ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 2 febbraio 2015

Dai samurai a Mazinga: il Giappone è a Treviso

Era l’8 luglio del 1853 quando quattro «navi nere», ovvero quattro battelli a vapore occidentali, attraccarono, sotto il comando del commodoro statunitense Matthew Perry, nel porto di Uraga, all’imboccatura della baia di Tokyo, mettendo fine a secoli di isolamento politico e commerciale del Giappone. Fino ad allora, un editto emanato dallo shōgun Tokugawa Iemitsu nel 1641 aveva, infatti, vietato agli stranieri l'ingresso nel Paese e gli scambi mercantili erano consentiti solo con la Cina e l’Olanda.
Il colpo dato alla politica isolazionista nipponica, detta sokoku, da questa dimostrazione di forza americana fu tale che lo shōgun Tokugawa Ieyoshi, allora capo militare e politico del Paese, decise di ritirarsi subito a vita privata, lasciando l’incarico al figlio Iesada, al quale si deve il trattato di Kanegawa con l'apertura dei porti di Shimada e Hakodate ai commerci internazionali, e morendo -si racconta- non più di un mese l’episodio delle «navi nere» per il dolore.
Quindici anni dopo, caduto definitivamente lo shōgunato, l'avvento al potere dell'imperatore Mutsuhito segnò l'inizio dell'era Mejii (1868-1912), un periodo di profonde trasformazioni politiche, economiche e sociali che rese il Giappone una moderna potenza internazionale, ma che lo vide anche affermare nel mondo la sua cultura millenaria e i suoi valori tradizionali. Se il Sol Levante fu debitore verso l'Occidente per il rinnovamento dei suoi costumi e per il miglioramento delle sue condizioni di vita, l'Europa non rimase, infatti, immune al fascino dei feroci guerrieri samurai e delle raffinate geishe, all’antico e immutabile rituale del tè o, ancora, all’alto livello qualitativo delle arti decorative nipponiche con porcellane, lacche e tessuti che diedero vita, soprattutto in Francia, al fenomeno del «giapponismo».
Il 1868 fu, dunque, una data spartiacque per l’Estremo Oriente che, da allora, vide divulgarsi, da Tokyo a Okayama, una cultura del tutto originale, generata dal fondersi delle contaminazioni europee con il suo spirito più misterioso e con la sua storia millenaria, in un connubio di rara eleganza e straordinaria raffinatezza che ancora oggi parla al gusto e alla sensibilità dell’uomo occidentale.
Ma il Giappone è per noi europei anche la patria dei manga, della moderna tecnologica robotica o di personaggi come Mazinga Z, Jeeg Robot d'acciaio e Goldrake, le cui storie furono raccontate in cartoni animati di culto per tanti ragazzini degli anni Settanta e Ottanta.
Questi due differenti volti del Sol Levante, Paese ipermoderno eppure ancora segreto, dialogano nella mostra «Giappone. Dai Samurai a Mazinga», a cura di Adriano Màdaro e Francesco Morena, con l’allestimento degli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo, in programma fino al 31 maggio alla Casa dei Carraresi di Treviso, a chiusura di un ciclo espositivo dedicato all’Oriente che in precedenza ha focalizzato la propria attenzione su Cina, Tibet e India.
Il percorso espositivo, che si apre all'esterno del museo con una statua gigante di Mazinga Z realizzata in vetroresina da un artigiano toscano, presenta in principio venti armature di samurai, corredate di elmi, spade e alcune preziose maschere da combattimento. Si trovano, poi, nelle sale della Casa dei Carraresi oltre cinquecento reperti, databili tra il XVII e il XX secolo, come ceramiche, porcellane, rotoli dipinti, paraventi, straordinarie lacche, maschere del teatro Nō, tessuti, preziosi Kimono, sculture in legno, fumetti, manga (tra i quali i quindici volumi con opere di Katsushika Hokusai), fotografie di Nobuyoshi Araki, stralci di film del grande Akira Kurosawa.
Non mancano a Treviso nemmeno le celebri stampe dell’Ukiyo-e realizzate da grandi maestri come Hokusai, Utamaro e Hiroshige, le preziose e proibite Shunga (immagini erotiche custodite in un stanza vietata ai minori) e alcuni dettagli charmant dei dandy nipponici come le scatoline inro, i fermagli netsuke e gli anellini ojime. Disseminati lungo il percorso espositivo ci sono, infine, circa centoventi robot databili tra il 1972 ed il 1984, come Mazinga Z, Goldrake, Jeeg Robot d’acciaio, che veglieranno sui visitatori, quasi come samurai di un futuro che per molti oggi è nostalgico ed appassionato ricordo di gioventù.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Utagawa Hiroshige, «Il Giardino dei susini a Kameido» (Kameido Umeyashiki), dalla serie «Cento vedute dei luoghi celebri di Edo» (Meisho Edo Hyakkei), 1857; [fig. 2] Beltà femminile, Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto e gofun, h. cm. 35,5. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia; [fig. 3] Toyotomi Hideyoshi. Giappone, metà del XIX secolo. Bambola in legno, carta, tessuto, metallo e gofun, h. cm. 39. Università degli studi di Padova, Museo di antropologia

Informazioni utili 
«Giappone: dai samurai a Mazinga». Casa dei Carraresi, via Palestro, 33/35 - Treviso. Orari: lunedì-venerdì, ore 9.00-19.00; sabato e domenica, ore 9.00-20.00. Ingresso: intero adulti € 12,00, intero bambini (dai 6 ai 12 anni) € 9,00, ridotto € 12,00 (ragazzi dai 13 ai 18 anni, studenti universitari), biglietto gratuito per i bambini fino ai 5 anni, biglietto gruppo € 10,00 + € 1,00; biglietto scuole € 5,00; biglietto speciale aperto € 13,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0422.513150. Sito web: www.giapponedaisamuraiamazinga.com. Fino al 31 maggio 2015.

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