dalla sua riscrittura della storia sacra con soggetti espressamente legati alla tradizione religiosa, in particolare ai temi della nascita e della morte - come i «Presepi» e le «Via Crucis» -, arriva fino ai disegni eseguiti in giovane età, dalla metà degli anni Quaranta fino agli anni Sessanta, nei quali l'artista, attraverso tratti tanto essenziali quanto decisi, ritrae la cultura locale e la quotidianità domestica.
Figure di donne al lavoro, mentre setacciano, impastano il pane, lavano panni, siedono al telaio, o accudiscono i bambini, insieme alle - meno frequenti - figure di uomini, pastori, pescatori, contadini, cacciatori con lo «scoppio» in spalla, e ancora, animali e qualche sintetico paesaggio: Maria Lai osserva e rappresenta la realtà in tutte le sue forme, la verità della sua terra, dei posti dove ha vissuto, delle persone che ha incontrato, dei libri che ha letto, delle opere che ha visto, degli affetti che l’hanno circondata nel corso della sua lunga vita. Ed è proprio a partire da questa realtà, dalla sua realtà, che prende le mosse la sua visione artistica.
Per Maria Lai l’arte ha a che fare con il senso dell'esistere, incarna le fragilità e le potenzialità della vita, e questa ricerca artistica ed estetica emerge perfettamente dalle opere presenti all’interno del volume.
Pagina dopo pagina, il libro mette in luce, ancora una volta, come il «fare arte» per Maria Lai debba rispondere alle esigenze e alle domande concrete e fondamentali dell'uomo, a quel bisogno di ricerca che muove anzitutto dalla propria intimità. Come afferma Micol Forti, «attraverso tutta la sua opera, Maria Lai ha dimostrato che l’arte, quella che nasce dal confronto con la tradizione sacra e quella che germoglia dall’osservazione del reale, ha tra i suoi compiti più alti e ambiti rivelare il senso dell’esistere, svelare i misteri del nascere e del morire, diventare orizzonte del nostro ‘errare’ e accogliere il cammino verso una meta che possiamo solo intuire».
Per maggiori informazioni: www.fivecontinentseditions.com.

«Infinito Alluminio», un concorso d’arte per un materiale dalle mille vite
Rimarranno aperte fino al prossimo 21 giugno le iscrizioni alla nona edizione del Premio Comel Vanna Migliorin arte contemporanea, che promuove l’uso estetico dell’alluminio tra gli artisti europei over 18.
Il tema del nuovo contest, «Infinito Alluminio», pone l’accento sulla capacità di questo metallo di essere completamente riciclato innumerevoli volte, senza mai perdere nessuna delle sue caratteristiche. Questa proprietà dell’alluminio, non solo lo rende un materiale ecosostenibile, ma apre a questo metallo infiniti utilizzi e infinite vite visto che – raccontano gli organizzatori - «il fuoco lo fonde, cancella la sua esistenza precedente e lo prepara alla rinascita». «Infinito Alluminio» simboleggia dunque la possibilità di ricominciare, di ripensare intere esistenze, di lasciarsi alle spalle ciò che c’è stato prima per avviare un nuovo percorso.
La partecipazione al concorso è gratuita, potranno essere iscritte opere di pittura, scultura, design, fotografia e installazione purché abbiano come elemento principale l’alluminio e rispettino il tema proposto. Alla chiusura del bando, il 21 giugno, una giuria di esperti selezionerà tredici opere che, in ottobre, saranno esposte allo Spazio Comel di Latina. Tra i tredici finalisti sarà scelto un vincitore che riceverà un premio in denaro di 3.500,00 euro e sarà protagonista di una mostra personale con catalogo dedicato.
Per iscriversi o ricevere maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.premiocomel.it.

giovedì 24 marzo 2022

Marche, quattro mostre per il centenario della nascita di Wladimiro Tulli

Le Marche riscoprono le loro radici futuriste. I Comuni di Macerata, Civitanova Marche e Recanati si uniscono per celebrare la figura di Wladimiro Tulli (1922-2003), uno dei maestri dell’aeropittura, di cui ricorrono quest’anno i cento anni dalla nascita. Per l’occasione sono state ideate quattro differenti esposizioni, che restituiscono il volto di un artista dalle importanti relazioni internazionali, legato a doppio filo alla sua terra.
Per Wladimiro Tulli le Marche sono, infatti, sempre state il cardine attorno a cui far ruotare la propria vita e le proprie ricerche artistiche, dove ritornare dopo i numerosi viaggi di studio e lavoro in Europa e negli Stati Uniti. In questo territorio si trovano, inoltre, numerosi suoi interventi di decorazione, graffiti e plastica murale, in un percorso che fa tappa ad Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto, Fano, Urbino, Matelica e Offida.
Anche la prima mostra in programma, quella appena inaugurata a Recanati, è un omaggio alla storia delle Marche. «Tulli per Giacomo», a cura di Nikla Cingolani, è, infatti, una riedizione della grande esposizione del 1997 che l’artista dedicò a Giacomo Leopardi, uno dei figli più illustri della sua terra natia. L’esposizione, allestita fino al 19 aprile al Museo civico Villa Colloredo Mels, presenta 33 opere raffiguranti i temi principali delle liriche leopardiane, in un dialogo tra pittura e poesia che ha accompagnato l’artista per tutta la vita.
Tra aprile e giugno l’omaggio a Wladimiro Tulli si sposterà, quindi, a Macerata, dove sono in programma due mostre: «Vitalismi» (14 aprile – 26 giugno), ai Musei civici di Palazzo Buonaccorsi, e «Futuro interiore» (1° aprile -19 giugno), al Museo Palazzo Ricci. La prima rassegna, a cura di Paola Ballesi e Giuliana Pascucci, è una vera e propria antologica, mentre l’altra mostra, per la curatela di Roberto Cresti, focalizza l’attenzione su una selezione di opere dal Futurismo agli anni Cinquanta e Sessanta.
Civitanova Marche, infine, ha in programma, negli spazi dell’auditorium di Sant’Agostino, «Cavalcare i sogni» (14 maggio – 28 agosto 2022), a cura di Enrica Bruni e Stefano Papetti, un allestimento delle «grandi opere» realizzate dall’artista nei suoi ultimi anni di vita.
Il percorso espositivo in quattro tappe permette di ricostruire l’attività poliedrica e multiforme di Wladimiro Tulli, caratterizzata da importanti relazioni internazionali per tutta la seconda metà del ‘900. Intelligente interprete del contemporaneo e curioso nei confronti delle novità, l’artista aderisce da giovane al Gruppo futurista Umberto Boccioni di Macerata, il cui principale esponente, Bruno Tano, lo incoraggia verso l’aeropittura nella sua forma più fantasiosa e dove, nel contempo, conosce Marinetti, Prampolini, Balla, Depero e Pannaggi. La consacrazione definitiva risale al 1943, ovvero alla partecipazione alla IV Quadriennale d’arte di Roma.
Il Dopoguerra vede l’artista sempre più attratto dalle ricerche dell’astrattismo che lo portano a sperimentazioni materiche e cromatiche che non lo abbandoneranno mai. Negli anni Cinquanta Wladimiro Tulli stabilisce contatti e rapporti con gli esponenti più importanti dei principali movimenti astratti, concreti, spaziali e informali italiani ed europei, primo su tutti Alberto Burri, mentre negli anni ’60 entra nel Gruppo Éclat di Parigi e, poi, fonda il Gruppo Levante di Macerata. La sua ultima stagione artistica lo vede realizzare opere materiche, ancora d’influsso informale, in cui si palesa la componente onirica e surreale che ha caratterizzato tutta la sua produzione.
«La fantasia di continuo nuova», «la spontaneità stupenda del colore», «l’invenzione non mai stanca delle libere forme» - quei tratti che fecero apprezzare Wladimiro Tulli anche da Giuseppe Ungaretti – continuano a regalare «una felicità che rimane nell’animo».

Didascalie delle immagini
1. Wladimiro Tulli, Minuetto sugli arcobaleni, 1999; 2. Wladimiro Tulli, L'aereo rosso e il suo gemello, 1939; 3. Wladimiro Tulli, Cielo, e poi mordimi, 1991; 4. Wladimiro Tulli, In picchiata sul porto, 1952

Informazioni utili

mercoledì 23 marzo 2022

C’è anche l’arte in «Libera il tuo futuro», il cartellone di eventi per gli ottocento anni dell'Università di Padova

Parla anche il linguaggio dell’arte «Libera il tuo futuro», il cartellone di conferenze, convegni, spettacoli, festival, mostre e altre iniziative che l'Università di Padova ha preparato per festeggiare l'ingresso nel suo nono secolo di vita. Fondato nel 1222, tra i più antichi e prestigiosi d'Europa, lo studio patavino è sempre stato guidato nella sua missione dal valore della libertà, al punto da portarlo scolpito nello storico motto «Universa Universis Patavina Libertas». Proprio attorno alla libertà – principio sempre fondamentale e mai scontato, come ci dimostra la recente attualità – è stato costruito il programma delle celebrazioni, suddiviso in quattro percorsi: «Libera le Idee», «Libera la Scienza», «Libera la Natura» e «Libera le Arti».

La primavera porterà in regalo al pubblico i concerti di «Opera Libera», una rassegna in sei appuntamenti che, da martedì 29 marzo al 4 giugno, esplorerà i territori al confine tra jazz, avanguardia e musica contemporanea. Si inizierà con la prima italiana di «Femenine» di Julius Eastman, lavoro che vedrà alla direzione Giovanni Mancuso. Si proseguirà con il quartetto Entasis, guidato dal maestro del free jazz giapponese Akira Sakata (14 aprile), con il quintetto Fire and Water, nuovo progetto al femminile della pianista e compositrice statunitense Myra Melford (8 maggio), con la «rianimazione digitale» dell’opera «Il tempo consuma» di Michele Sambin (16 maggio) e con le sonorità del Seabrook Trio (19 maggio). Mentre a chiudere la prima parte della rassegna, che tornerà in autunno con un cartellone ancora tutto da scoprire, sarà il trio giapponese San.

La musica tornerà, quindi, protagonista il 29 giugno con il dj set di Frankie hi-nrg mc, che interpreterà in una performance originale il tema della libertà, popolando per una sera gli spazi dell'ex caserma Piave, che per l’occasione sarà scenario anche di un video-mapping. Le sette ritorneranno, poi, sotto i riflettori in autunno con un concerto del violoncellista Giovanni Sollima (9 dicembre) e in inverno con l'Orchestra di Padova e del Veneto (dicembre 2022).

Le arti saranno protagoniste anche del ciclo «8x8: storie per 8 secoli», accompagnando ogni «secolo» con uno spettacolo presentato nella Sala dei Giganti di Palazzo Liviano. Si inizierà con «Eroi» (26 marzo), la storia dell'«Iliade» riletta da Andrea Pennacchi, con l'accompagnamento musicale di Giorgio Gobbo e Sergio Marchesini. Si proseguirà con lo spettacolo «Ezzelino figlio del demonio. I capolavori letterari di Rolandino e Albertino Mussato» (9 aprile), con un reading sulla goliardia padovana (21 maggio) e con un omaggio alla Padova di Donatello e Mantegna, a cura di Stefano Eros Macchi e Marta Bettuolo (11 giugno).
Andrea Pennacchi sarà protagonista nel cartellone delle iniziative per gli ottocento anni dell’Università di Padova anche il 23 e 24 maggio con un omaggio a Tullio Levi Civita, il matematico padovano che con il suo lavoro ha contribuito in maniera fondamentale alla teoria della relatività di Albert Einstein e di cui il prossimo anno ricorreranno i 150 anni dalla nascita.
«8x8» prevede anche visite guidate al Museo archeologico e al Museo Bottacin (26 aprile), al Palazzo del Consiglio, alla Chiesa di Sant'Ubaldo e alla Padova medievale (9 maggio), all'Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti e al Palazzo della Ragione (21 maggio) e così via, mese per mese.

Un appuntamento da non perdere sarà, poi, quello del 17 giugno, quando andrà in scena Marco Baliani con «Kohlhaas», spettacolo ispirato all'omonimo racconto di Heinrich von Kleist: la storia di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto, genera una spirale di violenze sempre più incontrollabili, ma sempre in nome di un ideale di giustizia naturale e terrena. Ambientazione d’eccezione sarà il Palazzo della Ragione, antica sede dei tribunali cittadini, a rievocare il senso più alto della giustizia. Mentre a inizio del 2023 arriverà a Padova Ascanio Celestini con uno spettacolo sulla libertà.

Il linguaggio teatrale verrà utilizzato anche per raccontare ai più giovani, ovvero agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, grandi personaggi della mostra storia come lo scienziato Galileo Galilei (21 aprile), lo scrittore-partigiano Luigi Meneghello (26 aprile), che verrà raccontato da Marco Paolini, e il magistrato anti-mafia Giovanni Falcone (27 aprile), a trent'anni dalla strage di Capaci.

Non manca nel ricco programma anche un appuntamento a tematica ambientale per la Giornata mondiale della terra: all’Orto Botanico andrà in scena «Green-chiesta» (22 aprile), spettacolo a impatto zero con protagonista il «teatro a pedali» di Mulino ad Arte. Il cinema verrà, invece, raccontato da Luigi Lo Cascio (13 dicembre).

Tante, infine, le mostre ed esposizioni in cartellone come «L'occhio in gioco. Percezioni, Impressioni e Illusioni nell'arte dal Medioevo alla Contemporaneità» (dal 24 settembre, al Palazzo del Monte di Pietà) o il «Grand Tour delle Scienze», ovvero l’apertura speciale dei musei dell’Ateneo ogni sabato e domenica a partire dal 21 maggio e fino a marzo 2023.

A conclusione delle celebrazioni, saranno, poi, inaugurati il nuovo Museo Botanico (che con un allestimento interattivo valorizzerà le sue collezioni storiche), e il Museo della Natura e dell'Uomo, che nascerà a Palazzo Cavalli dalla fusione delle collezioni dei musei di Mineralogia, Geologia e paleontologia, Zoologia e Antropologia, diventando il più grande museo universitario europeo. Due nuove porte si apriranno, dunque, a Padova per iniziare nel miglior modo possibile i prossimi ottocento anni dell’ateneo cittadino.

Informazioni utili
www.800anniunipd.it

domenica 20 marzo 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 14 al 20 marzo 2022

Dai ritratti di Pablo Picasso alle installazioni di Pista 500, al via il nuovo corso di Pinacoteca Agnelli
La Pinacoteca Agnelli di Torino cambia volto e si trasforma in un luogo aperto alla riflessione sulle tematiche della contemporaneità, «motore di nuove narrazioni» e, nello stesso tempo, culla di un passato, specificamente torinese, legato all’automobile quale simbolo di velocità e di innovazione.
Il nuovo corso, che vede alla direzione artistica Sarah Cosulich, sarà caratterizzato da mostre inedite e da progetti site-specific, che coinvolgeranno anche l’iconica Pista 500 sul tetto del Lingotto, recentemente trasformata - su progetto degli architetti Camerana&Partners - in un parco pensile, il più alto d’Europa, con le sue quarantamila piante di oltre trecento specie autoctone diverse, collocate a ventotto metri di altezza.
Per l’occasione l’istituzione si è dotata anche di una nuova identità visiva: la forma circolare del logo deriva dalla curva di Pista 500, la A di Agnelli è scritta in minuscolo per sottolineare la volontà del museo di essere spazio accessibile e inclusivo, dinamico e contemporaneo, aperto a tutte e tutti.
Le attività della nuova stagione prenderanno il via il prossimo 27 maggio con tre mostre.
A vent'anni dall’inaugurazione dell'allestimento dello Scrigno di Renzo Piano, Pinacoteca Agnelli proporrà la prima tappa di «Beyond The Collection», un’inedita rilettura della sua raccolta. Il progetto inaugurale, visitabile fino al 25 settembre, sarà dedicato a Pablo Picasso e Dora Maar. Il ritratto «Homme appuyé sur une table» (1915-1916), conservato nella collezione Agnelli, verrà messo per la prima volta in dialogo con una serie di opere picassiane degli anni Trenta raffiguranti Dora Maar, provenienti dalla Fondation Beyeler di Basilea. Insieme alle tele, verrà presentata anche una selezione di fotografie della stessa Dora Maar, non solo punto di riferimento intellettuale per la pratica artistica di Picasso, ma anche artista centrale nella storia dell’arte del Novecento.
In contemporanea, inaugurerà una personale di Sylvie Fleury, autrice di una ricerca poliedrica che elude correnti e categorie. Attraverso una molteplicità di media - dalla scultura alla pittura, dal neon all’installazione – l’artista attinge nel suo vocabolario a oggetti e immaginari provenienti dall’ambito della moda, della fantascienza, delle sottoculture pop, indagando i meccanismi di costruzione del valore e la fabbricazione di desideri della società contemporanea. «Il suo lavoro – raccontano gli organizzatori - risuona con la volontà di ampliare la narrazione tradizionale del Lingotto, segnata dall’immaginario maschile della fabbrica e dell’automobile, ma anche con quello di una collezione storica rappresentata da artisti uomini».
A Pista 500 verranno, infine, presentate le prime installazioni ambientali, sonore, luminose e di cinema espanso, che nei prossimi tre anni andranno a caratterizzare l’architettura del luogo, «ragionando – raccontano ancora da Pinacoteca Agnelli - sulla trasformazione dell’archeologia industriale del Lingotto da circuito chiuso a strada cittadina, da luogo produttivo a spazio aperto da abitare insieme».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: https://www.pinacoteca-agnelli.it.

Torino, al via il grande cantiere di restauro di Palazzo Madama
Cinquecento giorni
per far rinascere il «volto» in marmo di Palazzo Madama, uno dei simboli di eccellenza di Torino nel mondo: è questo l’obiettivo del grande cantiere di restauro che riporterà la facciata juvarriana al suo antico splendore. I lavori, che prenderanno il via nella giornata di lunedì 14 marzo, nascono dalla collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, da sempre impegnata nella tutela, conservazione e valorizzazione dei beni museali, e la Fondazione Crt, che finanzia interamente quest’ultimo intervento con un impegno straordinario di 2,4 milioni di euro.
Approvati dal ministero per la Cultura e dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio, i lavori di restauro e consolidamento strutturale coniugano arte, ingegneria e ricerca, salvaguardando l’identità e la storia del luogo con soluzioni tecnologiche innovative, sostenibili e reversibili. L’esecuzione è affidata alle imprese Cooperativa archeologia di Firenze e B.P. Benassi di Montignoso, vincitrici della gara d’appalto della Fondazione Torino Musei per un importo di 1.065.476,85 milioni di euro; mentre la direzione dei lavori è stata affidata dell’architetto Gianfranco Gritella, con la consulenza dell’ingegnere Franco Galvagno per le opere strutturali.
Un ascensore condurrà le maestranze sino alla sommità del cornicione per le opere più complesse relative alla messa in sicurezza strutturale di tutta la trabeazione in marmo. All’interno delle cavità situate nel grande cornicione, manodopera specializzata realizzerà particolari strutture in acciaio curvilinee, destinate a costituire il futuro scheletro portante del rivestimento in pietra del grande architrave, che manifesta da secoli segni di affaticamento strutturale: a seguito del distacco di alcuni frammenti, si è reso necessario l’avvio dell’importante intervento di restauro.
Sulla sommità di Palazzo Madama, le quattro imponenti statue allegoriche di tre tonnellate ciascuna alte quattro metri, firmate dallo scultore carrarese Giovanni Baratta nel 1726, saranno rimosse dal basamento – mediante una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave – e provvisoriamente calate a terra in gabbie di acciaio, con uno spettacolare sistema di gru, per il loro restauro e consolidamento in un apposito padiglione. L’intervento, nelle sue diverse fasi, potrà essere seguito live dal pubblico, che potrà anche visitare il padiglione stesso in tempi prestabiliti.
Per la prima volta dopo secoli il marmo scelto da Filippo Juvarra nelle antiche cave di Foresto e di Chianocco, situate nella bassa Valle di Susa, sarà nuovamente utilizzato per le parti più delicate e deteriorate della struttura.
I restauri delle statue, così come quelli dei serramenti lignei, saranno affidati tramite due ulteriori bandi nelle prossime settimane, a completamento del primo lotto di lavori sul settore centrale della facciata: la conclusione, dopo cinquecento giorni, è prevista per il 24 giugno 2023, festa di San Giovanni, patrono della città. Seguiranno altri due lotti relativi ai due corpi laterali.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.palazzomadamatorino.it

«Collab»: la Colonia «Acqua di Parma» diventa un’opera d’arte

Da più di cento anni è simbolo di eccellenza, artigianalità e stile di vita italiano. Era il 1916 quando faceva la sua comparsa «Acqua di Parma», una fragranza fresca e moderna, ricca di «frutti d’oro» come il limone, l’arancio e il bergamotto, destinata a diventare un intramontabile classico. Di decennio in decennio, accanto all’iconica colonia ideata dal barone Carlo Magnani, sono nate nuove profumazioni e collezioni come la celebre «Blu Mediterraneo» o la «Signatures of the Sun» che raccontano l’Italia in tutte le sue sfumature.
Tradizione e innovazione sono da sempre le parole chiave della maison, pronta a dare vita a un nuovo progetto: «Collab», laboratorio creativo realizzato in collaborazione con lo Ied - Istituto europeo di design, una delle più importanti scuole di moda, design, arti visive e comunicazione in Italia. Dal 4 a 10 aprile, on-line e nella Boutique «Acqua di Parma» di Milano (in Via Gesù 1), sei designers italiani daranno libero sfogo alla propria creatività, proponendo sei diversi temi per realizzare una collezione esclusiva di trecento flaconi, oggetti da collezione unici e personali da regalare e regalarsi.
Partendo dal proprio stile personale, gli artisti selezionati hanno rivisitato temi profondamente radicati nella cultura e nell’identità italiana, dalle tradizioni popolari alla magnificenza dell’architettura. Anna Spreafico, in «Sky Signs», si ispira, per esempio, ai cieli stellati dipinti sui soffitti delle chiese, allo zodiaco e all’arte del vetro di Venezia. Margherita Caspani, nella sua «Animalia», riporta in vita l’immaginario dei gladiatori dell’Antica Roma e mette in scena una danza giocosa tra uomini e bestie. Mentre Claudia Bernardi sceglie, per «Play With Me», un caposaldo della cultura italiana, le carte da gioco, e decora i suoi flaconi con cuori, picche e altri simboli tipici dell’iconografia delle carte. Lucrezia Viperina ci porta, invece, con sé in un viaggio attraverso l’Italia, ricreando i monumenti più iconici, mentre Sara Brienza esplora i temi del misticismo e della fortuna attraverso simboli tradizionali come coccinelle, peperoncini e ferri di cavallo. Paolo Moscheni, infine, esprime una visione inclusiva e universale di speranza, amicizia e amore.
Grazie a «Collab», i clienti che acquisteranno on-line una colonia nel formato 180ml, potranno personalizzare il proprio flacone insieme all’artista selezionato, durante una sessione individuale da prenotare (che si terrà on-line o a Milano), aggiungendo così anche un proprio tocco personale alla confezione: il segno zodiacale in «Sky Signs», un numero romano a scelta in «Animalia» o una bandana con un messaggio per il progetto firmato da Paolo Moscheni. La fragranza preferita diventerà così una vera e propria opera d’arte da collezione.
Per maggiori informazioni: https://www.acquadiparma.com/en/gb/livestory-pages/collab.html.

I Musei Reali di Torino celebrano i 161 anni dell’Unità d’Italia con «Splendori della tavola»

Dal Quirinale ai Musei reali di Torino: è questo il viaggio che ha appena fatto il prestigioso e fastoso corredo da tavola in argento realizzato nel 1833 a Parigi per il re Carlo Alberto da Charles-Nicolas Odiot, figlio di Jean-Baptiste Claude, a guida di una fiorente bottega orafa che, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, forniva capolavori di oreficeria per l’aristocrazia francese e che annoverava tra i propri committenti anche Napoleone Bonaparte.
Il servizio da tavola, considerato tra le maggiori committenze delle corti europee dell’epoca e ammirato per l’eccellente qualità all’Expositions des Produits de l’Industrie di Parigi nel 1834, è arrivato all’ombra della Mole in occasione del centosessantunesimo anniversario dell’Unità d’Italia e rimarrà esposto, fino al prossimo 17 luglio, nella Sala da pranzo del Palazzo Reale.
Commissionato nel 1833 e trasferito al Quirinale tra il 1873 e il 1874, il corredo comprende oggi 1832 pezzi, che documentano l’evoluzione dei modelli decorativi dell’oreficeria verso un eclettismo di gusto inglese, con forme arrotondate che si adattavano alle esigenze della nascente meccanizzazione industriale. Di questi pezzi 164 esemplari sono in prestito temporaneo a Torino. Tra di essi ci sono una grande zuppiera ovale, legumiere, casseroles à entremets, salsiere, oliere, saliere e mostardiere, cucchiai per la senape, sottobottiglie, posateria per dodici persone, piatti da portata, cloches, vassoi, zuccheriere, caffettiere, lattiere, teiere e una fontaine à eau chaude con il suo fornello.
La mise en table è impreziosita da cristalli e porcellane delle collezioni dei Musei reali e presenta un allestimento scenografico realizzato in collaborazione con la Fondazione teatro Regio di Torino. Ai lati della tavola, quattro manichini con abiti da sera maschili e femminili di fine Ottocento - inizio Novecento, allestiti dalla scenografa Claudia Boasso.
Oltre alla visita della Sala da Pranzo, inclusa nel normale percorso, per l’occasione sarà possibile accedere ad altre suggestive tavole apparecchiate con visite guidate su prenotazione. Al piano terra, saranno visitabili l’Appartamento della regina Elena, con la Sala da pranzo ornata dai vasi settecenteschi a motivo «palla di neve» e dal servizio «Uccelli e insetti» della manifattura di Meissen (1896), il Salotto con servizio da caffè e cioccolata, la Sala del piano, con servizio da tè realizzato a Berlino (1895), e la Sala della piglia, con gli armadi storici contenenti prestigiosi servizi in porcellana e cristallo di produzione europea. Al primo piano saranno, invece, visitabili l’Appartamento dei Principi Forestieri, con una tavola di gusto orientale riservata agli ospiti, e l’Appartamento della regina Maria Teresa, con lo splendido servizio a motivi floreali dipinti in tonalità porpora dalla manifattura di Berlino (1894) e biscuit centrotavola francesi nella Sala delle Cameriste, oltre a una selezione del pregiato servizio da dessert parigino detto delle «Donne più celebri d’Europa di tutti i tempi» (1852), realizzato dall’Atelier di Boyer. La visita si conclude nella Sala del Lavaggio con la collezione di porcellane orientali conservate negli armadi storici del Palazzo Reale.
Per informazioni e prenotazione sul percorso «Splendori della tavola» è possibile fare riferimento ai seguenti contatti: tel. 011.19560449; info.torino@coopculture.it.
Per maggiori informazioni: https://www.museireali.beniculturali.it.

L’equinozio di primavera porta il numero 1 della rinata FMR, «la rivista più bella del mondo»
L’equinozio di primavera porta in dono il numero 1 della rivista FMR. Dopo l’anteprima di presentazione e il numero Zero, diffusi rispettivamente in autunno e a dicembre 2021, a fine marzo esce il primo dei quattro «doni di stagione» che, con cadenza trimestrale, la casa editrice parmense farà di anno in anno ai suoi abbonati. La presentazione, in streaming e in presenza, si terrà il 28 marzo, alle ore 18:30, alla Pinacoteca d Brera, alla presenza del direttore James Bradburne, dei vertici della casa editrice parmense, rappresentati da Laura Casalis ed Edoardo Pepino, e da Carlo Orsi, Vittorio Sgarbi e Stefano Salis.
Il nuovo numero, disponibile in italiano e in inglese, si apre con le rubriche «Hors d’oeuvre», per incuriosire e ingolosire il lettore. In «Scoperte e Innamoramenti» Dacia Maraini racconta dell’incontro folgorante con una tela di Antonietta Raphaël, moglie di Mario Mafai, e dei rapporti interrogativi che certi quadri, come quelli della pittrice lituana, sono capaci di instaurare. Nella rubrica «Congetture», prosegue il dialogo di Héctor Abad Faciolince con il ritratto di Cornelis van der Geest, cui lo scrittore dedicò, al loro primo contatto visivo mezzo secolo prima, alcuni suoi versi. Invece Massimo Duranti, in «Almanacco», introduce alla corrente dell’Aeropittura futurista, alla quale sarà dedicata, dal 9 aprile al 3 luglio, un’esposizione al Labirinto della Masone. Infine, per la rubrica «Aste», Simone Facchinetti espone il rischio che sta correndo l’arte femminile, sottoposta spesso a valutazioni labili e passeggere, che non risparmiano nemmeno una grande artista come Artemisia Gentileschi.
Il nuovo numero ospita, poi, quattro articoli. In apertura, dopo un’introduzione di Stefano Salis, Orhan Pamuk racconta in «Quel che resta di un amore» il suo magnifico progetto che è perfetta fusione di arte e poetica: il Museo dell’Innocenza, inaugurato quattro anni dopo l’uscita dell’omonimo romanzo, una lunga storia di una collezione di oggetti che si trasformano in letteratura; il testo è accompagnato dalle fotografie di Massimo Listri. Seguono Giovanni Mariotti e Cristina Nuzzi in «Lumen Cinereum» e «Un inquilino di Strandgade 30», entrambi dedicati alla figura di Vilhelm Hammershøi, pittore danese celebrato in vita ma riscoperto solo svariati anni dopo la sua morte, che, scevro dalle correnti artistiche a lui contemporanee, perseguì sempre un suo personale linguaggio capace di esprimere il mondo inquieto e silenzioso che lo pervadeva. E ancora, in «Stravaganze veneziane», Monica De Vincenti e Simone Guerriero danno merito all’opera di Francesco Pianta, scultore veneziano, fervido esempio della bizzarria, insieme rozza e raffinata, dell’arte del legno barocca, che si misurò con le decorazioni a intaglio della Scuola Grande di San Rocco; a corollario, le fotografie di Piero Codato e Massimo Venchierutti. Infine, nell’articolo «L’estrema delizia», Giorgio Antei, attraverso lettere e testimonianze di coloro che lo conobbero personalmente, traccia, tra aneddoti e curiosità, il ritratto dell’uomo che fu davvero Johann Joachim Winckelmann, il grande archeologo fondatore della moderna critica d’arte e teorico del Neoclassicismo.
Lo spirito, come ricorda in apertura Laura Casalis, alla direzione editoriale e artistica della rivista, è portare avanti il sogno di Franco Maria Ricci, quello di raccontare e mostrare l’arte in modo nuovo e curioso, muovendosi nello spazio e nel tempo senza confini dell’arte, dell’architettura, del design. Sempre nell’editoriale compare l’immagine di una donna turca con la sigaretta tra le labbra: non solo un omaggio a Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006 e autore di uno dei testi presenti nella pubblicazione, ma anche un cenno al filo rosso che si potrà intercettare nei contenuti del primo numero, che propone vari ritratti di donne, reali e figurati.
Per maggiori informazioni: https://www.francomariaricci.com/it.

Arriva al cinema «Leonardo. Il capolavoro perduto»

«È una storia vera, eppure sembra una favola degna di H.C. Andersen». Così il regista Andreas Kofoed racconta l’intricata vicenda - «in bilico tra cinismo, potere e adorazione» - legata al «Salvador Mundi», il dipinto più costoso mai venduto (450 milioni di dollari la sua quotazione), ritenuto uno dei capolavori perduti di Leonardo da Vinci.
All’opera è dedicato il nuovo film del progetto «La grande arte al cinema» di Nexo Digital, in cartellone in anteprima mondiale, dopo le presentazioni al Tribeca Film Festival e alla Festa del cinema di Roma, nelle migliori sale italiane. L’appuntamento è per le giornate di lunedì 21, martedì 22 e mercoledì 23 marzo.
«Leonardo – Il capolavoro perduto», questo il titolo del documentario, si snoda come un thriller avvincente che vede protagonisti roboanti nomi dell'arte, della finanza e della politica. Fotogramma dopo fotogramma, il regista Andreas Kofoed pone al pubblico una domanda emblematica: questo dipinto multimilionario è davvero di Leonardo o semplicemente alcuni uomini di potere vogliono che lo sia?
I protagonisti del racconto sono i principali soggetti coinvolti nella storia del ritrovamento, del restauro e della vendita dell’opera: dai mercanti d’arte Robert Simon, Alexander Parish e Warren Adelson all’imprenditore Yves Bouvier (uno dei maggiori protagonisti nel mercato dell’arte nonché pro-prietario del porto franco più ricco al mondo), passando per la restauratrice Dianne Modestini, il curatore della National Gallery di Londra Luke Syson e gli storici Martin Kemp, Maria Teresa Fiorio e Frank Zöllner.
Dal 2005, l’anno in cui il dipinto ricompare sul mercato antiquario e viene acquistato in un'oscura casa d'aste di New Orleans, colpendo l’attenzione del newyorkese Alexander Parish, «un cacciatore di dormienti», ovvero di opere più famose di quanto non lo siano nella considerazione dei loro venditori, il «Salvador Mundi» accende il dibattito tra stori-ci dell’arte, restauratori e critici. A ciò contribuisce anche il restauro condotto l’anno successivo, nel 2006, da Dianne Modestini, che riscopre, sotto una pesante vernice, originali pennellate rinascimentali.
Nel 2008, gli esperti di Leonardo Da Vinci più illustri al mondo si riuniscono attorno a un cavalletto alla National Gallery di Londra per esaminare la misteriosa tavola. Tre anni dopo, il museo britannico presenta quell’opera come un dipinto autografo di Leonardo nella celebre mostra dedicata al pittore, dando vita a una delle vicende più seducenti e sconcertanti del mondo d'arte dei nostri tempi. Si giunge così al 2017 quando si tiene una nuova asta da Christie's. Per l’occasione viene lanciata una massiccia campagna marketing e il dipinto viene mandato in tournée a Hong Kong, Londra, San Francisco e New York, dove viene venduto il 15 novembre per un prezzo d'asta record di 450.300.000 dollari. Dopo l'asta, il «New York Times» rivela che l'acquirente del «Salvator Mundi» è il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohammad bin Salman. Da allora il di-pinto scompare. Il giallo è ancora oggi irrisolto.
Per maggiori informazioni: https://www.nexodigital.it/leonardo-il-capolavoro-perduto/.