Trentuno opere, selezionate tra le circa trecento di proprietà del collezionista americano di nascita e italiano d’adozione, compongono il percorso espositivo, a cura di Guido Orsini e Mary Angela Schroth. Si tratta di pitture, sculture, installazioni, video e fotografie realizzate da quindici artisti internazionali della generazione compresa tra i 49 e i 59 anni (la stessa di Douglas Andrews), tra i quali Jeff Koons, William Kentridge, Olafur Eliasson, Jessica Carroll, Paolo Canevari e Giuseppe Gabellone.
A fare da filo rosso tra i lavori esposti, per la maggior parte inediti nel nostro Paese, sono tematiche care al linguaggio espressivo di Pino Pascali, importante esponente dell’Arte povera, quali la multimedialità, la dissacrazione della realtà, il gioco, la natura, l’uso di materiali semplici e oggetti usati.
Fondamentale per la nascita di questa collezione, lontana dalle logiche della speculazione e prossima alla soddisfazione del gusto personale, è l’incontro, sul finire degli anni Ottanta, tra Douglas Andrews e Lucio Amelio. Seguono i contatti con alcune delle principali gallerie internazionali, da Luhring Augustine ad Anthony Meier, passando per Alessandra e Valentina Bonomo, Giò Marconi, Stefania Miscetti, Franco Noero, Gian Enzo Sperone e molti altri ancora.
Nell’ottobre 2012, dopo una visita al museo di Polignano al Mare, il collezionista americano esprime la volontà di esporre, per la prima volta in Italia, una parte significativa della propria vasta raccolta, offrendo così al pubblico l’occasione di ripercorrere l’evolversi del linguaggio dell’arte contemporanea dell’ultimo trentennio, ma anche di scoprire quanto sia ancora attuale la poetica espressiva di Pino Pascali.
A uno degli aspetti più rilevanti della ricerca artistica del maestro poverista, ossia il tema della natura, guardano, per esempio, le due fotografie di Giuseppe Gabellone presenti in mostra («Senza titolo», 2002), nelle quale sono ritratte delle campanelle blu di grandi dimensioni, artificiali e molto teatrali. Un’immagine di fiori è anche quella che propone Jeff Koons con il suo ironico e pop «Giant Inflatable Balloon Flower (yellow)» (1997), messo a confronto con un altro suo lavoro, «Bread with Egg, PL3», una copia di un pane pasquale italiano che rievoca alla mente «Gruppo di personaggi» (1964), ironica natura morta pascaliana raffigurante una realtà quotidiana sempre più ossessionata dalla pubblicità.
Sembra, invece, strizzare l’occhio a «9mq di pozzanghere» (1967), ultima acquisizione del museo pugliese, «Que Sepan Todos» (2007) di Arturo Herrera, un’opera di grandi dimensioni composta da due feltri neri ritagliati e posizionati direttamente sul muro.
Al tema della natura guarda anche una delle due opere di Olafur Eliasson selezionate per la mostra pugliese. Accanto a «Homage to P. Schatz» (2012), piccolo ma significativo elemento luminoso, è, infatti, possibile ammirare uno dei primi lavori dell’artista danese: il ciclo «Path Series» (1999), ventiquattro fotografie tese a documentare un tragitto a piedi per tutta la sua durata, concentrandosi sul rapporto diretto con il suolo ed escludendo riferimenti precisi a luoghi reali.
Analizzano, invece, un altro tema fondante del linguaggio espressivo di Pino Pascali, quello del riuso dell’oggetto, opere come «Powerless Structures Fig. 131» (2001) di Michael Elmgreen e Ingar Dragset, un assemblaggio di vecchie porte, «Telephone Book» (1996) di Tom Sachs, un vero elenco telefonico impacchettato con nastro adesivo, e «Desempoladeira» (2003-2006) del brasiliano Marepe, pialle da muratore dipinte con colori vivaci.
Gioco e provocazione, altro argomento caro alla poetica pascaliana, sono, invece, le componenti principali dei due lavori in mostra firmati da Sarah Lucas, «la cattiva ragazza» del cosiddetto YBAs (Young British Artist): «The Old In Out» (1998), calco di un water in poliuretano, e «Coco» ( 2005), un cagnolino di porcellana sulla cui superficie sono incollate centinaia di sigarette. Mentre Jessica Carroll presenta, con la sua scultura «Osso» (1990), un omaggio all’interesse dell’artista pugliese per l’antropologia e la mitologia. Merita, infine, una segnalazione la video-scultura «Sleeping on Glass» (1999) di William Kentridge, uno dei suoi primi film di animazione che, attraverso la cassettiera, comunica un’intima sensazione di privacy. Una mostra, dunque, interessante quella di Polignano a Mare per comprendere come una collezione d’arte sia un organismo vivente, una chiave per leggere e capire la ricerca e la storia individuale di un collezionista, la sua complicità con artisti, galleristi, critici e appassionati di arte.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Giuseppe Gabellone,«Senza titolo», 2002. 2 stampe fotografiche a colori, 210 x 150 ognuna; [fig. 2] Jeff Koons, «Inflatable Balloon Flower (Yellow»), 1997. PVC, 128 x 148 x 180 cm (edition); [fig. 3] Sarah Lucas, «Coco», 2005.Cane di ceramica, sigarette, colla. 28 x 18 x 24 cm; [fig. 4]William Kentridge, «Sleeping on Glass», 1999. Disco laser, cassettiera e specchio, pannello di legno; d
imensioni variabili; [fig. 5]
Jessica Carrol, «Osso», anni Novanta. Marmo. Vetrine: bronzo e vetro, 50 x 40 x 120 cm Informazioni utili
«Uno sguardo sul mondo: opere da una collezione privata». Fondazione Museo Pino Pascali, via Parco del Lauro, 119 – Polignano a Mare (Bari). Orari: martedì-domenica, ore 11.00-13.00 e 17.00-21.00, lunedì chiuso. Ingresso: € 1,00. Informazioni: tel. 080.424.9534 o segreteria@museopinopascali.it. Sito web: www.museopinopascali.it. Inaugurazione: sabato 2 marzo 2013, ore 19.00. Fino al 1° maggio 2013
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