ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 10 gennaio 2017

«Move off», a Siena tre giorni di danza, musica dal vivo e video

Tre giorni «fuori dai circuiti» per gettare uno sguardo sulle migliori novità della danza contemporanea: si presenta così l’edizione invernale di «Move off», cartellone di eventi promosso dalla compagnia senese Motus con il Comune di Siena e la Fondazione Toscana Spettacolo.
Da mercoledì 11 a venerdì 13 gennaio sul palco dei Rinnovati «si succederanno artisti di livello internazionale -si legge nella nota stampa- con un approccio multidisciplinare qualificato da musica dal vivo, installazioni video, forme di interazione e nuovi linguaggi, per una proposta rivolta non soltanto al pubblico interessato all’arte coreutica, ma anche a coloro che amano la musica e il teatro».
A inaugurare la rassegna saranno la compagnia tedesco-taiwanese «Double C» e la «Odyssey Dance Theatre main Company» di Singapore con il «Progetto Europa-Asia». La prima compagine, proveniente da Wuppertal, presenterà due lavori del coreografo Chun-Hsien Wu. Il primo intitolato «Luftstruktur», è ispirato alla musica «Spiegel im Spiegel» di Avro Part e vede la partecipazione della danzatrice Elena Kofina e delle due musiciste Ulrike Nahmmacher e Florence Millet. Il secondo si intitola «My funny Valentine» ed è eseguito dallo stesso Chun-Hsien Wu sul richiamo della calligrafia cinese e dell’arte marziale del Tai Chi.

Seguirà il nuovo spettacolo della «Odyssey Dance Theatre main Company»: «Wow! Merlion», una performance nata dalla collaborazione tra il direttore artistico e coreografo Danny Tan con l’artista visivo Chieu Shuey Fook in occasione del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza di Singapore.
Giovedì 12 sarà, invece, la volta di «Arch», un’idea nata dall’esperienza delle coreografe e danzatrici russe Tanya Khabarova e Lidia Kopina durante la residenza artistica nella sede di Motus, nel quale viene raccontato l’archetipo della donna, dall’antichità ai giorni nostri.
Venerdì 13, infine, il palco dei Rinnovati ospiterà la prima nazionale di «Terzo Movimento», una coreografia di Motus firmata da Simona Cieri e nata dalla collaborazione con i musicisti Roberto Nannetti e Renata Lacko. Tra gli interpreti: Veronica Abate, Martina Agricoli, Andrè Alma, Maurizio Cannalire, Simona Gori, accompagnati da un video di grande impatto emozionale realizzato da Greta Sartarelli e dalla stessa Simona Cieri.

Informazioni utili 
 «Move off». Teatro dei Rinnovati – Siena. Ingresso: singolo spettacolo - intero € 8,00, ridotto € 6,00, sono previste agevolazioni per under 26 e over 65 e per i soci Unicoop Firenze. Orari biglietteria: martedì 10 gennaio, dalle ore 17 alle ore 20, e da mercoledì 11 a venerdì 13 gennaio, a partire dalle ore 16. Prenotazioni: tel. 0577.292265. Sito web: www.comune.siena.it.

lunedì 9 gennaio 2017

#Pirandello150, al Manzoni di Busto gli atti unici «L’uomo dal fiore in bocca» e «La patente»

La ricerca drammatica di un inafferrabile senso dell’esistenza umana, l’atroce beffa del caso sulle nostre vite, l'assenza di una verità oggettiva delle cose, l’umorismo come chiave per smascherare le menzogne delle convenzioni sociali: sono molte le tematiche che rendono ancora oggi attuale il messaggio di Luigi Pirandello. Ne danno prova gli atti unici «L’uomo dal fiore in bocca» e «La patente», in cartellone al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio nella serata di venerdì 13 gennaio, alle ore 21, nell’ambito della stagione «Mettiamo in circolo la cultura».
L’appuntamento, inserito nel cartellone cittadino «BA Teatro», è proposto da «Culturando» in occasione degli ottant’anni dalla morte (10 dicembre 1936-10 dicembre 2016) e dei centocinquant’anni dalla nascita (28 giugno 1867-28 giugno 2017) dello scrittore siciliano.
 Sul palco saliranno gli attori Davide De Mercato e Gerry Franceschini, con Valentina Brivio e Igino Portatadino. Firma la regia Gerry Franceschini, volto non nuovo alla scena teatrale bustese, con all’attivo una lunga esperienza nel mondo dello spettacolo che lo ha visto, tra l’altro, recitare in testi di Primo Levi e Karol Wojtyla, nonchè collaborare con la Casa Goldoni di Venezia, il Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento, la Società Dante Alighieri, l’Università Eötvös Lorànd di Budapest e il Centro nazionale studi leopardiani di Recanati.

«L’uomo dal fiore in bocca», Pirandello e la precarietà dell'uomo
Il senso di ineluttabile incomunicabilità tra gli individui e la struggente consapevolezza della precarietà dell’esistenza umana sono i temi che permeano «L’uomo dal fiore in bocca», dramma borghese che lo scrittore di Agrigento mutuò dal racconto «Caffè notturno» del 1918, ripubblicato cinque anni dopo con il titolo definitivo de «La morte addosso». Considerato un vero e proprio cavallo di battaglia di tanti grandi interpreti del secolo scorso, tra i quali l’indimenticabile Vittorio Gassman, lo spettacolo debuttò al teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922, diventando, con il tempo, un vero e proprio classico pirandelliano di grande impatto emotivo e di straordinaria forza drammatica.
 Il pubblico viene trasportato all’esterno del caffè di una stazione ferroviaria, illuminato dalle luci fioche della notte. In questo scenario, squallido e crepuscolare, un «pacifico avventore» (Davide De Mercato), che ha perduto l’ultimo treno della sera e che, in attesa del convoglio successivo, lascia scorrere il tempo sorseggiando una bibita alla menta, si ritrova ad ascoltare la dolente storia di un uomo ammalato di epitelioma (Gerry Franceschini), un cancro o, come scrive lo stesso Luigi Pirandello, un fiore che la morte, passando, «ha ficcato» in bocca.
Il dialogo, o meglio il semi-monologo del protagonista, si configura come una meditazione sull’esistenza umana, sull’importanza della quotidianità e di tutto ciò che, in condizioni normali, appare insignificante. Dai braccioli delle sedie negli atri della stazione ai gesti che i commessi dei negozi compiono per fare un nodo a un pacco, dall’arredamento delle sale d’attesa dei medici all’imprevedibilità dei terremoti, tutto passa al vaglio dell’uomo malato, in un estremo e unico punto di contatto con la vita che sfugge, della quale egli vuole goderne fino allo stremo delle sue possibilità esistenziali, «come un rampicante alle sbarre d’una cancellata».
A fare da colonna sonora allo spettacolo, secondo le indicazioni fornite dallo stesso Pirandello nella didascalia iniziale dell’atto unico, è il suono del mandolino, con canzoni come «Notte di stelle» di Mario Rizzo e il «Concerto per due mandolini» di Antonio Vivaldi.

«La patente», il tema della maschera in Pirandello 
«La patente» si configura, invece, come un magistrale ritratto di uno dei più originali e paradossali atti di ribellione di un personaggio pirandelliano contro le ingiustizie della società.
In questo lavoro, diventato famoso sul grande schermo grazie all'interpretazione di Totò, per la regia di Luigi Zampa e con la sceneggiatura di Vitaliano Brancati, l’autore siciliano presenta, nello specifico, un tema a lui caro come quello della maschera forzatamente imposta, una maschera che rende impossibile porsi agli altri per ciò che si è realmente e che alterna così gli intrecci relazionali fra gli individui, inquinandoli di pregiudizi e preconcetti.
L'atto unico, tratto dall’omonima novella del 1911 apparsa sul «Corriere della Sera» del 9 agosto di quell’anno e raccolta in volume nel 1915, sempre per i tipi dell’editore Treves di Milano, fu scritta in dialetto siciliano nel 1917 e in lingua italiana tra il dicembre 1917 e il gennaio 1918.
La prima messa in scena, il cui testo fu edito sulla «Rivista d’Italia», si tenne, dopo una prima in dialetto all’Alfieri di Torino, il 19 febbraio 1919 all’Argentina di Roma, con la compagnia di Nino Martoglio e nell'interpretazione di Angelo Musco.
Al centro della scena vi è la figura di Rosario Chiàrchiaro (Gerry Franceschini), un «povero uomo» che costretto nella forma dello jettatore dalla stupidità e dalla cattiveria dei suoi concittadini -come dimostrano gli atteggiamenti superstiziosi dell’usciere Marranca (Igino Portatadino) e le parole commosse della figlia Rosinella (Valentina Brivio)- decide di risolvere il problema chiedendo al Regio Tribunale una «patente» che comprovi la propria «attività» di menagramo. La situazione appare comica, ma il giudice D’Andrea (Davide De Mercato), al quale l'uomo si rivolge, naturalmente non ride. Egli non crede alle dicerie della gente e, compresa la dolorosa condizione di Chiàrchiaro, gli esprime il proprio sentimento di solidarietà, pur rifiutandosi fermamente di concedergli una «patente» che comprovi il suo stato di jettatore. Ma il paradosso conquista la scena fino all’inatteso finale. Ad accompagnare la narrazione, che si chiude con il tipico «riso amaro» di Luigi Pirandello, è il canto del cardellino, l’amato uccellino che rappresenta per il giudice D’Andrea l’unico ricordo della compianta madre e che, con il suo costante cinguettio, è, nell’allestimento di «Culturando», protagonista al pari di Rosario Chiàrchiaro e del Pubblico Ministero.
Nella mattinata di venerdì 13 gennaio, alle ore 10.15, è prevista una prova aperta dello spettacolo riservata alle scuole secondarie di secondo grado del territorio. L’appuntamento, a ingresso gratuito e su invito, sarà seguita da una lezione-dibattito su Luigi Pirandello e sulla sua produzione teatrale, a partire dagli atti unici messi in scena e dal loro confronto con le rispettive novelle. Un'occasione per avvicinare anche ai più giovani al teatro di Luigi Pirandello, un autore che sa parlare il linguaggio della contemporaneità.

Informazioni utili  
«L’uomo dal fiore in bocca – La patente» | due atti unici di Luigi Pirandello, regia di Gerry Franceschini | con Gerry Franceschini, Davide De Mercato, Valentina Brivio e Igino Portatadino. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: venerdì 13 gennaio 2017, alle ore 21 (è prevista una prova aperta, a ingresso gratuito, per le scuole secondarie di secondo grado alle ore 10.15). Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 15,00. Orari botteghino: da giovedì 5 gennaio 2017, con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. Informazioni: info@cinemateatromanzoni.it o tel. 0331.677961 (in orario serale e nei giorni di apertura del botteghino); info@associazioneculturando.com o cell. 347.5776656.  

sabato 24 dicembre 2016

«Il Natale di Rossini», una favola degli «Attori in erba» di «Culturando»

C’è un posto in Italia in cui il Natale è di casa. È il Sud Tirolo e lì, tra montagne rese incantate dalla neve e borghi suggestivi come un presepe, c’è un paese speciale. Si chiama Curon Venosta ed è conosciuto in tutto il mondo per il suo antico e pittoresco campanile, che sorge da un lago, quello di Resia, talvolta ghiacciato per le rigide temperature invernali.
Lo sanno in pochissimi, ma quel campanile è, in realtà, solo una piccola parte della casa delle arti, un luogo meraviglioso, nascosto sotto la superficie delle acque, dove ogni 25 dicembre i più importanti scrittori, musicisti, pittori e cantanti di tutti i tempi si incontrano per festeggiare il Natale.
Dal 1868 a organizzare il banchetto è Gioachino Rossini, lo chef più famoso tra tutti gli artisti del pentagramma, così amante della buona cucina da dire: «Dopo il non far nulla io non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore […] Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quell’opera buffa che si chiama vita […]».
 Il pranzo di Natale preparato da Gioachino Rossini, con l’aiuto della fata della musica, prevedeva ogni anno dieci portate e sei vini diversi, tra cui l’amato champagne. Nei giorni che precedevano il banchetto, i folletti delle note volavano da un luogo all’altro del pianeta a cercare prelibatezze per creare una vera e propria sinfonia di sapori.
Da Napoli arrivavano i maccheroni, da Siviglia i prosciutti, da Gorgonzola il formaggio, dalla Francia il fois gras, dall’Inghilterra la mostarda, da Bologna la mortadella e da Milano il panettone.
 Alla tavola natalizia di Gioachino Rossini non mancavano, poi, quasi mai le olive, i tartufi, il tacchino, il filetto di manzo, le uova, lo zampone, oltre ai ravanelli, ai cetrioli, al burro e alle acciughe, alimenti ai quali il compositore marchigiano aveva dedicato il divertente brano per pianoforte «I quattro antipasti», contenuto nella raccolta «Peccati di vecchiaia».
Il «cigno di Pesaro» amava, inoltre, sperimentare inediti accostamenti di aromi e sapori in una danza frenetica e gioiosa, consegnataci dalla storia attraverso una serie interminabile di aneddoti, lettere, ricette e pagine musicali.
Quale sarebbe stato il cibo principe sulla tavola del Natale 2016? Tra i folletti delle parole, intimi amici di Gianni Rodari, si vociferava che Gioachino Rossini avrebbe preparato un’inedita amatriciana: i bucatini avrebbero avuto il gusto del cioccolato amaro.
Le fatine dei colori, mandate a controllare i lavori da Leonardo da Vinci, dicevano, invece, che non sarebbe mancato in tavola un buonissimo tacchino ripieno di tartufo nero proveniente da Norcia. Il compositore pesarese era, d’altronde, ghiotto di questo cibo, almeno a leggere una delle sue tante affermazioni: «Ho pianto tre volte nella mia vita. Quando mi fischiarono alla prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi».
Anche la tavola -raccontavano Cenerentola e il Barbiere di Siviglia- sarebbe stata degna di nota: la tovaglia avrebbe avuto il sapore dello zucchero candito, i piatti sarebbero stati di marzapane, le posate di cioccolato e i bicchieri di arancia caramellata.
Mancava solo un dolce speciale per chiudere in bellezza la festa. Gioachino Rossini aveva deciso di preparare la torta alla Guglielmo Tell, con mele candite e glassa di zucchero. Ma il compositore voleva che il dolce fosse unico. Stava pensando a quale ingrediente segreto aggiungere nell’impasto quando il campanile di Curon Venosta iniziò a suonare e dal cielo scesero, magicamente, tanti fiocchi di neve di cioccolato con fogli dolci pieni di parole. Erano poesie da mettere nell’impasto: un regalo del folletto delle idee per sorprendere tutti gli invitati. «La festa è pronta», pensò Gioachino Rossini, che già vedeva i suoi amici invitati leggere poesie e danzare sulle note di una canzone natalizia.

Buone feste!