ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 31 ottobre 2014

Buon compleanno, Sax. Al Moncalieri Jazz festival si festeggiano i duecento anni del tubo che ha fatto la storia della musica

Moncalieri si veste di note. Questo fine settimana le vie, le piazze e i più bei siti architettonici del centro storico, a partire dal Castello Reale (il cui circolo ufficiali è stato appena restaurato), apriranno le porte all’ottava edizione della «Notte nera del jazz», una lunga maratona musicale che unisce il ritmo del sound all’eccellenza gastronomica piemontese.
A dare il via alla festa, che lo scorso anno ha coinvolto non meno di ventimila persone, sarà l’«Aperitivo in jazz»: in sette locali del centro storico il coinvolgente suono della musica si fonderà, infatti, alla creatività dei barman che, per l’occasione, creeranno cocktail originali e grandi classici.
Spazio, quindi, a un concerto dei Funk off, la migliore marchin’ band italiana che, con la sua energia e le sue note tra il grove della black music e la grande tradizione jazzistica internazionale, animerà la centralissima piazza Vittorio.
Ma le “chicche” in programma nei due giorni di musica che venerdì 31 ottobre e sabato 1° novembre scalderanno il cuore di Moncalieri sono ancora molte, a partire dagli eventi ideati per ricordare il bicentenario della nascita di Adolphe Sax, il belga che inventò quel tubo metallico ritorto che ha fatto la storia del jazz, e i duecento anni dalla fondazione dell’Arma dei carabinieri.
La prima ricorrenza verrà celebrata con una sfilata di sassofonisti sulla fatidica Vespa Piaggio, un concerto del Saxophobia ensemble, che prevede una performance con trenta saxofoni incluso il sax più grande al mondo (il sub/contrabbasso «J’Elle Stainer», vincitore dei Guinness dei primati 2014), e la mostra «Sax200Sax», curata da Attilio Berni e allestita -tanto per non sbagliare di numero- con duecento saxofoni, duecento fotografie d'epoca, duecento documenti originali, duecento imboccature e duecento accessori.
La seconda ricorrenza sarà, invece, onorata con un concerto-evento della Fanfara del 3° Battaglione Carabinieri Lombardia, diretta dal maresciallo Andrea Bagnolo, che si esibirà affiancata a noti musicisti jazz che hanno militato nell’Arma come Claudio Chiara (da circa venti anni a fianco di Paolo Conte), Valerio Signetto (nella big band di Gianni Basso), Dario Cecchini (leader dei Funk Off), Flavio Boltro (già trombettista di Michel Petrucciani) e Gianfranco Marchesi (trombone dell’Orchestra sinfonica nazionale della Rai).
Si apre così la diciassettesima edizione di Moncalieri Jazz Festival, manifestazione tra le più originali, innovative e variegate del panorama nazionale alla quale prenderanno parte, tra gli altri, Benny Golson, Kenny Garrett, Rosario Giuliani e Francesco Cafiso.
Anche quest’anno la programmazione si svilupperà su un doppio binario: il primo, intitolato «Aspettando il festival» (31 ottobre-15 novembre), prevede un ricco e variegato cartellone di appuntamenti musicali e non, realizzati in collaborazione con enti e associazioni locali; il secondo, ovvero il clou del «Moncalieri Jazz Festival» (6-15 novembre), comprende sei serate con concerti che si svolgeranno tra le Fonderie teatrali Limone, il Castello Reale e il teatro Matteotti.
Dopo le intense e spumeggianti «Notti nere» di vernice, si entrerà nel vivo della rassegna con gli appuntamenti di «Jazz e dintorni», tra i quali si segnalano un ciclo di lezioni-concerto per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e un workshop per riparatori e saxofonisti a cura dell’italo-americano Emilio Lyons, il cui negozio sull’Huntington Avenue di Boston è entrato nel mito.
Spazio, quindi, ai sei grandi concerti del Moncalieri Jazz Festival. Giovedì 6 novembre, al Castello Reale, sarà, per esempio, possibile vedere all’opera il Benny Golson quartet in «Buon Anniversaire “200” Adolphe Sax», nel quale si esibiranno Benny Golson (tenor sax), Massimo Faraò (pianoforte), Aldo Zunino (contrabbasso) e Marco Tolotti (batteria). La serata, presentata da Attilio Berni, ospiterà anche la premiazione di Emilio Lyons, che gli amanti della musica hanno soprannominato «The Saxophone Doctor», e la presentazione di due saxofoni appositamente creati per il festival piemontese dalla Rampone & Cazzani.
Venerdì 7 novembre sarà, invece, proposto nella sede della Famija Moncalereisa il concerto «Un moncalierese per Moncalieri», con Claudio Chiara (sax), Gianluca Tagliazucchi (pianoforte), Aldo Zunino (contrabbasso), Alfred Kramer (batteria) e lo String Quartet and Rhythm, formato da Umberto Fantini (violino), Massimiliano Gilli (violino), Maurizio Redegoso kharitian (viola) e Manuel Zigante (violoncello).
Mentre il 9 novembre al teatro Matteotti andrà in scena «The Golden Circle», concerto ispirato all’omonimo doppio album live che il leggendario Ornette Coleman registrò a Stoccolma nel 1965, nel quale si esibiranno Rosario Giuliani (sax), Fabrizio Bosso (tromba), Enzo Pietropaoli (contrabbasso) e Marcello Dileonardo (batteria).
Giovedì 13 novembre, alle Fonderie teatrali Limone, ci saranno, quindi, tre concerti che, sul filo conduttore del festival, ovvero l’omaggio ad Adolphe Sax, daranno vita a una serata davvero unica. Tra gli ospiti dell’appuntamento: l’Italian Sax Ensemble, Messenger Piemonte Jazz e il Paolo Porta trio. Sempre alle Fonderie teatrali Limone sarà possibile assistere, nella serata di venerdì 14 novembre, alle esibizioni dell’Emanuele Cisi quartet e del Kenny Garrett quintet (Poll Winners 2014), nella sua unica data italiana.
Mentre l’ultima serata di festival sarà caratterizzata da due grandi concerti: nel primo si esibirà Piero Odorici con il George Cables trio e Victor Lewis, nel secondo Francesco Cafiso, ambasciatore del jazz italiano nel mondo, col suo sestetto formato da Giovanni Amato (tromba), Humberto Amesquita (trombone), Mauro Schiavone (piano), Giuseppe Bassi (bass) e Roberto Pistolesi (drums).
Un calendario, dunque, ricco di appuntamenti di grande qualità quello messo in cantiere dal direttore artistico Ugo Viola che dal 31 ottobre al 15 novembre trasformerà Moncalieri nella capitale italiana del jazz. (s.am.)

Didascalie delle immagini
[fig. 1] I Funk off; [fig. 2] La Fanfara del 3° Battaglione Carabinieri Lombardia; [fig. 3] Il sub/contrabbasso «J’Elle Stainer», vincitore dei Guinness dei primati 2014; [fig. 4] Kenny Garrett, protagonista dell’ultimo appuntamento del Moncalieri Jazz Festival; [fig. 5] Un momento di una passata edizione del Moncalieri Jazz Festival 

Informazioni utili
Moncalieri Jazz Festival. Centro storico, Castello Reale (viale del Castello, 2), Teatro Matteotti (via Matteotti), Fonderie teatrali Limone (via Pastrengo, 88), Famija Moncalereisa (via Alfieri, 40) – Moncalieri (Torino). Ingresso: a pagamento per i concerti (costi e info sulla prevendita al link www.moncalierijazz.com/jazz2014/biglietti.html), ingresso libero per gli eventi della Notte nera del Jazz. Informazioni: tel. 011.6813130 o info@moncalierijazz.com. Sito internet: www.moncalierijazz.com. Dal 31 ottobre al 15 novembre 2015. 

giovedì 30 ottobre 2014

Al via gli eventi per il centenario di Alberto Burri. Milano ritrova il suo teatro Continuo, San Sepolcro propone un dialogo tra l’artista e Piero della Francesca

È il momento di Alberto Burri. A poco meno di cinque mesi dal centenario della nascita dell’artista umbro, avvenuta il 12 marzo 1915 a Città di Castello, continua ad arricchirsi l’ampio programma di iniziative studiato in diverse sedi italiane, europee ed americane per ricordare la figura di questo importante maestro del XX secolo, le cui ricerche astratte con materiali come sabbie, catrami, pomice, smalti, plastica e iuta e le cui serie più celebri, dai sacchi alle combustioni, hanno rivoluzionato l’arte.
Mentre a Gibellina è stato riaperto il cantiere che porterà a compimento «Il grande cretto», opera di land art avviata dall’artista perugino nel 1985 sui resti della città siciliana distrutta dal sisma del 1968, a Milano si sta studiato la ricostruzione del teatro Continuo, opera costruita da Alberto Burri nel 1973, in occasione della XV Triennale, che l’amministrazione comunale decise di demolire nel 1989.
Il lavoro, progettato all’interno del Parco Sempione, si presentava come una struttura a forma di palcoscenico composta da una piattaforma in cemento e da sei quinte laterali rotanti in acciaio dipinto. Collocato sull’asse ideale che collega il centro di Milano con corso Sempione, il teatro Continuo fungeva da cannocchiale prospettico, inquadrando la Torre Filarete del Castello Sforzesco da un lato e l’Arco della Pace dall’altro.
Per una quindicina di anni, la struttura, costruita in contemporanea con i «Bagni misteriosi» di Giorgio De Chirico e l’«Accumulazione musicale e seduta» di Arman, opere entrambe ancora presenti all’interno del Parco Sempione, rappresentò una macchina scenica sempre predisposta per l’uso, una sede disponibile a tutti per attività e spettacoli artistici.
Alberto Burri manifestava così una decisa consonanza rispetto alla temperie culturale del suo tempo, caratterizzata da una tendenza al dialogo con il pubblico e da uno spostamento dell’operatività artistica dallo studio al contesto esterno.
A distanza di venticinque anni e nell’anno di Expo Milano 2015, la città torna sui suoi passi e grazie alla Fondazione Palazzo Albizzini - Collezione Burri, che si sta occupando anche della pubblicazione del Catalogo generale dell’opera dell’artista (in sei volumi e in due distinte edizioni, una in italiano, l’altra in inglese), e allo Studio legale associazione Ntcm avverrà il rifacimento dell’opera sulla base dei disegni originali. La realizzazione, la cantierizzazione e la posa del teatro Continuo sono stati affidati a Leggeri Srl, società impegnata da decenni nella esecuzione di opere di artisti internazionali; mentre la curatela scientifica del progetto, esaminato e autorizzato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Provincia di Milano, è stata assegnata a Gabi Scardi.
Il teatro, proposto come piattaforma di attività culturali partecipate dei cittadini già durante Expo Milano 2015, verrà, quindi, donato al Comune e alla Triennale di Milano, a cui toccherà la manutenzione della struttura.
In attesa dell’evento, previsto per il prossimo marzo, gli amanti di Alberto Burri potranno visitare una mostra di grande suggestione promossa dall’associazione Sbandieratori di San Sepolcro e dalla locale Pinacoteca civica che pongono vis-à-vis il grande maestro del Novecento con Piero della Francesca, artista che ha vissuto nella medesima area dell’alta valle del Tevere e del quale l’artista di Città di Castello sembra condividere registri compositivi, quali -spiega il curatore Bruno Corà- «l'equilibrio delle forme e dello spazio, la tensione geometrica, il respiro classico e un forte amore per i luoghi natali».
«Rivisitazioni», questo il titolo del progetto artistico, espone opere burriane quali «Sacco e verde» (1956), «Rosso plastica» (1962), «Grande bianco cretto» (1974) e «Cellotex» (1975), in una sala della Pinacoteca civica di San Sepolcro appositamente allestita vicino alla «Resurrezione», il «San Ludovico», il «San Giuliano» e il «Polittico della Misericordia» di Piero della Francesca.
L'evento «Rivisitazioni», primo tra quelli dedicati al centenario, proseguirà nel maggio 2015 a Morra (in provincia di Perugia), dove nell'Oratorio di San Crescentino, l'opera di Alberto Burri verrà messa a confronto con alcuni affreschi di Luca Signorelli, per la cui tutela e conservazione lo stesso artista di Città di Castello si adoperò concretamente.
Questa nuova iniziativa, promossa dall'associazione per la tutela dei monumenti dell'Alta Valle del Tevere, avverrà nella cornice di un convegno scientifico dedicato a «Burri e Signorelli», ricco di contributi di studio e di documenti a testimonianza della significativa relazione tra i due artisti.
Ma il calendario di eventi per i cento anni dalla nascita del maestro dei «Cretti» e dei «Sacchi» non finisce qui. Tra i momenti di maggior rilievo si segnalano una grande retrospettiva al Guggenheim Museum di New York, un momento celebrativo a Città di Castello costituito da un convegno di studi e dal Summit internazionale degli artisti, la lavorazione di un film sulla produzione burriana, ma anche diverse iniziative legate al turismo culturale che continueranno fino alla primavera del 2016, dando vita a quello che già viene denominato l' «anno lungo di Burri».

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Alberto Burri al lavoro. Foto di Aurelio Amendola; [fig. 2] Alberto Burri, «Sacco e Verde», 1956.co, tela, acrilico, olio su tela; cm. 176x203. città di Castello (Perugia), Fondazione Palazzo Albizzini-Collezione Burri; [fig. 3] Il teatro Continuo di Alberto Burri a Milano; [fig. 4] Progetto per il teatro Continuo a Milano 

Informazioni utili 
www.fondazioneburri.org

mercoledì 29 ottobre 2014

Dai tatuaggi di Lilin alla foto sensuali di Lachapelle: «Maravee» indaga il corpo umano

È il tema del corpo inteso come luogo di mutazione identitaria, mediante la ritualità del travestimento, del trucco, del tatuaggio, della performance e della creazione ambientale che sottende il principio della maschera a tessere la trama della tredicesima edizione di «Maravee», rassegna ideata e diretta da Sabrina Zannier, grazie al sostegno dell’assessorato alla Cultura della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, alla prestigiosa partnership dell’azienda Gervasoni e al contributo della Obalne Galerije di Capoditria e dei Comuni di Pordenone e Gemona.
Sei mostre, quattro eventi inaugurali, cinque incontri e un percorso tra generi artistici differenti, che spazia dalla performance alla pittura, dal video al tatuaggio, compongono l’offerta culturale del progetto, che verrà inaugurato il prossimo 31 ottobre al Castello di Susans, nella cittadina di Majano, con una serie di iniziative culturali. Tra di esse si segnalano uno spettacolo dell’Atelier enidUDanza di Udine, un evento di food design a cura di Kascia Raffin, una performance di azioni e parole sulla letteratura di Fernando Pessoa con Claudia Contin, Lorenza Franzoni e Rita Maffei e, dulcis in fundo, il tableaux-vivant «Clausuris. Elogio dell’immobilità», che avrà per protagonista la raffinata nobilidonna fiorentina Drusilla Foer, già attrice e jet setter negli anni Settanta, approdata di recente come opinionista in televisione, nella trasmissione «The show must go off» di Serena Dandini, e al cinema, nel film «Magnifica presenza» di Ferzan Ozpetek.
Cindy Sherman, David Lachapelle e Mustafa Sabbagh sono alcuni degli artisti internazionali che proporranno al pubblico, nella mostra fotografica «Il corpo abitato», cuore dell’iniziativa friulana, la propria visione sul tema della messa in scena della nostra fisicità quale estensione dell’anima, ovvero come luogo di mutazione identitaria che mediante la ritualità del travestimento e della maschera diviene costrutto di personaggi molteplici.
Scatti con uomini e donne affascinanti saranno, infatti, esposti lungo le pareti del secondo piano del castello e in postazioni sparse, per dimostrare come attraverso costumi e trucchi il corpo possa essere luogo da plasmare o da ri-creare. L’immagine fotografica esposta rappresenta, infatti, l’ultima tappa di una progettualità certosina, fondata sulla ricerca e la produzione di abiti, sull’attento studio di make-up, acconciature e parrucche, gesti ed espressioni, scenografie e ambientazioni.
A Majano sarà proposta anche la personale «Scritto sulla pelle» di Nicolai Lilin, scrittore russo nazionalizzato italiano, noto per il romanzo «Educazione siberiana», da cui è stato tratto l’omonimo film diretto da Salvatores. Al piano terra del Castello l’artista proporrà un percorso sull’antichissima arte dei tatuaggi siberiani, affrontato nel recupero dei suoi significati ancestrali, radicati nell’antropologia, senza dimenticare il suo passaggio a fenomeno di moda.
«Considerando la pelle come una membrana somatica pronta a trasformarsi in velo o in veste attraverso un processo rituale che affonda nello svelamento dell’identità e nella costruzione dell’individuo sociale», la mostra friulana, il cui progetto di allestimento è stato affidato alla scenografa Belinda De Vito, mette, infatti, in scena - si legge nella presentazione- «la ricerca segnica che il tatuaggio incide sul corpo per poi contaminare con i medesimi segni altre superfici legate alla corporeità: dal tessuto delle magliette all’oggettistica quotidiana».
Al Castello di Susans sarà, poi, possibile vedere la mostra «Nudo ma non crudo», che allinea una serie di fotografie tese ad indagare il concetto di nudità occultata e a raccontare la bellezza nel dettaglio corporeo, nel gesto e nella postura, ma anche una serie di abiti couture a cura del Mittelmoda International Lab di Gorizia, maschere e costumi scenici realizzati per il teatro da Claudia Contin e Giuseppe Maurizi, e ritratti animati di ogni artista performer che interverrà nel corso della serata inaugurale, alla cui realizzazione hanno lavorato gli studenti della sezione Multimediale e audiovisivo del liceo artistico «Sello» di Udine.
Il progetto «Maravee Corpus» prevede anche, dal 30 novembre, una mostra personale di Mustafa Sabbagh al Palazzo Elti di Gemona, nella quale saranno esposte una serie di fotografie sull'identità migrante, con corpi dipinti o velati, celati dietro maschere rituali. Alla Obalne Galerije di Capoditria sarà invece, allestita, dal prossimo 16 gennaio, la mostra «Corpi pubblici», che presenterà in prima assoluta il nuovo duo artistico CianoghaphicSisters, formato da Emanuela Biancuzzi e Debora Vrizzi, con l’inedito progetto PMC Talent Agency, riflessione su come l’immaginario generato dai media amplifichi il concetto di personaggio. Lorenza Matic risponderà a questo lavoro, costruito sull’invenzione di figure
cinematografiche, con l’installazione «Statue viventi», che inquadra in piccole cornici ritratti di artisti di strada su postazioni che alludono alle mobilie domestiche. Un «elogio del corpo come sistema sociale», stando anche a quanto dichiara il sottotitolo del progetto espositivo, caratterizza, dunque, la nuova edizione di «Maravee».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] David LaChapelle, «Awakened Daniel», 2007. Courtesy Poggiali e Forconi, Firenze; [fig. 2] Cindy Sherman, «Untitled # 136», 1984. Courtesy Metro Pictures, New York City e Le case d'arte, Milano; [fig. 3] Mustafa Sabbagh, «Senza Titolo», 2012, 100x80 cm., Courtesy dell'artista; [fig. 4] Nicolai Lilin, «Solide fondamenta», Disegno a matita su carta, 32,50 x 24 cm

Informazioni utili
«Maravee Corpus. L’elogio del corpo come sistema sociale: l’identità plurale in fotografie, video, costumi, performance e tatuaggi».
- Castello di Susan - Majano (Udine). Orari: martedì-domenica, ore 15.00-19.00; chiuso il lunedì - per gruppi e scolaresche sono disponibili anche visite in altri orari, previa prenotazione al numero 0432.948090 o all'indirizzo e-mail info@progettomaravee.com. Ingresso libero. Informazioni: info@atemporarystudio.com. Inaugurazione: venerdì 31 ottobre 2014, ore 19.00. Dal 1° al 30 novembre 2014.
- Palazzo Elti, via Blini, 9 - Gemona (Udine). Orari: martedì-domenica,ore 10.00–12.30 e ore 14.30–18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Informazioni: info@atemporarystudio.com. Inaugurazione: sabato 29 novembre 2014, ore 18.00. Dal 30 novembre al 1° febbraio 2015.
- Galleria Loggia, piazza Tito, 1 - Capodistria (Slovenia). Orari: martedì-sabato, ore 11.00-16.00; chiuso domenica e lunedì. Ingresso libero. Informazioni: info@atemporarystudio.com. Inaugurazione: venerdì 16 gennaio 2015, ore 18.00. Dal 16 gennaio al 14 marzo 2015.

martedì 28 ottobre 2014

Da Silvana Editoriale un libro sul teatro cinese nella collazione Pilone

Sono più di trecentosettanta i capolavori dell’Opera di Pechino contenuti nel volume «Jingju. Il teatro cinese nella collezione Pilone», che Silvana Editoriale distribuisce in questi giorni in libreria. La pubblicazione, presentata al pubblico e alla stampa nella serata di giovedì 23 ottobre, raccoglie gli esiti scientifici del pluriennale lavoro di ricerca che l’équipe del Museo delle culture di Lugano ha condotto dal 2009 ad oggi sulla collezione Pilone, una delle più importanti al mondo nel suo genere, riunita nella seconda metà del Novecento dalla sinologa e giornalista veneziana Rosanna Pilone (1931-2006),  traduttrice di alcune opere di Confucio e Laozi per la Rizzoli, e donata nel 2013 all’istituzionale del Canton Ticino dalla Fondazione «Ada Ceschin e Rosanna Pilone» di Zurigo, alla quale appartengono anche oltre cinquemila fotografie giapponesi all’albumina dipinte a mano, risalenti alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento.
Oltre ai saggi delle curatrici Elisa Gagliardi Mangilli, docente all’università degli studi di Udine, e Barbara Gianinazzi, ricercatrice al Museo cantonale, il catalogo contiene i contributi di Liu Zhanwen, già direttore del Mei Lanfang Memorial Hall di Pechino, di Pi-Chung Wu, studiosa di teatro lirico e danza, e dei sinologi Isaia Iannaccone e Marco Musillo.
Realizzato in quadricromia, il volume propone, inoltre, due prefazioni istituzionali e le schede di tutte le opere della collezione, un terzo delle quali è corredato dalle relative fotografie a colori.
Per questo motivo, il testo può essere usato anche come catalogo della rassegna sul Teatro dell’Opera di Pechino attualmente in corso all’Heleneum, per la curatela di Barbara Gianinazzi e Marco Musillo.
L’esposizione, visitabile fino al prossimo 10 maggio, allinea un centinaio di oggetti tra visi dipinti, costumi e accessori per il trucco, copricapi, ventagli, calzature, armi di scena, strumenti musicali, elementi di arredo, modelli di scenografie del teatro tradizionale cinese.
Le opere esposte sono presentate al pubblico secondo un percorso espositivo organizzato in diverse sezioni che affrontano nuclei tematici quali l’architettura dell’edificio teatrale e la musica, il corpo dell’attore, i costumi e gli accessori, la scenografia e gli elementi evocativi e la riforma del teatro dell’Opera di Pechino.
È questa una pagina importante nella storia delle esperienze teatrali che si svilupparono nei secoli in Cina, perché frutto della sovrapposizione di diverse tradizioni storiche locali e mirabile amalgama di stili diversi che spaziano da musica a canto, da recitazione a letteratura e arti marziali.
Il teatro cinese affonda, infatti, le proprie radici in un’epoca lontana, e più precisamente nelle danze rituali praticate nelle corti dinastiche secoli prima della nascita di Cristo. Ma è a partire dall’epoca della dinastia Tang (618-907) che nascono, grazie all’appoggio imperiale, le prime accademie per lo studio e la pratica del teatro.
Evocare più che riprodurre: è il concetto su cui si fonda l’esperienza recitativa cinese. A partire dalla scenografia che crea una realtà altra soprattutto attraverso elementi simbolici, più che con la costruzione di veri e propri set in stile occidentale. Per esempio se un attore compare sulla scena impugnando un remo significa che si trova su un’imbarcazione. La stessa recitazione si basa sul concetto di evocazione: alzare un piede come se si iniziasse a camminare comunica fisicamente al pubblico che il protagonista sta iniziando un lungo viaggio a piedi. In quest’ottica è fondamentale il modo in cui gli attori muovono il corpo, si truccano il volto, si vestono. In particolare i costumi assumono un ruolo centrale nel teatro cinese, perché è solo attraverso di loro che lo spettatore può identificare i personaggi e i loro caratteri. I ruoli tipici del jingju, e quindi i differenti generi di costumi, sono racchiusi in quattro categorie principali: femminile (dan), maschile (sheng), faccia dipinta (mjing) e commediante o comico (chou). Un universo, dunque, che merita attenzione quello del teatro cinese, tanto è vero che agli inizi degli anni duemila l’Unesco ha riconosciuto il teatro Kunqu, matrice originaria del jingju, quale patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Coperta del catalogo «Jingju. Il teatro cinese nella Collezione Pilone»; [fig. 2]Immagine che ritrae l'attore Liu Kuikui che indossa il costume gailiang kao [The Magic Cistern (Ju dagang). Personaggio Jinyan Bao (Golden-eyed Panther)], Pechino, giugno 2002. © 2014 Alexandra Bonds; [fig. 3] Burattino a guanto che ritrae un generale jing (净), faccia dipinta. Cina, seconda metà del XX secolo. Collezione Pilone, As.Orn.1.202.© 2014 Museo delle Culture

Informazioni utili
«Jingju. Il teatro cinese nella Collezione Pilone».Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano) 2014. Dati tecnici: cartonato con plancia, pp. 264, 200 illustrazioni a colori, Formato: cm 24,5x27,5. ISBN: 88-366-2992-X - EAN: 9788836629923. Prezzo: € 34,00. Sito internet: www.silvanaeditoriale.it/catalogo/prodotto.asp?id=4112

«Jingju. Il teatro cinese nella Collezione Pilone». Museo delle Culture -Heleneum, via Cortivo, 26 - Lugano (Svizzera). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì e i giorni delle festività natalizie (24 e 25 dicembre);31 dicembre 2014, ore 10.00 - 16.00; 1° gennaio 2015, ore 14.00-18.00. Ingresso: Chf 12.-, ridotto Chf 8.- (AVS, AI, Lugano card, Tessera Agip Plus, Tessera di soggiorno, Touring Club Italiano, giovani 17-25 anni); entrata gratuita per bambini e ragazzi fino ai 16 anni, membri dell'associazione Amici del Museo, scuole del Canton Ticino e dei Grigioni Italiani, soci dell'International Council of Museum (ICOM), detentori della carta Banca Raiffeisen, possessori di un titolo di trasporto valido della Società Navigazione del Lago di Lugano (SNL), del passaporto dei musei e della tessera dei 18enni. Informazioni: tel. +41(0)58.8666960 o info.mcl@lugano.ch. Fino al 10 maggio 2015. 

lunedì 27 ottobre 2014

«Arte figurativa e arte astratta», alla Fondazione Cini di Venezia un convegno sulla ricerca storico-artistica del secondo dopoguerra

Esattamente sessant’anni fa, nel 1954, per volontà di un gruppo di storici dell’arte, capeggiato da Giuseppe Fiocco e composto da personalità del calibro di Sergio Bettini, Carlo Anti e Piero Zampetti, e grazie anche al convinto sostegno di Vittorio Cini, nasceva alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia l’Istituto di Storia dell’arte, chiamato a diventare subito uno dei centri di studio e ricerca più importanti a livello internazionale.
Per ricordare questo importante anniversario è stato organizzato un convegno di studi che nelle giornate di giovedì 30 e venerdì 31 ottobre animerà l’Isola di San Giorgio Maggiore e il teatrino di Palazzo Grassi, spazio messo a disposizione dalla Pinault Collection, che collabora all’evento.
Durante la due giorni di studi verrà riproposta la straordinaria attualità del convegno internazionale «Arte figurativa e arte astratta» che, tra il 4 e il 6 ottobre 1954, sancì ufficialmente la nascita dell’Istituto, ed ebbe un peso rilevante nel dibattito sulla ricerca storico-artistica sulle arti e sulla critica nei decenni successivi.
Coinvolgendo storici e teorici dello spessore di Sergio Bettini, Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan e artisti di diverse generazioni e posizioni come Gino Severini, Felice Carena ed Emilio Vedova, l'appuntamento diede immediatamente, per il taglio critico e interdisciplinare e le ampie e diversificate direttrici metodologiche, il senso e la percezione di una vocazione primaria da parte dell’istituzione veneziana, quella cioè di porsi all’avanguardia non solo rispetto alla ricerca scientifica sulle arti del passato, ma di svolgere allo stesso tempo un ruolo di primo piano nel dibattito sull’arte contemporanea, promuovendo studi e mostre di rilievo internazionale.
Il linguaggio della critica artistica del dopoguerra sarà così l’oggetto degli interventi di Enrico Crispolti e Flavio Fergonzi che il 30 ottobre, nella sede della fondazione sull’Isola di San Giorgio Maggiore, apriranno i lavori, in programma dalle 9.30 alle 12.45 e dalle 14.15 alle 18.30. Questi contributi precederanno la relazione di Luca Massimo Barbero sulla Venezia del 1954, tra la Biennale e il convegno della Fondazione Cini. Gli scambi internazionali tra i critici e gli artisti dell’epoca, e in particolare tra francesi e italiani, saranno, quindi, evocati nel pomeriggio da Fabrice Hergott e Sileno Salvagnini. Mentre a concludere gli interventi della prima giornata di studi saranno Paolo Rusconi e di Stephen Petersen, con due relazioni dedicate rispettivamente alla figura di Renato Birolli e al tema dello spazio, un argomento centrale nell’arte sia astratta che figurativa.
Venerdì 31 ottobre il convegno si sposterà, quindi, al teatrino di Palazzo Grassi, che per l’occasione si configurerà in un laboratorio dove dibattere e confrontarsi in merito a problematiche, orientamenti, destini, visioni, progetti legati alla disciplina della storia dell’arte. Dalle 10 alle 18, saranno proiettati, in anteprima italiana, i cinque primi documentari della rassegna «Un œil, une histoire», realizzati da Marianne Alphant e Pascale Bouhénic e dedicati ad alcuni dei più importanti storici dell’arte del Novecento quali Georges Didi-Huberman, Rosalind Krauss, Gilles A. Tiberghien, Michel Thévoz e Victor Stoichita.
In questi documentari, ognuno degli studiosi coinvolti espone il proprio percorso e la propria passione per l’arte mediante una selezione di opere che considera particolarmente significative. Le immagini che accompagnano i racconti ci rendono partecipi del mondo in cui vivono i protagonisti, dei loro gusti, della loro lettura dei movimenti artistici, dei metodi di analisi e dei giudizi che hanno utilizzato nelle loro personali ricerche. I documentari, tutti sottotitoli in italiano, saranno, poi, proposti in replica nelle giornate dal 1° al 3 novembre.
La sessione di lavori al teatro di Palazzo Grassi sarà chiusa, alle 18.30, da una tavola rotonda (in lingua francese, con traduzione simultanea in italiano) alla quale parteciperanno parteciperanno Marianne Alphant, Pascale Bouhénic, Gilles A. Tiberghien, Michel Thévoz, Victor Stoichita.
L’ingresso a tutti gli incontri e alle proiezioni è libero sino a esaurimento posti.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1[ Veduta della Fondazione Cini di Venezia; [fig. 2] Emilio Vedova, «Immagine del tempo», 1949-1950, Venezia, eredi Cini (in comodato presso la Fondazione Giorgio Cini); [fig. 3] Gino Severini, «Nature morte (Le Vase bleu)», 1917, Venezia, Fondazione Giorgio Cini

Informazioni utili 
«Arte figurativa e arte astratta». Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore e Teatrino di Palazzo Grassi, San Marco 3260  - Venezia. Orari: giovedì 30 ottobre, ore 9.30-ore 18.30; venerdì 31 ottobre, ore 10.00-18.30. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti. Informazioni: Fondazione Giorgio Cini onlus - Istituto di storia dell’arte, tel.041.2710230 o arte@cini.it. Siti internet: www.cini.it, www.palazzocini.it. Dal 30 al 31 ottobre 2014. 

venerdì 24 ottobre 2014

Dal Rossini di Luzzati alle fiabe scozzesi: «Le immagini della fantasia» trovano casa a Sarmede

Erano gli anni Sessanta. Giulio Gianini, affermato direttore della fotografia con una vasta esperienza sulla pellicola a colori, cercava un artista che potesse creare le immagini per un film d’animazione, sua grande passione sin da giovanissimo. Nello stesso frangente di tempo, Emanuele Luzzati, scenografo di straordinario talento e di grande successo conosciuto per il lavoro al Teatro della Tosse di Genova, sentiva l’esigenza di esprimere in modo più complesso il suo mondo, voleva unire il racconto al colore in movimento.
Dall'incontro tra questi due artisti, accomunati da una straordinaria capacità creativa e da uno sguardo candido e ironico sulle cose del mondo, e dal loro amore per la musica di Gioachino Rossini, il più divertente tra i compositori italiani, nacque il film «La gazza ladra», prima opera della conosciuta «Trilogia rossiniana» di Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati, alla cui realizzazione collaborò anche un giovanissimo Štěpán Zavřel, conservandone un ricordo indelebile e una fonte di ispirazione preziosa per i suoi lavori futuri.
In occasione dei cinquant'anni dalla nascita di questo piccolo capolavoro d'arte totale, che è una gioia per gli occhi e il cuore di chiunque si sia imbattuto nella sua visione, Sarmede, comune dell'Alto Trevigiano ribattezzato il «paese delle fiabe», propone una mostra celebrativa sul film «La gazza ladra», allegra e colorata «opera da funamboli -per usare le parole di Carla Rezza Gianini-, in cui la preziosità delle immagini sembra legarsi come per magia al ritmo imposto dalla partitura, mentre seguiamo incantati le evoluzioni spettacolari di un piccolo uccello nero, attraverso il quale gli autori svelano il loro animo, affermando perentoriamente il valore della libertà e della giustizia».
L’occasione per questa bella rassegna, che permetterà anche di vedere i rodovetri della danza della gazza ladra restaurati da Antonella Abbatiello, è offerta dalla trentaduesima edizione della mostra internazionale «Le immagini della fantasia», nata nel 1982 da un’idea del disegnatore praghese Štěpán Zavřel che ha così voluto proporre uno sguardo ampio sul mondo dell’illustrazione per l’infanzia.
Per tre mesi, dal 26 ottobre al 18 gennaio, Sarmede si trasformerà così in un paese a misura di bambino e proporrà un ricco calendario di laboratori creativi, incontri con autori, proiezioni, letture animate e tanti altri eventi, a cominciare dalla mostra storica che, come da tradizione, presenterà alla Casa della fantasia una trentina di libri di recente pubblicazione che rappresentano il meglio dell’editoria internazionale per i più giovani, un genere che sposa la varietà degli approfondimenti con la qualità estetica e letteraria dei contenuti proposti.
Ospite d’onore della mostra sarà Giovanni Manna, i cui acquarelli dal segno terso e dalla leggibilità immediata hanno accompagnato, in oltre vent’anni di attività, fiabe, grandi classici della letteratura, testi sacri, riscritture di miti e leggende, dall’«Odissea» di Omero alla «Bibbia», dal «Don Chisciotte» di Cervantes al libro «L’isola del tesoro» di Robert Louis Stevenson, passando per «Il principe felice» di Oscar Wilde, «Piccole donne» di Louisa May Alcott o il volume «Una sera prima della prima» di Beatrice Masini, che svela ai più piccoli la vita misteriosa di un grande teatro d’opera come La Scala di Milano.
Un altro, fortunatissimo, filone delle proposte di Sarmede riguarda la scelta, anno dopo anno, di focalizzare l’attenzione su un’area geografica, estesa o più limitata, nella quale si siano sviluppati nuclei autonomi di fiabe. La scelta quest’anno, anche grazie al coinvolgimento di realtà quali lo Scottish Storytelling Centre e l’Edinburgh College of Art, è caduta sulla Scozia, terra di castelli sulle scogliere, di misteri, di mostri e folletti.
L’iniziativa, presentata in catalogo da Donald Smith, prevede la partecipazione di Vivian French, nota autrice scozzese che ha pubblicato oltre duecento libri illustrati, tra cui una collana interamente dedicata alle principesse, edita in Italia dalla De Agostini.
In questa sezione del festival, è prevista, inoltre, la pubblicazione del libro «Il canto delle scogliere», nuovo volume della serie «Le immagini della fantasia», iniziativa editoriale realizzata con Franco Cosimo Panini che raggiunge quest’anno il suo decimo anno di attività anche grazie alla preziosa collaborazione dello scrittore Luigi Dal Cin e alla direzione artistica di Monica Monachesi.
Il libro raccoglie fiabe e leggende della Scozia: storie di isole, laghi, mare e penisole rocciose illustrate Anine Bösenberg, Philip Longson, Lizzy Stewart, Clotilde Perrin, Miguel Tanco, Aurora Cacciapuoti, Giovanni Manna, Marina Marcolin, Marco Paschetta e Marco Somà.
Completano il cartellone di proposte messe in cantiere a Sarmede dal festival «Le immagini della fantasia» due rassegne tematiche: uno sul libro «Planetarium» di TopiPittori, l’altra sul volume «Il ladro di colori», un capolavoro di Mafra Gagliardi e Stepan Zavrel pubblicato nel 1972 in lingua giapponese e da poco edito per la prima volta nel nostro Paese per i tipi della Bohem Press Italia. Un programma, dunque, composito quello messo in cantiere dalla cittadina dell’Alto Trevigiano per questa nuova edizione della sua mostra internazionale, che viaggerà, poi, con il suo carico di sorprese in Italia e all’estero, per raccontare tutta la magia racchiusa tra le pagine di un libro per bambini: un oggetto semplice ma prezioso, che un genitore leggerà ad alta voce, un insegnante userà a scuola, un giovane illustratore osserverà per la propria crescita artistica e un piccolo lettore sfoglierà per scoprire il mondo, per diventare un adulto migliore.(sam)

Didascalia delle immagini
[Fig. 1] Locandina della trentaduesima edizione della mostra internazionale «Le immagini della fantasia»; [fig. 2] Un frame del film d'animazione «La gazza ladra», opera realizzata da Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati nel 1964; [fig. 3] Illustrazione di Giovanni Manna dedicata alla Scozia, paese ospite della  trentaduesima edizione della mostra internazionale «Le immagini della fantasia»; [fig. 4] Mariana Ruiz Johnson, «La mamma», Kalandraka Italia, 2013; [fig. 5] Clotilde Perrin, «Il suonatore di Cornamusa» 

Informazioni utili 
«Le immagini della fantasia». Casa della fantasia, via Marconi, 2 - Sàrmede (Treviso). Orari: lunedì-venerdì, ore 9.00 - 17.00; festivi e prefestivi, ore 10.00-21.30; dal 26 dicembre 2014 al 04 gennaio 2015: tutti i giorni, ore 10.30-19.00. Ingresso: intero € 3,00, ridotto  € 2,50, gratuito per i bambini fino alla scuola dell’obbligo.  Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0438.959582. Sito internet: www.sarmedemostra.it. Dal 26 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015. 

giovedì 23 ottobre 2014

«Tante lune», Giacomo Leopardi incontra l’arte xilografica di Gianni Verna

C’era una volta la xilografia, arte antica nata in Oriente nella notte dei tempi, prima ancora dell’era cristiana, e giunta successivamente in Europa, dove divenne il principale strumento di stampa a partire dal XII secolo. E c’era una volta un giovane poeta dalla salute cagionevole e dall’animo fragile, Giacomo Leopardi, che dalla grande casa paterna sui colli recanatesi guardava il mondo senza trovare il coraggio di prendervi parte. Queste due storie si incontrano a Milano, alla Kasa dei Libri, dove martedì 28 ottobre inaugura la mostra «Tante lune», che espone il lavoro di Gianni Verna, artista torinese, che vive appartato dalla frenesia cittadina dedicandosi a stampare proprio come si faceva una volta, a mano, con matrici in legno su cui sono impressi a rilievo disegni e parole.
Sul suo tavolo da lavoro si raccolgono gli strumenti del mestiere: coltellini affilati e scalpelli per incidere il legno con la sapienza e la maestria degli artigiani di un tempo; carta pregiata e colore per tradurre in immagini la realtà che gli sta attorno.
Dalla casa di Verna, nascosta tra gli alberi, si vede ancora il cielo. Quasi lo stesso cielo infinito che vedeva Giacomo Leopardi dai colli di Recanati nelle serate di aria serena, quando interrogava la luna. Allora, ecco che gli sguardi dei due si avvicinano e si toccano, tanto che l’artista torinese decide di ripercorrere i passi del poeta e di fare della luna la principale protagonista delle sue opere.
Recentemente Gianni Verna si avvicina, schivo e timido con le sue xilografie sotto il braccio, ad Andrea Kerbaker e gli propone il suo lavoro. Nasce così la mostra milanese che allinea quindici xilografie che hanno per protagonista il grande astro, insieme con sei pannelli della lunghezza di due metri ciascuno che raccontano l’intera storia della «Batracomiomachia», la guerra dei topi e delle rane scritta nella Grecia antica e ripresa, poi, da Giacomo Leopardi nel 1831. Il poemetto satirico racconta di una mitologica guerra tra animali ma, sotto il tono ironico, cela la cronaca del fallimento dei moti di indipendenza napoletani ai quali il poeta recanatese assistette durante il suo soggiorno partenopeo.
La mostra, curata da Gianfranco Schialvino, prevede anche due incontri di approfondimento: lunedì 3 novembre lo scrittore e giornalista Piero Bianucci guiderà il pubblico alla scoperta del cielo; mentre giovedì 6 novembre si terrà una serata poetica con Maurizio Cucchi, Milo De Angelis e Antonio Riccardi in occasione del centesimo anniversario di Piero Bigongiari, poeta italiano che ha dedicato molte ricerche a Giacomo Leopardi.
Una segnalazione merita, infine, l’allestimento, ideato e realizzato dallo studio Caratterimobili, che coinvolgerà lo spettatore nel clima poetico, surreale e sospeso dei versi dello scrittore recanatese e delle stampe di Verna.

Informazioni utili 
 «Tante lune» - I versi di Giacomo Leopardi nelle xilografie di Gianni Verna. Kasa dei Libri, largo De Benedetti, 4 – Milano. Orari: lunedì-venerdì, ore 15.00-19.00. Informazioni: tel. 02.66989018, mostre@lakasadeilibri.it. Inaugurazione: martedì 28 ottobre 2014, ore 18.00. Dal 29 ottobre al 7 novembre 2014.

mercoledì 22 ottobre 2014

Vincenzo Vela ospite della nobiltà lombarda. Ad Arcore una mostra e un libro sulla Cappella Borromeo d’Adda

Le sue porte sono chiuse al pubblico per consentire una serie di lavori di miglioria e di modernizzazione ai sistemi di climatizzazione e di allarme, utili per accedere a rilevanti prestiti internazionali che richiedono condizioni di conservazione sempre più rigide. Ma l’attività di ricerca dello staff di Villa Vela a Lingoretto, ottocentesca casa-museo del Canton Ticino restaurata una decina di anni fa dall’architetto Mario Botta, è più viva che mai.
Durante la chiusura forzata degli spazi espositivi e del parco circostante, il team del museo diretto da Gianna Mina sta, infatti, occupandosi della stampa di cataloghi ragionati e di pubblicazioni scientifiche e sta proponendo mostre extra muros sul territorio italiano.
È il caso della rassegna «I fratelli Vela e la committenza d’Adda ad Arcore», allestita fino alla prossima domenica 9 novembre nelle Scuderie della Villa Borromeo d’Adda, uno dei più ricchi patrimoni monumentali della Brianza.
Nel cortile centrale dell’elegante residenza lombarda, realizzata a metà Settecento dall’abate Ferdinando d’Adda (1729-1808), sono esposte alcune fotografie delle opere realizzate da Vincenzo Vela (Ligornetto, 1820-1891) nel corso della sua vita, in un percorso che –dichiarano gli organizzatori nel pieghevole che accompagna la mostra- «vuole sottolineare l’evoluzione stilistica dell’autore: si susseguono così le tematiche di natura risorgimentale a quelle di area sociale, senza che siano trascurati i momenti di vita privata della committenza nobiliare».
Il primo piano ospita, invece, quattro busti in gesso, gentilmente concessi dal museo svizzero, quali espressione della produzione artistica di Vincenzo e del fratello Lorenzo (Ligornetto, 1812 - Milano, 1897). Il pubblico può, inoltre, visionare un album di stampe della cappella Borromeo d’Adda e il calco della mano danneggiato del monumento funebre a Maria Isimbardi, giovane moglie di Giovanni d’Adda, riprodotto mediante l’innovativa tecnica laser e stampa 3D.
Questo piccolo gioiello architettonico, un vero e proprio Gesamtkunstwerk, venne eretto tra il 1850 e il 1853 su progetto dell’architetto Giuseppe Balzaretto. L’edificio fu interamente decorato, seguendo un ardito programma iconografico, dallo scultore ornatista e animalista ticinese Lorenzo Vela. Al suo fianco il fratello minore Vincenzo realizzò lo spettacolare monumento funerario alla nobildonna, prematuramente scomparsa nel 1849, oltre alla splendida statua dell’«Addolorata», imponente ornamento dell’altare, una figura che a sua volta vibra tra terra e cielo, espressione del dolore terreno di chi ha perso una persona cara.
La piccola mostra brianzola, che è soprattutto un invito a lasciarsi emozionare e meravigliare dalla stupefacente bellezza della Cappella Borromeo d’Adda, è nata in occasione della pubblicazione del quarto numero della collana «Saggi sulla scultura», edito dal museo ticinese di Lingornetto, al cui interno sono raccolti saggi e documenti sulla committenza dei conti d’Adda.
Gli studiosi Giorgio Zanchetti, Paolo Plebani e Omar Cucciniello sono stati incaricati di analizzare, in specifici saggi di approfondimento, non solo i capolavori monumentali eseguiti per la cappella di Arcore, ma anche i ritratti ritratti commissionati a Vincenzo Vela da svariati membri della famiglia.
A questi saggi si aggiunge una panoramica più ampia sulle vicende legate ai possedimenti d’Adda nel comune e ai membri più illustri del casato, per mano di Beatrice Crippa e Antonella Sala. Da tutto ciò -afferma Gianna Mina- «si ricava il quadro completo di uno straordinario e fecondo mecenatismo, che affondava le radici in amicizie sincere tra artisti e committenti, e in condivisi ideali politici e civili, così cari ai fratelli Vela e alle cerchie da loro frequentate negli anni in cui l’emancipazione della giovane Italia stava avanzando non solo attraverso campagne militari, ma ugualmente per mezzo di sodalizi privati e affinità culturali».
Particolare cura è stata prestata alla parte iconografica della pubblicazione che, oltre a illustrazioni in grande scala delle principali opere discusse, riproduce nella parte finale tutti i numeri riferiti alle committenze d’Adda presenti nelle collezioni del museo Vela.
In occasione della pubblicazione, è in fase di studio anche una mostra presso Villa Carlotta a Tremezzo, nella suggestiva cornice del lago di Como, dove nella primavera 2015 verrà esposta una piccola, ma preziosa galleria di ritratti della famiglia D’Adda.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Vincenzo Vela, Monumento funerario a  Maria Isimbardi d’Adda, 1851-52. Marmo. Arcore, cappella Borromeo d’Adda; [fig. 2] Vincenzo Vela, Ritratto di Leopoldina d’Adda, 1852-1854. Marmo, cm 105 x 70 x 70. Collezione privata;[fig. 3] Vista di insieme della Cappella d’Adda di Arcore, con il Monumento funerario a  Maria Isimbardi d’Adda e la statua dell’«Addolorata»

Informazioni utili 
«I fratelli Vela e la committenza d’Adda ad Arcore». Scuderie di Villa Borromeo D’Adda, largo Vela, 1 - Arcore. Orari: sabato e domenica, ore 15.00-19.00. Ingresso gratuito. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: Comune di Arcore, tel. 039.6017400; Biblioteca di Arcore,  tel. 039.616158. Sito web:  www.comune.arcore.mb.it.  Fino al 9 novembre 2014.

martedì 21 ottobre 2014

«Open the cages#»: un progetto di public art per la sede milanese del WWF

Milano si trasforma in un museo a cielo aperto grazie alla seconda edizione di BrerArt 2014, iniziativa promossa dal consorzio Fia – Fabbrica di idee e di azioni, che gode del patrocinio della Commissione europea. Per quattro giorni, dal 22 al 25 ottobre, più di una quarantina di spazi cittadini tra musei, istituzioni pubbliche e private, fondazioni, associazioni culturali, gallerie, palazzi storici e showroom del noto distretto milanese dell’arte apriranno le proprie porte a mostre personali e collettive, ma anche ad interventi di muralismo e di public art. È questo il caso, per esempio, della sede del WWF Italia in via Tommaso Da Cazzaniga, a due passi da corso Garibaldi, dove si svolgerà «Open the cages#», evento ideato da Cristina Trivellin e promosso da Undicesima, nuova società di editoria e comunicazione, nell’ambito della rassegna «The CURA - Contemporary Urban Art Scene».
Tre gli artisti coinvolti, tutti provenienti dal mondo della street art: lo spagnolo Kraser e gli italiani ReFreshInk e Orticanoodles.
L’iniziativa «Open the cages#», espressione che significa letteralmente «aprire le gabbie», «intende sottolineare -spiegano gli organizzatori- l’urgenza di rivedere la posizione specista che pone l’uomo in posizione centrale, autorizzandolo a commettere, in nome del profitto e di questa presunta superiorità, crimini inauditi contro la natura, gli animali, l’ambiente, deturpando gli equilibri e ignorando il rispetto per gli altri esseri viventi con i quali spartiamo -in maniera iniqua- le risorse e la bellezza del pianeta».
I graffiti che occuperanno i muri della sede milanese del WWF, realizzati anche grazie a Sikken, sponsor tecnico che metterà a disposizione le proprie vernici a basso impatto ambientale, vogliono, dunque, propiziare una maggior consapevolezza e rispetto per gli altri esseri viventi.
Altro tema portante dell’iniziativa è, poi, la divulgazione del valore artistico e sociale della street art, «una forma espressiva -spiegano ancora gli organizzatori- che può essere un mezzo di coinvolgimento della cittadinanza per una visione costruttiva e consapevole degli spazi urbani, soprattutto del pubblico più giovane che avrà la possibilità di seguire il work in progress dell’evento e interagire con gli artisti all’opera».
Foto e video della tre giorni di live painting saranno, infatti, disponibili sulla pagina Facebook dell’evento e pubblicati su www.darsmagazine.it, media partner dell’iniziativa.
Nell’ambito di BrerArt 2014, sono previsti altri due interventi di arte urbana. Alessandro Mantovani cura, per esempio, il progetto «Memory», che sarà dedicato al ricordo di quelle persone che hanno perso la vita lottando contro tutte le mafie che affliggono il nostro Paese, con i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, appunto, graffitati da Kayone e Acme 107. Mentre Giorgia Sarti e Marta Menegon propongono «Breakout», un progetto che «abita la strada» grazie ai lavori di Mr.Wany, Pao, Willow e Art of Sool. Un’occasione, dunque, quella offerta da Breart 2014 per vedere la città con occhi diversi.

Per saperne di più
www.brerart.com
www.ilkraser.com
www.orticanoodles.com
www.flickr.com/photos/refreshink/

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Opera di Kraser; [fig. 2] Opera di Orticanoodles; [fig. 3] Opera di ReFreshInk 

Informazioni utili 
«Open the cages#». Interventi di: Orticanoodles, Kraser, reFreshInk. WWF Italia, via Tommaso da Cazzaniga, Quartiere Brera - Milano. Undicesima editoria e comunicazione, tel. 02860290 o info@undicesima.net. Sito internet: www.undicesima.net/portfolio/open-the-cages.  Dal 22 al 25 ottobre 2014.  

lunedì 20 ottobre 2014

«Arte Veneta», una nuova veste grafica per la rivista della Fondazione Cini di Venezia

Era il 1947 quando all’Università di Padova nasceva, sotto la presidenza di Giuseppe Fiocco e la direzione scientifica di Rodolfo Pallucchini, la rivista «Arte Veneta», periodico trimestrale dedicato all’arte della Serenissima, «tra le zone più vitali della tradizione artistica italiana ed europea», come sottolineava l’editoriale del primo numero.
Punto di riferimento imprescindibile per gli studi storico-artistici, annoverabile tra le più importanti pubblicazioni specialistiche sull’arte veneta, il periodico ebbe il suo primo “quartier generale” all’Istituto universitario di storia dell’arte padovano. L’anno successivo la rivista cambiava la propria periodicità, optando per un’uscita a cadenza annuale, che le conferiva, come si può leggere nella «Nota al lettore» del 1956, il carattere di «una raccolta organica di studi», ovvero una sorta di annuario, arricchito da un bollettino bibliografico riguardante tutto ciò che potesse avere attinenza con l’arte di ambito veneto.
Il trasferimento a Venezia, in seno alla Fondazione Giorgio Cini, avvenne, invece, nel 1954, anche grazie al fatto che il professor Giuseppe Fiocco fu nominato direttore dell’istituzione lagunare, nata per rispondere alle istanze di rinnovamento, metodologico e critico, nello studio delle arti figurative, soprattutto in relazione agli ingenti danni bellici subiti dal patrimonio culturale.
Risale, invece, al 1976 lo spostamento della redazione sull’isola di San Giorgio negli scenografici spazi della Fondazione Cini, che ha sede presso la biblioteca seicentesca del Longhena e la quattrocentesca “manica lunga” del Buora.
La prestigiosa rivista, che insieme a «Saggi e Memorie» (altra pubblicazione della Fondazione Giorgio Cini) rappresenta uno strumento e un punto di riferimento imprescindibile per gli studi storico-artistici, ha da poco editato, in collaborazione con Electa Mondadori, il suo sessantanovesimo numero, presentato nei giorni scorsi da Lionello Puppi e Luca Massimo Barbero.
In occasione dei sessant’anni dalla nascita dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini, la rivista si presenta a studiosi e lettori in una veste editoriale e grafica profondamente rinnovata con un impaginato che ne migliora la leggibilità e un più ricco apparato di illustrazioni a colori. Allo stesso tempo ribadisce con forza l’impianto scientifico di alto livello che da sempre contraddistingue la pubblicazione, la ricchezza ed eterogeneità dei contenuti (architettura, pittura, scultura, miniatura, grafica e arti decorative), la varietà dei materiali proposti (saggi, segnalazioni, carte d’archivio, letture, mostre e restauri) e la tradizionale struttura che organizza i saggi critici secondo una scansione cronologica.
Gli argomenti trattati nel numero sessantanove di «Arte veneta» spaziano dal Trecento al Settecento, con importanti contributi scientifici che danno conto di alcune preziose scoperte. Szilárd Papp scrive, per esempio, un saggio sulla scoperta dell’inedita scultura con Cristo dello Szépművészeti Múzeum di Budapest, attribuita al veneziano Andriolo de’Santi e proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino di Cremona; mentre Matthias Wivel racconta alcune novità sul giovanile «Ritratto di uomo» di Tiziano conservato alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, che accurate indagini e convincenti confronti portano a identificare con l’effigie di Giovanni Bellini.
La ricostruzione dello straordinario e singolare «gabinetto degli specchi» di Ca’ Corner del ramo di San Polo, decorato da Giambattista Tiepolo nel 1741-1742, è, invece, spiegata dalla raffinata penna di Massimo Favilla. Si segnalano, infine, per il Settecento la pubblicazione di documenti inediti sui rapporti dal pittore napoletano Francesco Solimena e la committenza veneziana, e l’analisi degli ‘appunti’ del Taccuino italiano di Francisco Goya, dai quali emergono nuove notizie sui legami dell’aragonese con Venezia e Ca’ Farsetti.
Novità importante per facilitare l’accesso a questo strumento fondamentale per gli studi dell’arte della Serenissima è, poi, la pubblicazione in digitale, tramite e-book scaricabile gratuitamente, della Bibliografia dell’arte veneta, l’appendice della rivista dedicata all’informazione bibliografica relativa ad argomenti di interesse storico-artistico veneto, alla quale gli studiosi hanno sempre fatto riferimento come strumento di aggiornamento e orientamento.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Cover del numero 69 di «Arte Veneta»; [fig. 3] Copertina della «Bibliografia dell'arte veneta (2011)», allegato al numero 69 di «Arte Veneta»

Informazioni utili
AA.VV., «Arte Veneta» # 69, Fondazione Giorgio Cini - Mondadori Electa, Venezia- Milano, 2014.  ISBN: 9788891800664. Dati tecnici: cartonato, pp. 220, ill. e tavv. b/n col., cm 23,5x31,5.Prezzo:  € 95,00. Informazioni:  Redazione «Arte Veneta» - Istituto di storia dell'arte, Fondazione Giorgio Cini onlus, tel. 041.2710272, fax. 041 .5205842, chiara.ceschi@cini.it. Sito internet: www.cini.it

sabato 18 ottobre 2014

«Artusi Remix», la cucina romana incontra l’arte

Lui si presenta al pubblico come dj, filosofo, economista ed appassionato di gastronomia. Il «New York Times» ha, invece, preferito definirlo «uno dei più inventivi attivisti del cibo» a livello mondiale. Don Pasta, nome d’arte di Daniele De Michele, è diventato famoso per le sue esibizioni musicali che lo vedono portare sul palco vinili e pentole, mixer e minipimer per frullare musica e veloutés.
Dopo «Food sound system», spettacolo multimediale divenuto anche un libro per i tipi delle edizioni Kowalski, il talentuoso performer, che da anni vive in Francia e che ha al suo attivo collaborazioni con Paolo Fresu e David Riondino, torna in scena con un nuovo progetto sulla cucina popolare italiana e sui sapori della nostra tradizione: «Artusi Remix – La cucina italiana nel nuovo millennio».
Domenica 19 ottobre l’iniziativa fa tappa a Roma, negli spazi del Macro alla Pelanda (Testaccio), dove Don Pasta racconterà il cibo capitolino tra trippe, code alla vaccinara e carbonare in un concentrato di rappresentazioni simboliche e memorie riccamente documentate da interviste ai protagonisti popolari della tradizione gastronomica locale. Per realizzare questo progetto e per conoscere la vera cucina romana, l’artista si è fatto invitare a pranzo da persone di San Basilio, San Lorenzo, Testaccio, Appia e Ostia, gente di borgata custode dei saperi più antichi del cibo, e ha rielaborato il materiale raccolto con il vj e regista videoAntonello Carbone e DgVisual.
«Raccontare una ricetta significa andare a capire cosa sia cambiato nella cucina tradizionale, nella sua geografia, nelle sue testimonianze, ma anche raccontare la storia di chi la racconta», afferma Don Pasta. «Significa fare una fotografia non solo della cucina romana ma di Roma stessa, parlando però anche della città del nuovo millennio col suo precariato e la sua disoccupazione, le migrazioni in entrata e uscita, il fallimento delle utopie, i conflitti generazionali. Questo perché, attraverso la cucina, tutto ciò diventa tela di fondo e strumento di ricostruzione di una nuova identità della città. Sapere cosa si sia conservato, cosa sia in mutamento, cosa si sia smarrito per sempre; capirne le tracce affettive ed emozionali in ognuno, lo smarrimento, l’ancorarsi a ciò che c’è sempre stato, lo sperimentarne la sua trasformazione in qualcosa di nuovo. Ho voluto, -spiega ancora il performer- con questo, rendere omaggio alla città eterna attraverso la sua gente e il quinto quarto».
Donpasta continua così la sua ricerca, in parte etnografica ed in parte culinaria: una performance che si fa dunque strumento di riconnessione tra arte e socializzazione ed è costruita, con la consulenza di Casartusi e della Treccani, anche in funzione di un progetto più ampio che prevede la pubblicazione di un libro per la casa editrice Mondadori, un nuovo tour mondiale, la ristampa DeLuxe della prima edizione del libro «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene» di Pellegrino Artusi.

Informazioni utili 
Don Pasta presenta «Artusi Remix a Roma - Se magni bene nun mori mai». Factory La Pelanda, piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma (Testaccio). Ingresso libero.Domenica 19 ottobre 2014, alle ore 18.30. Informazioni: danieledemichele@gmail.com. Sito internet: www.donpasta.com.

venerdì 17 ottobre 2014

«NavigArte», danza, musica, teatro e arti visive alla Porta del Mar di Pisa

Una rassegna di danza, teatro, musica e arti visive per riscoprire il rapporto della città di Pisa con le sue vie di acqua: si presenta così «NavigArte», calendario di spettacoli e performance, giunto alla sua quarta edizione, che dal 18 ottobre al 21 novembre trasformerà la Corte Sanac, o meglio la Porta del Mar di Pisa, un tempo centro di scambio con tutto il bacino del Mediterraneo attraverso la navigazione, in un luogo inedito di produzione culturale.
Ad aprire la rassegna sarà, sabato 18 ottobre ai Teatri di danza e delle arti, la Compagnia Estemporada con lo spettacolo «Lo stato della materia», per la regia e la coreografia di Livia Lepri.
Il cartellone proseguirà, nella serata di sabato 25 ottobre, con «Brainstorming Studio 2 The free leggend race», appuntamento a cura della Compagnia Borderline Danza, nel quale viene raccontato, attraverso le coreografie di Claudio Malangone, la storia di due danzatori che viaggiano in uno spazio-tempo indefinito e in un instabile equilibrio tra la luminosità e il suo contrario, il movimento e la quiete, il suono e il silenzio, la presenza e l'assenza.
Seguirà, quindi, l’esibizione della Compagnia Elledanse, proveniente da Bratislava, che venerdì 31 ottobre proporrà lo spettacolo «Score», per le coreografie di Boris Nahálka, rappresentazione di un gioco le cui regole incerte vengono manipolate dai giocatori stessi. Sempre il 31 ottobre, dalle 19 in poi, gli spazi urbani della Corte Sanac ospiteranno «Sconfinamenti tra i linguaggi delle arti e i luoghi del quotidiano». Anche quest’anno, dopo il grande successo delle precedenti edizioni, tornano ad essere protagonisti giovani coreografi e video artisti provenienti dall’Italia e dall’estero che reinterpretano i luoghi in modo originale.La staffetta di esibizioni vedrà susseguirsi le performance «Stabat Mater» di Tiziana Petrone, «Voci» di Silvia Bergamasco, «Body Sattva» di Ambrose Laudani e «Public Space» di Movimentoinactor, coreografia costruita sul video d’arte omonimo di Marcantonio Lunardi.
Il mese di novembre si aprirà con un doppio appuntamento: venerdì 7 novembre negli spazi della Biblioteca comunale di Pisa si terrà un incontro con lo scrittore e giornalista Enzo Romeo, autore del libro «L’invisibile bellezza», nel quale viene ripercorsa la biografia di Antoine de Saint Exupery. Subito dopo, la biblioteca si trasformerà in spazio teatrale e ospiterà lo spettacolo «L’amore invincibile del Principe e della Rosa», nuova produzione della Compagnia Movimentoinactor Teatrodanza, per la regia e coreografia di Flavia Bucciero, ispirata alla relazione fra Antoine e Consuelo de Saint Exupéry, riletta in controluce attraverso le pagine del libro «Il piccolo principe».
Seguirà, nel tardo pomeriggio di martedì 18 novembre, la rassegna di video-arte «Vie d’acqua elettroniche»; mentre a chiudere il festival sarà uno spettacolo per i bambini: «Babajaga» della Compagnia Balletto di Sardegna/Asmed, riadattamento di una nota leggenda russa che parla di amore, amicizia e coraggio, per la regia di Senio Giovanni Barbaro Dattena in scena giovedì 20 e venerdì 21 novembre ai Teatri di danza e delle arti. Un cartellone, dunque, vario quello di «NavigArte» che vuole raccontare come le vie d’acqua non siano solo il passato, ma anche il futuro di Pisa.

Informazioni utili
«NavigArte». Teatri di danza e delle arti, via del Chiassatello-Corte Sanac 97-98 – Pisa. Orari: ore 21.00. Ingresso agli spettacoli: € 8,00, ridotto € 5,00 (per studenti universitari, bambini, anziani, residenti del quartiere di Porta a mare, Cep, Barbaricina, allievi di scuole di danza e di teatro, soci Coop). Informazioni e prenotazioni: tel. 050.501463, e-mail movimentoinactor@tiscalinet.it. Sito web:  www.movimentoinactor.it. Dal 18 ottobre al 21 novembre 2015. 

giovedì 16 ottobre 2014

«Confi.Dance», a Siena la danza scende in piazza e si mette in vetrina

A Siena l’arte incontra la quotidianità. Per i prossimi tre giorni, ovvero da venerdì 17 a domenica 19 ottobre, nella città del Palio la danza e il teatro irromperanno nel gesto di un caffè consumato al bar, nello sguardo che si posa sulla vetrina di un negozio, nell’incedere distratto di un passante. L’occasione è offerta dalla sesta edizione di «Confi.Dance 2014», rassegna dedicata alla contaminazione degli stili e dei linguaggi della danza: dal tango al flamenco, dall’hip hop alla breakdance, con l’arte coreutica contemporanea, protagonista di spettacoli in piazza, sit specific nelle vetrine di boutique e bar del centro storico.
Tante novità e tante sorprese caratterizzano il cartellone del festival senese, ideato e diretto da Marcello Valassina, in collaborazione con la compagnia Francesca Selva/Consorzio coreografi danza d’autore, e realizzato con il contributo del Comune di Siena e della Fondazione Toscana spettacolo, a sostegno della candidatura di Siena a Capitale europea della cultura 2019. Ritornerà, per sempio, in città la compagnia Abbondanza/Bertoni con lo spettacolo «Le fumatrici di pecore», in scena sabato 18 ottobre al teatro dei Rozzi (ingresso: € 2,00), nel quale Antonella Bertoni e Patrizia Birolo, vestite di nero su un tappeto bianco e sulle note di Mahler o al ritmo di cantilene di Kyrie, raccontano a passo di danza una storia di amicizia e di solidarietà, di sofferenza e di gioia, di condivisione e di reciprocità, di abilità e disabilità.
Ma Siena stupirà turisti e cittadini soprattutto per la modalità allestitiva del suo festival: una sorta di staffetta itinerante tra artisti indipendenti e compagnie internazionali che vedrà intrecciarsi percorsi artistici e di vita con l’obiettivo di far rivivere gli spazi urbani come luoghi di produzione e fruizione culturale e far riscoprire, anche al pubblico più distratto, la magia della danza in teatro.
Si comincia venerdì 17 ottobre, a mezzogiorno, con i Guys and Dolls, una crew di hip hop e breakdance tra le più interessanti della scena underground senese, che si esibirà in piazza San Domenico. In contemporanea, la boutique «Max Mara» in via Banchi di Sopra ospiterà all’interno della sua vetrina, la performance «Selfie» della Compagnia LuogoComune, di cui sono interpreti Silvia Franci e Chiara Pacioni. In serata, dall1 19 alle 20, è in programma ancora un appuntamento di improvvisazione hip hop con i Guys and Dolls, ma questa volta al Caffè «La Piazzetta» in via Montanini.
Chiude la prima giornata di festival un doppio appuntamento con la Compagnia Francesca Selva che, a partire dalle 21.30, metterà in scena al Tartarugone (in piazza del mercato) un nuovo e originale allestimento dello spettacolo «Le scarpe di Anita», con le incursioni di OblivionTango. Seguirà, quindi, una affascinante milonga che andrà avanti fino a notte fonda.
La seconda giornata di «Confi.dance» si aprirà, sempre a mezzogiorno, con l’energia dei Guys and Dolls e le loro libere improvvisazioni, alle quali farà da scenario piazza San Domenico. Seguirà, dalle 12 alle 14 e dalla 17 alle 19, la performance «Duet» della Compagnia Francesca Selva alla boutique «Max Mara». Sempre nel pomeriggio di sabato, dalle 18 alle 19.30, il Caffè «La Piazzetta» farà da scenario allo spettacolo di flamenco «Evocación» della bailaora Francesca Stocchi. Chiuderà la seconda giornata di festival lo spettacolo «Le fumatrici di pecore» della Compagnia Abbondanza/Bertoni.
Domenica 19 ottobre si aprirà, alle 11, con un brunch-dance, una colazione con gli artisti alla LiberamenteOsteria di piazza del Campo. Dalle 12 alle 14, Piazza Salimbeni farà, quindi, da cornice alle coreografie di hip hop e breakdance dei Guys and Dolls, mentre nel pomeriggio, dalle 16 alle 17, in piazza San Domenico ci sarà spazio per le esibizioni di tango di OblivionTango.
A chiudere la rassegna sarà la Compagnia Cie Twain con lo spettacolo «Angeli e Insetti», in programma nel foyer del teatro dei Rinnovati, subito dopo la performance «Indistinti confini» di Irene Stracciati Danza.
Anche quest’anno gli spettatori di «Confi.Dance» saranno protagonisti partecipando al challenge #Confidance2014. Durante gli spettacoli della rassegna si potranno scattare una foto con instagram, geolocalizzarsi e condividerla su fb, tw e instagram utilizzando l’hastag #Confidance2014. Le foto migliori saranno pubblicate sulla pagina facebook della Compagnia Francesca Selva. Tutti gli spettacoli, fatta eccezione per quello della Compagnia Abbondanza/Bertoni, saranno ad ingresso gratuito. «Highest quality to lowest cost» è, infatti, lo slogan del festival, che vuole proporre danza di qualità a basso costo. «Vogliamo vincere la scommessa di riporate il pubblico a teatro -spiega, a questo proposito, il direttore artistico Marcello Valassina- ma per farlo dobbiano offrire performance di altissimo livello a prezzi popolari. La danza contemporanea chiede di essere compresa e vissuta non solo quando diventa urbana e si imbatte in spettatori inaspettati e complici loro malgrado, ma anche quando per esprimersi e farci emozionare ha bisogno dei tempi e dei respiri della scena di un teatro».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Locandina di «Confi.Dance»; [fig. 2] Una scena dello spettacolo «Le fumatrici di pecore» con la Compagnia Abbondanza/Bertoni; [fig. 3] Una scena dello spettacolo «Le scarpe di Anita» con la Compagnia Francesca Selva

Informazioni utili 
«Confi.Dance». Sedi varie – Siena. Ingresso: gratuito per tutti gli spettacoli; € 2,00 per lo spettacolo della Compagnia Abbondanza/Bertoni. Informazioni: francescaselvadanza@gmail.com. Sito internet: www.francescaselva.com. Dal 17 al 19 ottobre 2014. 

mercoledì 15 ottobre 2014

Venezia, tre giorni di convegno sui rami smaltati rinascimentali alla Fondazione Cini

È la seconda collezione più importante nel mondo dopo quella conservata al Louvre di Parigi. Stiamo parlando della raccolta di rami smaltati rinascimentali cosiddetti «veneziani» ospitata nella sala della Galleria di Palazzo Cini a Venezia, una produzione rara e raffinata della quale non esistono più di trecento esemplari tra Vecchio e Nuovo Continente. Ed è proprio la Fondazione Cini, che ha da poco riaperto le porte della prestigiosa casa-museo di Campo San Vio, a promuovere per le giornate da giovedì 16 a sabato 18 ottobre un convegno internazionale di studi nel quale si confronteranno storici dell’arte, conservatori, restauratori ed esperti nel campo delle analisi scientifiche. «I rami smaltati detti veneziani del Rinascimento italiano. Geografia artistica, collezionismo, tecnologia» è il titolo dell’appuntamento, promosso dall’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini, con il museo del Louvre e il Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France di Parigi.
Ammirati e collezionati nell’Ottocento, questi oggetti, le cui origini risalgono alla fine del Quattrocento, furono poi dimenticati. Il rame è coperto da una decorazione riccamente colorata, formata da vetri bianchi, blu, viola o verdi, posti a strati su un fondo di vetro bianco opaco o su una miscela di colore bianco e traslucido; il tutto è ornato da lumeggiature in rosso e turchese e la doratura assume un ruolo molto importante. La maggioranza dei pezzi conservati è formata da servizi da tavola composti da calici, piatti, bacili, saliere, brocche e fiasche, ma ci sono anche cofanetti, candelabri, uno specchio; mentre alcune paci, ampolline e reliquari attestano anche un uso religioso.
Il convegno interdisciplinare intende approfondire la conoscenza di queste opere di altissima qualità artistica -presenti nei principali musei e collezioni del mondo- sia dal punto di vista delle tecniche di fabbricazione, delle forme e della decorazione che da quello del contesto socio-culturale che le ha generate. Si cercherà di definire un corpus di forme e di decorazioni, di evocare la clientela e i committenti, grazie allo studio dell’araldica e dell’emblematica, di rintracciare il loro arrivo sul mercato dell’arte europeo nell’Ottocento, e poi americano nel Novecento. Verrà riconsiderata anche l’origine veneziana di questa produzione con il contributo delle recenti ricerche archivistiche, dello studio dei ricettari dei vetrai e dei risultati delle indagini fisico-chimiche realizzate dal C2RMF di Parigi, il Lama di Venezia e l’Opificio delle pietre dure di Firenze.
Nel corso dei tre giorni di convegno, al quale prenderanno parte rappresentanti di diverse istituzioni europee come i Civici Musei di Brescia o le Civiche raccolte d'arte applicata del Castello Sforzesco di Milano, sarà esposto al pubblico lo specchio in rame smaltato restaurato per l’occasione dall’Opificio delle Pietre Dure, appartenente alla raccolta della Galleria di Palazzo Cini.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Piatto, fine del XV o inizio del XVI secolo. Venezia, Galleria di Palazzo Cini; [fig. 2] Coppa, inizio del XVI secolo. Parigi, Musée du Louvre. © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre) / Martine Beck-Coppola; [fig. 3] Specchio, fine del XV secolo. Venezia, Galleria di Palazzo Cini

Informazioni utili 
«I rami smaltati detti veneziani del Rinascimento italiano. Geografia artistica, collezionismo, tecnologia» - Convegno internazionale di studi. Istituto di storia dell'arte - Fondazione Giorgio Cini onlus, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia. Programma su: http://www.cini.it/wp-content/uploads/2014/09/140922_pieghevole.pdf. Orari: giovedì 16 ottobre, ore 9.30-13.30 e 15.00-18.00; venerdì 17 ottobre, ore 9.30-13.30 e 14.30-18.00; sabato 18 ottobre, ore 9.30-13.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.2710230, fax 041.5205842, arte@cini.it. Sito web: www.cini.it. Da giovedì 16 a sabato 18 ottobre 2014.