Dallo scialle verista che Francesca Bertini indossa nella pellicola «Assunta Spina» del 1915, vera e propria icona del cinema muto, all'abito barocco di Salma Hayek per il film, ancora inedito, che Matteo Garrone ha tratto dal «Cunto de li cunti» di Giambattista Basile. È un viaggio lungo un secolo quello offerto dalla mostra «I vestiti dei sogni», allestita al Museo di Roma in Palazzo Braschi, gioiello barocco-neoclassico affacciato su piazza Navona, per la curatela di Gianluca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna, e con l’allestimento luci di Luca Bigazzi, uno tra i più apprezzati direttori della fotografia nel panorama contemporaneo.
Un centinaio di abiti originali, decine di bozzetti, fotografie, sequenze filmiche e una selezione di oggetti, tra i quali spicca l’unicum della pressa che Danilo Donati costruì per foggiare gli abiti dell’«Edipo Re» di Pier Paolo Pasolini, pongono l’accento su una maestria artigianale tutta italiana, quella che ha visto tanti nostri costumisti -da Vittorio Nino Novarese a Gino Sensani, da Piero Tosi a Gabriella Pescucci, da Piero Gherardi a Milena Canonero (fresca candidata all’Oscar per «The Gran Budapest Hotel»)- lavorare con prestigiose case sartoriali come Tirelli, Peruzzi, Gattinoni, Fanani, Annamode e Attolini per abbigliare star nazionali e internazionali del cinema e dare così materia, luce e colori a film come «Marie Antoinette» di Sofia Coppola o «Barry Lyndon» di Stanley Kubrick.
Il percorso espositivo, visibile fino a domenica 22 marzo, è impaginato secondo un ordine cronologico e muove dalle origini della «settima arte» -con il muto e le sue dive bizantineggianti, medusee e serpentine- per giungere fino ai giorni nostri con l’omaggio al film «La grande bellezza», capace di ridare al cinema italiano un nuovo Oscar dopo quindici anni da quello vinto con «La vita è bella». Ecco così gli audaci abiti di Lyda Borelli per «Rapsodia satanica» del 1915, fatti di veli, trasparenze e punti vita all’altezza del seno, e la giacca colorata e da dandy di Daniela Ciancio per Tony Servillo, diretto da Paolo Sorrentino, nei passi di Jep Gambardella.
Nel mezzo c’è una galleria di abiti impressi nella memoria di generazioni e generazioni di amanti del cinema, a cominciare dal vestito in sontuosa crinolina indossato da Claudia Cardinale nella parte di Angelica per il gran ballo del film «Il gattopardo» di Luchino Visconti e da quello in organza e satin, altrettanto bianco, che Maria de Matteis disegnò per Audrey Hepburn, protagonista nel 1956 del film «Guerra e pace» di King Vidor.
Non mancano, poi, lungo il percorso espositivo il tailleur indossato da Anna Magnani per «Bellissima», la giacca di Totò per «Uccellacci e uccellini», il vestito di Alberto Sordi cucito Gianna Gissi per «Il Marchese del Grillo» di Mario Monicelli, il bustino di Sandra Milo in «Giulietta degli spiriti», ma anche le creazioni di Gabriella Pescucci per «L’età dell’innocenza» di Martin Scorsese o gli abiti cardinalizi di Lina Nerli Taviani per il film «Habemus papam» di Nanni Moretti: tanti modi diversi, questi, per far emergere il senso di una scuola, di una tradizione artigianale italiana che ha fatto grande il cinema al pari del lavoro di registi e attori.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Costume di Piero Gherardi per il film «Giulietta degli spiriti» di Federico Fellini; [fig. 2] Costumi di Milena Canonero per il film «Marie Antoniette» di Sophia Coppola; [fig. 3] Bozzetto per il costume di Audrey Hepburn per il film «Guerra e pace». Cineteca di Bologna, Fondo Renzo Renzi
Informazioni utili
«I vestiti dei sogni - La scuola italiana dei costumisti per il cinema». Palazzo Braschi, ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10 - Roma. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-20.00; la biglietteria chiude alle ore 19.00. Ingresso (integrato museo e mostra): intero € 11,00, ridotto € 9,00. Informazioni: tel. 06.0608 (tutti i giorni, ore 9.00 - 21.00). Sito internet: www.museodiroma.it o www.cinetecadibologna.it. Fino al 22 marzo 2015.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 4 febbraio 2015
martedì 3 febbraio 2015
Leonardo da Vinci, il Fai rende omaggio al genio rinascimentale con un corso di storia dell’arte
Il Fai – Fondo per l’ambiente italiano non si lascia sfuggire l’occasione offerta da questo importante espositivo, che coinvolgerà non solo Palazzo Reale, ma anche altri luoghi leonardeschi della città come il Cenacolo della Basilica di Santa Maria delle Grazie o il Castello sforzesco, e, da giovedì 26 febbraio a mercoledì 16 dicembre, presenta il corso di storia dell’arte «Leonardo - Una vita», curato da un comitato scientifico di alto profilo accademico composto da Simone Albonico, Guido Beltramini, Vittoria Romani, Gianni Romano e Jacopo Stoppa, sotto il coordinamento del professor Giovanni Agosti.
Venticinque le lezioni in programma a Milano, prima al teatro Dal Verme (tutti i giovedì, fino all’11 giugno, dalle ore 18 alle ore 19.15) e poi, a partire dal 23 settembre, nell’Aula magna dell’Università degli studi di Milano (il mercoledì pomeriggio, sempre dalle ore 18 alle ore 19.15), che tracceranno, sul filo della cronologia, l’intera parabola del grande pittore, architetto, scienziato e ingegnere, nato a Vinci nel 1452 e morto in Francia nel 1519, la cui notorietà è legata a capolavori, invenzioni e misteri, la cui fama affascina ancora oggi, come dimostrano, per esempio, le tante interpretazioni legate al dipinto «La Gioconda» del Louvre.
«La biografia, sempre fondata su una sceneggiatura di testimonianze contemporanee (non limitate ai soli scritti dell’artista), sarà interrotta –spiega il professor Giovanni Agosti, docente di storia dell’arte moderna all’Università degli studi di Milano,- in sette occasioni affidate a specialisti di riconosciuta competenza che daranno vita a diorami in grado di offrire fondali alla comprensione della narrazione principale. Le lezioni saranno tenute da giovani studiosi, che dialogheranno in brevi video-interviste con personaggi noti del mondo delle scienze. A dare voce alle testimonianze del passato sarà un gruppo di attori usciti dalla scuola di Luca Ronconi», quella del Piccolo Teatro di Milano.
Tra i docenti si segnala la presenza degli studiosi Stefano de Bosio, Francesco Caglioti (Università Federico II di Napoli), Claudio Gulli (Scuola normale superiore di Pisa), Chiara Pidatella (The Warburg Institute di Londra) e Barbara Savy (Università degli studi di Padova).
«Ma il corso non si limita alle lezioni. I giovani studiosi – racconta ancora il professor Agosti -accompagneranno gli iscritti in visite ad hoc: nelle sale del Museo nazionale della scienza e della tecnologia a scoprire la meccanica leonardesca, nel cantiere della Sala delle Asse nel Castello sforzesco e persino tra i muri del refettorio di Santa Maria delle Grazie per contemplare il Cenacolo, che tanti milanesi hanno visto magari una volta sola nella vita o forse neanche quella».
Le iscrizioni al corso, che vanta il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano, sono aperte negli uffici milanesi del Fai – Fondo per l’ambiente italiano in via Carlo Foldi o a Villa Necchi Campigli. Il costo per la frequenza dell’intero ciclo di lezioni è fissata ad euro 139,00 per gli adulti ed 80,00 per i giovani fino ai 25 anni; mentre ogni singola lezione ha un tagliando di ingresso di 10,00 euro per gli adulti e 3,00 per i giovani.
Per maggiori informazioni sul programma delle lezioni è possibile consultare le pagine www.fondoambiente.it/Cosa-facciamo/Index.aspx?q=leonardo-corso-d-arte-fai-2015 o www.facebook.com/pages/I-grandi-Maestri-dellArte/103416429759972. L’Ufficio cultura e ricerca del Fai – Fondo per l’ambiente è a disposizione per informazioni e iscrizioni ai numeri 02.467615252/349 o all’indirizzo e-mail ufficio_cultura@fondoambiente.it.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cover del pieghevole realizzato per il corso «Leonardo. Una vita» promosso dal Fai - Fondo per l'ambiente italiano. Nell'immagine: Leonardo da Vinci, «Una donna nel paesaggio», 1517-18, Royal Collection Trust/ © Her Majesty Queen Elizabeth II, 2014; [fig. 2] Leonardo da Vinci, «Ultima cena» (particolare), 1494-1498. Tempera grassa su intonaco, 460×880 cm. Milano, Convento di Santa Maria delle Grazie; [fig. 3] Leonardo da Vinci, Testa di donna detta «La Scapiliata», primo decennio del XVI secolo. Terra d’ombra, ambra inverdita e biacca su tavola, cm 24,6 x 21. Provenienza: Collezione Gaetano Callani, nella Galleria nazionale di Parma dal 1839. Inventario N. 362
Informazioni utili
«Leonardo. Una vita». Teatro Dal Verme, via San Giovanni sul Muro, 2 - Milano (dal 26 febbraio all'11 giugno 2015); Università degli Studi di Milano - Aula Magna, via Festa del Perdono, 7 - Milano (dal 23 settembre al 16 dicembre 2015). Orari: ore 18.00-19.15. Costi: intero corso - € 139,00 per gli adulti, € 80,00 per i giovani fino ai 25 anni; una lezione - € 10,00 per gli adulti, € 3,00 per i giovani fino ai 25 anni. Informazioni e prenotazioni: Ufficio cultura e ricerca del Fai – Fondo per l’ambiente italiano, via Carlo Foldi, 2 - Milano, tel. 02.467615252/346 (dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17) o indirizzo e-mail ufficio_cultura@fondoambiente.it; Villa Necchi Campiglio, via Mozart, 14 - Milano, tel. 02.76340121 (dal mercoledì alla domenica, dalle 10 alle 18). Sito internet: www.fondoambiente.it/Cosa-facciamo/Index.aspx?q=leonardo-corso-d-arte-fai-2015. Pagina Facebook: www.facebook.com/pages/I-grandi-Maestri-dellArte/103416429759972. Dal 26 febbraio al 16 dicembre 2015.
lunedì 2 febbraio 2015
Dai samurai a Mazinga: il Giappone è a Treviso
Era l’8 luglio del 1853 quando quattro «navi nere», ovvero quattro battelli a vapore occidentali, attraccarono, sotto il comando del commodoro statunitense Matthew Perry, nel porto di Uraga, all’imboccatura della baia di Tokyo, mettendo fine a secoli di isolamento politico e commerciale del Giappone. Fino ad allora, un editto emanato dallo shōgun Tokugawa Iemitsu nel 1641 aveva, infatti, vietato agli stranieri l'ingresso nel Paese e gli scambi mercantili erano consentiti solo con la Cina e l’Olanda.
Il colpo dato alla politica isolazionista nipponica, detta sokoku, da questa dimostrazione di forza americana fu tale che lo shōgun Tokugawa Ieyoshi, allora capo militare e politico del Paese, decise di ritirarsi subito a vita privata, lasciando l’incarico al figlio Iesada, al quale si deve il trattato di Kanegawa con l'apertura dei porti di Shimada e Hakodate ai commerci internazionali, e morendo -si racconta- non più di un mese l’episodio delle «navi nere» per il dolore.
Quindici anni dopo, caduto definitivamente lo shōgunato, l'avvento al potere dell'imperatore Mutsuhito segnò l'inizio dell'era Mejii (1868-1912), un periodo di profonde trasformazioni politiche, economiche e sociali che rese il Giappone una moderna potenza internazionale, ma che lo vide anche affermare nel mondo la sua cultura millenaria e i suoi valori tradizionali. Se il Sol Levante fu debitore verso l'Occidente per il rinnovamento dei suoi costumi e per il miglioramento delle sue condizioni di vita, l'Europa non rimase, infatti, immune al fascino dei feroci guerrieri samurai e delle raffinate geishe, all’antico e immutabile rituale del tè o, ancora, all’alto livello qualitativo delle arti decorative nipponiche con porcellane, lacche e tessuti che diedero vita, soprattutto in Francia, al fenomeno del «giapponismo».
Il 1868 fu, dunque, una data spartiacque per l’Estremo Oriente che, da allora, vide divulgarsi, da Tokyo a Okayama, una cultura del tutto originale, generata dal fondersi delle contaminazioni europee con il suo spirito più misterioso e con la sua storia millenaria, in un connubio di rara eleganza e straordinaria raffinatezza che ancora oggi parla al gusto e alla sensibilità dell’uomo occidentale.
Ma il Giappone è per noi europei anche la patria dei manga, della moderna tecnologica robotica o di personaggi come Mazinga Z, Jeeg Robot d'acciaio e Goldrake, le cui storie furono raccontate in cartoni animati di culto per tanti ragazzini degli anni Settanta e Ottanta.
Questi due differenti volti del Sol Levante, Paese ipermoderno eppure ancora segreto, dialogano nella mostra «Giappone. Dai Samurai a Mazinga», a cura di Adriano Màdaro e Francesco Morena, con l’allestimento degli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo, in programma fino al 31 maggio alla Casa dei Carraresi di Treviso, a chiusura di un ciclo espositivo dedicato all’Oriente che in precedenza ha focalizzato la propria attenzione su Cina, Tibet e India.
Il percorso espositivo, che si apre all'esterno del museo con una statua gigante di Mazinga Z realizzata in vetroresina da un artigiano toscano, presenta in principio venti armature di samurai, corredate di elmi, spade e alcune preziose maschere da combattimento. Si trovano, poi, nelle sale della Casa dei Carraresi oltre cinquecento reperti, databili tra il XVII e il XX secolo, come ceramiche, porcellane, rotoli dipinti, paraventi, straordinarie lacche, maschere del teatro Nō, tessuti, preziosi Kimono, sculture in legno, fumetti, manga (tra i quali i quindici volumi con opere di Katsushika Hokusai), fotografie di Nobuyoshi Araki, stralci di film del grande Akira Kurosawa.
Non mancano a Treviso nemmeno le celebri stampe dell’Ukiyo-e realizzate da grandi maestri come Hokusai, Utamaro e Hiroshige, le preziose e proibite Shunga (immagini erotiche custodite in un stanza vietata ai minori) e alcuni dettagli charmant dei dandy nipponici come le scatoline inro, i fermagli netsuke e gli anellini ojime. Disseminati lungo il percorso espositivo ci sono, infine, circa centoventi robot databili tra il 1972 ed il 1984, come Mazinga Z, Goldrake, Jeeg Robot d’acciaio, che veglieranno sui visitatori, quasi come samurai di un futuro che per molti oggi è nostalgico ed appassionato ricordo di gioventù.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Utagawa Hiroshige, «Il Giardino dei susini a Kameido» (Kameido Umeyashiki), dalla serie «Cento vedute dei luoghi celebri di Edo» (Meisho Edo Hyakkei), 1857; [fig. 2] Beltà femminile, Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto e gofun, h. cm. 35,5. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia; [fig. 3] Toyotomi Hideyoshi. Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto, metallo e gofun, h. cm. 39. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia
Informazioni utili
«Giappone: dai samurai a Mazinga». Casa dei Carraresi, via Palestro, 33/35 - Treviso. Orari: lunedì-venerdì, ore 9.00-19.00; sabato e domenica, ore 9.00-20.00. Ingresso: intero adulti € 12,00, intero bambini (dai 6 ai 12 anni) € 9,00, ridotto € 12,00 (ragazzi dai 13 ai 18 anni, studenti universitari), biglietto gratuito per i bambini fino ai 5 anni, biglietto gruppo € 10,00 + € 1,00; biglietto scuole € 5,00; biglietto speciale aperto € 13,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0422.513150. Sito web: www.giapponedaisamuraiamazinga.com. Fino al 31 maggio 2015.
Il colpo dato alla politica isolazionista nipponica, detta sokoku, da questa dimostrazione di forza americana fu tale che lo shōgun Tokugawa Ieyoshi, allora capo militare e politico del Paese, decise di ritirarsi subito a vita privata, lasciando l’incarico al figlio Iesada, al quale si deve il trattato di Kanegawa con l'apertura dei porti di Shimada e Hakodate ai commerci internazionali, e morendo -si racconta- non più di un mese l’episodio delle «navi nere» per il dolore.
Quindici anni dopo, caduto definitivamente lo shōgunato, l'avvento al potere dell'imperatore Mutsuhito segnò l'inizio dell'era Mejii (1868-1912), un periodo di profonde trasformazioni politiche, economiche e sociali che rese il Giappone una moderna potenza internazionale, ma che lo vide anche affermare nel mondo la sua cultura millenaria e i suoi valori tradizionali. Se il Sol Levante fu debitore verso l'Occidente per il rinnovamento dei suoi costumi e per il miglioramento delle sue condizioni di vita, l'Europa non rimase, infatti, immune al fascino dei feroci guerrieri samurai e delle raffinate geishe, all’antico e immutabile rituale del tè o, ancora, all’alto livello qualitativo delle arti decorative nipponiche con porcellane, lacche e tessuti che diedero vita, soprattutto in Francia, al fenomeno del «giapponismo».
Il 1868 fu, dunque, una data spartiacque per l’Estremo Oriente che, da allora, vide divulgarsi, da Tokyo a Okayama, una cultura del tutto originale, generata dal fondersi delle contaminazioni europee con il suo spirito più misterioso e con la sua storia millenaria, in un connubio di rara eleganza e straordinaria raffinatezza che ancora oggi parla al gusto e alla sensibilità dell’uomo occidentale.
Ma il Giappone è per noi europei anche la patria dei manga, della moderna tecnologica robotica o di personaggi come Mazinga Z, Jeeg Robot d'acciaio e Goldrake, le cui storie furono raccontate in cartoni animati di culto per tanti ragazzini degli anni Settanta e Ottanta.
Questi due differenti volti del Sol Levante, Paese ipermoderno eppure ancora segreto, dialogano nella mostra «Giappone. Dai Samurai a Mazinga», a cura di Adriano Màdaro e Francesco Morena, con l’allestimento degli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo, in programma fino al 31 maggio alla Casa dei Carraresi di Treviso, a chiusura di un ciclo espositivo dedicato all’Oriente che in precedenza ha focalizzato la propria attenzione su Cina, Tibet e India.
Il percorso espositivo, che si apre all'esterno del museo con una statua gigante di Mazinga Z realizzata in vetroresina da un artigiano toscano, presenta in principio venti armature di samurai, corredate di elmi, spade e alcune preziose maschere da combattimento. Si trovano, poi, nelle sale della Casa dei Carraresi oltre cinquecento reperti, databili tra il XVII e il XX secolo, come ceramiche, porcellane, rotoli dipinti, paraventi, straordinarie lacche, maschere del teatro Nō, tessuti, preziosi Kimono, sculture in legno, fumetti, manga (tra i quali i quindici volumi con opere di Katsushika Hokusai), fotografie di Nobuyoshi Araki, stralci di film del grande Akira Kurosawa.
Non mancano a Treviso nemmeno le celebri stampe dell’Ukiyo-e realizzate da grandi maestri come Hokusai, Utamaro e Hiroshige, le preziose e proibite Shunga (immagini erotiche custodite in un stanza vietata ai minori) e alcuni dettagli charmant dei dandy nipponici come le scatoline inro, i fermagli netsuke e gli anellini ojime. Disseminati lungo il percorso espositivo ci sono, infine, circa centoventi robot databili tra il 1972 ed il 1984, come Mazinga Z, Goldrake, Jeeg Robot d’acciaio, che veglieranno sui visitatori, quasi come samurai di un futuro che per molti oggi è nostalgico ed appassionato ricordo di gioventù.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Utagawa Hiroshige, «Il Giardino dei susini a Kameido» (Kameido Umeyashiki), dalla serie «Cento vedute dei luoghi celebri di Edo» (Meisho Edo Hyakkei), 1857; [fig. 2] Beltà femminile, Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto e gofun, h. cm. 35,5. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia; [fig. 3] Toyotomi Hideyoshi. Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto, metallo e gofun, h. cm. 39. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia
Informazioni utili
«Giappone: dai samurai a Mazinga». Casa dei Carraresi, via Palestro, 33/35 - Treviso. Orari: lunedì-venerdì, ore 9.00-19.00; sabato e domenica, ore 9.00-20.00. Ingresso: intero adulti € 12,00, intero bambini (dai 6 ai 12 anni) € 9,00, ridotto € 12,00 (ragazzi dai 13 ai 18 anni, studenti universitari), biglietto gratuito per i bambini fino ai 5 anni, biglietto gruppo € 10,00 + € 1,00; biglietto scuole € 5,00; biglietto speciale aperto € 13,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0422.513150. Sito web: www.giapponedaisamuraiamazinga.com. Fino al 31 maggio 2015.
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