Deve la sua fama universale alla «Grande onda» parte della serie di «Trentasei vedute del monte Fuji» e all’influenza che le sue riproduzioni ebbero su artisti parigini di fine Ottocento come Manet, Toulouse Lautrec, Van Gogh e Monet, protagonisti del movimento del Japonisme. L’opera di Katsushika Hokusai (1760-1849), maestro indiscusso dell’ukiyoe, (che letteralmente significa «immagini del mondo fluttuante»), sarà al centro di una delle più importanti mostre in cartellone a Roma il prossimo autunno, dal 12 ottobre al 14 gennaio, negli spazi del Museo dell’Ara Pacis. Le prenotazioni dei biglietti sono già aperte on-line.
Attraverso circa duecento opere (cento per ogni rotazione della mostra per motivi conservativi legati alla fragilità delle silografie policrome) provenienti dal Chiba City Museum of Art e da importanti collezioni giapponesi come Sumisho Art Gallery, Uragami Mitsuru Collection e Kawasaki Isago no Sato Museum, oltre che dal Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova, la mostra racconta e confronta la produzione del maestro, attivo tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, con quella di alcuni tra gli artisti che hanno seguito le sue orme dando vita a nuove linee, forme ed equilibri di colore all’interno dei classici filoni dell’ukiyoe.
Hokusai ha esplorato soggetti di ogni tipo: dal paesaggio alla natura, animali e fiori, dal ritratto di attori kabuki a quello di beltà femminili e di guerrieri, fino alle immagini di fantasmi e spiriti e di esseri e animali semileggendari.
Era uno sperimentatore che variava formati e tecniche: dai dipinti a inchiostro e colore su rotolo verticale e orizzontale, alle silografie policrome di ogni misura per il grande mercato, fino ai più raffinati surimono, usati come biglietti augurali, inviti, calendari per eventi e incontri letterari, cerimonie del tè, inviti a teatro.
I volumi dei manga, che raggruppano centinaia di schizzi e disegni tracciati dal maestro e stampati in solo inchiostro nero con qualche tocco di vermiglio leggero, rappresentano il compendio di tanta eccentricità e genialità messa a disposizione di giovani artisti e pittori quali modelli per ogni genere di soggetto. Tra i suoi allievi ci sono Hokuba, Hokkei (1790-1850), Hokumei (1786-1868) che segnano la generazione successiva di artisti, insieme a Keisai Eisen (1790-1848), allievo non diretto di Hokusai, ma che da lui è stato influenzato, che ha determinato gli sviluppi delle stampe di bellezze femminili e paesaggio degli anni 1810-1830. Proprio a Eisen, presentato in Italia per la prima volta in questa mostra, appartiene la bellissima e imponente figura di cortigiana rappresentata nella xilografia che Van Gogh dipinge alle spalle di Père Tanguy e utilizzata anche in copertina del «Paris Le Japon Illustré» nel 1887.
La mostra si compone di cinque sezioni che toccheranno i temi più alla moda e maggiormente richiesti dal mercato dell’epoca. Si parte con «Meishō: mete da non perdere», nella quale sono presentate le serie più famose dell’artista: le «Trentasei vedute del Monte Fuji», le «Otto vedute di Ōmi», i tre volumi sulle «Cento vedute del Fuji» e un dipinto su rotolo del Monte Fuji, presentato per la prima volta in Italia e in anteprima assoluta.
Questa sezione illustra le mete di viaggio e i luoghi celebri che un giapponese di epoca Edo non doveva assolutamente perdere o perlomeno doveva conoscere: cascate, ponti e luoghi naturali delle province più lontane, vedute del monte Fuji da località rinomate, locande e ristoranti e stazioni di posta lungo la via del Tōkaidō che collegava Edo (Tokyo) a Kyoto.
Non manca in questa sezione la «Grande onda» di Hokusai, che si potrà apprezzare in ben due versioni differenti, che si alterneranno a metà del periodo espositivo per motivi conservativi: una proveniente dal Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova, l’altra dalla collezione Kawasaki Isago no Sato Museum, così come tante altre importanti silografie della serie «Trentasei vedute del Monte Fuji» confrontabili in doppia versione.
La mostra prosegue con una serie di notevoli dipinti su rotolo e xilografie policrome dedicati al ritratto di beltà femminili e cortigiane delle famose case da tè del rinomato quartiere di piacere di Yoshiwara, che mettono a confronto lo stile del maestro Hokusai con quello di alcuni tra i suoi allievi più famosi tra cui Gessai Utamasa, Ryūryūkyō Shinsai, Hokumei, Teisai Hokuba.
In particolare si sottolinea la novità della composizione di Keisai Eisen, grande personalità nel campo del ritratto femminile, che redige un vero reportage di moda, avvolgendo le sue donne e mettendole in posa così da evidenziarne i kimono e gli obi imponenti, i tessuti raffinatissimi dai motivi ricercati, coloratissimi e sempre studiati nel particolare più minuto.
In questo contesto è stata pensata anche una piccola, ma raffinata raccolta di immagini legate alla seduzione e al mondo del piacere e dell’erotismo che mettono a confronto Hokusai ed Eisen attraverso xilografie pericolose (abunae), in cui si intuiscono situazioni di scambio amoroso senza svelarne l’aspetto sessuale, sublimato attraverso la bellezza di stoffe e abiti che coprono i corpi e fanno sognare, e le famose pagine del volume erotico «Kinoe no Komatsu».
La rassegna prosegue con una sezione dedicata alla fortuna, che presenta una serie di undici dipinti su rotolo di Hokusai, esposti per la prima volta in Italia, che trattano temi come i portafortuna, la protezione e l’augurio per occasioni speciali. La mostra presenta anche una sezione con temi tratti dal mondo della natura, nei quali si tratta della valenza simbolica di alcuni animali quali il drago, la tigre, la carpa e il gallo.
A chiudere la mostra sono i quindici volumi di manga di Hokusai, ai quali è affiancato un album dell’allievo Shotei che ripercorre i soggetti e le forme del maestro proponendo pagine simili fitte di disegni e schizzi.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Katsushika Hokusai, «La [grande] onda presso la costa di Kanagawa», dalla serie «Trentasei vedute del monte Fuji», 1830-1832 circa. Xilografia policroma, (…), Kawasaki Isago no Sato Museum; [fig. 2] Katsushika Hokusai, «Giornata limpida col vento del sud (o Fuji Rosso), dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji», 1830-1832 circa. Xilografia policroma, (…), Kawasaki Isago no Sato Museum; [fig. 3] Katsushika Hokusai, «Il Fuji da Gotenyama presso Shinagawa sul Tōkaidō», dalla serie «Trentasei vedute del monte Fuji», 1830-1832 circa. Xilografia policroma, (…), Kawasaki Isago no Sato Museum; [fig. 4] Katsushika Hokusai, «Il Monte Fuji al tramonto», 1843. Dipinto su rotolo,Sumisho Art Gallery
Informazioni utili
«Hokusai. Sulle orme del maestro». Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta – Roma. Ingresso: tutti i giorni, ore 9.30 – 19.30; 24 e 31 dicembre, ore 9.30 – 14.00; chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio; la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 9,00 + prevendita aperta dal 1° giugno 2017 € 1,00. Informazioni: 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00). Sito internet: www.arapacis.it, www.museiincomuneroma.it. Dal 12 ottobre al 14 gennaio 2018.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
martedì 10 ottobre 2017
domenica 8 ottobre 2017
Trieste celebra Maria Teresa d’Austria
Fu una donna a cambiare per sempre il destino di Trieste, dando alla città quella dimensione mitteleuropea che conosciamo oggi. Nei suoi quarant’anni di regno, dal 1740 al 1780, Maria Teresa d’Asburgo, la figlia dell’imperatore Carlo VI, trasformò, in un febbrile succedersi di abbattimenti e ricostruzioni, il volto del centro friulano. Pur non avendo paradossalmente mai visitato di persona la città, la sovrana asburgica, del quale ricorrono quest’anno i trecento anni dalla nascita, avvenuta a Vienna il 13 maggio 1717, rinnovò il volto architettonico e urbanistico del centro friulano, facendo costruire ponti e acquedotti e dando vita, nell’area bonificata delle saline, al borgo teresiano.
Maria Teresa d’Asburgo fu, dunque, una figura cardine del complesso sistema europeo dell’epoca e un riferimento fondamentale per la nascita della Trieste settecentesca. Durante il suo regno la città avviò una fase di impressionante crescita demografica, sociale ed economica, quadruplicando il proprio numero di abitanti, con la trasformazione da piccolo villaggio arroccato sul colle di San Giusto a città vera e propria, e diventando a metà Settecento il primo porto emporiale dell'Impero Asburgico e uno dei principali dell’Adriatico e del Mediterraneo.
Fu ancora lei ad aprire la città all’Ottocento e rendendola il centro mitteleuropeo che oggi conosciamo, animato da genti provenienti da ogni sito del Mediterraneo. Alla sua figura si devono tanti degli aspetti che rendono ancora oggi famoso il capoluogo friulano: l'anima multietnica, la vocazione commerciale e marittima, le caratteristiche architettoniche e urbanistiche, frutto di una straordinaria epoca di modernizzazione che vide proprio la sovrana asburgica attuare riforme in ambito scolastico, istituzionale e finanziario, così come realizzare innovazioni statali, quali l’istituzione del catasto e del libro tavolare, o sanitarie come l’introduzione delle vaccinazioni, dopo essere stata lei stessa colpita dal vaiolo.
In questi anni, Trieste si trasforma da piccolo centro, ancora di fondazione medievale e chiuso al limite settentrionale dell’Adriatico, in un porto dagli sviluppi sorprendenti, nuovo sbocco dell’Europa orientale, al servizio di quell’Impero, che l’Imperatrice contribuirà a far uscire dalla tradizione ancora feudale verso la modernità.
A questa storia guarda la mostra «Maria Teresa e Trieste. Storia e culture della città e del suo porto» , in programma dal 7 ottobre al 18
febbraio al Magazzino delle Idee per iniziativa dell’Ente regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Polo museale del Friuli Venezia Giulia e l’Università di Trieste.
Il percorso espositivo, che vede la supervisione di Antonio Giusa, ha inizio con una serie di ritratti ed opere – provenienti da prestigiosi enti museali cittadini, tra i quali quali il Castello di Miramare– che illustrano le dinamiche familiari degli Asburgo e gli accordi con le altre dinastie europee. Proseguendo lungo la mostra, mappe, vedute, dipinti e oggettistica dell’epoca, raccontano gli aspetti della vita quotidiana della borghesia mercantile, del grande emporio e di personaggi internazionali che furono presenti in città, tra cui Casanova e Winckelmann, assieme ad alcuni aspetti istituzionali e produttivi delle Contee di Gorizia e Gradisca. Parte dei contenuti della mostra, che è inserita nel progetto annuale «Trieste è una donna», verranno forniti attraverso installazioni interattive a cura dello studio Interfase che permetteranno al visitatore di scoprire in maniera chiara e divertente aspetti complessi della Trieste settecentesca. Sarà possibile vedere la città crescere dal nucleo storico fino ad arrivare all’attuale fronte mare o esplorare le rotte dei commerci dell’impero asburgico che passavano attraverso il porto di Trieste. Attraverso le installazioni multimediali, il visitatore potrà così entrare nella Trieste teresiana per comprendere meglio quella di oggi.
Informazioni utili
«Maria Teresa e Trieste. Storia e culture della città e del suo porto». Magazzino delle Idee, corso Cavour, 2 - Trieste. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso | aperture straordinarie: mercoledì 1 novembre, venerdì 8 dicembre, martedì 26 dicembre; domenica 31 dicembre chiusura alle 16.00; lunedì 1° gennaio 2018 apertura ore 11.00. Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00, ridotto gruppi € 3,00. Per informazioni: info@mariateresaetrieste.it, tel. 040.3774783. Sito internet: www.mariateresaetrieste.it. Dal 7 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018.
venerdì 6 ottobre 2017
Alessi festeggia i cent’anni di Ettore Sottsass
Alessi festeggia i cento anni dalla nascita di Ettore Sottsass (14 settembre 1917 - 31 dicembre 2007), uno dei grandi guru del design italiano, al quale si devono la «Valentine» di Olivetti o la libreria «Casablanca». È stata, infatti, da poco realizzata un’edizione speciale del Centrotavola in legno di tiglio, disegnato nel 1990 per il catalogo Twergi.
L’inizio della collaborazione tra l’architetto italo-austriaco e lo storico marchio di Omegna data al 1972. A quel tempo, Ettore Sottsass è già conosciuto per il suo lavoro. L’approccio filosofico e il carisma gli hanno permesso di affrontare una vasta gamma di temi: l'essenza del design non rappresenta per lui solo la necessità di dare una forma ad un oggetto, ma anche creare una nuova espressione per discutere di questioni sociali, politiche, etiche.
Per Alberto Alessi, le discussioni affrontate con l’architetto italo-austriaco sull'estetica del design e sul ruolo dell’industria nella società moderna hanno originato un rapporto speciale: «Ettore non mi ha mai risparmiato le sue bonarie critiche, per le quali non finirò mai di essergli grato: […] Ragazzo mio, diceva, ricordati che voi industriali avete un ruolo non solo economico ma anche culturale: con i milioni, milioni di milioni di prodotti reali che anno dopo anno gettate nel mondo voi avete una grande influenza sul modo di essere e di pensare della gente e una bella responsabilità sull’evoluzione della società dei consumi».
I progetti di Ettore Sottsass hanno spesso rappresentato delle vere sperimentazione e le complicazioni tecniche affrontate in fase produttiva. La sua visione critica sulle cose, il suo design coerente e il suo senso per l'essenziale hanno reso i suoi prodotti una parte importante dell'identità di Alessi, azienda con cui nel tempo ha sviluppato una famiglia di oggetti per la tavola accumunati da un linguaggio universale. I suoi lavori sono diventati archetipi del quotidiano, icone per un’ampia fascia di pubblico.
Nella video intervista curata dal Museo Alessi per la collana «Design Interviews» (2008, Edizioni Corraini – distribuito da Artfilms) Sottsass dichiarava che «Una delle cose più complicate per un serio designer è capire chi sono quelli che useranno il suo prodotto».
La serie «5070» del 1978, oltre a essere il primo progetto di Sottsass ad entrare in catalogo, è ancora oggi il set per condimenti in acciaio più venduto e uno degli oggetti Alessi più vicini al tipo industriale. Si tratta di Una delle prime «architetture da tavola» a cui ha fatto seguito l’anno successivo, la serie di accessori professionali da bar e per il servizio dei vini studiata per il settore alberghiero.
A questi fanno seguito i progetti delle posate «Nuovo Milano» (1987) e dei piatti «La Bella Tavola» (1993). Ai primi anni ’90 risale anche l’introduzione della linea Twergi, una collezione di oggetti in legno realizzati da artigiani della Valle Strona, una valle nei pressi del Lago d’Orta, dove Alessi ha la sua sede. Il nome Twergi, che significa gnomo o folletto dei boschi nel dialetto locale, allude a creature pacifiche e scherzose. Per celebrare il centesimo compleanno di Ettore Sottsass, Alessi riedita in edizione limitata a 999 pezzi numerati, uno dei pezzi più iconici della collezione: il Centrotavola in legno di tiglio.
Prodotto tutt’oggi in Valle Strona tramite la tecnica di tornitura, il Centrotavola ha una struttura caratterizzata dalla sovrapposizione di elementi: «Quasi tutti gli oggetti che disegno hanno una base, non toccano direttamente terra. Non appena si mette una forma su una base, la forma diventa immediatamente importante, più ferma: diventa un piccolo monumento» rivelava l’autore. Alessi rende così omaggio a un grande maestro ma anche alle tradizioni produttive artigianali, dove conta ancora la qualità dei legni impiegati e della loro lavorazione.
Informazioni utili
http://www.alessi.com/it
L’inizio della collaborazione tra l’architetto italo-austriaco e lo storico marchio di Omegna data al 1972. A quel tempo, Ettore Sottsass è già conosciuto per il suo lavoro. L’approccio filosofico e il carisma gli hanno permesso di affrontare una vasta gamma di temi: l'essenza del design non rappresenta per lui solo la necessità di dare una forma ad un oggetto, ma anche creare una nuova espressione per discutere di questioni sociali, politiche, etiche.
Per Alberto Alessi, le discussioni affrontate con l’architetto italo-austriaco sull'estetica del design e sul ruolo dell’industria nella società moderna hanno originato un rapporto speciale: «Ettore non mi ha mai risparmiato le sue bonarie critiche, per le quali non finirò mai di essergli grato: […] Ragazzo mio, diceva, ricordati che voi industriali avete un ruolo non solo economico ma anche culturale: con i milioni, milioni di milioni di prodotti reali che anno dopo anno gettate nel mondo voi avete una grande influenza sul modo di essere e di pensare della gente e una bella responsabilità sull’evoluzione della società dei consumi».
I progetti di Ettore Sottsass hanno spesso rappresentato delle vere sperimentazione e le complicazioni tecniche affrontate in fase produttiva. La sua visione critica sulle cose, il suo design coerente e il suo senso per l'essenziale hanno reso i suoi prodotti una parte importante dell'identità di Alessi, azienda con cui nel tempo ha sviluppato una famiglia di oggetti per la tavola accumunati da un linguaggio universale. I suoi lavori sono diventati archetipi del quotidiano, icone per un’ampia fascia di pubblico.
Nella video intervista curata dal Museo Alessi per la collana «Design Interviews» (2008, Edizioni Corraini – distribuito da Artfilms) Sottsass dichiarava che «Una delle cose più complicate per un serio designer è capire chi sono quelli che useranno il suo prodotto».
La serie «5070» del 1978, oltre a essere il primo progetto di Sottsass ad entrare in catalogo, è ancora oggi il set per condimenti in acciaio più venduto e uno degli oggetti Alessi più vicini al tipo industriale. Si tratta di Una delle prime «architetture da tavola» a cui ha fatto seguito l’anno successivo, la serie di accessori professionali da bar e per il servizio dei vini studiata per il settore alberghiero.
A questi fanno seguito i progetti delle posate «Nuovo Milano» (1987) e dei piatti «La Bella Tavola» (1993). Ai primi anni ’90 risale anche l’introduzione della linea Twergi, una collezione di oggetti in legno realizzati da artigiani della Valle Strona, una valle nei pressi del Lago d’Orta, dove Alessi ha la sua sede. Il nome Twergi, che significa gnomo o folletto dei boschi nel dialetto locale, allude a creature pacifiche e scherzose. Per celebrare il centesimo compleanno di Ettore Sottsass, Alessi riedita in edizione limitata a 999 pezzi numerati, uno dei pezzi più iconici della collezione: il Centrotavola in legno di tiglio.
Prodotto tutt’oggi in Valle Strona tramite la tecnica di tornitura, il Centrotavola ha una struttura caratterizzata dalla sovrapposizione di elementi: «Quasi tutti gli oggetti che disegno hanno una base, non toccano direttamente terra. Non appena si mette una forma su una base, la forma diventa immediatamente importante, più ferma: diventa un piccolo monumento» rivelava l’autore. Alessi rende così omaggio a un grande maestro ma anche alle tradizioni produttive artigianali, dove conta ancora la qualità dei legni impiegati e della loro lavorazione.
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