ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 29 novembre 2024

«La Carraccina», il Guercino e la Pinacoteca di Cento: l'arte emiliana incontra l’high tech

Era il 20 maggio 2012 quando, nel cuore della notte, alle 04:03, un terremoto di magnitudo 5.9 colpiva un'ampia zona dell'Italia settentrionale, sconvolgendo centri produttivi della Bassa Emiliana come Mirandola, Medolla, Sant'Agostino e San Felice al Panaro. Meno di una decina di giorni dopo, il 29 maggio, alle 9 del mattino e poi alle 12:55, lo stesso territorio veniva interessato da due nuove scosse telluriche superiori ai 5 di magnitudine, meno intense della prima ma più distruttive. Il cosiddetto «cratere» comprendeva 59 Comuni nelle province di Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia. Il bilancio finale fu di 28 morti, 300 feriti, 45mila persone sfollate, 66mila imprese coinvolte e una stima dei danni per 12,2 miliardi di euro.

Particolarmente colpito fu anche il patrimonio storico-artistico del territorio: luoghi di culto, palazzi, teatri, torri, castelli, rocche, ma anche opere pittoriche e scultoree. Tra i beni lesionati strutturalmente, e rimasti per lungo tempo chiusi al pubblico, ci fu anche la Pinacoteca civica «Il Guercino» di Cento, cittadina di 35mila abitanti nel Ferrarese. Il museo, il cui nuovo allestimento è stato curato da Lorenzo Lorenzini ed Elena Bastelli, ha riaperto i battenti il 25 novembre 2023, a undici anni dal sisma e dopo due anni di restauri - realizzati dallo studio bolognese OpenProject, in collaborazione con l’Amministrazione centese e sotto la supervisione dell’architetto Beatrice Contri -, grazie al finanziamento di quasi 3milioni di euro del Commissario delegato per la Ricostruzione, più un contributo ministeriale di 988.900 euro, ottenuto tramite il Fondo Cultura 2021 e usato per l’allestimento museale con le pareti della stessa tonalità blu dei cieli guercineschi.

Nonostante le sue dimensioni contenute, la pinacoteca è uno scrigno di gioielli. Nelle sue quindici sale, distribuite su due livelli, allinea, infatti, più di centonovanta opere, tra pitture, sculture, disegni, affreschi staccati, che portano la firma di artisti come, per esempio, Scarsellino, Guido Reni, Ludovico Carracci e Matteo Loves, in un percorso che spazia dal Quattrocento all’Ottocento.

Ma la particolarità e la preziosità di questo luogo identitario per la cultura della cittadina emiliana, costruito nel 1839 all’interno del Palazzo del Monte di Pietà, consiste soprattutto nel fatto di essere il museo con la maggior concentrazione al mondo di opere di Giovanni Francesco Barbieri (Cento, 1591-Bologna, 1666), detto il Guercino, maestro della pittura barocca, conteso da papi e regnanti, che fu anche un imprenditore ante litteram, a capo di un’organizzatissima bottega fino alla morte, avvenuta nel 1666. Si tratta di sedici pale d’altare e quadri, venti affreschi staccati e undici disegni, molti dei quali erano stati portati al sicuro dai crolli nel Centro di raccolta realizzato al Palazzo Ducale di Sassuolo. Tra questi lavori si annoverano capolavori come «La cattedra di San Pietro», «Cristo risorto appare alla Madre», «La Madonna con Bambino benedicente».

In occasione della riapertura della Pinacoteca centese, sono, poi, arrivate in città, con un prestito a lungo termine, anche opere del maestro e dei suoi seguaci provenienti da collezioni private e bancarie: dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cento sono giunte nove opere, tra cui il primo affresco realizzato dal giovane Guercino, che raffigura la «Madonna di Reggio», ovvero la «Madonna della Ghiara»; da Credem Banca sei opere, tra cui il «Matrimonio mistico di Santa Caterina», capolavoro giovanile del pittore centese.

Un anno dopo la riapertura il bilancio è più che positivo: sono stati staccati quasi 20mila biglietti e il Centro studi internazionale «Il Guercino», ubicato all’interno del museo, è stato vicino, negli ultimi mesi, a importanti istituzioni come la Pinacoteca nazionale di Bologna, i Musei reali di Torino e le Scuderie del Quirinale nell’organizzazione di mostre ed eventi di vario genere sull’artista emiliano, la cui riscoperta si deve, negli anni Trenta del Novecento, a Sir John Denis Mahon (Londra, 1910-2011).

Mentre la quadreria di Cento si prepara ad accogliere la mostra «Sentimento e ragione nella grande pittura di Ubaldo Gandolfi», ideata e curata dalla studiosa Donatella Biagi Maino, che dal 30 novembre proporrà un focus su due opere del pittore bolognese (una «Annunciazione» e una pala d’altare dedicata a San Gaetano da Thiene), il percorso espositivo è stato integrato con una replica fedele di un’opera importante della collezione centesca: «La Madonna col Bambino fra i Santi Giuseppe, Francesco e i committenti», nota come «La Carracina», in prestito temporaneo alle Scuderie del Quirinale, nell’ambito della rassegna «Il trionfo del colore. Guercino nella Roma dei Ludovisi».

Per colmare questa assenza è stata contattata Haltadefinizione, tech company del Gruppo Panini Cultura, che ha curato tutte le fasi della riproduzione della copia, dalla digitalizzazione alla fedele riproduzione fisica, fino alla collocazione.

L’iniziativa, promossa con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, si inserisce nell’ambito di un ampio programma di valorizzazione del patrimonio culturale locale e garantisce continuità alla fruizione della pinacoteca. La copia può essere toccata e vista da vicino. «Si apre così - racconta Silvia Bidoli, assessore alla Cultura del Comune di Cento - un panorama di possibilità di interazione non solo dal punto di vista fisico ma anche didattico, che sapremo sfruttare anche in futuro quando tornerà l’originale». L’immagine in altissima risoluzione è, inoltre, disponibile on-line sul sito di Haltadefinizione, accessibile a tutti gli studiosi e appassionati.

«La Carracina», tela del 1591, ornava l’altare della prima cappella destra, quella di proprietà della famiglia Piombini, nella chiesa annessa al convento dei Cappuccini di Cento, ubicato fuori porta Molina, da tempo demolito. Nel luglio del 1796 la pala d’altare fu trasferita in Francia, scelta dai commissari napoleonici fra le opere degne di rientrare nell’utopistico progetto del Musée Napoléon a Parigi. Esposta dal febbraio del 1798 al Louvre, alla caduta di Napoleone fu restituita all’Italia e nel 1816 tornò a Cento.

All'interno di una struttura che si rifà ai modelli leonardeschi della composizione piramidale, si riconoscono al vertice la Madonna e il Bambino, collegati, attraverso un gioco di sguardi e di gesti, con il San Francesco e il San Giuseppe raffigurati alla base della tela. Sempre in basso, nell’angolo a destra, si trovano i ritratti di Pietro Antonio Piombini e di sua moglie Elisabetta Dondini, due personaggi ai quali il committente, indicato in Giuseppe Piombini, era legato da non precisati vincoli di parentela.

Si tratta di una prova di grande qualità della poetica di Ludovico Carracci, che dà vita a una visione familiare, quotidiana e sensibilmente naturalistica, nel quale la luce è grande strumento d'animazione e, insieme, il sintomo dell'esaltazione emotiva.

Da sempre l'opera è ritenuta di fondamentale importanza per il giovane Guercino il quale, stando alla testimonianza diretta del suo biografo Carlo Cesare Malvasia, proprio giocando col cognome del pittore aveva ribattezzato la tela la «mia cara cinna», un’espressione che in dialetto centese veniva pronunciata come «cara zinna», a indicare così la mammella da cui l’artista aveva tratto il primo nutrimento in pittura, imitandone la luce «a macchia» e il sincero naturalismo.

Didascalia delle immagini 
Ludovico Carracci, «La Madonna col Bambino fra i Santi Giuseppe, Francesco ed i committenti», nota come «La Carracina», tela/ pittura a olio, cm 166 (la) 225 (a), sec. XVI (1591 - 1591), n. inventario 0107. Cento, Civica Pinacoteca «Il Guercino» 

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giovedì 28 novembre 2024

«Paw Chew Go Festival», a Milano una due giorni sull’illustrazione

Compie nove anni «Paw Chew Go Festival», la manifestazione sulla comunicazione visiva ideata nel dicembre 2014 da Fortuna Todisco e Federico Demartini che sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre animerà gli spazi di Base Milano, in via Bergognone 34, con talk, workshop per grandi e bambini, incontri con autori e autrici, show creativi, presentazioni di portfolio, dj set, animazioni live, una mostra e un’area mercato con centoventi firme tra quelle più in voga del momento.

Elisa Macellari, Luca D'Urbino, Alberto Casagrande, Diari di Brodo, Riccardo Guasco, Jim Stoten, Ratigher, Bolo Paper, Timidessen, Familia Povera, Francesco Cavallo, Giulia Cavaliere, Olimpia Zagnoli, Livia Satriano e Bianca Bagnarelli sono alcuni degli autori che sarà possibile incontrare realmente o virtualmente - durante i vari appuntamenti o negli stand espositivi - in questa intensa due giorni, che presenterà anche un focus su Massimiliano Aurelio, illustratore, prematuramente scomparso lo scorso giugno, dal segno retrò dal gusto moderno, celebre per le collaborazioni con importanti media digitali internazionali.

Le attività prenderanno il via sabato 30 novembre con «Palco Incontri»: Livia Satriano presenterà il suo progetto «Libri Belli» (alle ore 11:30), nato nel 2017 su Instagram, e Alessandro Ripane proporrà lo show «Storia di un disegno rubato» (alle ore 14:30), sulla vita «bizzarra» e incredibile di un’opera. Nella stessa mattinata inizieranno anche gli eventi sul «Palco Presentazioni», con autori e autrici disponibili per i firmacopie: Bianca Bagnarelli (alle ore 11:00) presenterà, con Elisa Lipari, il suo ultimo lavoro «Animali domestici», edito da Coconino Press, che esplora quei piccoli eventi che possono cambiare una vita, traumi rimossi portati a galla con spietata sincerità, inquietudini del quotidiano.
A seguire (alle ore 12:30) è prevista la presentazione di «Lontano dalla vita degli altri» (Marinoni Books), un libro, con le illustrazioni di Gabriella Giandelli e i testi di Giovanna Canzi, che invita a entrare in silenzio fra le mura di un carcere e conoscere da vicino quelle persone che non sono solo il reato che hanno commesso e ci accompagna a conoscere gli studenti della casa circondariale.

Nel pomeriggio (alle ore 15:30) Percy Bertolini presenterà, con Enea Brigatti, il suo libro «Scuola di Butch vol.3» (Eris Edizioni). Poi (alle 17) ci sarà un incontro sul volume «La novella dell’avventuriero» di Andrea Settimo e Alessandro Tota, edito da Coconino Press, trasposizione a fumetti del racconto di Arthur Schnitzler, scritto tra il 1928 e il 1930 e pubblicato postumo, ambientato nell’Italia del 1520, nel quale si racconta la storia del giovane Anselmo che, venuto a conoscenza della data esatta della propria morta, fa di tutto per sfuggire al proprio destino. Infine (alle 18.30), verrà presentato «Pastil» di Francesca Ghermandi (Eris Edizioni).

Tra le attività di giornata, ci saranno anche i workshop per adulti «Dipingere con le matite colorate», con Marco Mazzoni (dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 16), e «Piante fantastiche», con Elenia Beretta (dalle 13 alle 17), alle «Officine Paciugo»; mentre nell’area «Piccoli Paciughi» ci sarà spazio per il disegno libero con tutti i bambini e le loro famiglie.

Nella sezione «Portfolio Review» sono, invece, previsti gli incontri con Serena Di Bruno, direttrice creativa di Dlv Bbdo (dalle 11.30 alle 13.30), e con Massimo Lafronza di XXY Studio (dalle 14.30 alle 16.30). In serata, arriverà la musica, in collaborazione con Le Cannibale.

Domenica 1° dicembre, ritorneranno gli appuntamenti al «Palco Incontri» con l’evento «Loss, Grief, Mourning and the fun inbetween», con Lorenzo Fonda (alle ore 11:30), e con lo show «How to help your brain by losing your mind» con Jim Stoten (alle 14:30), spettacolo (in lingua inglese) che esamina temi rilevanti nella vita di una persona creativa come la fiducia in se stessi, l'incertezza finanziaria, la paura, l'invidia e la competizione, in equilibrio con la salute mentale, la sperimentazione creativa e la libertà personale.
A seguire (alle ore 16:30) ci sarà «Storie spaziali per maschi del futuro», nel quale Francesca Cavallo presenterà la raccolta delle dodici fiabe originali ambientate su altrettanti pianeti immaginari, ciascuna delle quali affronta un tema cruciale per la formazione dell’identità maschile. Ci saranno, poi, nuove presentazioni di libri. Si partirà (alle ore 11) con «Potevo essere Giorgia» di Francesca Arena (Rizzoli Lizard), che offre un lucido ritratto dell’attuale classe dirigente e ride senza pietà della nostra disperata voglia di essere quello che non siamo. A seguire (alle ore 12:30) verrà presentato «Agro» di Zic Zic, un volume che racconta il territorio di Polignano, da un altro punto di vista, ponendo le spalle al mare e volgendo lo sguardo all’entroterra, attraversando contrade, piccole frazioni, percorrendo lame e sentieri. Si proseguirà (alle 15:30) con un incontro sul volume «La caverna degli abbracci» di Andrea De Franco (Canicola Edizioni), e un altro (alle 17) sul libro «Le vite delle altre», che vedrà la presenza di Giulia Cavaliere e Olimpia Zagnoli per presentare la collana Oilà di Electa, con i loro ultimi lavori, come quello sulla critica d’arte Francesca Alinovi, tra le prime a indagare il graffitismo e la street art. A chiudere il cartellone sarà (alle ore 18:30) la presentazione di «Pensi di stare meglio?» di Edo Massa (Minimum Fax), storia rocambolesca che ci racconta, tra una seduta dalla psicologa e l’altra, che è possibile reimparare a stare bene nei propri panni.

Nella giornata di domenica 1° dicembre proseguiranno anche i laboratori per i più piccoli con «Dipingi la tua Shopping Bag» e «Mi specchio nell’altro(ve)», condotti rispettivamente da Graziella Antonini e La Fille Bertha, e quelli per adulti con un workshop di disegno espressivo e «Scrivo per non *@#!rti! Workshop di Calligrafia rancorosa», con Valentina Casali e Thomas Cian. Le letture dei portfolio del secondo giorno di festival prevedono, invece, la presenza dell’art director Francesca Zucchi (alle 11:30) e di Martina Recchiuti, caporedattrice «Internazionale» e «Internazionale Kids» (alle 14:30).

A chiudere il festival sarà la cerimonia di premiazione del primo Pizza Box Award, riconoscimento, lanciato con Mare culturale urbano, che porterà il disegno premiato a illustrare oltre 30mila cartoni «a domicilio», stampati e distribuiti nelle migliori pizzerie dei clienti Molino Vigevano e Leffe, partner del progetto.

Un momento speciale del due giorni milanese dedicata alla comunicazione visiva sarà, inoltre, rappresentato dalla mostra «Vernice Paciugo», un’installazione con i lavori, sospesi tra il quotidiano e l’onirico, di Mara Cerri e Magda Guidi.

Un programma, dunque, articolato quello di «Paw Chew Go Festival», che «vuole dare forza ai professionisti» della comunicazione visiva in una città come Milano, «da decenni luogo di elezione per chi della creatività voglia fare una professione».

Didascalie delle immagini
Servizio sulle passare edizioni di «Paw Chew Go Festival», a cura dell'IFF Istituto Italiano di Fotografia. 1. Foto di Benedetta Della Rovere; 2. Foto di Roberta Gianfrancesco; 3. Foto di Marco Bertino; 4. Foto di Carlotta Leone; 5. Rossella Mele; 6. Foto di Carlotta Leone

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mercoledì 27 novembre 2024

«OTP – Orizzonte Terzo Paradiso»: alle Cinque Terre tre mostre sull’Arte povera

È il 27 settembre 1967 e a Genova, negli spazi della Galleria Bertesca, fondata dieci anni prima da Francesco Masnata, inaugura la collettiva «Arte Povera – Im spazio». In quella sera di inizio autunno, nelle sale di via SS. Giacomo e Filippo, al numero 13R, ci sono in mostra opere diventate, con il tempo, iconiche come «Catasta» (1967) di Alighiero Boetti (con sedici tubi in eternit a formare un alto parallelepipedo), «Lo spazio» (1967) di Giulio Paolini (con otto caratteri sagomati in compensato verniciati di bianco e appesi al muro), «Pavimento» (1967) di Luciano Fabro (un assemblaggio di riquadri di linoleum coperto da fogli di giornale disposti a rettangolo), e, ancora, «1 metro cubo di terra; 2 metri cubi di terra» di Pino Pascali (un parallelepipedo coperto da terriccio), «Perimetro di spazio» (1967) di Emilio Prini (con tubi al neon disposti ai quattro angoli di una stanza) e «Senza titolo» (1967) di Jannis Kounellis (un contenitore in metallo riempito di carbone). La curatela del progetto espositivo, che mette a confronto opere realizzate con materiali semplici e di uso quotidiano come prodotti industriali ed elementi naturali, è del genovese Germano Celant (1940-2020), che due mesi dopo pubblica il testo «Arte povera: appunti per una guerriglia», quello che di fatto diventerà il «manifesto programmatico» di uno dei principali movimenti artistici del secondo Novecento, la cui caratteristica peculiare è la critica radicale al consumismo e alla cultura mediatica.

Inizia così la storia quasi sessantennale, ricca di intrecci e connessioni, che lega la Liguria, quella «scarsa lingua di terra che orla il mare» (per usare una bella espressione di Camillo Sbarbaro), con l’Arte povera. All’ombra della Lanterna, nella casa di Germano Celant, in Salita Oregina, nasce anche, nel giugno del 1970, quello che di fatto è il primo archivio del movimento poverista: l’IDA – Information Documention Archives, che conserva, anche una ricca documentazione sull’Arte concettuale e la Land Art.
Sempre da Genova, e più precisamente dalla Samangallery in Vico Parmigiani, parte l’avventura artistica di Ida Gianelli che, dal 1990 al 2008 nel prestigioso incarico di direttrice del Castello di Rivoli, svolge un ruolo fondamentale per il sostegno e la promozione degli artisti poveristi; in quegli anni entrano, infatti, nella collezione del museo torinese opere di autori quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio.
Da Genova parte anche l’avventura artistica di Giulio Paolini (1940), uno dei decani del movimento, che ha appena presentato l’installazione permanente «A.R.S. Scenica» per i cinquant’anni dalla fondazione del teatro Franco Parenti di Milano e la mostra «Uno spazio vuoto» alla Galleria Studio G7 di Bologna. Mentre è originario di Sanremo un altro critico molto vicino agli esordi dell’Arte povera, Tommaso Trini (1938), che racconta quella stagione di innovazione e fermento dalle pagine di «Domus».

Un capitolo a parte in questa storia che va alla ricerca dei legami tra il movimento poverista e la Liguria meritano le Cinque Terre, che furono il luogo privilegiato delle vacanze di Alighiero Boetti, che nel 1965 acquistò una casa a San Bernardino, dove andò di frequente fino agli anni Ottanta, e di Michelangelo Pistoletto, che tuttora possiede una dimora a Corniglia, dove tenne molti spettacoli del suo gruppo di teatro sperimentale «Zoo». E proprio dalla produzione dell’autore biellese, internazionalmente conosciuto per un’opera iconica come «La Venere degli Stracci» (quella del 1967, conservata al Castello di Rivoli), è tratto il titolo del progetto multidisciplinare e didattico «OTP – Orizzonte Terzo Paradiso», a cura di Ilaria Bernardi, con tre mostre in programma fino alla fine dell’anno a Vernazza e a Corniglia. Il «Terzo Paradiso» è, infatti, un simbolo ideato da Michelangelo Pistoletto nel 2003 e più volte riprodotto, che riformula il segno matematico dell’infinito attraverso l’aggiunta di un cerchio centrale, emblema della rinascita che può generare la messa in dialogo di due mondi opposti: la natura e l’artificio.

Il percorso espositivo, inaugurato lo scorso settembre, dopo un’estate di concerti, spettacoli e conversazioni legate a otto parole-chiave per la storia del movimento (da natura ad azione), può partire dal Castello Doria di Vernazza, che ospita la mostra «Arte povera: la storia 1967-1971». Si tratta di uno strumento didattico per conoscere il movimento e per seguire gli sviluppi della sua parabola attraverso una cronologia illustrata delle collettive tenutesi tra il 1967 e il 1971, ovvero dall’anno in cui Germano Celant conia il termine Arte povera sino a quello in cui lo stesso studioso postula che quell’etichetta deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la propria singolarità. Completa il percorso un video-documentario a cura di Beatrice Merz e Sergio Ariotti (Hopefulmonster, Torino 2011).

Sempre a Vernazza, ma nelle sale del Convento di San Francesco c’è «Alighiero Boetti. In situ», una piccola esposizione, realizzata con la collaborazione di Agata Boetti, che allinea sei opere, tra cui una grande «Mappa» del 1972, gli «Aerei» del 1981 e altri arazzi più piccoli, di proprietà privata, provenienti principalmente dalle collezioni di persone del territorio che sono state legate all’artista da profondi rapporti di amicizia.

A chiudere il progetto è una mostra diffusa, «Oltre l’Arte povera», con sei interventi site-specific in luoghi all’aperto, estranei ai soliti circuiti turistici del parco delle Cinque Terre, realizzati da tre artisti contemporanei che riconoscono l’eredità di Alighiero Boetti e Michelangelo Pistoletto nella loro pratica artistica.

Stefano Arienti
(Asola, Mantova, 1961) si è interfacciato con gli esterni dei due spazi espositivi di Vernazza: per Palazzo Doria ha realizzato, sul terrazzino che domina dall’alto il borgo ligure, l’installazione calpestabile «Via mare». L’intervento – si legge nella cartella stampa – ha previsto «la rimozione e il parziale reimpiego di una porzione del pavimento in lastre di pietra scura, per delineare con esse le masse continentali e con un mosaico di ciottoli chiari l’immagine dei mari interessati del traffico mondiale delle merci: un planisfero che allude ai planisferi di Alighiero Boetti, ma che non ritrae tanto la terra quanto l’acqua e i flussi di merci e persone». Mentre al Convento di San Francesco c’è «Mappamondi dritti e rovesci», un altro omaggio all’artista torinese, un’installazione costituita da due grandi teli sui quali il nostro pianeta è raffigurato da più punti di vista.

Il duo artistico Vedovamazzei, formato da Simeone Crispino (Napoli, 1962) e Stella Scala (Napoli, 1964), è, invece, intervenuto a Corniglia con due installazioni luminose. Nella piazzetta di fronte a via Solferino 28, tra due alberelli, è esposta «Appliance» (2000/2024): una seduta, dal sapore metafisico, di cui una gamba poggia su una lampadina accesa, omaggio agli oggetti domestici reinterpretati di Alighiero Boetti («Sedia» e «Lampada annuale», entrambi del 1966). Mentre sull’arco di accesso al Belvedere, in via Fieschi 222, dal quale si può ammirare una meravigliosa veduta del mare, è esposta «Loading» (2006/2024), un pendolo inquietante, che termina con una lampadina che si muove senza posa scandendo il tempo e lo spazio.

Alla poetica di Michelangelo Pistoletto guarda, invece, Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, 1977), che espone: «Bodies in Alliance» (2022) e «We Rise by Lifting Others» (2022), due luminarie per Corniglia poste rispettivamente sul palazzo comunale, in via alla Stazione 5, e sulla facciata della torre del fosso, in via Solferino.
«Le luminarie - si legge nella cartella stampa - rinviano alle architetture di matrice barocca, a rosoni e portali. La loro principale funzione è circoscrivere attraverso la luce un luogo, una piazza universale per la condivisione. Sono anti-monumenti generatori di un’energia che si propaga nello spazio, lo modifica, e modifica gli individui presenti inducendoli ad agire e far succedere ‘cose’, anche grazie alle brevi citazioni da testi in esse inclusi».

L’intero progetto sarà racchiuso in un catalogo, cartaceo e digitale, che uscirà a dicembre, in occasione del finissage, ultima tappa di un lungo e sentito omaggio all’Arte povera, un altro movimento artistico che ha sentito la fascinazione per le Cinque Terre, per quei cinque borghi che vennero dipinti anche dal macchiaiolo Telemaco Signorini e da uno dei maestri di Corrente, Renato Birolli, e per quel mare che, chi arriva in treno, conosce – scrisse Eugenio Montale - «a guizzi, a spicchi, a frammenti fulminei e abbaglianti, dai pochi oblò che si aprono nel tunnel che porta da Levanto fin quasi alla Spezia».

Didascalie delle immagini 
1. OTP. Oltre l'Arte Povera. Vedovamazzei, Loading installation. Vista a Corniglia. Foto di Lucrezia Corciolani; 2. OTP.Oltre l'Arte Povera-Marinella Senatore, We rise by Lifting Others. Vista dell'installazione a Corniglia. Foto di Lucrezia Corciolani; 3. OTP_Oltre l'Arte Povera. Stefano Arienti, Via mare, 2024. Vista dell'installazione a Vernazza. Foto di Lucrezia Corciolani; 4, 5 e 6. OTP.Alighiero Boetti. In Situ. Vista dell'installazione a Vernazza. Foto di Lucrezia Corciolani; 7. OTP. Arte Povera.La Storia 1967-1971. Vista della mostra a Vernazz. Foto di Lucrezia Corciolani


Informazioni utili
Alighiero Boetti: In situ.
Convento di San Francesco, Via San Francesco - Vernazza
Da venerdì a domenica, ore 12-18 | Ingresso gratuito 
Dal 17 settembre al 31 dicembre 2024
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Arte Povera: La storia 1967-1971
Castello Doria, Via San Giovanni Battista - Vernazza
Tutti i giorni, ore 10-19 | Ingresso: 5€
dal 17 settembre al 31 dicembre 2024
a cura di Ilaria Bernardi
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Oltre l’Arte Povera: Stefano Arienti, Marinella Senatore, Vedovamazzei
Mostra diffusa tra Vernazza e Corniglia
Facciata del Palazzo in via della Stazione 5, Corniglia
Fosso, via Solferino, Corniglia
Piazzetta di fronte a via Solferino 28, Corniglia
Arco in via Fieschi 222, Corniglia
Facciata del Convento di San Francesco, via San Francesco, Vernazza
Piazzale del Castello Doria, Vernazza
Tutti i giorni, h24 | Ingresso gratuito
dal 17 settembre al 31 dicembre 2024